Prigioni e Paradisi. Luoghi scenici e spazi dell’anima nel teatro moderno, Atti del convegno di studi in ricordo di Umberto Artioli (Padova, 19-21 maggio 2010), a cura di Elena Randi, Cristina Grazioli, Paola Degli Esposti, Simona Brunetti, Elena Adriani (original) (raw)


Nelle didascalie di d’Annunzio la psicologia «è spinta così lontano da diventare talvolta ridicola», scrisse Georges Hérelle all’indomani della Città morta, apparentando l’analisi minuziosa delle anime con la compiacenza nella descrizione dell’ambiente scenico. Oggi a chi osservi le note di regia dannunziane, magari con l’ausilio della lente d’ingrandimento delle edizioni critiche dell’Edizione Nazionale, si palesano non solo i numerosi dettagli psicologici del drammaturgo, ma anche l’intertestualità dello scrittore onnivoro e il ritmo metrico e i giochi sintattici del poeta. Di fronte a tale complessità, al giudizio di ridicolaggine si sostituisce una riflessione su un’impresa artistica che nello spazio didascalico tentò forse di far diventare apparente l’armonia nascosta nel dramma.

The interpretation of Euripides’ Andromache can be improved by studying the role played by fear at critical points of the plot, as well as the terms employed by the playwright to express it. An atmosphere of fear pervades the play, linked with the weakness of several characters: the female ones who are enslaved (Andromache, the Servant, the women of the Chorus), Hermione and finally the attackers of Neoptolemus (who nevertheless remains untouched by fear): Euripides chooses to shape his characters showing as well their way to react to fear.

Le pagine che seguono si focalizzano sui teatranti della prima genera-zione del Nuovo Teatro che, tutti nati intorno agli anni Trenta, esordiscono alla fine dei Cinquanta (nel 1959 Bene con il Caligola, Quartucci con Aspet-tando Godot, Remondi con la Moschetta) o nei primi anni Sessanta: Claudio Remondi, Carmelo Bene, Carlo Quartucci, Leo de Berardinis, Cosimo Ci-nieri, Perla Peragallo, Rino Sudano, Anna D’Offizi, Carlo Cecchi; poco più giovani, Carla Tatò è qui presa in considerazione perché profondamente le-gata al percorso di Quartucci. Antonio Neiwiller, qui inserito in un breve pa-ragrafo finale, permette di mantenere aperto e problematico il discorso, tra-ghettandolo oltre gli anni. All’interno di tale contesto, sono stati individuati quattro modelli formali d’attore che ci sono parsi più significativi nella prima fase del Nuovo Teatro, enucleati in rapporto alla funzione che l’attore assume all’interno della scrit-tura scenica: il (non)attore-artifex; l’attore lirico jazz; l’attore-joueur; l’attore epico-analitico. Ciascun modello è analizzato attraverso un taglio storico che affronta il particolare modus in cui quel modello si è realizzato (investendo così questioni di poetica e di stile) soprattutto in relazione all’eredità interrotta di cui si è detto e al rapporto con le tradizioni altre del teatro. Nell’epilogo, una riflessione sull’ossimoro delle tradizioni che Neiwiller incarna non indi-vidua un altro modello, bensì un territorio problematico di ricerca.

This paper focuses on the performative perspective of fear in the contemporary theatrical experience, in order to propose a reading that can be framed according to the direction of Euripides’ Bacchae by the Master of the international scene Theodoros Terzopoulos. Using a short projection of the audiovisual material of the performance, we will try to identify the passage from the text to the theatrical performance. The video focus on the figure of Agave and her communicative models when he recognizes the broken head of her son Pentheus, one of the most famous and touching scenes of ancient Greek tragedy. The path starts from the vision of the actress’s character on stage, from the performing of fear and its dual manifestation: the one of phonological character (voice) and the other of the prosopographic character (face) that will allow us to highlight the aesthetic outcomes following the dramaturgical choices made by the director to underline the fear of the character as a linguistic act.

Giuseppe Pellizza da Volpedo. Ricordo di un dolore (Ritratto di Santina Negri), in Stati d’animo. Arte e psiche tra Previati e Boccioni, catalogo della mostra (Ferrara, Palazzo dei Diamanti, 3 marzo – 10 giugno 2018), a cura di C. Vorrasi, F. Mazzocca, M.G. Messina, Ferrara, 2018, pp. 123-126.

Questo volume, che permette di far interagire gli interventi di alta divulgazione scientifica di cui si compone con una serie di materiali audiovisivi pubblicati sul canale YouTube Dante, il tempo e lo spazio, ha un obiettivo principale: creare un proficuo collegamento tra Scuola e Università, ovvero tra due elementi del sistema formativo del nostro Paese che raramente si parlano e che, quando si parlano, ancor più raramente si comprendono. E per fare ciò si è costruita una proposta didattica che offre a studenti e docenti della Scuola secondaria di secondo grado una serie di idee e di spunti per affrontare lo studio di Dante e della letteratura dantesca anche attraverso altre “materie curricolari” (“altre” rispetto all’insegnamento della letteratura, ovviamente) e soprattutto attraverso approcci metodologici, per così dire, “transdisciplinari”: veri e propri ponti tra ricerca scientifica e didattica e tra mondo delle cosiddette “scienze dure” e mondo delle cosiddette “humanities”.