Mirabilis Deus, col quale il Pontefice attribuisce a Don Giovanni Bosco il titolo di Beato (2 giugno 1929) (original) (raw)
BREVE
MIRABILIS DEUS
IL PAPA PIO XI,
SERVO DEI SERVI DI DIO.
A PERPETUA MEMORIA
Dio è meraviglioso nei suoi Santi, i quali, mentre vivono in terra, operano per promuovere la gloria divina e la salute eterna degli uomini; ad essi lo stesso Dio d’Israele darà vigore e forza (Ps. LXVII, v. 36) affinché, non lasciandosi intimorire da alcuna difficoltà di questo mondo né da contrastanti nemici, possano conseguire i santi fini che si sono proposti. Ciò è esattamente e felicemente avvenuto al pio fondatore dei Salesiani, il sacerdote Giovanni Bosco.
Nato il 16 agosto 1815 in un piccolo borgo rurale presso Castelnuovo d’Asti da piissimi genitori e rigenerato al Sacro Fonte il giorno successivo, Giovanni Bosco, avendo perduto ben presto il padre, trascorse nel paese una puerizia piena di difficoltà. La madre, insigne per virtù e degna di essere additata ad esempio come educatrice, insegnò il catechismo cristiano al suo figlioletto, che sin dalla prima età si fece notare da tutti per pietà, purezza di costumi e dolcezza di carattere. Dotato di acuto ingegno e di tenace memoria, ancor fanciullo usava ripetere con mirabile fedeltà ai suoi coetanei quello che aveva sentito in chiesa dal parroco o dai predicatori. Sin d’allora, quasi precorrendo ciò che avrebbe fatto poi, nei giorni festivi radunava intorno a sé, con giochi, gli altri ragazzi desideroso di insegnare loro la religione cattolica e a pregare Dio e la Madonna.
Dopo aver appreso dal cappellano del luogo la prime nozioni culturali, frequentò la scuole di Castelnuovo, distanti dieci chilometri, a da ultimo quelle di Chieri, dimostrandosi sempre scolaro esemplare, sebbene per le necessità della vita si occupasse per molti anni in faticosi lavori come agricoltore, operaio e servo.
Nel ventesimo anno d’età vestì l’abito clericale ed entrò nel Seminario arcivescovile di Chieri, con l’aiuto e il consiglio specialmente del Beato Cafasso, per il quale nutrì poi sempre venerazione e amicizia. Nello stesso Seminario pertanto fece con profitto i corsi di filosofia e teologia, e in seguito, già sacerdote, si applicò di nuovo e per più di tre anni allo studio della teologia morale e della sacra eloquenza nel Convitto ecclesiastico di San Francesco d’Assisi a Torino. Finalmente l’anno 1841, ordinato sacerdote la vigilia della Santissima Trinità a Torino, celebrò privatamente e con profonda pietà la prima Messa nella suddetta chiesa di San Francesco; e soltanto nella successiva solennità del Corpus Domini, tra la più grande commozione dei tanti che erano venuti dal natio borgo, celebrò con edificante pietà la Messa solenne nella chiesa di Castelnuovo.
Il novello sacerdote, spiegando ardentissimo zelo e grande carità per la salute delle anime, esercitò per cinque mesi l’ufficio di coadiutore del parroco di Castelnuovo; ma lo Spirito del Signore era in lui e lo chiamava provvidamente a coltivare una più ampia porzione della sua vigna. Entrato infatti nel Convitto ecclesiastico torinese di San Francesco d’Assisi, sotto la direzione e la guida del Beato Cafasso, si diede ad esercitare alacremente, con grande vantaggio delle anime, il ministero sacerdotale nelle carceri e negli ospedali; assiduo al confessionale, di qualunque cosa trattasse o parlasse, indirizzava tutto costantemente all’unico scopo della salute delle anime; seguendo San Francesco di Sales, che si era già proposto quale esempio, con dolcezza e pazienza mirabili si studiò di ricondurre pentiti a Dio i peccatori. Nulla trascurò che fosse adatto al conseguimento di questi santi scopi: per essere in grado di confessare soldati tedeschi imparò appositamente e in breve tempo la loro lingua; per venire incontro al popolo e alla gente incolta e ignara, già in possesso di molta e varia cultura, si applicò con particolare impegno alla scienza apologetica e allo studio della storia.
