Inductive Research Papers - Academia.edu (original) (raw)

Sin dagli inizi della riflessione filosofica, di particolare interesse è stato il comprendere il modo attraverso il quale viene argomentata una tesi che si vuol sostenere. Generalmente, gli argomenti sono descritti come il prodotto... more

Sin dagli inizi della riflessione filosofica, di particolare interesse è stato il comprendere il modo attraverso il quale viene argomentata una tesi che si vuol sostenere. Generalmente, gli argomenti sono descritti come il prodotto dell’argomentazione: ciò significa che, quando si vuol asserire una determinata tesi, occorre fornire delle ragioni a sostegno della tesi asserita. Alla luce di ciò un argomento è articolato in premesse dell’argomento, le quali forniscono il sostegno alla conclusione dell’argomento, che è la tesi asserita.
Ciò che interessa alla logica è la relazione che intercorre tra premesse e conclusione dell’argomento. Sulla base di tale relazione è opportuno distinguere due tipi di argomenti diversi: da un lato si hanno gli argomenti deduttivi, dall’altro gli argomenti induttivi. Gli argomenti deduttivi sono caratterizzati dal fatto che tra premesse e conclusione dell’argomento vige una relazione necessaria: ciò significa che, se l’argomento è valido e le premesse sono vere, la conclusione non può che essere vera, ossia la verità della conclusione è implicata dalla verità delle premesse. Invece, in un argomento induttivo non vige questa relazione necessaria tra premesse e conclusione: le premesse possono fornire un sostegno solamente parziale alla conclusione. Infatti, alcuni logici del Novecento hanno parlato di implicazione logica parziale.
Il presente lavoro si pone l’obiettivo di comprendere il funzionamento di un argomento induttivo, cercando di interpretare la relazione tra premesse e conclusione di esso, ricorrendo alla nozione di probabilità. In secondo luogo si analizza l’approccio logicista a tale nozione, il quale si è sviluppato a partire dal XX secolo.
Nel primo capitolo si ripercorre lo sviluppo storico-filosofico del problema dell’induzione. Già nell’Organon aristotelico si ritrova la prima distinzione tra deduzione e induzione; tuttavia, nel corso della filosofia antica e medievale è evidente una connotazione negativa di questa tipologia di ragionamento. Sarà Bacone, nel XVII secolo, a impegnarsi in una riabilitazione del ragionamento induttivo, in special modo nell’indagine scientifica. Secondo Bacone, l’induzione consiste nella conferma di un’ipotesi basandosi sui dati derivanti dall’osservazione empirica e dal loro seguente confronto.
Nel XVIII secolo, Hume si impegnò nella trattazione specifica dell’induzione, cercando di formulare, in maniera maggiormente chiara, il problema: non a caso egli parla esplicitamente di “problema dell’induzione”. Nel Trattato sulla Natura Umana, Hume sottolinea che negli argomenti in cui le premesse sono basate su dati empirici, ossia su dati osservabili, non vi può essere un nesso necessario che unisce le premesse alla conclusione; ciò accade perché egli non condivide il principio dell’uniformità della natura: questo significa che gli eventi futuri non necessariamente si ripresentano come nel passato.
In un tipico argomento deduttivo, la relazione logica che intercorre tra premesse e conclusione è quello dell’implicazione logica. Invece, in un argomento induttivo, la relazione tra premesse e conclusione può essere chiamata implicazione logica parziale. Una delle strade intraprese al fine di chiarire tale relazione logica consiste nell’applicazione della nozione di probabilità.
Gli albori della riflessione intorno alla probabilità possono essere rintracciati nel corso del XVII secolo, grazie anche ai contributi dati in ambito matematico; importante è il contribuito dato da Leibniz. Inoltre occorre sottolineare che la riflessione circa la nozione di probabilità nasce con il proposito di risolvere questioni afferenti al gioco d’azzardo. Leibniz, ad esempio, narrava che il Cavalier De Mére, offrì occasioni di studio sfidando, su questioni di probabilità, i principali studiosi del tempo. Importanti spunti sul tema sono stati offerti da Christian Huygens, Jacob Bernoulli, Blaise Pascal, Laplace e altri.
