Musei etnografici e antichi strumenti di misura (original) (raw)

Musei etnografici: lo stato delle cose

La Ricerca Folklorica, 1985

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Tra esplorazioni ed esposizioni: immaginare un museo etnografico. Il caso di Milano (1870-1911)

Museologia Scientifica, 13 2019

RIASSUNTO Lo scopo di questo lavoro è di raccontare l'ambiente culturale (nazionale e cittadino) di fine Ottocento nel quale prese corpo l'idea di creare un museo etnografico nella città di Milano, pensato soprattutto per dare ampio risalto alle recenti acquisizioni territoriali della neonata colonia Eritrea. Delle collezioni di cui si racconta la genesi attraverso la lettura di documenti d'archivio recentemente ritrovati è rimasto oggi ben poco in esposizione al MUDEC, attuale erede della tradizione etnografica milanese: si tratta principalmente di qualche arma abissina raccolta da Vigoni nei suoi viaggi. Ciò non significa, tuttavia, che non sia rilevante oggi studiare il ruolo di Vigoni, i progetti, le speranze, i tentativi intrapresi dall'intellighenzia dell'epoca per dare a Milano il suo museo che di fatto non vide mai la nascita, se non molto tardivamente. Il dibattito attor-no a questo museo mai nato costituisce un'importante testimonianza del pensiero museologico del tempo.

La cultura materiale nei musei etnografici locali

L'assessore alla cultura Il sindaco …, 2004

Le relazioni culturali, storiche, artistiche, economiche e sociali fra le due realtà confinanti della Valtellina e Valchiavenna e del Canton Grigione sono di lunga data e sono state nel tempo particolarmente intense e significative, sebbene non prive, a volte, di conflitti e lacerazioni. A partire dalla seconda metà del secolo appena trascorso nei due territori confinanti si è consolidato un lavoro di ricerca storiografica che ha consentito di mettere in luce, al di là degli elementi di frattura e divisone, i rapporti di collaborazione intercorsi tra i due popoli e le problematiche socio-culturali alle quali essi hanno trovato nel tempo soluzioni e risposte analoghe. L'amministrazione comunale di Sondrio è consapevole che, nel momento in cui -come membri dell'Unione Europea -siamo impegnati nella costruzione di una comune identità europea, la conoscenza dell'insieme di vicende storico -politiche e dei prodotti culturali che formano le radici di ciascun paese assume un'importanza centrale. Ha, pertanto, voluto valorizzare e sostenere questa attività di ricerca attraverso il progetto "Castello Masegra e Palazzi Salis: un circuito culturale dell'area retica alpina". Nel presentare oggi con piacere al largo pubblico della rete web il risultato del lavoro di un gruppo di qualificati e appassionati studiosi della provincia di Sondrio, il Comune di Sondrio ritiene di rispondere, almeno in parte, all'auspicio avanzato ormai più di 50 anni fa dallo storico Enrico Besta: "Ogni popolo è giustamente custode geloso delle proprie tradizioni, ma il tradizionalismo non deve essere fomite di antitesi etniche e politiche. Una storia che si ispiri a tradizionalismi angusti è propaganda politica, per se stessa la storia non provoca scissure, promuove armonie. Ecco perché nell'interesse generale della cultura, mi rifiorisce sulle labbra l'augurio che gli storici reti ed i valtellinesi si tendano fraternamente la mano perché su entrambi la luce del passato brilli senza velo e adduca verso il conseguimento di una civiltà veramente umana." (Enrico Besta, Coira 24 aprile 1948)

Iconografie “antiche” nella collezione di calchi di intagli e cammei di Antonio Berini ai Civici Musei di Storia ed Arte di Trieste

in “Lanx. Rivista della Scuola di Specializzazione in Archeologia dell'Università degli Studi di Milano”, 2009, n. 2, pp. 78-115.

Molteplici fattori concorrono a determinare, nel repertorio glittico, quel fenomeno dell'antico, come modello da imitare, rivivere, trasformare: stemma variegato e complesso in cui non sempre è facile stabilire i confini tra interpretazione, dipendenza, copia, imitazione, falso.