Ma sin da allora lo attirava profondamente la sorte dei fanciulli e dei giovani che, privi d’ogni educazione cristiana, crescevano sulla pubblica strada lontani da Dio e fuori del sentiero della verità e della giustizia. Per tre anni pertanto, a partire dal giorno dell’Immacolata Concezione del 1841, radunò nella chiesa torinese di San Francesco d’Assisi i ragazzi che attirava a sé con accorte industrie e mirabile pazienza; così che ivi ebbe principio il primo Oratorio, che il Servo di Dio per umiltà e devozione chiamerà Salesiano da San Francesco di Sales. Subito, contro l’utilissima opera appena cominciata, si levano difficoltà d’ogni genere per abbatterla. Ma ivi era il dito di Dio! Il primo Oratorio, dopo essere passato dalla sede iniziale al tempio di San Martino, poi a quello di San Pietro in Vincoli, da ultimo in una casa detta del Moretta, finalmente nell’aprile del 1846 si rifugiò in un edificio del borgo allora suburbano, detto di Valdocco. Ivi il Servo di Dio, con l’aiuto costante e manifesto di Dio e della Beata Vergine, compì cose mirabili. L’Arcivescovo di Torino arricchì di opportuni privilegi l’Oratorio, che continuerà ad essere dedicato a San Francesco di Sales, e lo stesso Re Carlo Alberto lo prese sotto la sua protezione.
In breve sorgono altri simili Oratori; un secondo, intitolato a San Luigi, nel 1847; un terzo due anni dopo dedicato all’Angelo Custode; e dopo alcuni altri anni un quarto che prende il nome di San Giuseppe. In essi il Servo di Dio concepì e applicò nell’educazione dei fanciulli e dei giovani un metodo nuovo, che derivava da San Filippo Neri e lo chiamò preventivo.
Con la cooperazione della sua piissima e forte madre, che aveva chiamato appositamente a Torino perché lo aiutasse nell’opera, fondò nel 1847 presso l’Oratorio e nella stessa sua casa un primo ospizio per i giovinetti abbandonati e senza tetto, e per i quali si richiedeva una particolare educazione cristiana. Da tale ospizio, come da buono e fecondo seme, provengono gli innumerevoli Collegi e Istituti retti dai Preti salesiani e dalle Figlie di Maria Ausiliatrice.
Ad impedire che l’opera iniziata a vantaggio della gioventù venisse col tempo a finire, il Servo di Dio, consigliato da molti e specialmente dal Beato Giuseppe Cafasso e dalla viva voce del Nostro Predecessore Pio IX di felice memoria, fondò dapprima la Società dei Preti di San Francesco di Sales e, in seguito, anche la Congregazione delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
La Società dei Preti di San Francesco di Sales, i cui princìpi risalivano al 1858, accresciutasi di giorno in giorno, fu lodata e raccomandata dalla Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari, a nome della Sede Apostolica, l’anno 1864, e le fu proposto a Superiore generale o Rettore Maggiore a vita il Servo di Dio, il quale scrisse Regole e Costituzioni molto adatte ai tempi, che nell’anno 1874, cinque anni dopo la conferma generale della stessa Pia Società, furono approvate dalla suddetta Sacra Congregazione Romana.
L’anno 1872 il Servo di Dio fondò il secondo Istituto delle Figlie o Suore della Beata Maria Ausiliatrice, le quali, legate coi voti di povertà, castità e obbedienza, si dedicano all’educazione delle fanciulle, alla maniera stessa dei Salesiani.
Per la stabilità e diffusione dell’una e dell’altra Istituzione, dei Preti e delle Suore, Giovanni Bosco sostenne grandi fatiche, affrontò con animo pronto e forte le imprese più ardue, sopportò pazientemente molestie e ingratitudini.
