Woman's History Research Papers - Academia.edu (original) (raw)
Poetessa, scienziata, intellettuale, giornalista. Nata "marchesa" muore da rivoluzionaria sul patibolo di piazza del Mercato a Napoli, vittima della vendetta di Maria Carolina e di Ferdinando di Borbone. È il 20 agosto del 1799, le armate... more
Poetessa, scienziata, intellettuale, giornalista. Nata "marchesa" muore da rivoluzionaria sul patibolo di piazza del Mercato a Napoli, vittima della vendetta di Maria Carolina e di Ferdinando di Borbone. È il 20 agosto del 1799, le armate del Cardinale Ruffo hanno riconquistato la città e la breve e sventurata esperienza repubblicana è ormai terminata. Dinanzi alla folla festante di lazzari e ai corpi esamini degli altri condannati, privata della possibilità di essere ghigliottinata in quanto nobile, prima di essere impiccata pronuncia la frase «forsan et haec olim meminisse juvabit» (forse un giorno gioverà ricordare tutto questo). Nasce a Roma il 13 gennaio 1752 da Don Clemente Henriquez de Fonseca Pimentel Chavez de Beja che dal Portogallo raggiunge la città eterna per prendere in moglie Cateria Lopez de Leon la cui famiglia, aristocratica, è originaria di Lisbona. Ha 8 anni quando a causa delle frizioni tra Portogallo e Stato della Chiesa, le famiglie Lopez e Fonseca, sotto consiglio del console portoghese Sà Pereira, si trasferiscono a Napoli. Avviata dallo zio Antonio allo studio dei classici latini e greci e delle lingue moderne inglese, francese, portoghese ha come maestri De Filippis, Caravelli, Falaguerra e Spallanzani che le garantiscono un'educazione grazie alla quale è accolta, giovanissima, nei migliori salotti napoletani. Presso quello di Vargas Maciucca ha modo di declamare quei versi che le consentono di entrare, a soli sedici anni con il nome di Epolnifenora Alcesamante, all'accademia dei Filaleti. Nel 1768 scrive il poema epico encomiastico Il tempio della gloria e viene ammessa nell'Arcadia napoletana di Jerocades dove entra con lo pseudonimo di Altidora Esperetusa. Di questa "fanciulla prodigio" sono molti a raccontare: l'abate Ciaccheri la menziona in una lettera all'amico Domenico Saccenti al quale racconta di una «giovane gentil donna portoghese che sa varie lingue, […] e fa buone cose, riguardo la poesia sia latina che italiana»; il leccese Baldassare Papadia nelle Egloghe pastorali immagina Eleonora come l'"Inclita Pastorella, alma Altidora"; il duca di Belforte le dedica un sonetto «Eleonora, che, nel verde aprile/degli anni vostri, pel sentier non trito/di Minerva muovete il passo ardito […]». Attestati di stima giungono nel 1789 dall'abate Filippo de Martino che include la sua biografia fra quella degli illustri napoletani del XVIII secolo («altera que Sappho, nec te, Fonseca, silebo,/ quam decimam dixit Graecia Pieridum,/[…]») e dal Gorani che scrive di lei a Charles Bonnet a proposito di una scoperta scientifica di cui è venuto a conoscenza tramite una «dama letterata, conosciuta per le toccanti poesie […] grande amica di tutti gli illustri […], e soprattutto dell'abate Fortis». Infervorata della poesia del Metastasio Eleonora ha con il poeta, ormai settantaquattrenne, uno scambio epistolare fra il 1770 al 1776, di cui restano dodici lettere conservate nella di lui corrispondenza. Lo stesso Voltaire, anche lui corrispondente con Eleonora, le dedicherà alcuni versi databili intorno al 1775 («Beau rossignol de la belle Italie/[…]/ Auprès de vous à Naples il va se rendre/ S'il peut vous voir, s'il peut vous entendre/ Il réprendra tout ce qu'il a perdu»). Nel 1771 muore donna Caterina Lopez e il vuoto lasciato da questa scomparsa risuona ancora nel sonetto che due anni dopo scrive per Caterina Dolfin rimasta orfana del padre e alla quale, per via di questa mesta sorellanza, si sente vicina («Vago Usignol,[…]/ Quanto simili, oh Dio, ne' tristi eventi[…]/Che mentre il Padre tuo piangendo vai,[…]/ Io per la Madre mia spargo i lamenti/[…]»). A 21 anni la sua mano è offerta al cugino Michele che, partito per Malta all'incirca tre anni dopo, sembra dimenticarsi della sua promessa sposa, la cui stizza è tutta in una lettera a lui indirizzata, datata 19 ottobre 1776, in cui si apprezza una sferzante vis polemica «[…] siamo tutti, molto formalizzati del vostro continuo silenzio,[…]. Voi dunque, per mostrarvi affezionato a Malta, avete fatto la guerra a Monsignor della Casa? […] È mio grande amico, se non lo è vostro […].