ELIANA CARRARA, Un modello per il centro storico. La trattatistica di Leon Battista Alberti, il suo influsso e l’esempio della Firenze di Cosimo e di Vasari (original) (raw)
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abstract Solo da pochissimi decenni la categoria storiografica degli “Umanesimi baronali” in relazione alla Feudalità del Regno di Napoli è stata oggetto di attenzioni nel periodo relativo al XIV e XV secolo per quanto riguarda l’ambito provinciale, mentre per le Committenze architettoniche le ricerche risultano ancora ai loro primi passi. Dopo le prime analisi delle iniziative dei Del Balzo Orsini e dei Del Balzo si affrontano ora le attività salienti, urbanistiche e architettoniche, promosse – a Conversano, Giulianova, Atri e anche nella sempre ‘incerta’ Teramo - dalla famiglia Acquaviva d’Aragona, una delle principali del Regno, grazie a Giulio Antonio e a suo figlio Andrea Matteo (mentre un nuovo capitolo dovrà essere dedicato alle trasformazioni dei centri minori del Dominio e di Nardò da parte di Belisario Acquaviva).. The “historiography of the Baronial Humanism of the provincial Neapolitan feudal system of the 14th and 15th centuries” has only become a subject of attention within the past few decades whilst research on its architectural commissions is still in its early stages.After the initial analysis of the commissions by the Del Balso and Del Balzo rsini families, the major urban and architectural commissions in Conversano,Giulianova,Atri and Teramo – by one of theKingdom’s principle families thanks toGiulioAntonio and his son,AndreaMatteo of theAquaviva d’Aragona family – are addressed here (whilst a new chapter should be dedicated to the transformation of the smaller towns of the Dominion and of Nardo by Belisario Acquaviva).
Tra il 1937 e il 1939 la vicenda della redazione ed approvazione di un nuovo Piano regolatore per Asmara - città che aveva visto enormemente aumentata la propria estensione e la propria popolazione grazie ad uno sviluppo industriale e infrastrutturale innescato dalla Guerra etiopica del 1935 - vede lo scontro tra i diversi Politici e le proposte dei vari Tecnici. Dopo le proposte dell’architetto Guido Ferrazza legato al governatore De Feo, sono il sottosegretario Attilio Teruzzi e l’architetto Vittorio Cafiero che riescono a far approvare dal Ministero nel 1939 la loro proposta di Piano regolatore, ma è ora il nuovo governatore Daodiace ad avversare quelle direttive. In una nuova lettura della documentazione archivistica e delle diverse fonti bibliografiche, quel Piano ci appare ora come la sintesi tra istanze del Funzionalismo urbanistico internazionale e moderno (con la Zonizzazione, lo studio del traffico, del Verde ...) ed esigenze coloniali (come per l’”Urbanistica segregazionista” di matrice francese, ma anche di ispirazione ‘tradizionale’ nell’Africa Orientale). Il 1939 fu comunque un “annus mirabilis”: Asmara cresceva e si sviluppava nel rapporto tra nuovi assi viari, nuovi villaggi periferici (per Italiani o Eritrei insediativamente separati) e nuova architettura pubblica, mentre il Piano diveniva immediatamente operativo. Between 1937 and 1939 the history of the drafting and approval of a new urban regulatory Plan for Asmara - a city that had significantly increased its size and population thanks to an industrial and infrastructural development triggered by the Ethiopian war of 1935 - became real and is a battlefield that sees the clash between Politics and the Technicians connected to them. After the proposals of the architect Guido Ferrazza linked to governor De Feo, are the undersecretary Teruzzi and the architect Vittorio Cafiero who are able to have their draft urban regulatory Plan approved by the Ministry in 1939, but it is now the new governor Daodiace to oppose those directives. In a new reading of the archival documentation and of the various bibliographic sources, that Plan appears now to us as the synthesis between instances of urban international and modern Functionalism (with Zoning, study of traffic, of Green ...) and colonial needs (as for the “segregationist Urbanism” of French matrix, but also of ‘traditional’ inspiration in West Africa). 1939 was an “annus mirabilis”: Asmara grew and developed in the relationship among new roads, new suburban villages (for Italian or Erithrean people separated in their settlements) and new public architectures.
2019
È o ibile ili a e il e mine imi a ione e alc ni a e i dell a chi e a romana del tardo Seicento e del primo Settecento che si pongono in rapporto di filiazione nei confronti delle esperienze barocche maturate a Roma durante il XVII secolo. Le sperimentazioni dei principali esponenti dell a chi e a omana, Gian Lo en o Be nini (1598-1680), Francesco Borromini (1599-1667), Pietro da Cortona (1596-1669) e Carlo Rainaldi (1611-91), si imposero sin da subito come vincolanti per le generazioni succe i e di enendo e em i da dia e, da ile a e e, e l a n o, da imi ae. Un imi azione che non va intesa in senso restrittivo, unicamente come pedissequa citazione di questi modelli di riferimento, ma che si pone spesso come punto di partenza per una ricerca volta al conseguimento di soluzioni innovative e originali. Per verificare questo a n o i ol a ci co c i e e l anali i ad n limitato episodio architettonico che appare, nella sua complessità, come una sorta di punto di coagulo di sperimentazioni e imitazioni di modelli precedenti e allo stesso tempo come il punto di partenza per lo sviluppo di nuove linee di ricerca che interesseranno una serie di architetture realizzate a Roma e nel e o d E o a, nella ima me del Settecento. I progetti per la realizzazione della facciata di San Giovanni in Laterano, ideati da Andrea Pozzo (1642-1709) e Carlo Fontana (1638-1714) alla fine del Seicento, si presentano come casi emblematici di un processo creativo volto, da una parte a recuperare i modelli della grande tradizione architettonica omana e, dall al a, a o i come e em i e gli architetti delle generazioni successive. Nelle loro proposte di completamento del prospetto lateranense, elaborate entrambe nel 1699, Pozzo e Fontana non poterono fare
Il Torrione di Bitonto è una imponente struttura fortificata, che la Storiografia locale ha genericamente attribuita alla fine del Trecento sulla base di un “Diploma” regio allusivo alla presenza in città di un castellano, ma che, invece, dal punto di vista morfologico può essere più verosimilmente connessa alla metà del XV secolo; in particolare la committenza di G. Ventimiglia e di M. Curiale, importanti famigli del Re napoletano, va chiamata in causa per un manufatto, come quello bitontino, particolarmente aggiornato alle prescrizioni della Trattatistica ossidionale moderna (di Leon Battista Alberti in particolare) e a quanto si andava realizzando in Castelnuovo a Napoli. Verso la fine del secolo, poi, una serie di disegni di F. di Giorgio Martini, presente in Puglia in diversi momenti, sembra testimoniare un interessamento dell’Ingegnere senese all’aggiornamento del Torrione con sproni e casematte.
