«Il grande imprevisto»: il Papato riformatore e i Normanni. Spunti storiografici, in "La riforma della Chiesa a dieci anni dalla scomparsa di Ovidio Capitani", Bologna, 21-22 novembre - Aula Prodi, Piazza S. Giovanni in Monte, 2 - Lunedì 21 novembre 2022, ore 17 (original) (raw)
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2024
E. Filippini, Conflittualità e riforma monastica. Bonifacio VIII, gli Avogadro e S. Genuario di Lucedio, in La Chiesa vercellese nel Medioevo (secc. XI-XV). Atti dell’Ottavo Congresso storico vercellese – Teatro Civico e Seminario Arcivescovile (Vercelli, 24-26 novembre 2022), a cura di A. Barbero, Vercelli 2024 (Biblioteca della Società Storica Vercellese, 55), pp. 553-577. ISBN 978-88-96949-20-7 The essay analyzes for the first time as a whole several papal documents from the 13th century related to the history of the Monastery of San Genuario di Lucedio. It reconstructs the intricate events surrounding the succession of the abbot's position, involving multiple members of the Avogadro family. This case study provides new insights into the theme of conflict directed toward the monastic world, which, though often overlooked, constitutes a fruitful field of research.
L’individuazione di precisi modelli per i generi e per lo stile nelle letterature del mondo classico, e il recupero filologico della purezza originaria della lingua latina, consentirono alla letteratura umanistica di raggiungere, tra Tre e Quattrocento, una dimensione cosmopolita. Per il genere dell’epistolografia familiare, il modello di riferimento fu identificato nelle epistole ciceroniane. La loro riscoperta fu dovuta all’insistente attività di ricerca di codici antichi di Francesco Petrarca, che, nel 1345, rinvenne nella cattedrale di Verona i XVI libri delle Epistulae ad Atticum. Da quelle lettere, lo scrittore aretino ricavò il modello retorico-stilistico per la composizione delle sue Familiares. Una forma di comunicazione privata diveniva oggetto, così, dei processi di codificazione propri dei generi destinati ad una fruizione pubblica. Il confronto con le lettere ciceroniane significò innanzitutto un recupero del loro stile. Il sermo (lo stile quotidiano e colloquiale proprio anche della lettera privata), era stato a lungo materia di competenza esclusiva delle artes praedicandi, le quali avevano proposto come modello quello humilis delle Sacre Scritture. Con la scoperta delle lettere ciceroniane, lo stile colloquiale poté ritrovare nuova dignità letteraria in una dimensione finalmente laica. Durante il ’400, gli umanisti riproposero con forza il problema dei modelli per il sermo. Il lessico quotidiano degli antichi, infatti, apparve ai loro occhi inadatto a rappresentare la realtà del loro tempo. Alcuni, allora, suggerirono di rifarsi ai generi comici della letteratura volgare, ed in particolar modo alla novellistica e alla facezia. Questi generi di fatto costituirono modelli validi di sermo mediocre almeno fino al Cortegiano di Baldassar Castiglione. Negli anni a cavallo tra Quattro e Cinquecento la letteratura in volgare, confinata per decenni entro ambiti di fruizione ristretti alle singole realtà municipali, si avviava finalmente ad assumere un carattere metaregionale. I processi di definizione retorico-linguistica che avevano garantito alla tradizione umanistica lustro e diffusione ecumenica, si stavano trasferendo ai generi della scrittura in volgare. Il fenomeno risulta ampiamente indagato per molti dei generi della letteratura italiana (dalla lirica cortigiana, ad esempio, al romanzo cavalleresco). Manca, invece, uno studio complessivo per l’epistolografia in volgare. Eppure, è proprio in questi decenni che vanno rintracciate le radici di uno dei più rilevanti fenomeni culturali del secolo successivo: quello, cioè, dei Libri di lettere. Scopo della mia comunicazione è quello di illustrare le ricerche da me svolte sulle origini umanistiche dell’epistolografia letteraria italiana. In modo particolare, la mia attenzione sarà rivolta alla produzione epistolare di Felice Feliciano e di Niccolò Machiavelli.