Il ruolo delle corti nel rafforzamento del coordinamento delle politiche economiche nell'Ue. Quale bilanciamento tra omogeneità costituzionale europea e identità nazionale degli stati membri? (original) (raw)
Il ruolo delle corti nel rafforzamento del coordinamento delle politiche economiche nell'Ue. Quale bilanciamento tra omogeneità costituzionale europea e identità nazionale degli stati membri? 15 O T T O B R E 2014 2 | federalismi.it |n. 19/2014 * Il presente contributo rientra tra i lavori inviati in risposta alla Call for papers di federalismi "Valori comuni e garanzie costituzionali in Europa" ed è stato sottoposto ad una previa valutazione del Direttore della Rivista e al referaggio dei Professori Cassetti, Curti Gialdino, Gui, Miccù e Ridola. 3 | federalismi.it |n. 19/2014 interrogativi sulla democraticità del progetto europeo nel suo complesso, tanto da condurre alla richiesta di un nuovo e rinnovato contratto sociale. Come è stato rilevato 1 , vi sarebbero infatti degli evidenti limiti costituzionali al persistere ulteriore di quest'asimmetria nell'allocazione delle competenze di natura economica e monetaria, in primis il principio di solidarietà cui viene fatto esplicito riferimento anche nel capo dedicato alla politica economica, all'art. 122, § 1, Tfue. Tanto più che oramai, alla luce dell'art. 3, § 1 Tue, l'Unione europea può e deve essere concepita come "un sistema politico aperto" e non più come una mera organizzazione sovranazionale, funzionale solo all'integrazione di una pluralità di mercati nazionali. La ragione di quest'asimmetria di competenze sta, come noto, nelle scelte compiute nel Trattato di Maastricht siglato nel 1992 riguardanti la struttura essenziale dell'Unione economica e monetaria. All'epoca si ritenne, infatti, che la gestione della politica monetaria dovesse essere affidata ad un organo, come la Banca centrale europea, autonomo da qualsiasi condizionamento politico -per permettere il raggiungimento dell'obiettivo della stabilità dei prezzi -mentre il governo della politica economica, imponendo importanti scelte con effetti potenzialmente redistributivi, richiedesse una salda legittimazione democratica scaturibile solo dai processi politici nazionali 2 . Nella discussione che animò le fasi di negoziazione del trattato, si ritenne che la politica monetaria dovesse essere condotta in maniera unitaria ed autonoma e che quindi alla Bce fosse indispensabile assicurare un ampio margine di discrezionalità nello scandagliare il ventaglio di scelte a disposizione per raggiungere l'obiettivo principale di difendere la moneta unica. Ciò condusse alla configurazione di una banca centrale indipendente da qualsiasi relazione con le istituzioni rappresentative, la cui legittimazione democratica si ritenne dovesse fondarsi sulle procedure di nomina, sulla stretta aderenza al mandato fissato nei trattati, su relazioni periodiche concernenti il proprio operato. Un potere di controllo sull'operato della Bce si attribuì alla Corte di giustizia la quale però, nel valutare la legittimità dei suoi atti, difficilmente potrebbe limitare la discrezionalità delle sue scelte, per via della loro natura altamente tecnica. La creazione di una moneta unica non avrebbe perciò necessitato l'istituzione in parallelo di un'unione politica, ma avrebbe comunque sortito degli effetti positivi in termini di una maggiore cooperazione nelle materie economiche. E infatti, sebbene la politica economica rimanesse di competenza di ciascuno degli Stati membri, essa diveniva una questione di interesse comune, 1 R. MICCÙ, Proteggere la democrazia: rinnovare il "contratto sociale" europeo, in federalismi.it, n.3/2014. 2 F. DONATI, Crisi dell'euro, governance economica e democrazia nell'Unione europea, in Dir. Ue, 2, 2013, p.337 e ss.