Ingannare “l’occhio a maraviglia”. Quadraturismo e grande decorazione, Matera, 4-6 ottobre, VIII Convegno Internazionale di Studi a cura di Elisa Acanfora, 2023
Funzionali alla restituzione del contesto extra-locale in cui l’operazione di decorazione del Museo Provinciale di Bari andò a prendere forma negli anni dell’Ottocento post-unitario e revivalistico, sono alcune lettere che il pittore bolognese Rinaldo Casanova scrive in gran parte da Londra. Esse costituiscono un ulteriore strumento di conoscenza in aggiunta al ricco repertorio di modelli conservato presso l’Accademia di Belle Arti a Napoli reso noto da Fabio Mangone. Una di queste missive, in particolare quella datata al 23 agosto del 1890, oltre a sottolineare che il Nostro era rimasto nel Regno Unito per motivi di salute, informa del suo impegno per il lavoro in quel di Bari, non prima, però, di aver portato a termine gli impegni sul versante inglese, tra cui una «volta della nuova ala appositamente costruita per i quadri del Sciuti acquistati dal colonnello North». Il dato pare interessante, perché dimostra il grado di apprezzamento raggiunto da Casanova presso i ceti medio-alti della società britannica, richiamando un preciso episodio che, realmente accaduto a Londra al tempo dell’Italian Exhibition del 1888 aveva visto protagonista il militare inglese John Thomas North (tra l’altro presidente del «reception committee» dell’esposizione), assurto a una discreta notorietà per aver acquistato tutti i dipinti del pittore siciliano Giuseppe Sciuti lì esposti. Non si sarebbe trattato poi dell’unico caso. Un altro impegno del Casanova d’oltremanica, sempre correlato alla vicenda delle esposizioni destinate alla promozione dell’immagine nazionale all’estero, venne da lui richiamato in una seconda lettera del 1891, in relazione ai suoi «impegni presi per la Venezia in Londra» nell’ambito delle Olympia Exhibitions, ossia per una delle ricostruzioni quasi complete della famosa città dei dogi che poi Casanova reiterò presso il «Winter Garden Pavillon» di Birmingham. Si noti come la corrispondenza di Casanova dedicata al Museo Provinciale di Bari venisse a svolgersi su una raffinata carta intestata color avorio con caratteri a stampa blu o rossi, dove l’artista in primo luogo si presentava insignito di tutta una serie di altisonanti titoli e riconoscimenti onorifici. Non solo, con la stessa elegante diligenza la medesima carta da lettere lo indicava quale professionista estremamente versatile: «contractor for artistic ornamental decorative works in every style, for interior and exterior of mansions, palaces, churches, theatres, hotels and any other kind of public or private buildings». A seguire, venivano elencate le sue molteplici specialità spese tra le diverse tipologie di tecniche decorative, oltre al dettaglio - qui oggetto d’interesse per una prima sistematica mappatura del suo catalogo, all’insegna di un dialogo tra ambito locale e scala continentale - «of the principal works executed by the chevalier Casanova at differents epochs in England and in Italy». In questo caso, si trattava di interventi eseguiti per ville (soprattutto in Inghilterra), palazzi pubblici e privati, oltre che, come recitava sempre la sua carta intestata, per edifici religiosi, stazioni, grandi alberghi, ristoranti di lusso, tra «Sussex, Naples, Leicester, Posillipo, London, Eltham, Teano, Salerno, Rome» e, naturalmente, «Bari». La scelta di Bari per Casanova sì spiegava anche con il grado di visibilità da lui raggiunto in ambito meridionale,. Proprio nel 1888, infatti, la rivista palermitana L’arte decorativa illustrata ne scrisse proponendolo ai suoi lettori come «uno dei più grandi concettisti che vanti l’arte della pittura decorativa”, rendendolo, così, perfettamente rispondente al clima intellettuale di una Bari di secondo Ottocento pervasa da istanze positiviste, antiquarie, ma anche mercantili e borghesi.
I Carraresi fra modelli principeschi, identità cittadina e immagini del potere
Signorie italiane e modelli monarchici (secoli XIII-XIV), a cura di Paolo Grillo, 2013
During their lordship of Padua (1318-1405), the Carraresi had intense diplomatic and military relations both with the kingdom of Hungary and the Empire. In the second half of the 14th century Francesco I da Carrara was constantly allied to the king of Hungary in the wars against Venice, for the supremacy in the Adriatic region. In this period significant historical and iconographic sources offers ample evidence of the high consideration enjoyed by these royal models of power at the Carrarese court, even if the Paduan dynasty remained firmly anchored to the civic context of its origins.