Quattro scritture: Testa, Zaffarano, Micaletto, Bellomi, e la metafora (original) (raw)

2012, Quattro scritture: Testa, Zaffarano, Micaletto, Bellomi e la metafora, «il verri», 50, 2012, pp. 96-101

Se la matematica documenta distintamente che la totale eliminazione del problema della rappresentazione […] è il segno della conoscenza autentica, ugualmente vincolante si presenta la sua rinuncia all'ambito della verità che è nell'intenzione dei linguaggi. W. Benjamin, Il dramma barocco tedesco L'attuale scrittura di ricerca italiana è figlia (almeno per parte di patria) di quella neoavanguardia che rifiutava la metafora per votarsi piuttosto a discorsi (Sanguineti) o a procedimenti (Balestrini) di specie allegorica, come si sa e come ricorda Gian Luca Picconi nel suo saggio, con le dovute eccezioni e precisazioni (se non il teorico e il romanziere, il poeta Sanguineti accoglie e usa largamente metafore fin da Laborintus; mentre Balestrini auspica in Linguaggio e opposizione e di fatto realizza nella sua opera metafore di risulta, così come scaturiscono dalle operazioni di prelievo e montaggio 1 ). Dall'altra parte gli ascendenti sono quelli francesi della littéralité o nordamericani della language e della sought poetry, esperienze non per caso importate da figure attive nella ricerca letteraria di oggi 2 . Agiscono poi certamente, insieme a questi, modelli diversi, che con la metafora si confrontano in maniera aperta, modelli dati per esempio da autrici come Danielle Collobert 3 . Ma va detto anche che sull'ultimissima generazione (qui rappresentata da Daniele Bellomi e Manuel Micaletto, e soprattutto su quest'ultimo) fa pressione qualche autore ben disposto verso una metaforicità che non sia frutto di prelievi e montaggi o di riflessione metatestuale, magari qualche lirico nostrano come Milo De Angelis. Va detto infine, e non per inciso, che se una commistione fra inclinazioni antimetaforiche e