Galvano della Volpe, Sulla genesi aristotelica della «contraddizione» (original) (raw)
Sulla genesi aristotelica della «contraddizione»
Actas del Primer Congreso Nacional de Filosofía (Mendoza 1949), Universidad Nacional de Cuyo, Buenos Aires 1950, tomo III, págs. 1938-1943.
(Sesiones: XII. Historia de la filosofía.)
La difesa aristotélica del principio di (non-) contraddizione, fatta nell helegjos del capitolo quarto del libro quarto della Metafísica, serba ancor oggi, nel suo significato originale (andato poi perduto nella tradizione peripatético-scolastíca e leibniziana), un interesse filosófico notevolissimo: in specie se si collegano con essa le trattazioni compleraentari più significative dell'Organon e della Fisica, oltre che degli altri libri della stessa Metafísica. La prima cosa da fissare, che si ricava appunto da Met. 1006 a-1007b, è che il principio dell'impossibilità di predicare insieme concetti contraddittorî ha la sua miglior conferma da una confutazione o helegjos, degli avversari erístici e eraclitizzanti che «negano la realtà di ogni _sostanza_», in quanto tale confutazione mostri che «non tutto potrà essere affermato come accidente o predicato», ma che «deve esserci anche qualcosa che si riguardi come sostanza»: cioè come innanzi tutto «sostanza prima» ossia singolo concreto o specie individuata. «L'accidente infatti —dice 1007b 5ss.— non puó esser accidente di un accidente, salvo in quanto entrambi sono accidenti di uno stesso soggetto»: per es.: il bianco è musico, e il musico è bianco, in quanto entrambi sono accidenti di uomo (=sostanza seconda).
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