CBVIII (original) (raw)

I L VIAGGIO DI NOZZE DI ELIZABETH BARRETT E ROBERT BROWNING
MARK ROBERTS I DUE CIMITERI EVANGELICI A FIRENZEGRAZIA GOBBI SICA

I due cimiteri evangelici, quello di Porta a Pinti, detto degli Inglesi, e quello sorto successivamente alla chiusura del primo sulla via Senese, Agli Allori, sono la tangibile testimonianza della fortuna che ebbe Firenze nell’Ottocento diventando una meta del soggiorno, a volte permanente, di molti foreigners, in gran parte Anglo-Americani. Fra i tanti che espressero il loro amore per la città ne citiamo due:

scrive Nathaniel Hawthorne nelle sue note di diario[1]

My beautiful Florence! The flowers of cities, the most highly cultivated of communities, the very rose of civilization

e Elizabeth Barrett Browning in una lettera a Thomas Westwood dell’11 settembre 1847

what Florence is the tongue of man or poet may easily fail to describe. The most beautiful of cities, with the golden Arno shot through the breast of her, like an arrow .. and “non dolet”[2]

Molti stranieri, attratti dal mito di Firenze, cercando di sfuggire all’atmosfera materialistica dei loro paesi in via di industrializzazione, scelsero Firenze come il luogo dove vivere le loro esistenze, creare le loro opere, coltivare i loro sogni. Firenze divenne l’emblema di quella civiltà che catturava l’attenzione di artisti e letterati, studiosi d’arte e collezionisti. Molti di essi decisero di restare qui anche dopo la morte a conferma del loro legame con la città. Le loro tombe e i due cimiteri nelle quali sono collocate rappresentano i forti legami che uniscono la comunità di espatriati a Firenze.

Il cimitero sorto nel 1827 su progetto dell’architetto Carlo Reishammer su un terrapieno fuori Porta a Pinti, realizzato su richiesta presentata al granduca dalla numerosa comunità svizzera residente a Firenze, ebbe una vita breve. Meno di cinquanta anni dopo, il terrapieno, appoggiato alle antiche mura che da settecento anni racchiudevano la città, divenne un’isola circondata dai viali di circonvallazione, realizzati su progetto di Giuseppe Poggi per il piano di ampliamento di Firenze capitale del regno d’Italia. La demolizione delle mura arnolfiane fu alquanto discussa e deplorata da vari membri della comunità straniera. Fra questi il celebre poeta Robert Browning, lasciata Firenze dopo la morte della moglie Elizabeth, scrisse all’amica Isa Blagden[3]

Yes, Florence will never be my Florence again […] Oh those walls & the way back & the gate& the long street& the corner house bent sharp like a card […] Are they going to pull the old walls down, or any part of them, I wait to know? Why can’t they keep the old city as a nucleous and build round and round it, as many rings of houses as they please – framing the picture as deeply as they please? […] If I am at liberty to flee away one day it will not to be to Florence, I dare say […] I shall not live again at Florence. I think – the changes seem too violent here – you get used to them little by little, but if I went and found walls levelled, squares where lanes used to be, and so fort, I could not bear it […] Poor dear Florence, I shall very probably never see again…

Costretto alla chiusura, per l’impossibilità di espandersi, il cimitero che ospitava le spoglie dei numerosissimi stranieri morti a Firenze, ebbe la sua prosecuzione nel cimitero agli Allori realizzato nel 1878 sul declivio di una collina lungo la via Senese, su progetto dell’architetto Giuseppe Boccini.[4]

Possiamo considerare i due cimiteri come musei open air, documenti della cultura figurativa del periodo con i loro monumenti e le simbologie presenti, ma anche documenti di vita delle numerose persone vissute a Firenze e qui sepolte, delle loro identità, delle loro storie. Ed ecco che i due cimiteri insieme ci offrono la testimonianza dei legami famigliari esistenti anche se in qualche modo interrotti con la chiusura del cimitero di Porta Pinti .

Così Julia Bolton Holloway segnala, la chiusura del primo e l’apertura del secondo «further cruelly divorced the bodies of husbands from wives, mother from sons, father from daughters….».

Innumerevoli i casi che si potrebbero considerare esaminando la situazione di questi expats: la chiusura del cimitero a’ Pinti segnava una doppia, o forse tripla separazione per coloro che erano lontani dalla madre patria, dai propri famigliari morti e infine dal luogo dove i loro cari erano sepolti.

Ma vogliamo qui considerare il caso abbastanza singolare di una famiglia celebre, quella dei poeti Elizabeth Barrett e Robert Browning, divisa non dalle vicende dei cimiteri ma dagli eventi delle proprie esistenze e infine in qualche modo riunita, sia pure non interamente, nella città che avevano amato.

