A. Serrani, [SCHEDA BAGNACAVALLO], in Giulio II e Raffaello. Una nuova stagione del Rinascimento a Bologna, a cura di D. Benati, M.L. Pacelli, E. Rossoni, catalogo della mostra (Bologna), Cinisello Balsamo, 2022, p. 162, n. VII.8 (original) (raw)
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Il saggio ripercorre le vicende relative allo strappo e al successivo ingresso in una collezione privata di alcuni dipinti murali eseguiti da Gian Giacomo Barbelli, attorno al 1641, nel presbiterio della chiesa di San Giorgio a Casaletto Vaprio (CR). La recente acquisizione degli strappi da parte del Comune di Casaletto Vaprio, e la loro ricollocazione all'interno degli apparati a stucco del presbiterio della ex chiesa, non senza aver provveduto al restauro, costituiscono un'operazione indubbiamente meritoria, di cui, in questo saggio, si cerca di dare conto.
Il contributo, rendendo noto un documento inedito relativo alla provenienza antica della 'Madonna col Bambino' di Cima da Conegliano oggi confluita nella Pinacoteca Nazionale di Bologna, indaga il rapporto intrattenuto dall'artista con il contesto felsineo, interrogandosi sulle eventuali influenze esercitate dal suo stile sui pittori locali. Si ricostruiscono anche gli spostamenti che hanno interessato il dipinto fino all’ingresso in Pinacoteca.
i piccoli pittori del tardo cinquecento, i rappresentanti minori dell'indirizzo cosiddetto manieristico, non hanno ancora, in molti casi, una loro più o meno definitiva biografia. sono stati presi in considerazione o come esponenti di un interessante momento storico o in quanto autori di qualche ciclo di opere su cui, per una ragione per lo più filologica, si è soffermata l'attenzione dei critici. tra essi, in uno stesso piano di mediocrità e di impersonalità, raffaellino da reggio" 2 . sin da questa iniziale apertura di licia collobi sull'attività artistica dell'emiliano raffaele motta (1550-1578), cui seguiranno molti altri contributi di faldi, sricchia, röttgen, e soprattutto gere e Pouncey, la totalità della critica ha tentato di accrescerne, ove possibile, il catalogo, ne ha evidenziato legami con famiglie illustri, mecenati potenti e pittori contemporanei e ricostruito -soprattutto -un percorso professionale credibile, sia sulla scorta delle poche notizie desumibili dai biografi antichi (baglione e fantini) 3 , sia in base a mere considerazioni di carattere stilistico. talune volte, però, il voler ricostruire i tasselli di una personalità artistica così 1 desidero sentitamente ringraziare il prof. claudio strinati, i cui preziosissimi suggerimenti sono stati indispensabili alla redazione di questo testo. 2 l. collobi, Raffaellino Motta detto Raffaellino da Reggio, in "rivista del r. istituto di archeologia e storia dell'arte", Vi, 1937, 3 pp. 266-282 (qui p.
2019
L'Ottocento è stato per molte ragioni il secolo del ritratto. Nell'Ottocento -da intendere quanto a cronologia in maniera estesa, perlomeno sino al primo conflitto mondiale -il ritratto si guadagna i favori della committenza e del pubblico delle esposizioni d'arte, non solo come strumento per registrare l'aspetto di una persona, ma anche e soprattutto per attestare uno status sociale e professionale. In un'epoca di grande mobilità, di fortune improvvise quanto di rovinose cadute, il ritratto diventa uno dei mezzi più efficaci per promuovere le aspirazioni dei ceti borghesi emergenti. Inoltre, verso la fine del secolo, in un momento che vede la nascita della moderna psicologia, il ritratto recepisce le istanze delle nuove ricerche sulla psiche e si trasforma anche in uno scandaglio per sondare gli abissi dell'animo umano 1 . Non è un mistero, tuttavia, che in tema di ritratto, perlomeno all'inizio, i critici fossero ancora in buona parte arroccati sulle posizioni del passato e quindi lo considerassero un genere minore rispetto alla pittura di storia e di tema letterario. Si trattava di un soggetto poco valutato nella suddivisione dei generi artistici proposta dalle accademie, collocato agli ultimi gradini di un'ideale scala gerarchica al cui vertice si trovava la pittura storica. Non mancarono difese appassionate e intelligenti della ritrattistica, ad esempio il saggio di Anton Neu-Mayr (1833) che recuperava il valore memoriale e di esempio morale del ritratto, ma si trattava di un'eccezione, peraltro da leggere e comprendere all'interno del contesto culturale veneziano di riferimento per il suo autore 2 . Nella pubblicistica dell'epoca, perlomeno fino alla metà del secolo, si registra con qualche preoccupazione il dilagare di ritrattisti alle esposizioni d'arte: un successo visto con sospetto dalla maggior parte della critica ufficiale e anche da quella più mondana, come testimonia il sarcastico profilo delineato da Opprandino Arrivabene nel 1840. «Il ritrattista è tra i pittori quello che il sonettista per nozze, per morte, per monacazione e per prima messa, è tra i poeti. Già s'intende che però vi sono dei ritrattisti di valore sommo; e che sono grandi pittori, o, a dir meglio, vi sono dei grandi pittori, i quali fanno dei ritratti appunto come dei grandi poeti scrivono per nozze, per morte, ecc» 3 . L'invenzione della fotografia è senza dubbio un avvenimento capitale nella storia del ritratto, non solo ottocentesco. All'inizio i fotografi -molto spesso giovani che si erano formati come artisti -mutuarono dai pittori il loro armamentario concettuale e compositivo, facendo tesoro di una tradizione secolare. Ben presto, tuttavia, pittura e fotografia svilupparono un rapporto vivacemente dialettico e il ritratto fu uno dei terreni privilegiati della sfida tra i due media, perché proprio nel campo della ritrattistica il fotografo aveva delle armi affilate per contendere al pittore un primato, quello della raffigurazione dell'uomo come individuo, che sino a quel momento era stato di sua competenza esclusiva. Non è necessario naturalmente rileggere le vicende del ritratto pittorico dopo il 1839, data ufficiale dell'invenzione della fotografia, sol-Lo specchio della Città Il ritratto tra '800 e '900 attraverso le collezioni nascoste dell'Accademia Carrara * Conservatore Fondazione Accademia Carrara