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"Ritratto lacrimevole delle miserie e calamità humane". Crisi di mortalità e standard di vita nel Cremonese del XVII secolo 1. All'avvio del '600 Cremona era una città ricca, la seconda dello Stato milanese, e fondava la sua floridezza su... more

"Ritratto lacrimevole delle miserie e calamità humane". Crisi di mortalità e standard di vita nel Cremonese del XVII secolo 1. All'avvio del '600 Cremona era una città ricca, la seconda dello Stato milanese, e fondava la sua floridezza su un ancora competitivo comparto manifatturiero, localizzato nel centro urbano e nella provincia, sulla commercializzazione dei prodotti del settore secondario e del settore primario, sulle attività finanziarie e su un'agricoltura sviluppata. Tutti questi fattori erano strettamente collegati l'uno con l'altro in un sistema complesso nei cui meccanismi, pur se dominati dai ceti cittadini, avevano un ruolo centrale il contado e i borghi separati e il cui volano, dalla seconda metà del XVI secolo almeno, appaiono essere il comparto agricolo, la crescita del quale può essere riassunta nella sostituzione della tradizionale massaria con l'affittanza diretto-coltivatrice e la commercializzazione dei prodotti delle campagne. Sistema integrato, inoltre, cui non soltanto partecipavano città, borghi e campagne, ma da cui, pure se in modo diseguale, tutti questi protagonisti sembravano trarre stimoli allo sviluppo e ricchezza. 1 Non disponendo di precise serie statistiche per approfondire il modo in cui era distribuita la ricchezza tra i ceti e gli individui, ci limitiamo a indicare un dato complessivo e alcuni elementi, forse impressionistici, ma significativi. La ricchezza e la produttività della città e della provincia, registrate nel catasto della metà del '500, trovavano riscontro nella quota di tasse imposta dal governo centrale: nel 1583 la metà di quanto pagava Milano e la metà di quello che versavano, tutte assieme, le altre città dello Stato. 2 Una ricchezza che traspariva nello splendore del centro urbano, dove "le attività costruttive private" vennero "riprese con una forte intensità negli anni Sessanta del Cinquecento" in "un fermento costruttivo" che contagiò, "con le dovute proporzioni, tutte le classi sociali". 3 Soprattutto, però, tale ricchezza appariva ampiamente diffusa nel Cremonese pure fuori le mura della città. Se quanto affermavano i rappresentanti del Contado verso la metà del XVII secolo -"era già il contado sodetto uno dei paesi più felici di Lombardia, abbondava di tutto il necessario, anzi del dilettevole per il vivere humano, erano gli agricoltori molti, non mancava loro il denaro, che dall'industria dell'habitanti veniva introdotto, era in somma tenuto per terra di promissione" 4 -può essere in parte dovuto a un uso strumentale del ricordo di un'epoca che si voleva dipingere nei suoi aspetti migliori, molti indizi supportano l'idea che nel corso del XVI secolo la situazione fosse effettivamente buona: ad esempio, le alte rese, l'evoluzione 1 Si vedano i saggi contenuti in Storia di Cremona. L'età degli Asburgo di Spagna (1535-1707), a c. di G. POLITI, Cremona 2006 e in particolare quelli di G. VIGO (Il volto economico della città, pp. 220-260), E. DEMO (Dall'auge al declino. Manifattura, commercio locale e traffici internazionali a Cremona in età moderna, pp. 262-287) e D. ANDREOZZI (Apocalisse, crisi e ricchezza. Le campagne cremonesi tra XVI e XVII secolo, pp. 146-189), a questo rimandiamo per più complete indicazioni bibliografiche. 2 G. POLITI, Ultimi anni d'attività di Gianfranco Amidani, mercante-banchiere cremonese (1569-79), ora in IDEM, La società cremonese nella prima età spagnola, Milano 2002, p. 392. 3 G. JEAN, La "casa da nobile" a Cremona. Carattere delle dimore aristocratiche in età moderna, Milano 2000, p. 112. 4 G. MUTO, Introduzione, in La città di Sofonisba. Vita urbana a Cremona tra XVI e XVII secolo, Milano 1994, p. 23.