Recensione di Estetica senza oggetti su Kaiak (di Vincenzo Cuomo) (original) (raw)
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Estetica senza (s)oggetti Recensione di Giovanni Lenzi per Philsophy Kitchen
Philsophy Kitchen, 2023
Sono anni felici per chi si occupa di estetica in Italia. Nell'ultimo decennio abbiamo assistito alla pubblicazione di importanti studi volti al rinnovamento della disciplina. Esempi rappresentativi di questa tendenza sono i lavori di Desideri (2011, 2018), l'estetica relazionale di Diodato (2020), la modellizzazione epistemologica e la prospettiva antropologica di Bartalesi (2017, 2020; per quanto riguarda le questioni epistemologiche si vedano anche gli articoli del 2022 contenuti nel giornale Philosophies, 7(2)), nonché l'attenzione alla nozione di habitus estetico del pluralismo naturalista di Portera (2020). In questo panorama, la nuova edizione del libro di Garroni Estetica. Uno sguardo-attraverso (2020) è meno una riproposizione di un classico che un programma. Ci indica che è proprio lo statuto disciplinare dell'estetica a essere messo in questione. La descrizione dell'estetico è il terreno di gioco della partita. Il gioco filosofico di riconoscere somiglianze e differenze tra le diverse teorie si fa particolarmente acceso quando si considera un nuovo filone di ricerca che in anni recenti si sta proponendo come rinnovatore degli studi: il paradigma dell'esperienza-con (Matteucci, 2019; Iannilli, 2022). È facile vedere come una certa aria di famiglia innervi tutto il dibattito appena menzionato. Non solo tutti gli autori condividono un'attenzione alla delimitazione dell'ambito dell'estetico (e quindi l'idea che l'estetico abbia un ambito peculiare da distinguere in qualche modo da quello conoscitivo, morale e dell'esperienza abituale) ma anche tracciano le conseguenze disciplinari e antropologiche della propria caratterizzazione. Così, per tutti questi autori, l'estetico diventa l'ambito privilegiato per uno studio integrato sull'esperienza umana e sulla mente, in altre parole sulla natura umana, se si intende «natura» non in termini essenzialistici, ma come un'ontogenesi e una filogenesi del panorama culturale tipicamente umano. Le questioni estetiche, così, costituiscono allo stesso tempo un banco di prova e una conferma per certi modelli di mente e di esperienza, come per esempio l'ipotesi della mente estesa. Tuttavia, è nei dettagli che si profilano
RECENSIONE CHAOSMOTICS di ESTETICA SENZA (S)OGGETTI
Chaosmotics, 2022
FERNGULLY CONTRIBUTI IN EVIDENZA by Marcela Isabel Navea Vera / 21 Novembre 2022 Recensione in anteprima di Estetica senza (s)oggetti (DeriveApprodi) di Nicola Perullo, in uscita il 25 Novembre Se c'è un elemento che domina da sempre il pensiero occidentale è l'idea che esistano, al di là di qualsiasi discussione e decostruzione, dei soggetti e degli oggetti. Nicola Perullo, a partire dalla messa in discussione di questa dicotomia originaria e delle modalità di pensiero che essa genera-come ad esempio la nozione di una separazione tra mente e mondo-mette in luce come ciò che ne consegue non permetta più all'essere umano di stabilire una relazione funzionale con il mondo. La crisi globale in corso, climatica e ambientale, è (anche) una crisi di percezione: una percezione del mondo, della vita e delle relazioni che, intrisa da una volontà di dominio, oggi è messa alla prova dallo scontro tra le rivendicazioni di potere di Homo e il divenire del mondo. Il problema non è più solo quello di un soggetto antropo-centrico ed ego-centrico, un soggetto come Soggetto con la "S" maiuscola, ma anche della sua controparte "minore": il mondo ridotto a insieme di oggetti verso cui l'uomo si muove per conoscerli e afferrarli. Non è un caso che «ego», qui, diventi la sigla per estetica governata da oggetti: per quanto l'essere umano si illuda di essere padrone e centro del mondo, l'estetica tradizionale è, di fatto, sottomessa alla tirannia degli oggetti. Entrare in relazione con le cose (pragmata) significa aprirsi a esse, assumere una postura di ricezione e dunque far ritrarre l'ego. Il mondo, infatti, è al massimo costituito da cose, non da oggetti: a differenza di ciò che solitamente si intende con «oggetto» (ob-jectum, «posto innanzi»-ma a chi? A un ego), una cosa (pragma, ovvero «azione, fatto») agisce e patisce: è processo, relazione. Le cose, configurandosi come nodi di relazioni, annullano ogni differenza tra oggetti e soggetti.