Leonardo, sei mio. Breve indagine etnografica al museo, tra mito e scienza

Roots-Routes. Research on Visual Cultures. I Non-Detti del Museo - Anno IX, N°30, Maggio- Agosto, 2019

Con la dedica istituzionale a Leonardo da Vinci, il Museo Nazionale Scienza e Tecnologia di Milano (1953) non propone solo un contenuto storico da indagare scientificamente, ossia l'operato tecnico-scientifico del pensatore e artista rinascimentale, ma consolida e reinterpreta una dimensione simbolica legata alla sua figura, che rimanda ad una dimensione “mitica”, nell’accezione novecentesca (Barthes, 1957; Leghissa e Manera, 2015). Nonostante, oggi, la retorica nazionalista collegata alla dedica sia stata superata (anche grazie all'indagine approfondita sull’identità dell’istituzione, sulla sua genesi e sul suo contesto storico) nell’esperienza quotidiana del Museo il dialogo implicito tra storia e mito continua a riaffiorare, in un confronto dialettico tra la competenza museologica e un immaginario collettivo pubblico, secondo cui Leonardo è icona pop del genio universale, anticipatore di ogni innovazione. Questa narrativa storicamente decontestualizzata ha un'ampia circolazione che chiama i professionisti del Museo ad un continuo lavoro di decostruzione e ricostruzione del discorso su Leonardo. Si apre però una contraddizione potenziale, ma feconda, nel momento in cui è l’istituzione stessa del museo scientifico ad appropriarsi dell’aspetto ‘mitico’ e sovrastorico della figura, facendone un simbolo identitario, nel passato ma ora anche nel presente, tramite il rinnovo della dedica con altri significati. Il saggio riporta l'esperienza di una breve indagine etnografica sperimentale condotta nel 2017, a cura dell’antropologa Elena Costantino, con l’obiettivo di documentare e far emergere, almeno parzialmente, il senso di questo apparente conflitto, sondare alcune modalità con cui esso si manifesta e le sue potenzialità di riflessione in relazione a quel “disagio della cultura scientifica” nella sfera pubblica oggi così palese e così importante (Nieto-Galan, 2016). http://www.roots-routes.org/leonardo-sei-mio-breve-indagine-etnografica-al-museo-tra-mito-e-scienza-di-simona-casonato/

L’osservazione etnografica

L'osservazione costituisce uno strumento classico della ricerca sociale, fondativo in particolare dell'etnografia e dello sguardo "naturalistico" che essa si propone di esercitare sulla società. Implicita in questo iniziale programma di ricerca era anche l'idea che le rappresentazioni degli attori potessero essere osservate non meno delle loro pratiche, o meglio attraverso queste ultime. Più lento è stato il riconoscimento che il lavoro etnografico stesso -incluso dunque il lavoro di osservazione etnografica -fosse esso stesso produttore di rappresentazioni. Di qui, inevitabilmente, una riflessione sul "potere" inerente allo sguardo, ai suoi presupposti, ai suoi assunti irriflessivi. Dopo la critica del positivismo etnografico classico e dopo una vera e propria "destituzione della fede nello sguardo" -accusato di sessismo, razzismo, voyeurismo e così via -oggi la questione del ruolo dell'osservazione nella ricerca sociale pare tuttavia non essere ancora risolta. In questo contributo parto dalla constatazione che, esauritosi ormai il discorso postmodernista, l'osservazione continua ad essere una delle principali pratiche etnografiche utilizzate dai ricercatori sociali, nonostante -o forse invece proprio perché, e in questo senso persino fintanto chel'epistème dell'osservare non appaia "fondabile" nel senso classico. In ultima analisi, è in quest'apparente contraddizione che mi propongo di rinvenire una delle principali fonti della potenzialità euristica e, più in generale, conoscitiva dell'osservazione rispetto alle altre attività o momenti che compongono il movimento della ricerca (quali ad esempio descrivere, interpretare, spiegare e prevedere).

Il teatro etnografico

2008

ATTENZIONE: il saggio è stato pubblicato/the paper has been published;; vedi qui/please see:: https://www.academia.edu/8743253/Il\_Teatro\_Etnografico\_.\_Saggio\_su\_un\_esperimento\_di\_performance\_interculturale\_in\_Biblioteca\_Teatrale\_BT\_99-100\_luglio-dicembre\_2011\_pp.\_107-126\_ISSN\_0045-1959