E.V. Maiolini, «Viver el sensa, con o sensa mal». Il reale e lo scarto nella poesia di Franca Grisoni, «il Portolano», 110-111, luglio-dicembre 2022, pp. 31-37. (original) (raw)
Nella Dedica a Franca Grisoni che apriva l'«Antologia Vieusseux» nel numero di gennaio-aprile 1997 (pp. 3-4), Enzo Siciliano scriveva che «il lessico» della sua poesia «è dialettale, ma lo scarto da quel lessico è immediato, ed è uno scarto compiuto con una naturalezza, con una leggerezza che sono della poesia vera, senza aggettivi». La considerazione trovava una conferma, di lì a pochi mesi, nella vittoria inattesa al Premio Viareggio del volumetto De chí. Poesie della penisola di Sirmione, pubblicato «All'insegna del pesce d'oro» da Scheiwiller (1997): un dribbling che schivava il sacco etichettato della poesia in dialetto indicando nella poesia della Grisoni, scritta nella variante del bresciano parlata sul versante orientale del lago di Garda, una novità del panorama letterario nazionale. C'era innanzitutto una novità di tema: l'amore coniugale aperto all'oltre, per il quale, volendo cercare dei precedenti, occorreva (e occorre) volgersi fino al Seicento inglese di John Donne. Spiccava poi una novità di ritmo, quello frantumato e martellante di versi percorsi da un'articolazione sonora talmente marcata da sembrare brevi moti corporei, frutto del ritorno di misure sillabiche e suoni. Ne derivava un ritmo scandito e a volte marcatamente cantilenante: Isé se denta du:/ du istes,/ nient che divit/ nesöna forsa 'n mès,/ se gh'èra debit/ chèl l'è stat rimes./ Per chesto, crede,/ me mète el tò capel. Così si diventa due:/ due eguali,/ niente che divide/ nessuna forza in mezzo,/ se c'era un debito/ quello è stato rimesso./ Per questo, credo,/ mi metto il tuo cappello. 1