Né gli bastò tutto questo! Infatti, mirando sempre alla salute delle anime e instancabile nel lavoro, per portare la luce della verità cristiana e il benessere della cristiana civiltà fra i popoli incolti sparsi per il mondo fino alle regioni più inospitali, mandò anche missionari all’estremità dell’America meridionale, erigendo inoltre a Torino per l’istruzione e la preparazione di sacerdoti missionari un Seminario, detto comunemente di Valsalice. Infine, per compiere la rassegna delle molte fondazioni del Servo di Dio, si deve ricordare l’istituzione sia dell’Unione dei Cooperatori Salesiani, che aiutano in diversi modi le Opere Salesiane, sia dell’Opera della Beata Maria Ausiliatrice per promuovere le vocazioni ecclesiastiche, nonché le chiese da lui erette con il danaro raccolto da ogni parte, fra le quali meritano speciale menzione la Basilica parrocchiale del Sacro Cuore al Castro Pretorio in questa Nostra Alma Città, e il Santuario della Beata Maria Ausiliatrice a Torino. Tutte queste cose, intraprese dal Servo di Dio non per guadagnar lucro o lodi umane, ma soltanto per la gloria di Dio e la salute delle anime, ebbero il più felice compiacimento. Giovanni Bosco si dedicò fino alla morte con mirabile costanza alle opere intraprese; fu luminoso esempio di tutte le virtù, di chiara fede e cristiana forza, di devozione a Dio e alla Beata Vergine, del più profondo ossequio in tempi difficili verso il Romano Pontefice e questa Sede Apostolica. Dispregiatore di sé in una costante umiltà, nulla chiedendo per sé, amante come era della povertà, con lo spirito sempre pronto, infaticabile nel cercare la salute delle anime e nel condurre, anche per il bene della Chiesa, i più gravi e complicati negozi, prudentissimo, sobrio e rifuggendo dalle comodità della vita, lasciò non solo ai suoi allievi, ma anche a tutti i cristiani tali esempi degni d’imitazione da essere giustamente ritenuto da tutti, ancor vivo, un Santo. Il 31 gennaio del 1888 si addormentò piissimamente nel Signore.
Le mortali spoglie del Venerabile Servo di Dio furono esposte prima nella camera stessa dov’era spirato; poi, rivestite degli abiti sacerdotali, nella Chiesa di San Francesco di Sales; nella stessa Chiesa fu celebrato il solenne funerale, cui assistettero con somma devozione più di centomila cittadini, i Vescovi del Piemonte, canonici, parroci venuti anche da lontani paesi, e una gran moltitudine di seminaristi, accorsi alle esequie anche da diocesi Francesi e della Svizzera.
Il Servo di Dio fu composto in pace nel Seminario delle Missioni a Valsalice, e alla sua tomba è ancor oggi continuo l’afflusso dei pellegrini, attratti dai doni soprannaturali, di cui Dio aveva arricchito in vita il suo Servo, e dalla fama di santità che lo aveva circondato.
Questa fama della santità di Giovanni Bosco non solamente non diminuì mai, ma rifulse di giorno in giorno sempre più vivida, tanto che presso la Sacra Congregazione dei Riti incominciò a trattarsi la causa di beatificazione del Servo di Dio, e il Nostro Predecessore Pio X di felice memoria firmò col Decreto pubblicato il 24 luglio 1907 la Commissione d’Introduzione della Causa. Raccolte quindi giuridicamente ed esaminate secondo il rito le prove delle virtù eroiche dello stesso Servo di Dio, Noi, con solenne decreto promulgato il 20 febbraio 1927, definimmo l’eroicità delle virtù del Venerabile Servo di Dio Giovanni Bosco.
Iniziatasi poi la discussione sui miracoli che si dicevano operati da Dio per intercessione dello stesso suo Servo; vagliata con severissima cura ogni cosa, essendo stati giudicati veri e palesi due dei molti prodigi attribuiti all’intercessione del Servo di Dio dopo la sua morte, Noi, con altro decreto pubblicato il 19 marzo del corrente anno 1929, dichiarammo con la suprema Nostra Autorità constare la loro verità.
