Sullo Stato Della Ricerca: La Data DI Inizio e Le Prime Strutture Insediative Della Città Sul Magdalensberg (original) (raw)

Alle origini dello sviluppo locale: il ritrovamento dell’unità d’indagine

2010

In Toscana si comincia a parlare ufficialmente di sviluppo locale dal 1991, anno di inizio della "Libera Scuola" di Artimino (1991)(1992)(1993)(1994)(1995)(1996)(1997)(1998)(1999)(2000)(2001)(2002)(2003)(2004)(2005) 1 . Tuttavia, le radici di gran parte delle idee che la Scuola ha messo in circolazione durante i suoi quindici anni di attività nella comunità scientifica e politica, nazionale e internazionale, si trovano nell'esperienza dei primi due Irpet: quello di Giacomo Becattini (1968)(1969)(1970)(1971)(1972)(1973) Bianchi (1975 2 . Il ponte, non solo ideale, fra i due Irpet è rappresentato dall'interpretazione dello sviluppo economico della Toscana (con particolare riguardo all'industrializzazione leggera, come precisa il sottotitolo) dato alle stampe nel 1975, proprio nei mesi in cui avveniva il passaggio di consegne tra l'Istituto "di ricerche" e l'Istituto "regionale" 3 . Non è un caso che * Università degli Studi di Parma. 1 Su questo argomento mi permetto di rinviare alla mia presentazione al primo volume degli Scritti sulla Toscana di G. Becattini . 2 Il periodo di vacanza fra la direzione di Becattini e quella di Bianchi fu coperto da un Comitato di direzione interno all'Irpet; cfr. Sforzi (2007). 3 L'Irpet, Istituto "regionale" per la programmazione economica della Toscana succedeva all'Irpet, Istituto "di ricerche" per la programmazione economica della Toscana nel 1974 (con L.R. 10 agosto 1974, n. 48). "Con tale legge la Regione -come si legge in Appendice al volume su Lo sviluppo economico della Toscana (Irpet, 1975) -ha inteso recuperare nel quadro degli strumenti della programmazione regionale, l'esperienza e le strutture dell'esistente Istituto di ricerche per la programmazione economica della Toscana (IRPET), costituito nel 1968 per iniziativa del Comitato regionale per la program-mazione economica della Toscana (CRPET), ai sensi del DM 15 novembre 1965.

UNA MAPPA RINASCIMENTALE INEDITA DELL'ARCHIVIO DI STATO DI MODENA. DALLO STUDIO INTERDISCIPLINARE ALLA DATAZIONE

It presents the interdisciplinary study of a polychrome Renaissance map, from the Mappario Estense, kept at the State Archives of Modena and showing the high Apennines, between Bologna and Modena. The authors are carrying out on the map a complex interdisciplinary study, involving archaeometrical, geomorphological, cartographic, paleographic, topological, toponomastic and historical/artistic investigations, which demonstrated the richness of information that this document provides for the study and reconstruction of the ancient landscape in the Apennines. We identified the toponyms shown on the map and, on the basis of paleographic and stylistic aspects, it is assumed that the document date from the second half of 15th century, probably around 1480. Analysis of pigments by Raman microscopy substantially confirmed this hypothesis, while historical/archival researches are under way.

Nuovi dati dagli scavi di Suasa sulla genesi e lo sviluppo dell’abitato

I processi formativi ed evolutivi della città in area adriatica, 2012

Thanks to the recent Congress for the twenty years anniversary of archaeological research of the Bologna University in the Cesano Valley, we can propose a synthesis of the latest results related to the Roman town of Suasa (III BC-VI AD). Notable issues are emerging: the importance of the relationship between the settlement and its enviroment; the genesis of the settlement already took place as conciliabulum in the first part of the 3th c. BC; the rational organization of the urban space not only was present during the municipium phase (I BC-VI AD), but also during the period of the prefecture (III-II BC); importance of the integrated plan (with the interpretation of the aerial photography and geophysical data) where is possible to see some new aspects of the town-planning; remain some open questions about the end of the urban center.

La Ricerca Storico-Architettonica Nel Contesto Del Piano Diagnostico

Archeomatica, 2012

P er realizzare un adeguato progetto di restauro occorre utilizzare le informazioni che giungono dalla stesura di un corretto Piano diagnostico che restituisca tutte le conoscenze necessarie per effettuare scelte in maniera consapevole. All'interno del processo diagnostico si possono individuare vari ambiti di approfondimento: dalle analisi del contesto urbano e territoriale (inserite nella fase di pre-diagnosi) alla diagnosi vera e propria, fi no a considerare nella fase della post-diagnosi tutte le tematiche relative agli studi di provenienza. In particolare, uno studio diagnostico avanzato deve poter evidenziare le connessioni e le interazioni tra le parti tenendo conto delle innovazioni di settore. A titolo esemplifi cativo, si è posta attenzione su alcuni monumenti rappresentativi appartenenti al Centro storico di Cosenza ed edifi cati nel Cinquecento, epoca nella quale si registrò una intensa attività costruttiva manifestatasi con il sorgere di vari edifi ci nobiliari, anche di un certo rilievo. Lo stile architettonico di tali edifi ci riallaccia la città alle correnti culturali napoletane e toscane; prevale un indirizzo classicista proposto soprattutto dall'architetto calabrese Giovanni Donadio detto "il Mormanno", ed in seguito dal suo allievo Giovanni Francesco Di Palma, anch'egli ricordato, curiosamente, con lo stesso soprannome. I palazzi cinquecenteschi di Cosenza sono collocati in modo sparso nel centro storico; tra i più interessanti si citano: Palazzo Sersale, che nell'affacciarsi sulla centrale piazza XV marzo presenta una facciata dal basamento bugnato decorato con portale ad arco al di sopra del quale è ancora visibile lo stemma marmoreo della famiglia; Palazzo de Matera, che si nota per l'imponente portale in pietra; Palazzo di Galeazzo di Tarsia in via Gaeta, contraddistinto da motivi ornamentali classicistici impostati su una struttura di base di richiamo catalano. Nonostante il loro rilevante valore storico-architettonico, purtroppo i palazzi cosentini citati non sono conservati come meriterebbero, e neppure sono oggetto di quell'adeguata va-lorizzazione che ne potrebbe permettere il reinserimento in un circuito culturale di maggior respiro. La considerazione, inoltre, che la maggior parte degli edifi ci del centro storico di Cosenza è stata realizzata utilizzando una pietra locale prelevata nel vicino Comune di Mendicino, permette di impostare e svolgere delle caratterizzazioni sul materiale integro -da cava -al fi ne di valutare i fenomeni di degrado confrontando le trasformazioni che il materiale in opera ha subito nel tempo.

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