«Lo sterminato mondo del quale patria è l’Italia»: Leopardi e il canone letterario nella «Difesa della razza» (original) (raw)
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Leopardi e gli italiani: la scommessa di una nazione da fondare
È lecito legare il nome di Leopardi alle celebrazioni per il centocinquantesimo anniversario dell'unificazione del nostro Paese? Proporre, in una ideale antologia, una lettura delle sue opere quali catalizzatori di un sentimento di fierezza nazionale, potrebbe suonare lievemente sorprendente, e tuttavia è pur vero che se il nostro Risorgimento ha preso avvio da una lunga catena di sconfitte, se cioè il nostro senso di appartenenza italiano deriva da un'offesa, dallo shock di un onore ferito, allora proprio Leopardi -forse -funziona non solo da catalizzatore ma da cartina di tornasole per una lettura non retorica e non scontata della nostra storia recente.
This essay provides the analysis of some words from Leopardi’s L’infinito. The analysis deals with the literary sources that influenced the poet, who arranged his strategic words as if they were literary pieces of a linguistic puzzle.
ORBITE CLANDESTINE: LEOPARDI NELLA CULTURA FILOSOFICA ANTI-IDEALISTICA I Come sappiamo, studiare Leopardi significa confrontarsi con una bibliografia critica smisurata, tanto che ogni nuovo contributo leopardiano si presenta anche (e sempre di più) come una critica della critica, come confronto con una tradizione esegetica tra le più vaste e variegate. Se è vero che chi voglia orientarsi nel labirinto degli studi leopardiani può oggi disporre di ottimi strumenti e repertori bibliografici, 1 d'altra parte è altrettanto certo che mancano ancora storie della critica leopardiana organiche e aggiornate, che non si limitino a registrare le voci bibliografiche in censimenti più o meno acritici. Ciò, s'intende, è in qualche misura inevitabile, vista la mole sterminata della materia. Eppure a fronte di tanti studi inutili o ripetitivi di argomento leopardiano, stupiscono certe sensibili lacune: mancano quasi del tutto, per esempio, ricognizioni sulla fortuna critica dello Zibaldone (faccio l'esempio dello Zibaldone perché anche della sua ricezione parlerò nel corso del mio intervento, ma se ne potrebbero fare anche diversi altri).
The author submits to a careful analysis a long passage concerning Spain which Giacomo Leopardi included into his Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl'Italiani. Political, cultural and linguistic factors are considered by Leopardi very carefully, but the final result is not a perfectly coherent text. Reflections from the national point of view turn out to be particularly ambiguous, and show how difficult it was for Leopardi to get to a concept of national Spanish identity without implicitely accepting some of the reactionary elements of european political discourse after 1815.
L'articolo tratta del rapporto di Leopardi con lo Stoicismo Romano,e in particolare con un esponente di spicco del neostoicismo Epitteto.
Le insidie dell’idillio. La parabola di Leopardo tra imbestiamento e martirio, «PISANA», 6
PISANA, 2024
A partire da un accostamento tra la novella V, 1 del Decameron e il capitolo IV delle Confessioni d’un Italiano, l’articolo si propone di commentare la parabola discendente di Leopardo Provedoni, che, rimanendo ancorato al ricordo dell’illusione amorosa, non riesce a sopravvivere alle delusioni politiche e sentimentali del presente. La vicenda del personaggio offre spunti significativi per interpretare il discorso implicito di Nievo sulla necessità di un superamento dell’idillio, inteso non solo come genere letterario ma anche come stagione della vita di ogni uomo.
Lucio Felici, L'italianità di Leopardi e altre pagine leopardiane, OBLIO V, 20
Terzo volume di saggi leopardiani, questo di Lucio Felici racchiude, pur nella variegata gamma di interessi dell'autore, una precisa indicazione di metodo, a cui non sarà ozioso accennare, e che lo stesso Blasucci, nella rigorosa quanto affettuosa introduzione, adombra riferendosi alla sua posizione di «studioso non accademico» (p. 8), rintracciando nella sua carriera intellettuale «da un lato un corredo culturale moderno, di respiro europeo, dall'altro un'eleganza di scrittura senza ostentazioni» (p. 8). Al contrario, pensando al quadro storico di riferimento a cui una simile definizione potrebbe far pensare (la stagione della cosiddetta prosa d'arte o dei capitoli, per riprendere il titolo di un libro di Enrico Falqui), Blasucci invita ad accostare ognuna delle indagini di Felici superando l'impressione superficiale di una ricerca frammentaria, per coglierne il suo «microcosmo: gli oggetti di volta in volta presi in esame, per quanto minimi, vengono discretamente ma lucidamente inquadrati in un tutto» (p.9). E la parola "tutto" segnala appunto l'esistenza del metodo di cui dicevamo, che si potrebbe anche ricondurre al senso primitivo del termine dialettica, perseguito da Felici con coerenza nelle sue decennali ricerche, e che affiora nella lunga intervista a Roberto Lauro riportata alla fine del volume. Rievocando i lunghi anni trascorsi alla Garzanti, nell'intervista Felici sottolinea il clima non proprio favorevole a Leopardi, l'inclinazione tutta gaddiana verso l'altro grande dell'Ottocento, Manzoni, e ricorda come «a Milano e nell'ambiente editoriale in cui lavoravo, Leopardi restava in ombra. A lui non si addicono connotazione di geografia letteraria, perché il suo spazio è l'infinito: Recanati c'è ma come luogo di una storia solitaria e sofferta dell'anima; e gli va stretto l'illuminismo progressista, fondamentalmente ottimistico, dei riformatori lombardi, al pari del liberalismo moderato dei fiorentini del Vieusseux» (pp. 149-150). Costante riferimento dunque alla connessione tra il particolare e il quadro generale, il dato storico e il senso complessivo, e il punto è ulteriormente chiarito in relazione a una propensione, quella filologica, di una certa filologia di scuola lombarda, a cui non a caso Felici riserva, tra gli altri, questo passo significativo: «La filologia dà buoni frutti quando si brucia nella comprensione totale del mondo dell'autore, nell'immedesimazione simpatetica con esso» (p. 150). La prima parte del libro è dedicata all'italianità di Leopardi, rivendicandone lo spirito patriottico che, pur teorizzando la vanità delle illusioni a cui l'amor patrio certamente appartiene, al tempo stesso ne coglie quell'intima vitalità che è poi una delle radici più profonde della poetica e del pensiero leopardiano, come rilevava De Sanctis. Felici, analizzando il sentimento patriottico, scandaglia però anche l'eccentrica distanza di Giacomo dalle diverse vulgate politiche del tempo: «che certo non poteva andare d'accordo con nessuna delle ideologie e correnti risorgimentali: non con il liberalismo toscano gravitante intorno al Vieusseux, perché troppo fiducioso in un progresso scientifico, tecnico, economico [...] tantomeno con lo spiritualismo cattolico dei liberali napoletani» (p. 29). Anche quando l'autore scende sul terreno puramente filologico-documentario, come nella contestazione di un falso leopardiano (L'Italia agli italiani), la verve biografico-narrativa (di cui non molti anni fa dette un mirabile saggio nella lunga introduzione all'opera di Trilussa raccolta in un Meridiano Mondadori) non lo abbandona mai, e da una facile dimostrazione di insipienza da parte di storici improvvisati, riesce a trovare spunto per il fugace ritratto di una cantante
Giacomo Leopardi wrote in his Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl'Italiani a long passage devoted to Spain, which reveals Leopardi's liberal feelings, but also his contradictory concept of national identity.
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