“El arte completo de la lengua italiana” (1851), de José López De Morelle y su tratamiento del léxico (original) (raw)
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Il Capitale culturale", n. 29, pp. 675-678, 2024
Un frammento di Francesco Robortello (1516-1567) «del traslatare d’una lingua in l’altra»
Enrico GARAVELLI, Un frammento di Francesco Robortello (1516-1567) «del traslatare d’una lingua in l’altra», in Studi di Italianistica nordica. Atti del X Convegno degli italianisti scandinavi, Reykjavík, 13-15 giugno 2013, a cura di M. Gargiulo, M. Hagen e S. Rosatti, Roma, Aracne editrice, 2014 [ma 2015], pp. 287-305. The article presents the reflections of the classical philologist Francesco Robortello (1516-1567) on the method to be followed in translating, in particular in the case of “technical” translations. These reflections, which are to be found in a short manuscript fragment preserved in the Museum Correr in Venice (Ms. Donà delle Rose, 447), reveal a surprising attitude towards the translation of historical terms, namely, a tendency to domesticate texts, but also a full awareness of the need to safeguard the technicalities of particular subjects. Also of interest is the attention paid to the translation of the figurative language. A critical edition of the fragment is provided in the appendix.
2018
In co-edizione con l'Accademia della Crusca. Nel 1612 uscì a Venezia, dopo un ventennale lavoro d’équipe, la prima e monumentale edizione del Vocabolario degli Accademici della Crusca: un migliaio di pagine in folio che divennero il modello per i vocabolari storici delle altre lingue moderne. Nel registrare le diverse accezioni dei vocaboli del fiorentino trecentesco, indicato già dal Bembo come la base dell’italiano letterario, i compilatori del Vocabolario non si limitarono a servirsi dei grandi classici (Dante, Petrarca, Boccaccio) e del Villani, ma sulla scia di Borghini e Salviati spogliarono le opere di decine e decine di autori fiorentini minori e minimi, in larga misura anonimi, usando edizioni a stampa, in qualche caso dichiaratamente preparate in funzione del Vocabolario, ma anche raccolte di manoscritti antichi di recente costituzione, allestite (come qui si dimostra) a scopo di studio. Con una scelta che prefigura il criterio primonovecentesco – per la precisione: barbiano – della cosiddetta equivalenza grafia-pronuncia (ancora utilizzabile senza controindicazioni con testi toscofiorentini), i compilatori uniformarono inoltre secondo le regole di Salviati la grafia e la fonomorfologia delle più di 60.000 citazioni d’autore del Vocabolario, rendendolo così, fino a Manzoni, e non solo, un potente strumento di omologazione linguistica in un paese linguisticamente, oltre che politicamente, disunito. I diciotto saggi contenuti in questa raccolta mirano a fare il punto su questo controverso ma fondamentale monumento della nostra storia letteraria e linguistica. Indice Tanto per cominciare, sulla Crusca e i suoi testi. (Gino Belloni) Bibliografia Parte prima – Prima del Vocabolario I. Collezioni fiorentine di manoscritti fra Borghini e la Crusca. (Riccardo Drusi) II. Il lavoro paziente dell’Accademia degli Alterati. (Anna Siekiera) III. Sugli Avvertimenti del Salviati. (Francesca Cialdini) IV. Verso il Vocabolario. Il Quaderno riccardiano e altri spogli lessicografici tra Vincenzio Borghini e Lionardo Salviati. (Giulia Stanchina, Giulio Vaccaro) V. Gli accademici compilatori del primo Vocabolario. Novità e questioni ancora aperte. (Elisabetta Benucci) VI. Bastiano De Rossi, revisore e correttore del Vocabolario. (Nicoletta Maraschio) Parte seconda – Dentro la Crusca VII. I numeri della prima Crusca. Qualche rilievo quantitativo sui citati. (Fabio Romanini) VIII. «Ci è bisognato servirci di molti volgarizzamenti e traslatamenti d’opere altrui». I testi di traduzione. (Elena Artale, Elisa Guadagnini) IX. Dante: la Commedia. (Domenico De Martino) X. Dante: le altre opere. (Elisabetta Tonello) XI. Petrarca. (Aurelio Malandrino) XII. Dalla filologia al Vocabolario. Appunti sul volgarizzamento dei Ruralia commoda di Pietro Crescenzi. (Giuseppe Chiecchi) XIII. Astri, pianeti e paralleli: il lessico dell’astronomia e della fisica. (Rita Librandi) XIV. Sul lessico dell’arte. (Eliana Carrara) XV. Ariosto. (Tina Matarrese) XVI. Tra fiorentino aureo e fiorentino cinquecentesco. Per uno studio della lingua dei lessicografi. (Marco Biffi) A mo’ di riepilogo (con qualche addentellato su Bastiano De Rossi). (Paolo Trovato) Indice dei manoscritti, documenti d’archivio e postillati Indice dei nomi e delle opere
l'estetica e le arti, Carocci, Roma, 2013, pp. 391.
G. Cappelli – F. Delle Donne, Considerazioni sul Latino come lingua imperiale (secc. XII-XVI)
Il re e le sue lingue. Comunicazione e imperialità / Le roi et ses langues. Communication et impérialité, a cura di Fulvio Delle Donne, Benoît Grévin, Potenza, Basilicata University Press, 2023
This paper investigates the characters of Latin, which, at least until part of the 16th century (and beyond), was a universal language, a language of formal communication par excellence, both in literature (humanistic and scientific) and in politics. This reflection is based on the distinction between Latin as the language of imperium (i.e., of command, of empire, of sovereignty), and Latin as the imperial language (i.e., of emulation and assimilation of the characters of empire). Sometimes, the two languages are indeed indistinguishable, however, in principle, it could be argued that when the empire loses its authority, Latin contextually attenuates (at least in the perception of its official and administrative traits) the character of the language of the empire to increase the character of the imperial language (i.e., universal, and ecumenical), and vice versa. The phenomenon does not reveal a linear chronological evolution. On the contrary, it will happen that in the 15th century, when the Empire will almost completely lose its importance, the Latin recreated by the Humanists (like Lorenzo Valla, il Panormita, Giovanni Juan de Lucena etc.) will return to be simultaneously imperial language and language of the empire, even if the empire they have in mind is not the medieval, but the ancient Roman one.