I racconti di un "bracconiere di storie" (original) (raw)
«Io credo che un vero narratore nella sua vita debba produrre almeno cento racconti» dichiarava Giovanni Arpino a Claudio Marabini, in una intervista per il «Il Resto del Carlino», il 26 settembre del 1981 1 , a cinque mesi dalla pubblicazione, pei tipi Rizzoli, del volume di racconti Un gran mare di gente, uscito appunto in aprile, che, insieme a quello intitolato Raccontami una storia, pubblicato nel marzo dell'anno successivo, costituisce l'ultima in ordine temporale e purtroppo definitiva raccolta d'autore di una eclettica sperimentazione della forma breve. Una misura, quella del centinaio di racconti, in effetti, praticamente raddoppiata in quarant'anni di irrinunciabile fedeltà alla narrazione, concentrata in un rapido svolgersi di pagine, o distesa in romanzi che da quelle traevano spunti o con quelle costituivano costellazioni tematiche, come prismatiche rifrazioni di un reale che si sfrange nella molteplicità dei casi e delle avventure umane, fino ai confini dell'anomalo, del surreale, del paradosso, con una certa predilezione per l'imprevedibile che affiori nell'ordinaria sequenza di casi quotidiani, e anche, per dirla con Pirandello, con una inesauribile curiosità per l'«impreveduto che è nelle anime». Rolando Damiani, nella Notizie sui testi del Meridiano da lui curato delle Opere scelte, a proposito dei racconti, ricorda una sorta di 'autoritratto dello scrittore da giovane' consegnato dallo stesso Arpino in una lettera del 1 dicembre 1955 a Elio Vittorini, suo principale mentore presso Einaudi, dove si presentava «con le tasche piene di appunti, abbozzi, frasi, scalette, fogli, schemi», terreno di coltura 1