Reportage Research Papers - Academia.edu (original) (raw)

Giuseppe Rizzo esordisce con L’invenzione di Palermo (2010), che racconta la Sicilia degli emarginati- barboni, zingari, ladri – senza volontà di denuncia ma evitando al tempo stesso pietismi; i personaggi abitano una Palermo distopica,... more

Giuseppe Rizzo esordisce con L’invenzione di Palermo (2010), che racconta la Sicilia degli emarginati- barboni, zingari, ladri – senza volontà di denuncia ma evitando al tempo stesso pietismi; i personaggi abitano una Palermo distopica, ‘scarto’ della creazione del mondo, nella quale povertà, violenza, dolore sono affrontati con vitalismo e leggerezza, e descritti tramite un linguaggio che alterna turpiloquio, neologismi, e concretezza materica. Il mondo degradato ed invivibile della periferia palermitana è percepito in tutta la sua evidenza tramite una lettura sinestetica ed avvolgente, che intende superare stereotipi culturali e strumentalizzazioni politiche. Con il secondo romanzo, Piccola guerra lampo per radere al suolo la Sicilia, del 2013, il progetto di “riscrivere” l’immaginario dell’isola è definito con maggiore chiarezza: si racconta la vicenda goliardica di tre studenti fuori sede, nativi di un paesino siciliano, Lortica, dal clima soffocante e mafioso, che decidono di tornare per sbeffeggiare gli omertosi e finiscono per scardinare il sistema, fermando la spirale di violenza e facendo breccia nel silenzio colpevole degli abitanti.
La Sicilia dei luoghi comuni letterari e sociali, della gattopardesca inerzia, dell’assurdo pirandelliano, dell’indugio godereccio e gastronomico alla Camilleri, dell’antieroe mafioso, è contestata e ‘smontata’ secondo una linea che, sul piano saggistico, sarà ripresa da Gaetano Savattieri ( Non c’è più la Sicilia di una volta, 2017): il paese, brutto, stagnante, pericoloso, è un Inferno in terra, che i tre attivissimi protagonisti riescono allegramente a sdrammatizzare, affrontando lo squallore quotidiano con un approccio al tempo stesso distante e partecipe, e riuscendo infine ad intaccare il sistema mafioso grazie ad una doppia beffa che ammicca al teatro, in particolare all’asse oppositivo di matrice classica gioventù/ vecchiaia. Non è una soluzione, ma piuttosto la scelta, letteraria anch’essa, di un mondo possibile, contro il paradigma vittimario e, sull’altro versante, in opposizione ad un’epica della mafia che tanta letteratura, teatro e cinema hanno diffuso.