Al cimitero di Porta Pinti un monumento a sarcofago sostenuto da sei pilastri si innalza nel viale centrale. E’ la tomba di Elizabeth Barrett che reca scolpito sul fronte un medaglione al centro con il profilo idealizzato della poetessa, i simboli della sua arte e le lettere E B B. Era stato progettato dal famoso pittore Frederick Lord Leighton che aveva incontrato molte difficoltà prima della realizzazione nel 1865. Il 15 luglio 1862 egli scrisse a Robert Browning[5]

The one thing of paramount importance is the foundation which must be of this nature- the part below the soil should be a hollow square of brick work having the shape of the pedestal of the monument; it would look thus in the plan (follows a rough sketch); the inside would be hollow – the thickness of the walls of this structure should be if of brick about a foot – more or less- if of loose stone or marble about 16 inches

Robert gli rispose

I can only repeat, with entire truth, that you will satisfy me wholly. I don’t think, however, you can make me more than I am now

Nello stesso tempo scrisse all’amica Isa Blagden dichiarando la sua intenzione di venire a Firenze una volta che il monumento fosse eretto, cosa che in realtà non accadde mai più, anche se nella corrispondenza con l’amica sono numerosissimi i riferimenti al monumento e alle fasi della sua realizzazione.[6]

Fin troppo nota la vicenda di Elizabeth per tracciare qui qualcosa più di una sintetica memoria. Viveva a Londra in una condizione di semi-segregazione, dovuta alla salute malferma e all’oppressione paterna, nella casa di famiglia in Wimpole Street. La pubblicazione dei suoi Poems nel 1844 suscitò l’attenzione del poeta Robert Browning che le scrisse una lettera, seguita da molte altre nei mesi successivi fino al loro fidanzamento, al matrimonio clandestino e alla fuga in Italia. Qui Elizabeth, rinata a nuova vita, grazie alla libertà, all’amore di Robert, al clima,

Vi immaginate che cosa provo, trasportata dalla mia tetra camera alla visione della natura? E’ un tal mutamento, una così strana libertà e felicità[7]

diede alla luce un figlio nel 1849 nonostante l’età non più verde e dopo vari tentativi malriusciti.

La dimora in cui visse col marito e il figlioletto, Casa Guidi in via Maggio, divenne, nonostante la vita ritirata condotta da Elizabeth, un centro cui facevano riferimento gli scrittori e gli intellettuali in visita a Firenze.

Il suo coinvolgimento con le vicende risorgimentali trova un corrispettivo nella vicenda personale. Il Risorgimento italiano è stato visto come un’allegoria della sua vita e del suo sforzo letterario: è il suo personale risorgimento come donna e come poeta che si specchia in quello del paese che la ospita. Casa Guidi Windows (1851) e Poems before Congress (1860) sono le opere poetiche che più manifestamente esprimono la sua passione per la libertà dell’Italia.

Pen o Penini, l’adorato figlioletto dai lunghi riccioli biondi, "so fat and rosy and strong that almost I am sceptical of his being my child", la cui nascita l’aveva deliziata e sopresa, vestito con pizzi e velluti, rimase ben presto privato della madre, morta nella notte del 29 giugno 1861. «La morte di Cavour l’aveva tremendamente colpita e fatto versare lacrime amarissime. Questa agitazione l’aveva indubbiamente indebolita e forse è stata la causa della sua fine».[8]

Orfano a 12 anni, il piccolo Pen seguì il padre dapprima in Francia, poi a Londra. Il suo iter scolastico fu assai deludente e non riuscì a essere ammesso a Oxford come il padre aveva sperato. Nonostante l’educazione ricevuta in campo artistico, Pen pareva privo di ambizioni e obiettivi, finchè John Everett Millais, il pittore preraffaellita, suggerì di coltivare un certo talento per la pittura e la scultura. Studiò quindi con Auguste Rodin a Parigi, e Jean-Arnould Heyermans ad Anversa. Tuttavia non entrò mai a far parte dell’establishment artistico inglese, benchè godesse di una certa fama. I suoi soggetti favoriti come scultore e come pittore erano i nudi femminili ritratti assai realisticamente e questo sicuramente offendeva il gusto della pudibonda società vittoriana.

Nell’ottobre 1887 Pen sposò una ereditiera americana, Fannie Coddington figlia di un ricco mercante. Non ebbero figli, ma il matrimonio gli consentì per un certo periodo una vita assai agiata e, riscoperto il suo amore per l’Italia, decise di stabilirsi a Venezia dove acquistò palazzo Rezzonico sul Canal Grande, occupandosi attivamente del suo restauro. In questi anni limitò la sua carriera artistica, a causa di problemi alla vista, tuttavia a questo periodo risalgono gli eccellenti ritratti del padre ormai vecchio, morto nel 1889 durante una visita a Venezia. Venduto il palazzo veneziano a causa di problemi intercorsi con la moglie, Pen si occupò con affettuosa sollecitudine della zia Sarianna che l’aveva allevato dopo la morte della madre e dei vecchi domestici che l’avevano visto bambino. Insieme a loro visse a Venezia, poi ad Asolo e a Firenze. Investì alcuni capitali in una produzione di pizzi ad Asolo per favorire l’occupazione femminile nel paese. Qui morì nel 1912. I suoi beni, inclusa Casa Guidi e tutti i possessi dei Browning furono venduti all’asta da Sotheby a Londra nel 1913. La moglie, che si era disfatta di tutti i cimeli appartenuti ai genitori del marito, per capriccio più che per necessità, fece trasferire le sue spoglie, inumate ad Asolo, al cimitero Agli Allori a Firenze, forse animata da un superstite senso di affetto, facendolo ricongiungere idealmente alla madre sepolta al cimitero degli Inglesi a piazza Donatello e alla città dove era nato.

