Roman looms Research Papers - Academia.edu (original) (raw)

1 Risposte dott. Scotti 1) Prof.ssa Francesca Scotti, Lei è autrice del libro "Lana, linum, purpura, versicoloria. I legati «tessili» fra diritto romano e archeologia" edito da Jovene: quale importanza avevano, nel mondo romano, le... more

1 Risposte dott. Scotti 1) Prof.ssa Francesca Scotti, Lei è autrice del libro "Lana, linum, purpura, versicoloria. I legati «tessili» fra diritto romano e archeologia" edito da Jovene: quale importanza avevano, nel mondo romano, le attività di filatura e tessitura? Nel mondo romano la filatura e la tessitura ebbero sempre un grande valore sia simbolico, sia socio-economico. Sotto il primo aspetto, bisogna osservare che il lavoro tradizionale tessile svolto dalle matrone e avente per oggetto la lana fu concepito in tutta l'antichità romana come emblema delle virtù femminili, le quali si possono enucleare in una serie di aggettivi ricorrenti sia nelle opere letterarie, sia nelle epigrafi funerarie: "casta", "pudica", "pia", "frugi", "domiseda" e "lanifica". In particolare l'attributo "lanifica" dalle origini fino a tutto il IV sec. a.C. dovette alludere sia alla filatura, sia alla tessitura (svolte normalmente entro le mura domestiche), a partire dal III sec. a.C. alla sola filatura. Da un punto di vista storico, economico e sociale, fra l'età monarchica e la prima metà del III sec. d.C., la filatura e la tessitura della lana vennero via via assumendo "volti" diversi, come confermano tra l'altro una serie di passi del Digesto di Giustiniano. Nel primo periodo, cioè fra la monarchia e gli inizi della repubblica, ciascun nucleo familiare usava produrre autonomamente gran parte dei tessuti da impiegare per la realizzazione di vestiti, il che significa che era indispensabile filare e tenere un telaio in casa. Già dalla seconda metà del III sec. a.C., tuttavia, si assiste a un progressivo cambiamento nei metodi della produzione tessile, consistente nel passaggio da una manifattura domestica su piccola scala a una su base più ampia, addirittura al di fuori del contesto familiare, organizzata in vere e proprie officinae di tessitura, le c.d. "textrinae" o "textrina", ove era impiegato personale specializzato, per lo più femminile, di condizione servile oppure libera e retribuita: lanificae, lanipendae o lanipendiae (pesatrici della lana), quasillariae (filatrici), textrices o stamnariae (tessitrici), sarcinatrices e vestificae (sarte). In queste textrinae, del resto, vi erano, oltre a lanipendae, anche lanipendi ed entrambe le categorie avevano il compito di attribuire una certa quantità di lana da filare, il c.d. "pensum", alle quasillariae di cui controllavano l'operato. Mentre, tuttavia, alla tessitura potevano essere addetti anche gli uomini, la filatura era competenza esclusiva delle donne. Alcune di queste textrinae erano autonomamente gestite da liberte, talvolta insieme ai mariti, pure liberti. Comunque è probabile che esistessero altresì spazi destinati al solo svolgimento della filatura, detti "lanifici", in cui le quasillariae filavano ognuna il rispettivo pensum di lana quotidiano, loro consegnato previa pesatura dei bioccoli di lana.