Recensione di R. Dworkin, Religione senza Dio / Religion without God
This essay discusses the reasons that led Ronald Dworkin to present his view of the primacy of a Kantian-shaped kind of morality as a variety of “Religion without God” in his posthumous book with the same title. On the one hand, the analogy between Dworkin’s emphasis on enchantment and the definition of religion advanced by É. Benveniste in his Indo-European Language and Society (“religio is a hesitation, a misgiving which holds back”) is underlined. In this sense, Dworkin’s aim seems to show with his own example, contra Weber and Habermas, that there is a form of musicality tailored to secular thinkers. On the other hand, this view of religious musicality is criticized as monodic, enthralled by the metaphor of “shielded integrity”.
Storicamente, 2022
Il più recente volume di Ottavia Niccoli sviluppa sistematicamente un ambito tematico che l’autrice aveva già avuto occasione di affrontare in più contributi, pubblicati soprattutto nel corso degli ultimi quindici anni. L’oggetto è di estrema importanza per un’antropologia storica dell’età moderna e si può dire che non abbia ricevuto adeguata attenzione nel mondo degli studi. Nello stesso tempo, si trova all’incrocio di una serie di prospettive e orientamenti di ricerca dinamici, che prometterebbero che nel prossimo futuro se ne venga a sapere di più.
Recensione a N. Russo, J. Mutchinick (a cura di), Immagine e memoria nell’era digitale
"Lo Sguardo", 2023
Recensione N. Russo, J. Mutchinick (a cura di), Immagine e memoria nell'era digitale Mimesis 2021 Giulia Andreini Traccia, engramma, scoria, reminiscenza: molti sono i nomi con i quali si è storicamente tentato di cogliere l'ineffabile essenza della memoria. A contraddistinguerla è, tuttavia, la sua intrinseca fallacia, che ne è tratto fondamentale: la compresenza di presente e passato, presenza e assenza, immanenza e trascendenza. Come ricorda Maurice Merleau-Ponty nel corso sulla Passività (1954-55), riecheggiando la celebre disamina proustiana, la memoria è iscrizione di una traccia e, al contempo, la sua cancellazione, oblio che è sempre possibilità di riattivazione. Una condizione peculiare, quella della memoria, che sembra subire la minaccia di una possibilità di archiviazione digitale potenzialmente inesauribile, sebbene permanga il dubbio che l'in-saturabilità della memoria macchinica possa essere, per l'appunto, un mito. A incombere è la minaccia del Funes borghesiano, oltre-uomo dalla prodigiosa capacità ritentiva, in grado di ricostruire persino sogni e dormiveglia. Un'illimitata coscienza tetica il cui rovescio della medaglia altro non è che l'erosione di un qualsiasi orizzonte di trascendenza: una temporalità intrinsecamente a-temporale, dove passato-presente-futuro collassano in un eterno ora e in cui la rimemorazione perde di consistenza-scevra, ormai, dall'oblio che la costituisce-, costantemente in procinto di coincidere con l'atto percettivo. Con l'avvento della tecno-immagine di flusseriana memoria, tratto distintivo dell'iperstoria, la tendenza è quella di un sempre maggior esonero della memoria organica e, dunque, della capacità immaginativa umana a favore della sua estroflessione macchinica, con la promessa di archiviare e riattivare qualsiasi contenuto in qualsiasi momento. E tuttavia, è lecito, se non doveroso, chiedersi