La cicogna sono io. Una etnografia dell'accompagnamento alla vita nell'Ecuador contemporaneo (original) (raw)

Acque e genti che cambiano. Riflessioni a margine di una mostra etnografica

“Turismo e psicologia”, vol. 10, n. 1, Padova University Press, 2017

L’intervento prende spunto dall’allestimento di una mostra etnografica curata dall’autrice. Le scelte espositive sono così commentate intrecciandole ai risultati della ricerca che le ha precedute e indirizzate. L’acqua nella pianura veneta si rivela dunque una presenza che ha subito cambiamenti estremi in tempi relativamente brevi. Contemporaneamente all’estinzione o drastica diminuzione della maggior parte delle specie ittiche autoctone, sono svaniti anche gli universi umani a cui quei luoghi d’acqua avevano dato vita. Le anguane non esistono più, così come sono sparite le strutture sociali e le costruzioni simboliche di cui facevano parte. Tali perdite trovano forse forme di rielaborazione nei contesti specificatamente dedicati al recupero simbolico di vissuti velocemente sradicati: musei, mostre, rievocazioni… Si è persa la grande famigliarità con l’acqua di superficie presente in abbondanza fino ad un recente passato. Ora però nuove forme di coinvolgimento sono in corso e i nuclei di senso non sono più solo locali. Su forme di identità situate connesse all’acqua, sembrano prevalere valori comuni condivisi dai documenti istituzionali come dalle campagne di sensibilizzazione ambientaliste e salutiste.

Forme di vita, echi di morte: per un’etnografia delle soggettività sopravvissute al genocidio cambogiano, in Richard Rechtman, Le viventi, trad. a cura di G. Frisone, Milano, Ledizioni, 2023.

Forme di vita, echi di morte: per un’etnografia delle soggettività sopravvissute al genocidio cambogiano, in Richard Rechtman, Le viventi, trad. a cura di G. Frisone, Milano, Ledizioni, 2023., 2023

17 aprile 1975. I Khmer rossi seguaci di Pol Pot entrano a Phnom Pehn senza incontrare resistenza. S’instaura così il regime comunista cambogiano che dall’aprile del 1975 al gennaio del 1979 darà compimento al massacro di un milione e mezzo di persone. È in questa cornice storica che Richard Rechtman racconta le vicissitudini delle vittime del genocidio. Nel fare ciò, l’antropologo francese sceglie di assumere la voce delle sopravvissute incontrate e intervistate durante gli anni di ricerca etnografica. Il loro punto di vista viene condensato in un’unica voce narrante. Una voce corale che veicola le storie di violenze efferate, lavori forzati, violazione dei diritti umani e delle dignità fondamentali; atti che riducono la soggettività a mero oggetto, reificandola nella glaciale ontologia delle cose, dei cadaveri lasciati senza degna sepoltura. L’uso della prima persona, lungi da essere uno scandalo etnografico, diventa così l’unico modo per parlare della vita e della morte dell’altro. “Personne peut mourir à ma place” diceva Derrida. Allo stesso modo l’io del ricercatore non può morire al posto dell’altro, non può soffrire al posto dell’altro, non può cioè giungere a una conoscenza incorporata del dolore altrui, ma può invece condividerne gli echi della sofferenza e della morte. È su questi echi che si concentra l’opera di Rechtman sul genocidio in Cambogia, echi che non possono essere veicolati se non alla prima persona singolare, una soggettività sofferente che si riverbera nella nostra soggettività di lettori.

Viandanti o residenti: etnografia lungo il Cammino di Santiago di Compostela

The focus of the research is the Way of Saint James. Foncebadón is a small ghost village that has begun to attract pilgrims daily; while Santiago de Compostela is the Walk final city. I used two techniques: participant observation and interviews. Both techniques have been used to elaborate some pilgrims and workers identity profiles. Participant observation was used to observe social interactions in natural contexts, biographical interviews to recreate pilgrim's biographical paths and witness interviews to analyse the vision of some local workers referring to some aspects of the way. The figure of pilgrim is now close to that of the tourist. The inhabitants of Foncebadón consider the way as an opportunity for cultural exchange; while a revaluation of the city tourist identity seems to be necessary to keep together paths of mutual enrichment between pilgrims and inhabitants.

