Sogno di prigione. L'architetto visionario e le "Carceri" alle soglie della modernità (original) (raw)
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Carceri d'invenzione. Storia e storie dell'architettura delle istituzioni totali
A.M. Architettura Arte Moderna avvia un nuovo progetto di ricerca rivolto a indagare il mondo delle istituzioni totali. Questa iniziativa denominata "Carceri d'invenzioni" s'inserisce all'interno del Progetto T.E.S.I. Tesi Europee Sperimentali Interuniversitarie, programma culturale ideato da Francesco Moschini, Vincenzo D'Alba e Francesco Maggiore, con l'obiettivo di riformulare, in ambito accademico, un dialogo critico tra differenti ambiti disciplinari attraverso argomenti di ricerca pluriennali, condivisi e contraddistinti da un valore progettuale, umanistico e scientifico. Il nuovo ambito di ricerca coordinato da Antonio Labalestra si concentra sugli spazi del potere, sottolineando come la memoria e la riscoperta del passato esplicitino il bisogno di ri-concettua-lizzare la storia, distinguendo l'ideal-tipo "totalitarismo" dalle forme particolari di "spazi assoluti", promuovendo una retrospettiva che, senza imbarazzi e giudizi morali, cerchi di inquadrare culturalmente le forme architettoniche e gli spazi animati dalla vitalità del negativo. Lo studio degli elementi tipologici, in questo caso, termina però il suo processo in un raggelamento che oggettiva i dati considerati fino a rintracciare, proprio nell'assenza della loro qualità individuale cui questi luoghi vengono consegnati, l'aspetto più riconoscibile e poetico del tipo stesso. Uno spazio circondato da un coro di voci che, in un'egemonia mentale di sottile crudeltà, riprendono a parlare la lingua, talvolta unica, ma spesso anche diversa da quella iniziale, così come unico e mentale è lo spazio letterario in A.A.M. Architettura Arte Moderna Extramoenia Carceri d'invenzione storia e storie dell'architettura delle istituzioni totali di Antonello Leggiero D. Idda, La storia della detenzione, 2013 76 -segno 250 | OTTOBRE/NOVEMBRE 2014 D. Idda e Antonio Labalestra, Un frammento di ontologia, 2012 M. Ridolfi, Progetto per le carceri giudiziarie di Nuoro: Badu 'e Carros, 1955
A.A.M. Architettura Arte Moderna ha portato recentemente a compimento un progetto di ricerca avviato nel 2012 e dedicato all’architettura delle istituzioni totali, il cui esito editoriale è un volume di imminente pubblicazione. La ricerca - curata da Antonio Labalestra con il coordinamento scientifico di Francesco Moschini - si articola in una prima e corposa parte più propriamente filologica (orientata a restituire un quadro organico dell’evoluzione storica dei significati e delle forme architettoniche delle istituzioni totali dal XVIII al XXI secolo, a partire dalle invenzioni piranesiane e dall’ideal-tipo benthamiano del Panopticon), e in una seconda parte più strettamente progettuale, volta a sperimentare una visione architettonica altra del Carcere nell’attuale contesto italiano. Le eterotopie delle istituzioni totali sono anche l’occasione per indagare il portato di questo specifico tema nell’architettura italiana, sia in termini di ricaduta indiretta sui principi compositivi propri di alcuni autori, sia in termini di ideazione architettonica nella fattispecie dell’architettura degli istituti di pena. Ne emerge una breve quanto veridica storia delle carceri in Italia, e del loro rapporto con la città, dal Secondo Dopoguerra ad oggi. Vengono poste in specifico risalto le esperienze di Mario Ridolfi, Sergio Lenci e Giovanni Michelucci. In particolare il contributo di Sergio Lenci ne emerge come quello più intenso del Secondo Dopoguerra, mentre di Giovanni Michelucci la ricerca pone in risalto la critica profonda nei confronti delle istituzioni totali e delle architetture che fisicamente ne informano la natura di concentrazioni esclusive. Nella sua seconda parte, la ricerca si cimenta poi con il tema generale dell’architettura delle istituzioni totali attraverso la proposta progettuale, sperimentata a partire dal 2012 nell’ambito di laboratori e tesi di laurea svoltisi presso il Politecnico di Bari, la facoltà di Architettura di Alghero e l’Istituto Universitario di Architettura di Venezia. Muovendo da una ricognizione analitica dello stato attuale del sistema penitenziario italiano e della sua edilizia carceraria, questa parte della ricerca ambisce così a proporre – a partire da casi di studio esemplificativi - delle linee guida che contribuiscano a sottrarre l’architettura del carcere al determinismo specialistico, e a ricondurla nel novero del linguaggio proprio della composizione architettonica e urbana.
