Programmare l'aleatorio: i progetti aperti di Maurizio Sacripanti 1961-1969 (original) (raw)

2006

Il dibattito culturale degli anni Sessanta si caratterizza per la molteplicità di ambiti che interessa, e per la quantità di questioni che affronta, spesso in chiave fortemente polemica. In architettura, la crisi del movimento moderno, apertasi nel decennio precedente, mina le certezze di una operatività consolidata, ed in parte accademizzata, aprendo la strada a ricerche diverse tra loro. Anche l’arte si caratterizza per le opposizioni tra correnti eterogenee: al filone dell’informale, che prosegue dagli anni Cinquanta, si contrappongono le proposte sperimentali dei gruppi internazionalmente ricondotti alle nouvelles tendances. Le esperienze di tali correnti, e soprattutto l’ispirazione neoavanguardista che emerge in quel periodo, saranno fondamentali nell’indirizzare le ricerche critiche verso l’idea della necessità di uno studio comune dei fenomeni sociali ed estetici contemporanei. Maurizio Sacripanti è in quegli anni figura di primo piano nell’ambito architettonico romano; amico di Mario Mafai, storico esponente della scuola romana, e del formalista Achille Perilli, con i quali collabora nel corso del decennio, la sua figura appare come enigmatica ed al tempo stesso ricca di fascino per gli architetti di quella generazione. Gli anni Sessanta rappresentano il cuore della sua produzione progettuale, che però rimane interamente sulla carta; le sue proposte di architettura riguardano spazi decisamente inconsueti, caratterizzati dalla ricerca di un linguaggio basato sul fattore tempo e sull’estetica della macchina e del movimento, ma anche dallo studio pratico delle possibilità realizzative. Il disegno di complesse strutture edilizie, nelle quali il movimento e la riconfigurazione continua degli spazi non appaiano solamente come una suggestione estetica, ma come una possibilità concreta, rappresenta il nodo essenziale di tale ricerca. I progetti che vanno dal grattacielo Peugeot a Buenos Aires al padiglione italiano per l’Esposizione Internazionale di Osaka del 1970, passando per il teatro di Cagliari, rappresentano un corpus che qualifica l’attività di Sacripanti sia rispetto alla sua produzione precedente, orientata nel solco razionalista, sia rispetto a quella successiva, nella quale vengono esplorate le potenzialità espressive del cemento armato. La raccolta del materiale relativo a tale attività professionale è stata condotta tramite uno studio bibliografico, rivolto soprattutto all’individuazione dei numerosi articoli apparsi a riguardo sulle riviste, e alla ricerca diretta effettuata nel fondo Sacripanti all’Accademia Nazionale di San Luca a Roma. Si è inteso analizzare l’opera di Sacripanti attraverso la lente che viene fornita dalla ricerca di un importante studioso dei fenomeni estetici e linguistici quale è Umberto Eco. Il dibattito che si sviluppa nel periodo preso in esame può infatti essere riassunto in due sue opere fondamentali, che colgono momenti diversi dello sviluppo delle principali questioni critiche del decennio: Opera aperta, del 1962, e La struttura assente, pubblicato nel 1968. Nella prima, egli introduce, o meglio fissa criticamente, l’idea di un atteggiamento comune alle poetiche contemporanee, basato sull’intenzionale inclusione del dato aleatorio nelle operazioni artistiche; la seconda, sei anni più tardi, sviluppa lo stesso tema nell’ambito linguistico, divenuto stringente ed irrinunciabile nel dibattito artistico ed architettonico. Lo studio dei temi culturali contemporanei passa dunque attraverso una serie di esperienze e situazioni che possono definire con più rigore il campo di indagine. Innanzitutto una lettura delle proposte sperimentali sviluppate in arte ed architettura, con particolare riferimento alle attività dei gruppi neoavanguardisti, e alle metodologie che le sottendono, per tentare un inquadramento della effettiva pregnanza dell’idea di apertura nelle poetiche contemporanee, e di rimando la trasposizione di tali considerazioni nell’ambito progettuale di Sacripanti. In seconda battuta, una lettura delle posizioni sostenute dalle diverse personalità sul tema del linguaggio nelle diverse discipline, dibattito questo condotto principalmente sulle pagine delle riviste, al quale lo stesso Sacripanti partecipa all’inizio degli anni Settanta, riassumendo le sue esperienze ed assunzioni critiche a riguardo. L’intento è in definitiva quello di cercare una chiave di lettura obliqua, per usare un termine caro a Bruno Zevi, utile per individuare una linea di operatività coerente e sufficientemente approfondita all’interno di ambiti e poetiche spesso bloccati da rigidità di posizioni teoriche e critiche di difficile superamento.