Civiltà Contadina Research Papers - Academia.edu (original) (raw)
La monografia di Paolo Steffan sull’opera di Luciano Cecchinel, risultata vincitrice (ex aequo con Letture di Cristina Babino) del premio editoriale “Arcipelago itaca” 2015, nella sezione “Prosa critica”, è oggi disponibile in volume, con... more
La monografia di Paolo Steffan sull’opera di Luciano Cecchinel, risultata vincitrice (ex aequo con Letture di Cristina Babino) del premio editoriale “Arcipelago itaca” 2015, nella sezione “Prosa critica”, è oggi disponibile in volume, con cinque poesie inedite di Luciano Cecchinel e una prefazione di Alessandro Scarsella.
L’opera è strutturata in quattro parti:
Capitolo 1. Tra plurime identità (sono presentate e indagate le principali identità del poeta di Revine-Lago e i suoi rapporti con Andrea Zanzotto)
Capitolo 2. La voce di alberi e piante (un vasto studio delle presenze arboree nell’opera cecchineliana permette di capirne la ragione profondamente ecologica e di studiarne i modelli nelle letterature veneta, italiana, americana e russa)
Capitolo 3. Gli ultimi uomini (sulle tracce delle rare presenze umane, viene ricercata la loro funzione e il senso ultimo del vivere, in un tempo problematico)
Capitolo 4. Mondo perduto, mondo da ritrovare (tentativo di dislocare l’opera di Cecchinel e di leggerne il messaggio tra “futuro e rovine”)
Dalla PREFAZIONE di Alessandro Scarsella
[…] colpisce immediatamente nell’interpretazione di Paolo Steffan, giovane sì ma già autore del saggio Un «giardino di crode disperse» sulla poesia di Andrea Zanzotto (Aracne 2012, con prefazione di Ricciarda Ricorda), l’istanza di un allargamento dell’opera di Cecchinel a un’attualità prosastica, quella di una cultura urbana e suburbana che si riconosce nei generi narrativi e nell’autofiction e che sembrava
estranea all’Arcadia sfregiata di Cecchinel pur procedendo altrove sui medesimi binari.
Proseguendo sul filo di queste considerazioni innescate dalla smagliante monografia di Paolo Steffan, la prima su Cecchinel, la diretta conseguenza dell’allargamento della forbice che separa la maturità del poeta dall’età sempre più fresca dei propri lettori è tuttavia la sua collocazione nell’idiocanone della contemporaneità. Sia consentito l’uso del termine intensivo di idiocanone in luogo dell’impossibile
stabilizzazione di un canone della poesia italiana contemporanea, da considerare orfana di un baricentro linguistico ed editoriale unitario. Il policentrismo tuttavia non ha generato sempre e soltanto dispersione e disseminazione correlativa e troppo spesso autorefenziale, quale ha luogo in parallelo negli spazi immateriali della rete, determinando piuttosto un tipo di infeudamento locale o regionale e mettendo in crisi ogni pretesa monarchica di imporre tendenze, giudizi e graduatorie. L’ammissione della presenza fisica del poeta nel territorio e la disposizione all’ascolto propone in tal senso una giovevole sospensione del giudizio a favore del reperimento di documentazione di primaria importanza, non fosse per la storia della letteratura, per la storia sociale e culturale senza dubbio. Tra passione e rilevazione, si tratta di un fenomeno al quale non è esente la migliore ricerca universitaria, ossia quella capace di mettere tra parentesi un concetto non più percorribile di lingua o letteratura, o poesia italiana, e di andare incontro a realtà ibride e in via di ricodificazione. Mentre gli studi di Zanzotto e Segre, già ricordati, e di Franco Brevini, Clelia Martignoni, Martin Rueff e Rolando Damiani su Cecchinel devono venire indicati come esemplari per la spontanea ammirazione che essi esprimono accanto all’onestà intellettuale sulla quale fondano il loro contributo di conio intellettuale pregiatissimo.
Su questa duplice linea sembra essersi posto Paolo Steffan, sebbene con un obbiettivo ricostruttivo che attinge a buon diritto alle premesse esistenziali e contestuali del poeta, alla sua preistoria mentale e di cultura non sempre portata in piena luce nei suoi versi, bensì visibile a intermittenza e in filigrana. L’arcaismo visionario e malinconico di Bosch, ovvero l’immagine dell’uomo-albero, ma con radici liquide, è poi individuato da Steffan come contenitore iconografico dell’interpretazione articolata sui tre fattori dell’identità, dell’ecologia e della resistenza. […]
(Da A. Scarsella, Prefazione, in P. Steffan, Luciano Cecchinel. Poesia. Ecologia. Resistenza, pp. 5-7)