Nel secondo capitolo dell’elaborato si affronta specificatamente l’approccio logicista alla nozione di probabilità, il quale prende avvio specificatamente negli anni venti del Novecento, grazie alle riflessioni di J. M. Keynes e, in particolare, L. Wittgenstein.
Keynes, in A Treatise on Probability, delinea un sistema logico-formale in cui la probabilità interviene quale nesso logico tra le proposizioni di un’inferenza induttiva. Dato l’insieme h delle premesse e la conclusione x, è possibile formulare un argomento x/h; se questo è un argomento induttivo, è possibile inferire x da h con un certo grado di credenza razionale p: p si identifica con la probabilità di x dato h (p=x/h).
Importante è la distinzione keynesiana tra probabilità e peso di un argomento. La probabilità è legata alla valutazione del rapporto che intercorre tra le premesse e la conclusione di un argomento induttivo; invece, il peso dell’argomento è una nozione che esprime un giudizio oggettivo e complessivo sull’argomento. Keynes formalizza il peso dell’argomento nel rapporto tra la conoscenza rilevante e la somma della conoscenza rilevante e dell’ignoranza rilevante [V(x/h)=K/(K+I)]. Come ricordato, il principale contributo allo sviluppo dell’approccio logicista alla probabilità è stato dato da L. Wittgenstein. Nello scritto viene delineata la teoria raffigurativa del linguaggio sviluppata da Wittgenstein nel Tractatus logico- philosophicus: vengono altresì spiegate, in linea generale, le principali nozioni presenti nell’opera al fine di introdurre la proposizione 5.15 del Tractatus in cui Wittgenstein propone la sua posizione circa la probabilità. Egli definisce la probabilità di una proposizione h, data un’altra proposizione e, in termini di fondamenti di verità. Pertanto, la probabilità che e dà ad h è eguale al rapporto tra il numero dei fondamenti di verità comuni a e e ad h, e il numero dei fondamenti di verità di e.
Il pensiero di Wittgenstein influenza particolarmente le riflessioni dei pensatori che partecipano al cosiddetto Wiener Kreis. Particolarmente importante fu l’influsso di Wittgenstein sulla filosofia di Friedrich Waismann. Egli, per definire la probabilità, ricorre alla nozione, già presente nel Tractatus, di raggio d’azione (spielraum), asserendo che la probabilità di un ipotesi h, data l’evidenza e, è uguale al rapporto tra la congiunzione dei raggi d’azione dell’ipotesi h e dell’evidenza e, e il raggio d’azione dell’evidenza e.
Il terzo capitolo del presente lavoro è interamente dedicato alla filosofia di Rudolf Carnap. Nella prima parte del capitolo si cerca di evidenziare i punti salienti del pensiero di Carnap, citando le sue principali opere: tra queste vi sono Der Logische Aufbau der Welt, Logische Syntax der Sprache, Testability and Meaning, Introduction to Semantics e Meaning and Necessity.
Nella seconda parte del capitolo ci si sofferma sull’interpretazione carnapiana della nozione di probabilità e sul problema dell’induzione in Carnap. Egli associa la probabilità alla nozione di grado di conferma e, quindi, parla della probabilità condizionale di h data e come del grado di conferma dell’ipotesi h, data l’evidenza osservativa e. Sviluppando e precisando le idee di Wittgenstein e Waismann nel quadro teorico della sua semantica dei mondi possibili, Carnap definisce la probabilità di h data e, ossia il grado di conferma che e conferisce ad h, come il rapporto tra l’intersezione insiemistica degli ambiti di h e di e, e l’ambito di e.