Spazi (e luoghi) nelle scritture letterarie del primo Rinascimento (original) (raw)
Spazi (e luoghi) nelle scritture letterarie del primo Rinascimento * S i potrebbero forse riferire anche a un sommo poeta delle corti italiane del primo Cinquecento, Ludovico Ariosto, alcune riflessioni proposte -mezzo secolo fa -da Maurice Blanchot, nel suo volume Lo spazio letterario. Spesso, osserva Blanchot, si dice che lo scrittore trova nel suo lavoro un modo comodo di vivere sottraendosi alla serietà della vita. Si difenderebbe dallo spazio del mondo, dove agire è difficile, insediandosi in uno spazio irreale, su cui regna sovranamente: «L'artista dà spesso l'impressione di essere un debole che si rifugia timorosamente dentro la sfera chiusa della sua opera, là dove, parlando da padrone e agendo senza impedimento, può prendersi una rivalsa sulle sue sconfitte nella società». 1 È ciò di cui molti lettori di Ariosto, e della critica ariostesca, hanno fatto illusoria esperienza: fino a vedere in lui, come sembrò a De Sanctis, un don Abbondio con il dono della poesia; fino a trarne l'immagine, cristallizzata quanto deformante, di un tipo «non solo sedentario e contemplativo, ma anche furbescamente sornione, scettico e magari epicureo», per il quale la poesia avrebbe offerto -né più, né meno -uno spazio di evasione e rivincita «sopra le ristrettezze del vivere quotidiano» (fuga dalla realtà, sogno smemorato e perdizione felice). 2 * Il presente contributo amplia il testo della relazione tenuta dall'autore al Seminario La corte e lo spazio organizzato dal Centro studi "Europa delle Corti", presso la sede italiana della Kent State University (Firenze, 5-6 dicembre 2008). Si ringraziano i promotori dell'incontro fiorentino per averne consentito la pubblicazione in questa sede. 1 M. Blanchot, Lo spazio letterario [1955], trad. it. di G. Zanobetti, con un saggio di J. Pfeiffer e una nota di G. Neri, Torino, Einaudi, 1975, p. 38. 2 Questo snodo fondamentale nella ricezione ariostesca è stato analizzato, in pagine ormai classiche, da l. caretti, per cui si rimanda, in particolare, alla Appendice III. La Ma qual è, davvero, lo 'spazio' dell'Orlando furioso? Verrebbe di suggerire che sia, in primis, un 'fuori' campo, un 'al di là' del reale, complementare e simmetrico, a cui la parola del poeta restituisce intimità e concretezza. «Ariosto, e con lui il Furioso, escono dalla corte, la superano, l'attraversano sognandola utopicamente, per traguardare lo spazio esterno ad essa, così come le lunghe onde dello stile che solcano l'intero Libro-Oceano per slanciarlo oltre». 3 È lo spazio del libro, degli «studii delle lettere», come dimensione specifica della vita sentimentale e spirituale, della ricerca e del desiderio, in un'accezione che già era stata prevista da Leon Battista Alberti nel primo dei Libri della famiglia, dove erano richiamati il senso e l'utilità dell'erudizione umanistica: