Il surfista Alessandro Slebir: «Ho visto l’oceano ritirarsi e ho cavalcato l’onda di 33 metri. Mia mamma pensa che sia pazzo, ma realizzo i miei sogni» (original) (raw)
Alessandro Slebir, il suo video ha fatto il giro del mondo: «Spero che sia ufficializzato il record. Non smetterò mai»
A lessandro Slebir, 23 anni, da qualche settimana è uno dei surfisti più famosi al mondo: il 23 dicembre appena passato alle ore 15.15 è sceso da un’onda alta 33 metri, un palazzo di dieci piani. Pochi secondi che valgono una vita. Anche letteralmente parlando: se la misurazione sarà confermata (ci vorranno mesi e dunque bisognerà avere pazienza) Alessandro avrà il primato dell’onda più alta mai cavalcata ufficialmente da un essere umano sul pianeta Terra.
Quello che quasi nessuno sa è che Alessandro non ha un nome casualmente italiano. La madre Cristina è di Ivrea. Il padre è metà irlandese (da cui il cognome) ma per l’altra metà è siciliano. Il Nord e il Sud Italia sull’onda. È appena rientrato da Mavericks, un’ora a Nord di Santa Cruz, luogo culto per i surfisti di tutto il mondo e non solo. Qui si spingono i turisti anche se non hanno mai toccato una tavola in vita propria. È una sorta di santuario della filosofia primitiva del surf (non le acrobazie ma la sfida a tu per tu con la potenza dell’Oceano). Wikipedia nella versione inglese parla di onde che su questa spiaggia possono arrivare a 18 metri. Alessandro che si allena qui da quando aveva 14 anni ne ha incontrata una di altezza pari quasi al doppio. Anche Wikipedia dovrà essere aggiornata.
Possiamo considerarla un italiano di Santa Cruz?
«Sì è vero, sono nato nel 2001 a Santa Cruz, California, e qui ho fatto l’università studiando legge, ma in Italia ho l’altra metà della mia vita. Da quando sono nato fino a un paio di anni fa ho sempre passato almeno tre mesi all’anno in Italia».
Dunque se il primato sarà confermato sarà metà californiano e metà italiano? Le ricordo che sta parlando ai lettori italiani...
«Certo. Mi sento sempre a casa in Italia. È sempre stato così. Venire in Italia dai miei parenti e dai miei amici è sempre bello».
Com’è il mondo sopra un’onda di 33 metri?
«È una storia un po’ particolare. Magari altri surfisti hanno preso onde anche più grandi della mia, ma non potevano contare su un filmato come nel mio caso (complimenti per il fairplay, ndr). Per me comunque non è così importante: se sarà un record sarà bellissimo. Ma quello che conta per me è che sia stata l’onda più grande della mia vita. Continuerò a fare questo. Anzi spero che non cambi tanto».
Lo dice per scaramanzia?
«Non mi aspettavo che il filmato facesse il giro del mondo. Normalmente nel surf non succede. Rimane tutto nel nostro mondo. Siamo una tribù. Questa volta invece ne parlano tutti».
È il potere del web. Non saresti felice se diventasse il tuo lavoro?
«Per me è sempre stata una passione anche se non guadagno abbastanza soldi dal surf per viverci e faccio il rappresentante di vestiti. Il surf è il mio “secondo” lavoro, anche se tutti sanno che quando arriva una tempesta io insieme al mio amico Luca Padua dobbiamo essere qui a Mavericks. E può succedere da un momento all’altro. Certe volte lo sappiamo il giorno prima. Ora in tanti mi stanno spingendo a cercare uno sponsor. Non ho ancora niente di concreto ma mi piacerebbe che fosse uno sponsor italiano: qui in California non sono in molti a sapere che sono italiano. E anche in Italia».
Vediamo se la stampa serve... Ha calcolato quante tonnellate di acqua la stavano inseguendo?
«Non abbiamo mai fatto questo calcolo ma se dovessi indovinare direi che erano mille tonnellate. Un’onda così potente tira su metà dell’Oceano. Lo aspira letteralmente. C’era così tanta acqua che veniva verso di me che avevo la sensazione di andare quasi all’indietro».
Si riesce a pensare a qualcosa in quei momenti?
«Un po’, ma solo a surfare l’onda al meglio che puoi. In quel momento non avevo dubbi: ero convinto che fosse la mia onda. Devi avere questa mentalità, devi pensare di poterlo fare anche se magari poi cadi».
In questo caso sapevi di rischiare anche la vita?
«Sappiamo sempre di rischiare. Ci prepariamo anche se è una cosa brutta, ma un’onda così ti può uccidere. Devi essere preparato».
Se in quel momento avessi potuto girarti?
«È come guidare la macchina senza finestrino. Si va solo avanti».
Dica la verità: si è trovato lì per caso o se l’è cercata?
«Ogni volta che Mavericks rompe (gergo tecnico per quando si formano le onde giganti, ndr) siamo lì. Non importa se siano di dieci o trenta metri. Saremo sempre lì. Per rispondere alla domanda comunque sapevamo che era una cosa speciale, ma non immaginavamo così speciale».
Bisogna essere matti per fare il surf o bastano brevi momenti di lucida follia?
«Non so. Di sicuro c’è tanta gente che pensa che siamo pazzi. Anche mia madre e mio padre...».
È al primo colloquio di lavoro negli Usa... le racconta dell’Università o dell’onda?
«Delle onde. Tanta gente qui sa che io faccio surf. E quando arrivano io devo andare».
Stessa domanda, ma questa volta al primo colloquio di lavoro in Italia... gli racconta dell’Università o dell’onda?
«Mhhh, non dell’onda forse...».
Cosa ha detto sua madre quando ha visto il filmato?
«Lei è cresciuta tra le montagne...».
Suo padre?
«È lui che mi ha iniziato al surf. Ma forse non si aspettava questo livello. È normale che si preoccupi».
Ne possiamo trarre un suggerimento o un insegnamento per la vita sulla terraferma?
«Certo: la natura ti mette sempre alla prova. Magari ti senti un figo perché sei sopra un’onda gigante ma il mare ti fa vedere subito che non è così».
Film preferito sul surf? Reggono ancora classici delle precedenti generazioni come «Un mercoledì da leoni» o «Point Break»? Non mi dica che non li hai visti...
«Sì, li ho visti, però se devo essere sincero io faccio surf perché già a 8 anni guardavo i filmati della Powerlines Productions che facevano vedere i surfisti qui a Mavericks. Non erano film con grandi storie, ma di azione pura».
Ricevuto il messaggio: non siamo in un film. Se arrivasse un’onda da 34 metri riprenderebbe la tavola o penserebbe che è meglio non sfidare la sorte due volte?
«Partiamo di sicuro. Io e il mio collega Luca siamo sempre in cerca di un’onda gigante».
18 gennaio 2025 ( modifica il 18 gennaio 2025 | 07:25)
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