MUTTERRECHT SICILIANO VERSUS SUBALTERNITÀ FEMMINILE: il caso di Francesca Agnetta, drammaturga dimenticata del primo Novecento, in Mediterranean Encounters and Legacies, Incontri e lasciti mediterranei, edited by Antonio Vitti, Anthony Tamburri, New York, Bordighera, 2020, pp. 44- 60 (original) (raw)

2020, Mediterranean Encounters and Legacies, Incontri e lasciti mediterranei,

La mia ricerca prende in considerazione la figura e gli scritti di Francesca Sabato Agnetta (1877- 1943), autrice di teatro, di romanzi e racconti, conferenziera, giornalista, eclissata dal confronto con nomi di rilevanza internazionale quali Luigi Pirandello ma anche, su un versante più popolare, da autori e attori di teatro noti al vasto pubblico, come Nino Martoglio e Angelo Musco. Collega e amante di quest’ultimo, ne condivide le scelte artistiche, finendo per vivere all’ombra del famoso attore. Una sudditanza psicologica e culturale di cui la stessa scrittrice ha piena consapevolezza, quando afferma, in una lettera a Nino Martoglio a proposito della propria opera Catalanotte che sarebbe andata scena il 22 aprile 1918: «Il lavoro, non ha altro merito che il tipo vero, e mancante alla collezione di tipi che offre il repertorio Musco. L'opera mia si riduce ad aver trovato l'appendipanni, e Musco penserà a vestirlo». In realtà il teatro di Agnetta, drammaturga prolifica che può vantare un nutrito corpus di opere, in siciliano e in italiano, ha un ottimo successo di pubblico, se non di critica, e spunti di sicura originalità: Pirandello criticherà Musco per essersi abbassato al genere farsesco quando questi, dopo poche repliche, sostituisce Liolà con L 'Ultimo naso di Agnetta, (Teatro Diana, 20 gennaio 1917), ottenendo però un immediato riscontro. Gli spettatori amano le opere dell’autrice e d’altra parte la gioiosa Rinninedda, scritta in collaborazione con Geni Sadero,- pseudonimo della cantante e attrice Eugenia Scarpa (1891 - 1961) - sarà considerata degna di essere rappresentata davanti alla corte reale il 5 febbraio 1923. Dall’epistolario emerge l’immagine di una professionista dello spettacolo, attenta a captare ed assecondare i gusti del pubblico, individuando i prodromi di quella che sarà, nel pieno Novecento, la cultura di massa; una donna dotata di notevoli capacità gestionali, alla quale gli amici drammaturghi si rivolgono per preziosi consigli. I romanzi, scritti in italiano , «Martirio d'anime», «Una sola uccide», «Il villino delle rose» e « Il picco dei Tre signori», «Il sogno del babbo», offrono uno spaccato della vita semplice della piccola borghesia siciliana; in particolare «Il picco dei Tre signori» (1938) presenta personaggi realistici per quanto lievemente caricaturali, ossessivamente concentrati nel perseguimento dei loro piccoli, ma dignitosi obiettivi. Ma è il testo teatrale più famoso di Agnetta, U sapiti com’è (1920) ancora oggi rappresentato ed apprezzato, per quanto mai edito e circolante ancora in forma di copione teatrale, a suscitare il maggior interesso critico: il dramma tragicomico mette in scena un giovane affetto da un ritardo mentale, Cola, deriso per il suo handicap, ma amato e protetto dalla madre Gati, a cui promette in punto di morte di vegliare sul burrascoso ménage coniugale del fratello Gaetano e della moglie Mara, il primo innamorato di un’altra. Cola vera vittima sacrificale, colpito per sbaglio dal fratello, è l’unico in grado di comprendere, nonostante e forse proprio per la sua “sciocchezza”, la verità dei rapporti familiari, inquinati da malevolenze e sospetti. L’autrice, rinnovando la logora e semplicistica immagine di un teatro popolare siciliano appiattito ormai sul personaggio/macchietta ed una facile comicità, mostra in scena tematiche ardue quali la diversità mentale, trasformando Cola/ Giufà in un personaggio ermeneutico, affine al fool shakespeariano perché in grado di svelare il senso della vita, nascosto sotto la superficie del reale. Al tempo stesso la commedia ‘seria’ mostra in atto il mutterrecht femminile, limite e risorsa della società siciliana, un matriarcato che s’incarna nella dolente figura della madre. In conclusione, ritengo che sia necessario acquisire alla storia letteraria, attraverso un’adeguata indagine critica, l’opera di Agnetta, pubblicata parzialmente, e consegnata all’oblio al pari di tanti altri testi di scrittrici minori di area meridionale. La figura della drammaturga, oscurata dalla vicinanza a scrittori ed artisti del calibro di Pirandello e Musco, è degna di essere ricordata per aver innovato motivi e strutture di forme spettacolari che restano ancora oggi ai margini del sistema culturale italiano ed europeo. Parole chiave: teatro siciliano Angelo Musco Francesca Sabato Agnetta disabilità