"Bagnarsi le mani nel mare. Flussi commerciali romano-campani e le razzie di Amilcare Barca" in Nel Mediterraneo e oltre: organizzazione produttiva e rapporti commerciali nel mondo romano. Convegno internazionale ATELIER Project, Università degli Studi di Napoli Federico II, Napoli 23 febbraio 2023 (original) (raw)

ABSTRACT PANEL: "Un'impresa rischiosa e redditizia: scambi, scontri e incontri lungo la frontiera nordafricana (secc. XVII-XVIII)" In età moderna, capitani, mercanti e patroni di barca si muovevano abitualmente nello spazio mediterraneo seguendo le vie dei propri lucrosi traffici, e ben conoscevano i rischi e le insidie connessi alla navigazione in uno scenario costantemente militarizzato. Le rotte del profitto, che conducevano sulla sponda nordafricana e verso il Levante, attraversavano una frontiera marittima presidiata dai corsari barbareschi da un lato e dai loro antagonisti cristiani dall’altro. Tale frontiera, se per un verso rappresentava un ostacolo per gli scambi commerciali, per l’altro serviva a definire (o talvolta a creare) uno spazio economico elitario destinato esclusivamente a particolari attori. Vi erano insomma due tipologie di interazione, tra loro complementari: una era basata sullo scontro o sulla difesa del territorio; l’altra, importantissima, era centrata sullo scambio, sulle franchigie e i privilegi. La seconda beneficiava degli effetti della prima poiché più emergevano i conflitti più la forza dei privilegi si rivelava determinante nel garantire il successo di alcuni operatori commerciali. Si può leggere in questa chiave, ad esempio, la prosperità delle bandiere inglese e francese nel Mediterraneo: in virtù dei trattati siglati con le reggenze barbaresche, esse erano predilette dai negozianti di ogni nazione quando si trattava di noleggiare bastimenti per il trasporto di mercanzie a lunga distanza. Navigare con bandiera privilegiata, infatti, riduceva i rischi del viaggio e di conseguenza diminuiva i costi assicurativi. Ovviamente né la conflittualità né il privilegio erano dati in maniera definitiva: i rapporti tra gli stati che si trovavano sulle opposte sponde della frontiera erano infatti sottoposti ad una continua negoziazione. La conquista del privilegio era spesso frutto di una politica di potenza in grado di imporsi con le armi, occupando particolari aree strategiche o utilizzando le forze navali come elemento intimidatorio. A coloro che non potevano vedere la propria iniziativa privata supportata da adeguati strumenti coercitivi non restavano che due soluzioni: ricorrere a bandiere “sicure” o percorrere la via della cauta diplomazia. Tenendo conto di tre differenti prospettive – quella diplomatica, quella economica e quella militare – gli interventi qui proposti sono mirati a evidenziare alcune delle modalità attraverso le quali diversi attori mediterranei hanno avvicinato e, talvolta, affrontato il Maghreb tra il XVII e il XVIII secolo. ABSTRACT INTERVENTO: "Tangeri tra guerra e commercio: una porta inglese al Nord Africa" Quando, nel 1684, gli inglesi lasciarono Tangeri dopo un solo ventennio di occupazione, furono molte le voci che si levarono contro la decisione di abbandonare un avamposto così rilevante sotto molteplici punti di vista. Le divisioni politiche e gli aspri contrasti religiosi all’interno del parlamento avevano però costretto Carlo II, seppur a malincuore, all’infelice risoluzione. Tangeri aveva rappresentato, dal 1662, una testa di ponte importante per la penetrazione inglese nel Mediterraneo, fornendo una base d’appoggio per le operazioni della Royal Navy sulle coste nordafricane. Secondo il pensiero di alcuni dei suoi principali sostenitori, la colonia non era però destinata ad una funzione esclusivamente militare: essa sarebbe dovuta divenire un rilevante scalo commerciale, punto cruciale del sistema convogliare verso gli stretti e, infine, luogo d’incontro aperto a tutti gli attori che, in un modo o nell’altro, dal Mediterraneo traevano profitto. Questa era l’idea espressa, ad esempio, da Henry Sheeres, l’ingegnere impegnato nella costruzione del poderoso molo, nel suo A discourse touching Tanger: in a letter to a person of quality (stampato nel 1680) dove egli suggeriva che il nuovo porto avrebbe dovuto accogliere non solo vascelli europei, ma anche moreschi, turchi e persino corsari barbareschi desiderosi di vendere le loro ricche prede al miglior offerente. Lo studio – basato principalmente su documenti prodotti e raccolti dal Board of Trade , oltre che su diverse pubblicazioni d’epoca – della breve ma incisiva parentesi coloniale britannica sulle coste marocchine offre la possibilità di gettare uno sguardo non solo alla politica di potenza esercitata dagli inglesi nei confronti delle reggenze barbaresche nella seconda metà del XVII secolo, ma anche agli aspetti economici più pragmatici della gestione di Tangeri, potenziale città-frontiera nordafricana.