Etnografie dell'abitare contemporaneo: un'introduzione

L’obiettivo di Per un’antropologia dell’abitare contemporaneo: pratiche e rappresentazioni è dare un contributo al dibattito sull’abitare contemporaneo adottando una prospettiva differente, che tiene in considerazione la perdita, la discontinuità e la creatività più che la coerenza e la stabilità dei processi di insediamento, di cura e di costruzione del proprio ambiente di vita. In questo senso, i saggi ampliano lo spettro d’analisi degli spazi e restituiscono un campo aperto di riflessione, in cui emerge la possibilità di ripensare la relazione tra istituzioni, cittadinanza e territorio. Privilegiando di volta in volta approcci e riferimenti teorici diversi, i contributi raccolti in questo volume mettono in luce come, nella contemporaneità, le pratiche, le rappresentazioni e gli immaginari connessi all’abitare si leghino a doppio filo a differenti situazioni di crisi – economica, sociale, esistenziale – e come l’azione sociale (individuale o collettiva) prenda forma, stimolata simultaneamente dal senso di perdita e dalla capacità di aspirazione degli attori sociali coinvolti.

IL VILLAGGIO DI ETÀ NORMANNA IN CONTRADA CIMIA (MAZZARINO, CL) E LE SUE PREESISTENZE ARCHEOLOGICHE. CONTRIBUTO ALLO STUDIO DIACRONICO DEL POPOLAMENTO RURALE IN SICILIA CENTROMERIDIONALE

Sicilia Archeologica, 2018

This paper discusses the results of a field-survey carried out at a site in central-south Sicily (Contrada Cimia, Mazzarino) previously unknown to scholars. The aim is to provide complementary data for the diachronic evolution of the settlement patterns in this area, filling a gap between major sites which have been the focus of recent archaeological research (Philosophiana, Villa del Casale, etc). Sporadic or minor evidence of human activity at this site dates to classical Greek period, early Roman Empire, and to the first two centuries of Byzantine rule on the island (6th-7th cc). However, it was only during the Norman period (11th-12th cc.) that the settlement at Cimia became an actual rural village, whose size probably exceeded 7 hectares. The explanations for the establishment ex novo of this village are multiple and likely linked to both the great quality of this water-rich agricultural catchment-area, and to its strategic position within the network of roads crossing central-south Sicily during the Norman period.

Viandanti o residenti: etnografia lungo il Cammino di Santiago de Compostela

2021

Questo contributo esplora uno dei cammini più famosi d'Italia, il Cammino di Santiago de Compostela. Il sentiero è stato indagato dalla doppia prospettiva dei pellegrini e degli abitanti. L'obiettivo è stato valutare l'impatto (sociale, territoriale, economico e culturale) che questo fenomeno ha avuto su un piccolo paesino di 25 residenti lungo l'itinerario,Foncebadón, e sulla città meta finale. La cassetta degli attrezzi ha compreso due tecniche: l'osservazione partecipante e le interviste. Entrambe le tecniche sono state usate per elaborare alcuni profili identitari dei viaggiatori e dei lavoratori di alcune strutture lungo il cammino e per analizzare il tipo di relazione che si instaura tra questi soggetti. L'osservazione partecipante è servita per esaminare le interazioni nei contesti naturali; mentre le interviste biografiche per ricreare i percorsi biografici dei pellegrini e le interviste a testimoni privilegiati per analizzare la visione dei lavorator...

