163) GIANNICHEDDA E., MANNONI T., 2003, Archeologia sperimentale e archeologia della produzione, Atti del Convegno Archeologie sperimentali. Metodologie ed esperienze fra verifica, riproduzione, comunicazione e simulazione, Comano terme – Fiavè 13-15 settembre 2001, Trento 2003, pp. 33-39. (original) (raw)
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In Italia, solo con lo sviluppo dell’archeologia medievale, l’archeologia della produzione si è affermata come disciplina autonoma. Particolarmente importanti sono stati, al riguardo, i contributi di Riccardo Francovich (archeologia delle attività estrattive e metallurgiche) e di Tiziano Mannoni (archeometria e storia della tecnica). Nel presente lavoro, la discussione di quanto pubblicato fra il 1974 e il 2013 in Archeologia Medievale consente di ragionare su come ricerche, spesso casuali, hanno contribuito a creare un corpus di informazioni importante e precisare le finalità da perseguire: valorizzazione degli indicatori, studio dei cicli produttivi, ricostruzione dei contesti e dei saperi specifici, attenzione per i cicli di vita dei manufatti (scambi e consumo), storia della cultura materiale. Punto di partenza per la presente analisi sono, ovviamente, gli Editoriali della rivista (1974 e 1975), ma particolare attenzione è dedicata ai lavori più innovativi relativi a vetraria, lavorazione dei metalli, manufatti domestici, fornaci di vario tipo, lavorazione della pietra, attività tessili. Nella parte conclusiva del lavoro, si discutono varie questioni più generali; la necessità di confrontare fra loro dati archeologici con sistemi di fonti diverse (scritte, iconografiche, etnoarcheologiche); la possibilità di ampliare le ricerche di archeologia della produzione ad altri ambiti (archeologia delle attività agro silvo pastorali, archeologia delle produzioni alimentari, archeologia dell’architettura); la necessità di quantificare produzioni e consumi per ricostruire gli equipaggiamenti materiali; lo studio di innovazioni e persistenze. Con l’obiettivo ultimo di definire il repertorio di attività svolto in specifici siti e periodi, ricercare le relazioni tra attività che soddisfacevano bisogni diversi, definire i modi di produzione (gestione delle risorse e impatto ambientale, spazi e tempi di lavoro, sapere tecnico, distinzioni di genere e d’età, rapporti economici e sociali).
2018
Abstract I modi con cui si studiano le produzioni antiche non sono ovunque uguali ed è abbastanza facile distinguere più tradizioni disciplinari che, talvolta, sono diventate vere e proprie scuole. Fra queste sono universalmente note la scuola francese e quella anglosassone, mentre la situazione italiana sembra più complessa e mutevole. Trenta e più anni fa, il paradigma marxista era così forte da subordinare l’analisi della produzione all’interpretazione socio economica e di ciò è esempio la definizione del modo di produzione schiavistico, ma anche quella della signoria mineraria medievale. Più che ai prodotti si guardava alle merci. Con la crisi del marxismo, rapidamente, si sono, però, persi molti riferimenti interpretativi e l’analisi della cultura materiale è divenuta spaesata elencazione dell’equipaggiamento in uso nei diversi contesti. A interpretazioni talvolta discutibili si sono sostituite descrizioni ipotizzate migliori solo perché supportate da analisi archeometriche. Il bambino non è però stato gettato con l’acqua sporca e, con il tempo, sono state condotte molte ricerche che hanno aperto nuove prospettive. Tali ricerche, oltre ad avere valenza locale, sono significative perché dimostrano che si può legare l’analisi tecnica della produzione - i cicli – allo studio delle condizioni materiali della medesima, dei rapporti sociali, del territorio. I reperti sono così stati studiati in quanto prodotti e al tempo stesso, oltre che come merci, come indicatori ambientali e di status sociale. In tal senso gli archeologi hanno evitato i più banali percorsi di ricerca messi a punto dagli storici della tecnica, ma anche le discussioni inutilmente teoriche, per confrontarsi con gli storici, gli etnografi, i geografi. In tal modo crediamo si sia costituita una via italiana all’archeologia della produzione, e, forse, all’archeologia tout court. Una via non istituzionalizzata o riconosciuta, ma capace di affrontare campi di ricerca disparati e mettere in valore indicatori eterogenei, ognuno con un proprio specifico potenziale informativo: dalle frecce litiche alla ceramica, all’edilizia, ai frantoi, alle scorie, al pentolame di pietra ollare, alle campane, alle fornaci vetrarie, alle macchine per torcere la seta. Lo studio della produzione si è così visto non separabile dall’indagine dei meccanismi di scambio e dalle logiche del consumo, mentre la cultura materiale di ogni gruppo si è compreso essere funzione, nel medesimo tempo, dei comportamenti pratici e delle idee socialmente condivise.
