Le sinagoghe della diaspora: un panorama (original) (raw)

Storia della diaspora senegalese

Fin dal periodo precoloniale, le migrazioni svolsero un ruolo determinante nella storia dell'Africa occidentale, caratterizzandosi per un notevole dinamismo. Le scelte politiche adottate dai Paesi di destinazione, le situazioni socio-economiche interne ai Paesi di origine e i bisogni della popolazione migrante ebbero infatti un peso notevole nel far prediligere ai soggetti migranti una meta rispetto a un'altra, favorendo un alto tasso di mobilità interna, continentale e internazionale.

La diaspora senegalese davanti a uno specchio dalla pandemia a nuove strategie

Nel corso degli ultimi decenni, i flussi migratori sono infatti aumentati in modo significativo, proliferando di volta in volta nelle rispettive organizzazioni e nei loro percorsi. Al giorno d'oggi, è possibile considerare l'evoluzione delle migrazioni come una complessa questione globale, che ha contribuito a rimodellare l'idea comune di società. La continua evoluzione dei flussi ridefinisce gli scenari socio-politici, influenzati negli ultimi anni anche dal Coronavirus.

La diaspora senegalese: una migrazione nella migrazione

Il Senegal, uno dei Paesi più stabili nel continente, vanta oggi una comunità non indifferente in Italia. Sono tantissimi i casi in cui un migrante senegalese, seppur da anni all'estero, continua a sentirsi legato al suo Paese di partenza.

Scrivere di Islam. Raccontare la diaspora

Scrivere di Islam. Raccontare la diaspora, 2020

Scrivere di Islam. Raccontare la diaspora (Writing About Islam. Narrating a Diaspora) is a meditation on our multireligious, multicultural, and multilingual reality. It is the result of a personal and collaborative exploration of the necessity to rethink national culture and identity in a more diverse, inclusive, and anti-racist way. The central part of this volume – both symbolically and physically – includes Shirin Ramzanali Fazel’s reflections on the discrimination of Muslims, and especially Muslim women, in Italy and the UK. Looking at school textbooks, newspapers, TV programs, and sharing her own personal experience, this section invites us to change the way Muslim immigrants are narrated in scholarly research and news reports. Most importantly, this section urges us to consider minorities not just as ‘topics’ of cultural analysis, but as audiences and cultural agents. Following Shirin’s invitation to question prevailing modes of representations of immigrants, the volume continues with a dialogue between the co-authors and discusses how collaboration can be a way to avoid reproducing a ‘colonial model’ of knowledge production, in which the white male scholar takes as object of analysis the work of an African female writer. The last chapter also asserts that immigration literature cannot be approached with the same expectations and questions readers would have when reading ‘canonized’ texts. A new critical terminology is needed in order to understand the innovative linguistic choices and narrative forms that immigrant writers have invented in order to describe a reality that has lacked representation or which has frequently been misrepresented, especially in the discourse around the contemporary Muslim diaspora.

Sinagoghe di Urbino e Storia del Ghetto-

LA SINAGOGA ATTUALE L’edificio sorge all’inizio di Via Stretta, presso le mura della città, all’ombra dei Torricini. È, quella di Urbino, una sinagoga di rito italiano, come quelle di Senigallia, di Ancona e quella della vicina Pesaro: ne fa fede la dedica che accompagna l’inno A Dio eterno composto verso la metà del ‘500 dal rabbino Mordechai Dato, espressamente per i templi di queste quattro città. Ciò a sottolineare la differenza nel rito, al tempo molto sentita, tra gli ebrei italiani e quelli che giungevano dalla Spagna (sefarditi) o dalla Germania (aschenaziti). Come indica il nome beth ha-keneseth, casa dell’adunanza, la sinagoga è qualcosa di più di un luogo di preghiera: è cioè anche una casa di studio in cui si cerca di soddisfare i bisogni spirituali della comunità. Per questo è ovunque chiamata anche Scola...

