Disse no al pizzo, la mafia lo giustiziò. Palermo 1985, morte di un presidente (original) (raw)
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Crivellato di colpi nella sua auto, l'ingegner Parisi era un imprenditore da tempo attivo in città: fu uno dei primi a dire no alle richieste di estorsione. E la sua bara fu portata in chiesa dai calciatori
29 agosto - 12:53 - MILANO
La mafia uccide Roberto Parisi il 23 febbraio 1985, un sabato di pioggia. È un omicidio plateale, i giornali parlano di “cadavere eccellente”. L’ingegner Parisi, torinese di nascita ma attivo a Palermo fin dall’inizio degli Anni 70, ha 54 anni, è un uomo molto in vista in città: è cavaliere del lavoro, imprenditore di grandi appalti, amministratore dell’Icem, da più di quindici anni azienda appaltatrice dell’illuminazione stradale del comune, e presidente del Palermo Calcio. Parisi è contiguo al potere siciliano, ha un giro d’affari di miliardi di lire, è amico di Salvo Lima, leader della Democrazia Cristiana, in quegli anni l’uomo più potente della Sicilia e - come verrà dimostrato da vari processi successivi - referente politico della mafia, ucciso a sua volta nel 1992 su mandato di Totò Riina e Bernardo Provenzano.