Gaza, chi sono i palestinesi da rilasciare: Zubeidi e gli altri 1890 detenuti (original) (raw)

Pubblicato l’elenco dei 735 in carcere affinché i famigliari delle vittime possano fare appello. Per ora resta in cella Marwan Barghouti, considerato l’erede di Abu Mazen

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
GERUSALEMME Quando ha deciso di slacciare la pistola Smith & Wesson color argento dalla cintura e di nascondere il fucile mitragliatore M-16 (solo perché avrebbe dovuto consegnarlo agli israeliani, disarmo simbolico), l’unico esplosivo che Zakaria Zubeidi portava ancora in giro era quello conficcato in faccia: anni prima, si stava costruendo una bomba ma gli era esplosa troppo presto. Con quei grani di pepe sottopelle, il sorriso di chi resta lo sceriffo anche senza esibire bandoliere, passeggiava per i vicoli del campo rifugiati di Jenin, ormai in pensione dalle battaglie più sanguinose della seconda intifada. Le unità speciali dell’esercito hanno cercato di assassinarlo sei volte: leader delle Brigate Al Aqsa nel Nord della Cisgiordania, nel 2002 ha progettato l’attacco (sei morti) a un seggio elettorale durante le primarie del Likud, il partito di Benjamin Netanyahu, ed è stato accusato di aver inviato attentatori suicidi da quella che venticinque anni fa l’intelligence chiamava «la capitale dei kamikaze».

Neppure l’accordo di amnistia firmato nel 2007, di fatto una resa, lo ha tenuto fuori dal carcere: il patto è stato revocato dodici anni dopo dagli israeliani, l’accusa quella di aver continuato a gestire le operazioni. Di prigione è uscito una volta da evaso — fuga rocambolesca che ne ha rafforzato il mito tra i palestinesi nonostante sia stato poi ripreso — e adesso nelle prossime settimane, da detenuto rilasciato ufficialmente. Per gli israeliani il suo nome è uno dei più pesanti da elaborare nella lista di 1.890 palestinesi — questo il numero secondo fonti egiziane — che verranno liberati, da oggi a 42 giorni, in cambio di 33 ostaggi tenuti dai terroristi a Gaza.

Hamas ha chiesto di inserire Zubeidi e altri boss delle Brigate Al Aqsa, legate al Fatah fondato da Yasser Arafat e adesso presieduto da Abu Mazen, proprio per dimostrare di saper superare le rivalità tra fazioni nel nome dei prigionieri. Che in Cisgiordania o a Gaza restano il simbolo più rispettato della lotta, tutti hanno un parente, un amico, un conoscente passato dalle celle israeliane. L’organizzazione palestinese Addameer calcola che in carcere ci siano oltre 10 mila persone: i 320 minori e le 88 donne saranno tra i primi a essere rimandati a casa.

Il ministero della Giustizia a Gerusalemme ha pubblicato l’elenco con i nomi dei 735 detenuti che verranno rilasciati perché i famigliari delle vittime possano presentare appello alla Corte Suprema. Oltre a loro sarà scarcerato un migliaio di palestinesi di Gaza imprigionati durante questi 470 giorni di offensiva, nessuno coinvolto nella mattanza del 7 ottobre del 2023.

Escono detenuti condannati per i massacri perpetrati durante la seconda intifada come Wael Qassim, trentacinque ergastoli per il coinvolgimento in una serie di attacchi tra cui l’esplosione al Café Moment di Gerusalemme nel 2002. O Ahmad Obeid che ha inviato il kamikaze della strage al bar Hillel di due anni dopo. Ad Hamas appartiene Mohammed Abu Warda: di ergastoli ne ha presi 48 anche per due bombe che hanno ammazzato 45 israeliani nel 1996. Mahmoud Attallah è stato condannato per l’uccisione di una donna a Nablus e dopo accusato di violenza sessuale sulle guardie carcerarie.

Khalida Jarrar è stata eletta in Parlamento nel 2006 con il Fronte popolare per la liberazione della Palestina, è un’attivista per i diritti dei carcerati ed è stata riarrestata all’inizio della guerra, anche se non è mai stata condannata per la partecipazione alle operazioni del Fronte. Dalal Suleiman è invece la sorella di Saleh Al Arouri, numero due di Hamas fino alla sua uccisione a Beirut un anno fa, era incaricato di coordinare gli attacchi in Cisgiordania. Nella lista della prima fase non compare Marwan Barghouti, condannato a cinque ergastoli per terrorismo, considerato il Nelson Mandela arabo, accreditato da qualche governo occidentale come un successore al presidente Abu Mazen. E pure da chi in cella ce l’ha messo: lo Shin Bet, il servizio segreto interno israeliano, valuta che nei Territori sia ormai meglio confrontarsi con un capopopolo capace di unificare le fazioni e mantenere il controllo. Barghouti — soprannominato Napoleone per la piccola statura e le grandi ambizioni — resta anche dalla cella il più popolare leader palestinese.

Di poter mantenere il controllo sulla Cisgiordania e di essere pronto a imporlo a Gaza sta cercando di dimostrarlo Abu Mazen. Le sue forze sono entrate nel campo rifugiati di Jenin dopo sei settimane di trattative-assedio: hanno ottenuto che i miliziani accettassero la presenza di polizia ed esercito, non sono riuscite a far loro consegnare le armi. Il ritorno di Zubeidi potrebbe aiutare l’anziano raìs a contenere (per ora) le nuove generazioni.

18 gennaio 2025 ( modifica il 18 gennaio 2025 | 23:56)

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