Un percorso virtuoso fra sinagoghe di ghetto e sinagoghe dell’Emancipazione: la riscoperta dell’ebraismo veneto

2017

Le celebrazioni inerenti ai 500 anni dell’istituzione del Ghetto di Venezia (1516-2016) rappresentano un primo spunto di riflessione sulle comunita ebraiche venete o su quanto ne rimane. Venezia, in primis, ma anche Padova e Verona, sono sedi di comunita ebraiche e di sinagoghe innalzate in diversi periodi storici (dalle sinagoghe cinquecentesche veneziane alla sinagoga novecentesca veronese), evidenza architettonica e urbana delle diverse vicende storiche che hanno interessato le citta venete. L’Emancipazione Ottocentesca ha portato gli ebrei fuori dai ghetti e ha consentito la realizzazione di sinagoghe ampie, imponenti, dalle forme moresche nelle varie declinazioni stilistiche: come si sono rapportate a questo fenomeno le comunita ebraiche venete? Dove sono le sinagoghe ottocentesche? Come sono organizzate le piccole comunita ebraiche tutt’oggi esistenti? Il recente restauro di alcuni templi di culto (Verona e Padova) consente di ampliare la riflessione individuando gli elementi ...

Ebrei migranti: le voci della diaspora

Italianistica Ultraiectina, 2012

and scholars working in still more countries. This conference, the fourth we have held on row, has by now a certain history. In Amsterdam in the fall of 2006, the first International Conference on Jewish Italian Literature was held, even if the name as such was given only at its end. This fact is important, because all the participants realised that the conference had raised so many questions and suggested such new viewpoints that not only a second meeting but a series would be necessary. And so it happened in 2007, in Warsaw and Rome, where two more conferences, both on the Shoah, were organised by Hanna Serkowska and Stefania Lucamante, who also acted as editors of the respective volumes. After that, we waited for three years before organizing the present conference, which we thought would fit in the numerous activities planned for Istanbul as Cultural Capital of Europe, 2010. And we are sure that many of the participants will have fallen under the spell of this great and marvelous city of many names: Byzantium, Constantinople, Konstantiniye, Stambul... A city moreover that has had an enormous impact on Jewish history and culture, as will be shown in various essays in this volume. Istanbul, now a city with an unknown number of inhabitants (guesses vary from 12 to 20 million people), is the centre of numerous diasporas. It has an Italian community with its own schools, hospital, social clubs and churches, and probably its own architecture. The Italian community is much older than the Italian unitarian state, because in the Middle Ages the neighbourhoods of Galata and Pera were settlements of the Genoese and Venetians. There are still many Greeks living in Istanbul, with their places of worship all over the metropolis. Of the Armenian community, the same can be said. Later, Curds, Lazlar and Alevis settled here, and "capitulations" (privileged arrangements between minorities and the Sublime Porte) encouraged the formation of I X quattro ragazze Wieselberger (1960) descrive la famiglia materna, di cui una zia sposò un imprenditore ebreo. Ma anche nei romanzi 'egiziani', Cortile a Cleopatra (1936) e Ballata levantina (1961) gli ebrei hanno un ruolo importante. Ne I Ginzburg, una famiglia ebraica da Odessa a Torino, Marco Brunazzi ci descrive un altro grande porto cosmopolita: Odessa, con una ricca cultura yiddish e una grande apertura al rinnovamento che la distinguevano dal mondo circondante rurale degli shtetl. I Ginzburg, famiglia benestante di imprenditori, si sentivano fortemente attratti verso l'Europa e l'Italia in particolare, come non pochi altri del loro ceto sociale. Avevano in casa un'insegnante italiana, Maria Segré, la cui importanza nel destare l'interesse per l'Italia non fu certo trascurabile. Brunazzi ci dipinge la straordinaria ricchezza ideologica del mondo russo-soppresso poi dal comunismo-negli anni precedenti la