Per una etnografia dialogica e improvvisata

Un concerto di musica diventa per l’autore l’occasione pratica per una riflessione teorica sul modo di vedere l’etnografia e di concepire alcuni concetti d’ordine antropologico che dovrebbero essere collegati tra loro nelle diverse ricerche: universo sonoro, dimensione sensoriale, realtà, simulazione, dialogo, autocomunicazione, improvvisazione, vita. Il punto di partenza è la conoscenza mediata dai suoni. In quanto traduzione di un fatto sociale totale, una etnografia dovrebbe includere il modo sonico di conoscere di individui e culture sia nel quotidiano sia nel campo più lontano ed esotico. Riconoscerlo significa recuperare, in chiave dialogica, le più vaste interconnessioni tra le varie diverse sfere sensoriali (uditive, tattile, etc.), ricomponendone la sintassi e l’influenza reciproca sull’atto diversificato di cognizione. Il presupposto del saggio è dunque che questo diffuso principio dialogico di base dovrebbe valere sia per il permeante universo sonoro sia per altre dimensioni cognitive e sensoriali in incessante comunicazione tra loro persino senza il diretto controllo dell’individuo. Il parlare, nella sua interezza, è un’attività (Wittgenstein) che implica forme di comunicazione di tipo essenzialmente dialogico non ristrette alla sola interazione tra individui in carne e ossa, ma, anche, ad altre forme di interazione, incluso quelle legate all’autocomunicazione (Lotman). La realtà stessa dovrebbe essere intesa nel suo rapporto con i diversi gradi di comunicazione e di simulazione che la tecnologia ci consente; sempre più, i sensi dovrebbero essere compresi come forme di estensione mediata dalla tecnologia: realtà e simulazione sono di fatto, oggigiorno, strettamente intrecciate e ridefiniscono, dialogicamente, i nostri modi di essere e concepire l’una e l’altra. La conseguenza è che, poiché viviamo in un flusso di emittenze e ricevenze, incrociate e sovrapposte tecnologicamente, è necessario in definitiva ripensare la nozione di dialogo e di includervi, tra le altre cose, lo scambio di voci e suoni tra interlocutori in carne e ossa, ma, anche, tra enti più astratti e immateriali, nonché tra le diverse istanze costitutive la coscienza di uno stesso individuo. Per mostrare le interconnessioni tra i vari concetti si ricorre, nel saggio, all’esempio di Steven Feld, Marc Augé e Paul Stoller. Gran parte dell’opera di Augé può essere considerata un lungo e proficuo ‘esercizio di riflessività’ di tipo dialogico applicato alle categorie dell’antropologia e al soggetto stesso che le pratica. Similmente, un principio dialogico vale pure per Steven Feld, il quale lo applica nella sua ricerca sul campo coinvolgendo direttamente i suoi amici-interlocutori e se stesso in quanto antropologo e autore di una etnografia sui kaluli del Bosavi di Papua Nuova Guinea. Un altro esempio importante preso in conto nel saggio è quello di Paul Stoller secondo cui l’apprendistato della stregoneria, più che una condizione psicologica originaria e intaccabile, significa porsi sulla frontiera tra due mondi diversi ma in continua e possibile comunicazione. Viviamo, spesso senza rendercene conto, in un universo musicale e dialogico in cui individui – ma anche oggetti materiali e simbolici, enti più astratti e collettivi – si scambiamo opinioni e punti di vista, suoni e messaggi, interagiscono per botte e risposte, storie e contro storie scritte e orali, visive e gestuali che hanno un qualche ritmo e cadenza di base. L’etnografia dovrebbe allora, in definitiva, cercare di seguire il ritmo libero, tutto sommato musicale, delle improvvisazioni e dei piani d’azione che si presentano nella vita di un individuo. A questo fine, si dovrebbe in sostanza spostare l’accento dal solo concetto di cultura a quello di vita per esplorarne le reciproche interrelazioni. Vivere significa prodursi nell’alternanza di obiettivi che programmiamo e direzioni che prendiamo sull’orientamento del momento. Una ragione di più per parlare, quindi, in questo senso, di una vera e propria antropologia della vita.

Il dionisiaco dimenticato del rituale cristiano Riflessione teorica che parte da un’etnografia sul modo religioso degli immigrati ecuadoriani a Roma e a Barcellona

2008

Partiamo da una breve etnografia sulla religiosità degli ecuadoriani immigrati a Roma e Barcellona. Qui riscontriamo una leggera ma significativa divergenza tra la loro interpretazione del rituale cristiano eucaristico e quella che trovano praticata nelle due metropoli europee. Da quest’evidenza etnografica emerge, infatti, una devozione ecuadoriana che soffre perché si trova inserita in un contesto religioso più introspettivo e secolarizzato del loro. Da qui cominceremo una riflessione teorica che si appoggerà soprattutto su La nascita della tragedia greca di Nietzsche e sul suo dualismo artistico e cosmico del apollineo e del dionisiaco. Riconosceremo una somiglianza tra la funzione della tragedia attica e quella del rituale eucaristico come luoghi dove si incontrano e integrano armonicamente questi due differenti modi di abbracciare il divino e il mistero della vita. Infine cercheremo di dimostrare la loro complementarietà uscendo dall’equivalenza etnocentrica religiosità esteriorizzata-religiosità primitiva.

Una mappa alternativa (racconti cileni contemporanei)

Epílogo y comentario a la antología de cuentos chilenos contemporáneos en italiano “Dalla sponda sottile del sud”, editada por Danilo Manera, seguido por noticias sobre los autores incluidos: Ana María del Río, Poli Delano, Sonia González, Diego Muñoz Valenzuela, Virginia Vidal, Fernando Jerez, Pía Barros y Francisco Rivas. Commento all’antologia di racconti cileni contemporanei “Dalla sponda sottile del sud”, a cura di Danilo Manera, seguito da notizie sugli autori inclusi: Ana María del Río, Poli Délano, Sonia González, Diego Muñoz Valenzuela, Virginia Vidal, Fernando Jerez, Pía Barros e Francisco Rivas.