DA PERIFERIA DELL’IMPERO A CENTRO DEGLI SCAMBI ATLANTICI: CRISI E SHIFT ECONOMICO DELLE ISOLE BRITANNICHE NEI SECOLI IV-VI, in D. Nappo, G.D. Merola (a cura di), Economia e frontiera nell'impero romano, Bari, Edipuglia, 2021, 175-198. (original) (raw)
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2021
Obiettivo di questo studio è l’analisi del ruolo dell’aristocrazia della Liguria nell’ultimo ventennio di storia imperiale, dalla morte di Valentiniano III al regno di Giulio Nepote in Italia (450‐475). Nel momento di più grave crisi dell’autorità imperiale, le aristocrazie della Liguria ripresero un ruolo politico significativo, quando Ricimero decise di tornare a Milano nel 470‐471, in occasione della guerra civile contro Antemio. Qualche tempo dopo, deposto Glicerio, anche Giulio Nepote scelse come sedi del suo governo Milano e Pavia (Ticinum). Mentre Roma e l’Italia suburbicaria erano sotto il controllo dell’aristocrazia senatoria dell’Urbe, dall’Italia annonaria Giulio Nepote si impegnò nella difesa delle regioni galliche che ancora riconoscevano il potere imperiale contro la minaccia dei Visigoti. Per questa ragione, dall’estate 474 all’estate 475 Milano e la Lombardia furono il centro dell’azione politica e diplomatica dell’ultimo legittimo imperatore d’Occidente.
2021
Secondo diverse fonti, al culmine del suo potere Attila aspirò all’egemonia sul mondo (445-453). Per raggiungere questo obiettivo, il re degli Unni giudicava in maniera diversa i due grandi imperi tra Occidente e Oriente, i Romani e la Persia sasanide. Secondo la ricostruzione storiografica di Prisco di Panio, storico e ambasciatore contemporaneo agli eventi, Attila riteneva Roma l’impero più debole, perché politicamente diviso; d’altra parte, lo considerava già sottomesso agli Unni, perché tributario. Inoltre, anche la cornice di legittimazione religiosa delle sue ambizioni politiche non ha nessun collegamento con un’investitura carismatica romano-cristiana. È piuttosto una divinità pagana che sostiene le pretese all’egemonia degli Unni. I progetti di sistemazione della frontiera con l’impero romano d’Oriente nel 449 e le pretese nell’organizzare nuove prassi diplomatiche con i Romani vanno inseriti in questa prospettiva politica. Questi progetti rispecchiano, sia dal punto di vista politico, sia dal punto di vista culturale e religioso, il giudizio di Attila sulla subordinazione dei Romani.
La percezione delle Guerre d’Italia quale momento topico nel processo di transizione e integrazione geopolitica dell’Europa ha radici storiografiche profonde. Già nella prefazione alla sua History of the reign of the Emperor Charles V, apparsa nel 1769, William Robertson sosteneva che, tra il 1519 e il 1556, «the powers of Europe were formed into one great political system, in which each took a station, wherein it has since remained with less variation, than could have been expected»; proprio a partire da quel periodo così denso di eventi, «the transactions of every considerable nation in Europe become interesting and instructive to all». Qualche decennio più tardi fu Henry Hallam a indicare nella spedizione italiana di Carlo VIII «the event that first engaged the principal states of Europe in relations of alliance or hostility which may be deduced to the present day» (View of the State of Europe during the Middle Ages, 1818). Più di recente, alcuni storici hanno in certa misura ripreso tali suggestioni, sottolineando come quelle vicende belliche avessero contribuito a plasmare un sistema di respiro europeo, relativamente più integrato che in precedenza. Questa incipiente trasformazione degli equilibri internazionali, interagendo con le caratteristiche ‘strutturali’ della società coeva, fece sì che molti attori strategici vedessero nell’accresciuta complessità geopolitica del continente una fonte pressoché inesauribile di allettanti opportunità per acquisire o consolidare potere, prestigio e ricchezza: non ci riferiamo soltanto a chi esercitava la sovranità su ampi aggregati politico-territoriali, più o meno coesi e tendenti all’accentramento, ma anche ai membri dei patriziati cittadini, ai signori feudali e a tutti gli altri soggetti in qualche modo riconducibili a queste élite, in virtù di strategie individuali, familiari e clientelari di vario genere.