Grande Guerra, il che aiuta a spiegare le scelte fatte più tardi da Leone. Altra importante fonte di conoscenza della famiglia sono le conversazioni con la sorella Marussia Ginzburg registrate da Maria Clara Avalle. Claudia Nocentini dedica un saggio alla moglie di Leone, Natalia Levi. Ebraismo e cristianesimo in Natalia Ginzburg. Da disappartenenza a 'doppia cittadinanza' descrive la presenza di personaggi e situazioni tipiche dell'ebraismo nella scrittrice torinese, figlia-come si sa-di un noto scienziato laico e anticonvenzionale, quel Giuseppe Levi di cui avrebbe fatto il ritratto in Lessico famigliare. L'assenza di religione (l'"essere niente") provocava nella giovanissima Natalia caso mai vergogna. Più tardi, si riconoscerà ebrea: "Tutto quello che riguarda gli ebrei, mi sembra sempre che mi coinvolga direttamente" (cit. nell'articolo). Come per Bassani, anche per lei l'ebraismo è qualcosa "di più intimo", che si amalgama meglio con le convinzioni politiche comuniste che con un senso di appartenenza a Israele. Maggior silenzio, invece, circonda i rapporti con la religione cristiana, nella quale si era fatta battezzare e più tardi, seppellire. L'entrata nella chiesa cattolica comportò per Ginzburg anche l'uscita dal PCI. Bassani è un altro scrittore ebreo che viene analizzato nei suoi rapporti con il cristianesimo. Nel suo saggio Cultura cattolica e cultura ebraica nell'opera di Giorgio Bassani, Lucienne Kroha guarda innanzitutto al diverso ruolo della sessualità nelle due religioni, delle quali l'ebraismo ne respinge il senso di peccato che ci vede la Chiesa. La differenza si vede bene nel Giardino dei Finzi-Contini nel personaggio di Micol, visto da due angolature diverse: dall'io narrante, influenzato dalla cultura cattolica che demonizza gli istinti sessuali, e da quella 'correttiva' dello scrittore, che vede Micol tra le donne forti e sensuali dell'Antico Testamento. Ciò viene simbolicamente rappresentato per mezzo dello shaddai che Micol porta come gioiello tra i seni. Un simile conflitto viene impostato per i due tipi corrispondenti di maschilità, in Dietro la porta, nella contrapposizione di Pulga e Cattolica, fra i quali il protagonista, alle prese con la propria sessualità prorompente, si trova come imprigionato. Un esempio di densa riflessione autobiografica e politica è quello di Franco Fortini (nato come Franco Lattes), la cui opera viene analizzata da Franco Vazzoler nel suo "Nel Sinai non ci sono cani": Franco Fortini, I cani del Sinai (1967). Scritta XI all'indomani della Guerra dei sei giorni paragonata da Fortini a quella del Vietnam, il pamphlet del poeta fiorentino tradisce una posizione intensamente solitaria, tra la propaganda filo-israeliana esposta nei suoi lati più ipocriti-incarnata dal servizio mediatico svolto da Arrigo Levi-e la presa di posizione filo-araba del PCI. Non diversamente, il libro rappresenta un momento importante per la meditazione che Fortini dedica a sé stesso, alle sue radici ebraiche, al ruolo di suo padre e al suo stesso nome, argomenti prima poco frequenti nella sua opera. Con la conclusione di distacco definitivo, quella che definisce assurda l'idea che "ebraismo, antifascismo, resistenza, socialismo fossero realtà contigue" 5. Mirna Cicioni ha contribuito con un saggio su Diasporic Dialogues: Primo Levi in Australia. Partendo dalla presa di posizione di Levi di difendere sempre la tolleranza e di riconoscere la responsabilità morale e civile per combattare quello che chiamava metaforicamente 'infezione', cioè il "disconoscimento della solidarietà umana, l'indifferenza ottusa o cinica per il dolore altrui" (cit. nell'articolo), Cicioni dimostra come questi principi abbiano trovato applicazione e siano illustrati dal pubblico dibattito in Australia, specialmente in Robert Manne e Raimond Gaita. Se da un lato il cosiddetto affare Demidenko spinse il paese a riflettere sull'autenticità di una mezza testimonianza risultata mera finzione e sull'antisemitismo o 'amnesia storica' per la Shoah in Australia, dall'altro, per Gaita, la colpa e la vergogna sono