Una semplice lastra tombale rettangolare su zoccolo in granito e marmo bardiglio con una croce latina trilobata incisa nella parte superiore, posta nel quadrato E fila V numero 19, è la tomba di Pen. Sulla faccia della lastra è incisa l’iscrizione:

ROBERT WIEDEMANN BARRETT BROWNING/
BORN AT FLORENCE MARCH 9 1849/
ENTERED INTO LIFE ETERNAL/
ASOLO JULY 9 1912

Poco lontano dalla tomba di Pen è quella della zia Sarianna: una esistenza oscura, illuminata solo di riflesso dalla gloria del fratello Robert e della cognata, Elizabeth Barrett, quella di Sarianna Browning. Unica sorella del poeta, Sara Anna, o Sarianna, era nata due anni dopo di lui, nel 1814; aveva trascorso una serena giovinezza nella casa paterna a Londra, dove era rimasta a vivere coi genitori senza sposarsi. La madre era morta nel 1849 e Sarianna aveva seguito il padre Robert Sr. quando, andato in pensione dalla Bank of England nel 1851, aveva lasciato l’ Inghilterra stabilendosi a Parigi, in un appartamento al 151 di rue de Grenelle. Alla morte della cognata Elizabeth, nel 1861, suo fratello Robert con il figlio Pen appena dodicenne, erano divenuti oggetto delle sue cure. Lasciata Firenze, accompagnati dalla fedele amica Isa Blagden, padre e figlio si erano dapprima rifugiati a Parigi a casa del vecchio Robert per recarsi in seguito in Inghilterra. Dopo la morte del padre nel 1866, Sarianna si era trasferita in Inghilterra presso il fratello e il nipote seguendo l’uno nel suo percorso di gloria, l’altro nelle sconfitte di una esistenza minata dalla celebrità dei genitori. Aveva accompagnato Robert e Pen durante i loro viaggi in Europa. Nell’88 un viaggio a Venezia aveva condotto Robert e Sarianna a soggiornare presso il figlio e nipote. Il soggiorno veneziano era durato tre mesi, poi i due non più giovani fratelli, Robert al colmo della gloria di poeta, Sarianna, nell’ombra in cui era sempre vissuta, si erano recati dapprima ad Asolo, poi di nuovo a Venezia. Robert, muore qui dopo una breve malattia mentre sta progettando il ritorno in Inghilterra. Sarianna, ormai sessantacinquenne, segue il nipote Pen. Nel 1903 muore ed è sepolta Agli Allori dove, non lontano, verrà sepolto anche l’amato nipote, Robert Wiedemann Barrett Browning.

Nel quadrato E fila II numero 13 entro un recinto a terra poggiante su zoccolo a sezione rettangolare è la stele rastremata e completamente liscia, sormontata da un coronamento a crociera con timpani cuspidati e acroteri lisci. In basso la stele è ornata da una cornice continua di ovuli e dardi, rifinita agli angoli da foglie d’acanto. Anche l’iscrizione è semplicissima:

SARIANNA BROWNING/
7 JANUARY 1814/
22 APRIL 1903

Al gruppo famigliare manca a Firenze Robert che fu sepolto a Londra al Poets’ Corner in Westminster Abbey accanto ad Alfred Tennyson.

NOTE

[1] N. Hawthorne, Notes on England and Italy, New York ,1875, p. 372.

[2] The Brownings’ Correspondence, 14, 297–299. www.browningscorrespondence.com

[3] Dearest Isa: Robert Browning’s Letters to Isabella Blagden, ed. E.C. McAleer, Austin, University of Texas Press, 1951, pp. 116, 204,232.

[4] G. Gobbi Sica, In Loving Memory Il cimitero agli Allori di Firenze, Firenze, Leo S. Olschki, 2016.

[5] Mrs Russell Barrington, The life, Letters and Work of Frederick Leigton, London 1906, II p.65.

[6] Julia Bolton Holloway, http://www.florin.ms/ebbtomb.html

[7] E.Barrett Brownings, Letters, edited by F.G. Kenyon, London 1897, vol. I p. 323.

[8] H. James, William Wetmore Story and his friends, London 1903, vol. II p. 64