Cornelio Fabro, Essere e esistenza (original) (raw)
Essere e esistenza
Actas del Primer Congreso Nacional de Filosofía (Mendoza 1949), Universidad Nacional de Cuyo, Buenos Aires 1950, tomo II, págs. 723-728.
(Sesiones particulares: I. Metafísica.)
Il problema dell'essere, fin quando l'uomo ha un pensiero e un linguaggio, non può essere eliminato o comunque supéralo. Il pensiero, proprio perchè è atto, è attualitè di presenza, è farsi presente e far presente qualcosa: é perciè come una "ripetizione" assoluta dell'essere, così come il linguaggio è la ripetizione dell'essere nel tempo e nello spazio della umana convivenza. Reale o possibile, all'essere fa capo il contenuto di ogni pensiero, la sua forma e il suo stesso atto come pensiero. La "risoluzione" (Auflösung) idealista dell'essere nel pensiero –per via della mediazione del non-essere– non potè affatto eliminare l'essere (ciè che ammise anche Hegel), ma lo subordinè al pensiero nel quale in qualche modo veniva "conservato" (bewährt): ma l'idealismo non riuscì mai a spiegare il modo di questa conservazione ritenuta (si badi bene) indispensabile, se non in termini empirici, cioè come il passato, il molteplice, il male, &c. L'ambiguità è rimasta alla radice dell'Idealismo (che del resto l'ha affrettamente presa da tante filosofie tradizionali formaliste, e Hegel da quella Wolffiana) ed ha potuto arrivare all'atto come puro pensiero e al pensiero come puro atto, così che il pensiero "risulta" l'inizio e il termine, l'oggetto e la forma della verità, invece che dell'essere. Situazione, se non inevitabile, abbastanza comprensibile quando si guarda al concetto di ente come ad un concetto perfettamente astratto (così fa Hegel), come al concetto più semplice, a quello ch'è comune a tutti gli esseri ma che non penetra nella loro attualità nè tocca la loro concretezza, mentre ciascuno poi si distingue per proprie note dagli altri.
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