Il problema dell'intenzionalità e degli oggetti intenzionali (original) (raw)

Sullo statuto della relazione tra un atto intenzionale e il suo oggetto

In "Linguaggio, mente e mondo. Saggi di filosofia del linguaggio, filosofia della mente e metafisica", edited by M. Carrara, G. De Anna and S. Magrin, Il Poligrafo, Padova, pp. 221-238, 2003

Ogni tanto, nel corso del dibattito sulla natura dei fenomeni mentali che ha occupato e continua a occupare una posizione non secondaria nella scena filosofica di questi ultimi anni, qualcuno fa affiorare in superficie qualcosa che sospetto essere in qualche modo latente nella riflessione sull'argomento di molti altri pensatori, spesso ma non sempre appartenenti alla schiera degli antinaturalisti: l'idea secondo cui ciò che legherebbe un atto intenzionale al suo oggetto sarebbe una relazione interna (l'oggetto sarebbe cioè costitutivo dell'identità dell'atto, che non sarebbe l'evento che è se non avesse l'oggetto che ha). 1 Recentemente, per esempio, John McDowell se ne è servito nello sviluppare, in modo a dire il vero piuttosto oscuro, alcune suggestioni kantiane sul tema dell'intenzionalità. 2

Rappresentare e giudicare. Sull’origine e il ruolo della dottrina degli oggetti intenzionali nella psicologia di F. Brentano

Discipline filosofiche, 1994

239 RAPPRESENTARE E GIUDICARE. Sull'origine e il ruolo della dottrina degli oggetti intenzionali nella psicologia di Franz Brentano di Riccardo Martinelli (Università di Firenze) Die Methode verlangt, daß man vom Einfacheren zum Komplizierteren fortschreite. Auch winkt der Arbeit hier der reichste Lohn, da jeder Fortschritt in der Erkenntnis des Elementarsten, selbst wenn klein und unscheinbar in sich, seiner Kraft nach immer ganz unverhältnismäßig groß sein wird. F. Brentano

La malattia degli oggetti

Palaver, 2014

The author reflects on the concepts of "end of the world" and "fury" found in the work of the Italian ethnologists Ernesto de Martino. 1. Discesa agli inferi. Arte come rito Per un antropologo italiano, La fine del mondo, tema generale

La natura degli oggetti matematici alla luce del pensiero di Husserl

Nella Krisis Husserl definisce Galileo Galilei come «un genio che scopre ed insieme occulta». 1 Egli scopre la «natura matematica», scopre di fronte alla causalità universale del mondo intuitivo […] «la "legge della causalità esatta", secondo la quale qualsiasi accadimento della "natura" -della natura idealizzata -deve sottostare a leggi esatte». 2 Ma questa scoperta della «natura in sé matematica», questa «sovrapposizione del mondo matematicamente sustruito delle idealità all'unico mondo reale, […] al mondocircostante-della-vita» 3 , in definitiva l'idea che la matematica pura sia universalmente applicabile, era considerata da Galileo un'ovvietà mentre diventa un occultamento. Secondo Husserl, è l'occultamento del senso di questa operazione di idealizzazione che, in tal modo, diventa un enigma. Il rapporto tra matematica della natura e matematica della forma spazio-temporale diventa oscuro. L'idea galileiana è un'ipotesi di un genere sorprendente, in quanto tale rimane per sempre: la sua verificazione può essere soltanto «un seguito infinito di verificazioni» 4 e quindi rimane sempre aperta. L'idea della «natura in sé matematica» resta allo stadio di ipotesi.

Intenzionalità, normatività e riferimento

2007

Che cos'hanno a che fare tra loro un filosofo che, a partire da Wittgenstein, ha sviluppato una teoria di impianto naturalista e che cerca di conciliare una prospettiva individualistica con una tendenzialmente socioesternista della competenza semantica, una teoria che studi di psicologia cognitiva e di neuroscienze si stanno incaricando di inverare, e un altro che, a partire dallo stesso Wittgenstein, ha sviluppato una concezione antinaturalista tanto dell'intenzionalità quanto della normatività? Apparentemente, ben poco; hanno semplicemente tirato in opposte direzioni il pensiero di un autore (tristemente) noto per la possibilità di manipolarlo variamente. Eppure, a volte è capitato al secondo filosofo di concepire il suo operato come un modo per dare un'aggiustatina in senso metafisico alle interessanti e profonde idee del primo filosofo; quasi a raddrizzarle un po' in favore di quella filosofia 'eterna' o comunque impermeabile ai risultati della scienza nei confronti della quale il primo filosofo ha un rapporto ambivalente 1 . Ora, non c'è dubbio che il primo filosofo considererebbe un tale modo di intendere il suo stesso operato come una vera e propria deriva traditrice. Ma poiché la storia della filosofia è stata spesso e volentieri una storia di tradimenti -o come si direbbe più nobilmente, di eterogenesi dei fini -per quel che conta, tanto vale andare a vedere dal vivo un esempio di come siffatti tradimenti si possono consumare… Com'è noto, la tesi centrale di Lexical Competence di Diego Marconi è che la competenza lessicale, la conoscenza del significato di un'espressione subenunciativa (un'espressione lessicale), consiste di due fattori: la competenza inferenziale, che riguarda la capacità di trarre inferenze da enunciati che contengono l'espressione in questione o comunque di parafrasare tale espressione, e la competenza 1 Vedi p.es. la conclusione dell'Introduzione di Lexical Competence: "poiché il mio è un tentativo di ricondurre la semantica dal cielo alla terra, immagino che molti saranno insoddisfatti, dato che, ovviamente, in cielo si sta molto meglio" (1997: 7).

Essere e oggettività in Leonardo Polo

Miscelánea Poliana , 2019

This is a translation from "Ser y objetividad en Leonardo Polo", publicado en "Miscelánea Poliana", n. 64, 2019, pp. 71-102. The article develops Leonardo Polo's attempt to overcome objectivity as a way to attain the act of being which characterized ambitious projects in the history of metaphysics. Accordingly, there cannot be a mental presentation or intuition of being to the human mind. Metaphysics cannot start from the transcendental notion of being. Many attempts to follow the direction of the universal and unlimited notion or pre-notion of being are deemed to failure. The notion of being is only a rational compensation in the effort of approaching being through mental operations (concepts, judgment). Only the total abandonment of the mental limit is capable of noticing being as persistent and extra-mental existence. Being as an act cannot be thought.