La rilettura della documentazione sulle Prigioni nuove di Venezia getta nuova luce sulle conoscenze di questa realizzazione della Serenissima. L’analisi dei disegni conservati in Biblioteca Marciana e di polizze e Libri mandatorum dell’Archivio di Stato ha determinato una diversa attribuzione di progetti e rilievi da un lato, dall’altro una cronologia più convincente delle fasi ideative e costruttive. Rispetto all’individuazione di modelli e soluzioni di riferimento, la segnalazione dell’esistenza di un disegno scamozziano per questa fabbrica viene per la prima volta discussa in relazione alla soluzione finale elaborata dal proto Antonio da Ponte, alla ricerca di possibili suggestioni. Contemporaneamente si fa più chiaro il percorso ideativo del collegamento tra Prigioni e Palazzo Ducale, poi realizzato con la costruzione del cosiddetto Ponte dei Sospiri.
«L’ultima volontà scriver desio». Scrivere sui muri nelle carceri della Spagna moderna
Giovanna Fiume y Mercedes García-Arenal, eds. Parole prigioniere. I graffiti delle carceri del Santo Uffizio di Palermo, Palermo, Istituto Polografico Europeo, pp. 23-59 , 2018
There have been numerous case studies of prison graffiti produced in the Spanish Empire. Most publish archaeological findings; only a few approach them as historical testimony that may provide a series of information about those who produced them and the times they lived in. However, none have undertaken an overview covering all the territories held by the Spanish crown during the 16th-18th centuries. This paper aims to do so by piecing together the evidence collected to date in order to draw some general conclusions about the reasons that drove prisoners to write and draw on the walls of their prisons.
Simbologia "carceraria" nel discorso di Segismundo (I, vv. 102-172) Nel teatro spagnolo del Siglo de Oro, e in particolare in quello di Lope de Vega e Calderón de la Barca, il dramma per lo più non è costruito ed orientato in base al criterio di una progressiva intensità psicologica, ma è guidato piuttosto dall'isolamento di alcuni momenti topici che simboleggiano e declinano i motivi fondamentali dell'opera, i valori "forti" del testo. In questo senso, La vida es sueño costituisce senza dubbio il caso più strutturato dell'esemplarità costitutiva di alcune scene, dell'icasticità di alcuni "momenti" della peripezia, che fanno dei dialoghi tra i personaggi e soprattutto dei monologhi dei protagonisti il luogo privilegiato della verifica del quadro assiologico e del sistema etico e filosofico che di questi ultimi sorregge la vita sulla scena -del teatro e del mondo -tanto quanto il significato profondo dell'opera. Il dramma calderoniano, per altro, risulta probabilmente il modello più compiuto di questa attitudine semiotica e scenica, con cui l'autore mette in piedi un orizzonte spirituale, con cui disegna un peculiare percorso di senso; e a ciò si aggiunga, come ha sottolineato Ciriaco Morón, forse il più attento studioso dell'opera negli anni a noi più vicini, che tale costruzione, tale progettazione strutturale e morale si fonda il più delle volte sull'incontro-scontro tra il protagonista e gli altri personaggi, che in un retablo predeterminato dall'autore tende comunque a riassumere il portato spirituale, lo status contingente e quello atemporale dell'esistenza di questi ultimi, nonché del dramma nella sua interezza:
Tra sogno e disincanto. Le utopie di Doni dai "Mondi" al Manoscritto Trivulziano delle "Ville
2011
Mondi Le parole del Mondo Savio pazzo che ci descrivono la repubblica utopica di Anton Francesco Doni sono tra le pagine più famose e studiate dei Mondi, anche se per lungo tempo sono state analizzate come un frammento isolato ed estrapolato dalle componenti tematiche e letterarie dell'ope-ra. 1 Ora che studi più recenti hanno approfondito non solo i modelli di riferimento ma anche i meccanismi retorici e compositivi del testo, 2 è possibile valutarne le corrispondenze nella più ampia produzione di Doni. In particolare quello che mi preme suggerire in questo intervento è la possibilità di un percorso che, partendo dalla costante presenza di alcuni temi nella produ-