Electra Research Papers - Academia.edu (original) (raw)

Il 13 maggio 1937 la pièce Électre di Jean Giraudoux debuttava, con un certo successo di pubblico, nello storico Théâtre de l'Athénée, che poco più di quarant'anni prima e sotto il nome di Comédie Parisienne aveva portato a battesimo la... more

Il 13 maggio 1937 la pièce Électre di Jean Giraudoux debuttava, con un certo successo di pubblico, nello storico Théâtre de l'Athénée, che poco più di quarant'anni prima e sotto il nome di Comédie Parisienne aveva portato a battesimo la controversa, estetizzante Salomé dell'esule Oscar Wilde. Approdato alla scrittura drammatica negli anni della maturità, Giraudoux si inserisce fin da principio nel filone, fortunatissimo in terra di Francia, degli autori di "palinsesti", ovvero di riscritture (in chiavi moderne o più tradizionali) basate su miti classici o leggende popolareggianti. Proprio alla seconda categoria appartiene Siegfried, opera d'esordio andata in scena il 3 maggio 1928 che si qualifica dichiaratamente come riscrittura su più livelli: da una parte, dell'omonimo, fortunato romanzo autografo pubblicato sei anni prima, dall'altra, della saga germanica del Nibelungo, che la pericolosamente ideologica tetralogia wagneriana aveva, a propria volta, già consegnato ad imperitura memoria. Come si diceva, il gioco dell'imitatio e della riformulazione, soprattutto tragica, è erede di una gloriosa tradizione che, in Francia, annovera l'altissima stagione del classicismo come imprescindibile punto di riferimento. Certo, la tecnica di riscrittura adoperata da Giraudoux (ma anche, quasi contestualmente, da Sartre e Anouilh, fino a Yourcenar, solo per limitarsi alle variazioni sul mito di Elettra), non potrebbe essere più discosta dalla statuaria pienezza della tragedia raciniana, in cui tema e forma si accordano nel rispetto per un modello da emulare, più che da portare a nuova vita. Le vette tragiche raggiunte in capolavori come Phèdre o Andromaque sono difficili da rintracciare nel nuovo volto che le riscritture di miti classici assumono nel XX secolo, particolarmente nel proficuo venticinquennio che separa la fine del primo conflitto mondiale dal crollo dei totalitarismi. Riscrivere il mito diventa, per gli intellettuali e letterati francesi dell'epoca, atto ideologicamente connotato e rischiosamente engagé, lontanissimo dalle aspirazioni estetiche del classicismo secentesco. È allora che frammenti del patrimonio storico-culturale si metamorfizzano e assurgono alle necessità della contingenza: Antigone si fa modello di rettitudine morale, Oreste dello slancio verso una libertà ancora negata 1 , Elettra trionfa come figura della ribellione, fiera portatrice di una vendetta agognata e necessaria.