Recensione Alberto Nocentini, Etimologi si nasce (original) (raw)

Recensione al volume di Alberto Nocentini, "Etimologi si nasce e io, modestamente, lo nacqui", Firenze, Le Monnier Università, 2021, pp. 133, in «La Rassegna della Letteratura Italiana», 1/2021, vol. 125°, n. 2, SERIE IX, Firenze, Le Lettere, pp. 611-613.

Recensione: M.G. Angeli Bertinelli, Lunensia Antiqua, Roma 2011

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Recensione a Stile Alberto di Michele Masneri (Quodlibet edizioni)

Recensione "Stile Alberto" di Michele Masneri, 2021

Recensione a "Stile Alberto" di Michele Masneri pubblicata su il portale "Lingua italiana" dell'Enciclopedia Treccani il 15/12/2021. Link all'articolo: https://www.treccani.it/magazine/lingua\_italiana/recensioni/recensione\_339.html

Recensione a Sabino Cassese, "Intellettuali"

Il Pensiero Storico. Rivista internazionale di storia delle idee, 2021

Perché un libro sugli intellettuali? Perché la democrazia è in crisi. Ma cos’è democrazia? Molte cose, più o meno tra loro connesse. Senz’altro è, al netto di principi, procedure e istituzioni, tutte componenti necessarie e qualificanti, anche un sistema politico incardinato su un processo decisionale nel quale, almeno formalmente, a tutti gli individui è assicurata la possibilità di partecipare alla discussione pubblica, sostenendo le loro tesi e avanzando i loro argomenti. Ed ecco spiegato il nesso intellettuali-democrazia così come inteso da Sabino Cassese.

Recensione Puglielli Bertoni Jovine.pdf

Edoardo Puglielli è docente di Filosofia e Scienze Umane nei Licei. Cinzia D'Altorio è dirigente dell'Istituto d'Istruzione Secondaria Superiore Patini-Liberatore di Castel Di Sangro (AQ), Istituto che ha promosso la pubblicazione del testo. Precisiamo subito che non abbiamo tra le mani un lavoro monografico sul pensiero e l'opera di Dina Bertoni Jovine (1898-1970, che, com'è noto, è stata studiosa e interprete del pensiero di Marx e di Gramsci, attivista del Partito comunista italiano, storica dell'Italia moderna e contemporanea, storica della filosofia, storica delle culture pedagogiche e delle istituzioni scolastiche, maestra elementare, direttrice didattica e infine docente universitaria. Si tratta, invece, di uno studio sugli aspetti generali della pedagogia di Dina Bertoni Jovine, fatta emergere con chiarezza attraverso la rilettura e l'analisi di numerosi suoi articoli apparsi sulle principali riviste scolastiche e pedagogiche dell'epoca («Riforma della Scuola», «Educazione Democratica», «Scuola e Città», «Belfagor», etc.). Di questa pedagogia politica della Bertoni Jovine indicheremo di seguito gli aspetti salienti, riproponendo sinteticamente stralci dei suoi scritti opportunamente argomentati nel lavoro di Puglielli. Il testo si apre con una dettagliata ricostruzione del quadro storico in cui la pedagogista laziale si ritrova ad operare, l'Italia degli anni Cinquanta e Sessanta, e dall'illustrazione delle ragioni che spingono le forze antifasciste all'impegno per edificare un sistema scolastico idoneo ad una Repubblica democratica. L'Italia repubblicana, infatti, eredita dal fascismo una scuola il cui tratto fondamentale è un chiuso classismo che fa degli studi il privilegio delle classi dominanti, mentre riserva ai ceti subalterni un'istruzione elementare oppure la nega del tutto; eredita un sistema scolastico con accentuate caratteristiche di accentramento, autoritarismo, burocratismo, deresponsabilizzazione, conformismo; eredita una condizione di deprivazione educativa di milioni di uomini e donne e di diffuso analfabetismo. Occorre perciò defascistizzare un sistema scolastico ancora preposto a compiti di subordinazione ideologica, conformismo culturale e conservazione sociale. E occorre assegnare alla scuola una nuova funzione educativa per tutta la società: l'educazione scolastica deve favorire la crescita di personalità capaci di diventare le future forze propulsive della democrazia. Perché, spiega Bertoni Jovine, se è vero che attraverso la guerra di Resistenza e di Liberazione i ceti popolari hanno ottenuto conquiste che fino ad un recente passato erano privilegio di pochi, è altrettanto vero che non è scomparsa la «sostanza classista che è alla base della società», che ci sono ancora gruppi sociali che hanno la facoltà «di fare il bello e il cattivo tempo, perfino la guerra e la pace determinando il destino di milioni di persone». Nella società permangono «interessi di casta, consolidati e mantenuti con il potere» che la scuola «può contribuire a spezzare con la sua azione nelle coscienze giovanili». Questo significa, in primo luogo, che la scuola non deve isolarsi dalla società. Essa, al contrario, deve assumere come dimensione educativa tutta la società: nella società «agiscono fermenti progressivi contro forme isterilite e oppressive. La scuola viva deve ispirarsi ai primi facendo proprie, nel proprio ambito, le esigenze di rinnovamento culturale e assecondando gli ideali democratici giunti alla loro più chiara espressione; deve rifiutarsi all'influenza delle seconde conducendo contro di esse un'azione critica approfondita e continua». Una scuola democratica deve considerare «alunno e maestri immersi in un clima storico che porta in sé fermenti di progresso insieme con elementi di stagnazione mortificante». Il suo compito «non è quello di respingere o accettare in blocco il prodotto di un determinato clima sociale, ma di identificare i problemi vivi, gli interessi più validi; le aspirazioni che nascono dal desiderio di progresso; di rendersi conto

Recensione a C. Esposito, Il Nichilismo del nostro tempo, Carocci 2021

I castelli di Yale, 2021

Esposito mette a fuoco i segni che in più di un secolo il nichilismo ha tracciato, considerandoli non appena come effetti, ma come processi in corso che schiudono prospettive nuove. Tra le righe dei grandi autori del nostro tempo, da Philip Roth a Foster Wallace, da Houellebecq a Sacks, nonché nella grande narrativa delle serie televisive degli ultimi anni, da True Detective a Westworld, la cronaca di Esposito dà voce a una ferita che si riapre, come l’attesa di qualcosa che balugina nel nulla.