risposte necessarie alla Shoah come al programma di "breed out the colour" applicato tra il 1910 e il 1970 a decine di migliaia di bambini di sangue misto tolti alle loro famiglie in un tentativo di assorbimento sociale ad ispirazione razzista. In Patria, diaspora e lingua materna nell'Europa del XX secolo, Cristina Villa esamina le conseguenze delle diaspore pre-e post-belliche del Novecento, che hanno costretto ebrei ed altri perseguitati a cambiare paese, nome e talvolta lingua, se non risultava possibile pulirlo da "sozzure ideologiche", come volle Celan. Concentrandosi sulla doppia perdita della Heimat e della lingua materna e prendendo le mosse fra l'altro dal pensiero di Améry-si ricorda il capitolo "Wieviel Heimat braucht der Mensch" di Jenseits von Schuld und Sühne-, Arendt e Levinas, Villa tratta i casi di Edith Bruck, Elisa Springer e Helga Schneider, due delle quali ebree sopravvissute alla Shoah e immigrate in Italia e la terza, figlia di madre SS. Questi casi, precedentemente trattati da Villa nel suo contributo al precedente volume ICOJIL 1, 6 possono servire da esempio di come l'Italia, grazie anche al mito degli "italiani brava gente", sia diventata una nuova patria per scrittori migranti e di come la lingua italiana permetta loro di vivere come "italiani tra italiani". SULLO SFONDO, ISRAELE Ogni discorso diasporico approda in Israele, o almeno ci guarda. In questo convegno sono stati presentati al pubblico due libri su esperienze israeliane: Yoel De Malach, Dal campanile di Giotto ai pozzi di Abramo e Raniero Speelman, Se ti dimentico, Gerusalemme. Ebrei italiani nella Terra Promessa, entrambi apparsi presso l'editore fiorentino Giuntina nel 2010. Lo scrittore Roberto Vigevani ha curato il primo di questi XII due libri e ha stimolato chi scrive a pubblicare il secondo. Nel suo intervento, Vigevani ha parlato della vita di Giulio De Angelis, poi Yoel De Malach, tra Firenze e Israele, il cui padre già nel 1939 ebbe la lungimiranza di mandare suo figlio in Palestina. Certo De Malach, di professione agronomo, ha contribuito molto alla fondazione, difesa e coltivazione di Eretz Yisrael. La sua autobiografia è un prezioso monumento per il movimento kibbutzistico che per la recente data di pubblicazione non rientra nel secondo libro presentato, il quale si concentra su descrizioni in testi autobiografici di autori ebrei immigrati o visitatori di Palestina-Israele. Altro libro presentato da Vigevani e soggetto del suo conciso intervento è quello di Leo Neppi Modona, Barbari nel secolo XX (2010). Ciò che rende particolare quest'ultimo libro in forma di diario è l'età dello scrittore, che aveva nove anni quando iniziò a scriverlo negli anni drammatici delle persecuzioni. D'altronde, alle vicende familiari dei Neppi Modona è stato dedicato anche un libro scritto da un'altra parente, Kate Cohen: The Neppi Modona Diaries. Reading Jewish Survival through My Italian Family (1997). Fuori dalla letteratura italiana, ma pienamente dentro il fervore pionieristico palestinese...

L’adozione dell’identità assira da una parte della Chiesa siro-orientale, il genocidio del 1915 e la diaspora

Chiesa martire e dal glorioso passato missionario, minoranza cristiana sradicata con brutale violenza dal brandello di terra nel quale si era dovuta ritirare, gli assiri dimostrano ancora oggi di saper mettere feconde radici ovunque si trovino, in tutti gli angoli del pianeta. Nazione senza uno stato, gruppo etnico senza un territorio in cui possa essere maggioritario, decimata nel primo genocidio del XX secolo, tradita e perseguitata, la comunità assira dispersa in tutto il mondo si è ripiegata, forse in qualche misura intrappolata, in un’identità etnica che trae ispirazione dalla Mesopotamia antica. Coltiva il sogno di un improbabile ritorno dello splendore antico, variamente mitizzato, o progetta politicamente la creazione di una regione autonoma assira nell’Iraq settentrionale. Cerca di sperimentare vie non soltanto religiose, ma anche laiche e politiche, per la costruzione di un’identità nazionale forte e unitaria.