Essendosi dunque pronunciata la sentenza sul grado eroico delle virtù e sui miracoli, una sola cosa rimaneva da discutersi, se cioè il Venerabile Servo di Dio potesse essere sicuramente annoverato fra i Beati. Tale dubbio fu proposto dal diletto figlio Nostro Alessandro Verde, Cardinale di Santa Romana Chiesa, Relatore della Causa nella Congregazione Generale tenuta alla Nostra presenza il 9 aprile del corrente anno, e quanti v’intervennero, sia Cardinali sia Consultori dei Sacri Riti, diedero ad unanimità risposta affermativa. Tuttavia Noi, trattandosi di cosa di tanta importanza, differimmo il Nostro giudizio finché non avessimo domandato a Dio con vive preghiere l’ausilio dei celesti lumi. Ed avendo ciò fatto con grande fervore, alla fine della terza domenica dopo Pasqua, dopo aver offerto il divin sacrificio, presenti i diletti Figli Nostri Camillo Cardinal Laurenti, Prefetto della Sacra Congregazione dei Riti, e il Cardinale Alessandro Verde, Ponente della Causa, nonché i diletti Figli Angelo Mariani, Segretario della Congregazione dei Riti, e Carlo Salotti, Promotore della Fede, sentenziammo con la Nostra Autorità potersi procedere con sicurezza alla solenne Beatificazione del Venerabile Servo di Dio Giovanni Bosco.
Stando così le cose, accogliendo i voti di tutta la Società dei Preti di San Francesco di Sales, nonché delle Suore della Congregazione della Beata Maria Ausiliatrice e di tutti i Cooperatori ed alunni Salesiani, con la Nostra Apostolica Autorità, a tenore della presente lettera, diamo facoltà che il Venerabile Servo di Dio Giovanni Bosco, prete secolare di Torino, sia chiamato d’ora in poi col titolo di Beato; che il suo corpo e le sue reliquie, da non trasportarsi tuttavia nelle solenni processioni, siano esposti alla pubblica venerazione dei fedeli; che le sue immagini siano ornate di raggi. Inoltre, con la medesima Nostra Apostolica Autorità concediamo che si reciti di lui l’Ufficio e si celebri la Messa ogni anno de Communi Confessorum non Pontificum, con orazioni proprie da Noi approvate, secondo le Rubriche del Messale e del Breviario Romano. Ma concediamo che la recita di quest’Ufficio e la celebrazione della Messa siano fatte soltanto nell’archidiocesi di Torino, ove il Servo di Dio nacque e dove morì, nonché nei templi e cappelle posti in ogni parte della terra, dei quali si servono la Società dei Preti di San Francesco di Sales, e la Congregazione delle Suore o Figlie della Beata Maria Ausiliatrice; da tutti i fedeli che hanno l’obbligo di recitare le ore canoniche e, per quanto riguarda la Messa, da tutti i Sacerdoti, sia secolari che regolari, i quali convengono nelle chiese in cui si celebra la festa del Beato.
Da ultimo diamo facoltà di celebrare la solennità della beatificazione del Venerabile Servo di Dio Giovanni Bosco nelle suddette chiese, nei giorni da destinarsi dalla legittima Autorità, entro un anno, servatis servandis, dalla celebrazione della solennità nella Patriarcale Basilica Vaticana. Ciò, nonostante le Costituzioni e Ordinanze Apostoliche e i Decreti sul non cultu e qualsiasi altra disposizione.
Vogliamo poi che alle copie di questa Lettera, anche stampate, purché firmate di propria mano dal Segretario della predetta Sacra Congregazione dei Riti, e munite del sigillo del Prefetto, sia prestata anche nelle discussioni giudiziarie la stessa fede che si presterebbe alla Nostra volontà espressa con l’esibizione di questa Lettera.
Dato a Roma, presso San Pietro, sotto l’anello del Pescatore, il 2 giugno 1929, anno ottavo del Nostro Pontificato.
PIUS PP. XI