Archeologia sperimentale nell’archeologia italiana
Apart from a few sporadic previous episodes, Italian experimental archaeology only really began in the second half of the 1970s with experimentation in the field of stone-working, above all on the line of the Bordes studies. As opposed to twenty years ago, from which period one can cite the scientific and educational activities of Giorgio Chelidonio as among the most important, today the increasing presence of programmes of experimentation conducted by university and research institutes and protection government bodies should be underlined. The two most significant examples are the University of Ferrara as regards stone-working at the early Palaeolithic site of Isernia – La Pineta and various experiences in the field of the stone and pottery industry carried out by the “La Sapienza” University and by the Museo delle Origini in Rome, in some cases specifically integrated within the university teaching programme. Among the experimental activities related to other forms of pre and protohistoric crafts a good example is that conducted by A. M. Bietti Sestrieri on the pottery of the Osteria dell’Osa necropolis in Lazio (BETTI SESTRIERI, PULITANI 1992). In the field of archaeological metallurgy we can cite the experimentation carried by the Italian-German team headed by Jan Cierny and Franco Marzatico, within the context of investigations of protohistoric archaeological metallurgy in Trentino (CIERNY et Alii 1988). In the field of the archaeology of wood the work of Renato Perini from the Archaeological Heritage Office of Trento should be recalled, on the occasion of the exhibition dedicated to the working of wood at the Fiavé lake dwelling (Trento 1988). Another important sector is the experimental reconstruction of structures, both dwellings and other constructions, in perishable materials. One of the first examples in Italy is the experimental reconstruction of a hut from the early Neolithic Time (CALEGARI et Alii 1990) and the archaeological investigation of its remains following collapse (CALEGARI LOKOSEK 1990). Among the experiences in the last decade, an example of reconstruction linked to a specific archaeological context is the reconstruction of an early Iron Age hut at Fidene (Bietti Sestieri excavations: MERLO 1992). To move on to the diffusion of scientific information linked to experimentation, an important field, currently particularly in vogue, is the archaeological park. Among the projects undertaken above all in the 1990s, within which archaeological experimentation for educational purposes represented one of the main services offered to users, we cite two examples which are to a certain extent representative: the experience at Darfo-Boario Terme in Valcamonica (the “Archaeodromo” and “Archaeopark” ) which can be classified within the context of thematic-parks and which come closer to similar experiences in central and northern Europe inspired by so-called “living history”, and the parks in the Val di Cornia (S. Silvestro and Populonia), which are archaeological parks in the true sense of the word, as they are directly linked to the exploitation of important archaeological areas. In an attempt to comment on this brief summary of the history of Italian experimental archaeology, we can propose some ideas of a general nature. As regards the definition and position of experimental archaeology we recall and agree with what has already been expressed in an Italian work in 1990 (BONDIOLI et Alii 1990): an experimental approach is recognised in research which isolates limited groups of variables and subjects them to high levels of control as regards the phases of production, formation and transformation of the archaeological deposit, with the aim of drawing an interpretation and productive models useful for the study of archaeological deposits themselves. Some of the most urgent tasks of Italian experimental archaeology are: the establishment of a well-defined and controllable database, the search for appropriate institutional spaces and the diffusion of research. Another important question regards the application of experimental archaeology to the diffusion of information. This must be firmly anchored to the knowledge acquired, limited “integrative” intervention to an indispensable minimum consider its main goal as the enhancement of the archaeological heritage. Finally, it is to be hoped that the government bodies responsible for the protection of the archaeological heritage will come into action and express precise evaluations as regards experimental archaeological activities. This is necessary in order to avoid, for example, thematic-parks which are broadly based on archaeology becoming more important in terms of tourism exploitation than the archaeological heritage itself, possibly with the result of diverting the investment necessary to make the most of the archaeological remains in terms of museums and the environment in an appropriate manner.
2023
The church of San Giovanni a Carbonara is one of the major examples of angevian and reinassance architectures of the city of Naples. It benefited from the patronage of the monarchs and the most important noble families of the city, who commissioned its enrichment with exquisite architectural decorations, sculptures, frescoes and tiled floors. Accessible only through an elegant curved stair by the famous architect Sanfelice, the church dominates the homonymous via San Giovanni a Carbonara, a wide and busy road tangential to the compact centre of the ancient city. Traffic and pollution are only two of the many degradation factors that have been identified during the recent works of restoration carried out between 2021 and 2022 by the Italian state. Affected by the Allied bombing in 1943, which caused the destruction of the roof and several damages to its walls and portals, the church has since been restored more than once, but the outcomes of such works have not always stood the test of time. The direct exposition to sun, wind and rainwater has deeply affected the conservation of natural and artificial stones, resulting in the widespread presence of biodeterioration phenomena, salts efflorescences, exfoliations of cortical layers, pulverisations of mortars, black crusts and so on. The paper provides an accurate account of the conservation work recently concluded, which has been based on an in-depth diagnostic campaign executed both in lab - in order to identify the composition of the historical materials, of the black crusts and of the micro-organisms – and in situ, aiming at uncovering the remains of the most historical layers. The outcomes of the diagnostic campaign and the feasibility tests that have been consequently carried out are presented in relation to the conservation choices taken by architect and restorer, emphasising the crucial role that diagnostic and experimentation have in the identification of the best strategies of intervention for each unique monument.
2015
a cura di Alessandra Molinari, Riccardo Santangeli Valenzani e Lucrezia Spera COLLECTION DE L'ÉCOLE FRANÇAISE DE ROME -516 11 Coordinamento scientifico della banca dati e cura redazionale del volume Cinzia Palombi Realizzazione e gestione della piattaforma GIS Nicoletta Giannini ESTRATTO LʼARCHEOLOGIA DELLA PRODUZIONE A ROMA (SECOLI V-XV) • ISBN 978-88-7228-778-1 -© ÉCOLE FRANCAISE DE ROME / EDIPUGLIA -www.edipuglia.it
ve al magister militum Maurenzio di aver ordinato al suddiacono Antemio, rector del patrimonium della Campania, alcune sedie di paglia (aliquantas sellas pectiles); se Antemio non ne avesse trovate di già fatte (se factas non invenerit), ipsum ad se artificem tollat, uti in domo eius debeat laborare et vel viginti quattuor sellas omnino bonas faciat. Per un approfondimento specifico, sulla base dell'epistolario gregoriano, Cosentino 2009 12 Sulle funzioni di queste istituzioni, dal profilo ben noto e approfondito a più riprese, ci si limiti, per la più ricca situazione di Roma, a