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Papers by Gianpiero Ariola

Research paper thumbnail of Attrazioni geomagnetiche dello sguardo e sacrileghe spoglie Il Generale dell'armata morta letto da Dhimitër Anagnosti

"Attrazioni geomagnetiche dello sguardo e sacrileghe spoglie. Il Generale dell’a... more "Attrazioni geomagnetiche dello sguardo e sacrileghe spoglie. Il Generale dell’armata morta letto da Dhimiter Anagnosti" in "Kadare europeo e la cultura albanese oggi", a cura di Giuseppina Turano, Roma, Bulzoni, 2011 (Contesti adriatici, 3), pp. 141-50. [ISBN 978-88-7870-572-2]

Research paper thumbnail of Attrazioni geomagnetiche dello sguardo e sacrileghe spoglie Il Generale dell'armata morta letto da Dhimitër Anagnosti

Attrazioni geomagnetiche dello sguardo e sacrileghe spoglie Il Generale dell'armata morta letto da Dhimitër Anagnosti, 2011

"Attrazioni geomagnetiche dello sguardo e sacrileghe spoglie. Il Generale dell’a... more "Attrazioni geomagnetiche dello sguardo e sacrileghe spoglie. Il Generale dell’armata morta letto da Dhimiter Anagnosti" in "Kadare europeo e la cultura albanese oggi", a cura di Giuseppina Turano, Roma, Bulzoni, 2011 (Contesti adriatici, 3), pp. 141-50. [ISBN 978-88-7870-572-2]

Research paper thumbnail of Spider tra romanzo e film: Interferenze della memoria e l'abisso sottocutaneo

Research paper thumbnail of Spider tra romanzo e film: Interferenze della memoria e l'abisso sottocutaneo

Research paper thumbnail of J. Edgar – il corpo quale impotenza nell’affetto e nell’immagine

anno 5, numero 12 - maggio 2013

J. Edgar -il corpo quale impotenza nell'affetto e nell'immagine L'operazione estetica è tanto mis... more J. Edgar -il corpo quale impotenza nell'affetto e nell'immagine L'operazione estetica è tanto misteriosa quanto l'Eucarestia: la transustanziazione di una materia in spirito. Régis Debray

Research paper thumbnail of Godfrey Reggio e le alterazioni cronotopiche della metropoli: quando il corpo perde interferenza col quadro.

anno 4, numero 9 - maggio 2012

Godfrey Reggio e le alterazioni cronotopiche della metropoli: quando il corpo perde interferenza ... more Godfrey Reggio e le alterazioni cronotopiche della metropoli: quando il corpo perde interferenza col quadro.

Research paper thumbnail of L'eccedenza farsesca della morte nella vita. Kadare nella visione grottesca di Luciano Tovoli.

"L'eccedenza farsesca della morte nella vita. Kadare nella visione grottesca di Luciano Tovoli" i... more "L'eccedenza farsesca della morte nella vita. Kadare nella visione grottesca di Luciano Tovoli" in "Leggere Kadare. Critica – Ricezione – Bibliografia", a cura di Alessandro Scarsella, Milano, Biblion edizioni, 2008, pp. 130-7.

Research paper thumbnail of Lezione ventuno: la libertà scenica della musica tra verbocentrismo e funambolismo ricorsivo.

n. 53/4 - 2010

Il debutto alla regia cinematografica di Alessandro Baricco è la diretta filiazione della sua ecl... more Il debutto alla regia cinematografica di Alessandro Baricco è la diretta filiazione della sua ecletticità professionale. E non sorprende affatto riscontrare in Lezione Ventuno una freneticità intertestuale e ipermediale che ne fanno un hub di collegamento, in pieno rispetto della sua poetica e del suo stile. Nel dispiegarsi, infatti, la pellicola non fa che annidare spunti e rimandi a temi già affrontati, concetti già sviscerati e atteggiamenti più volte dimostrati nella sua vasta produzione letteraria, giornalistica, musicologica, di divulgazione televisiva. 1 Baricco pare inoculare nell'istanza diegetica tutti i dettami dell'autoriflessione che, se vorrebbe agire con funzione apotropaica riguardo al giudizio critico, 2 rischiando di inciampare nell'autocompiacimento, risulta il contributo più genuino per traghettare definitivamente la sua poetica post-moderna nel cantiere cinematografico (cominciata con la trasposizione di due suoi testi: La leggenda del pianista sull'oceano di Giuseppe Tornatore, tratto da Novecento e Seta di François Girard, a cui partecipa anche firmando la sceneggiatura). Con Lezione Ventuno lo scrittore torinese approda alla regia, potendo finalmente esercitare quell'assoluto controllo della narrazione, indispensabile per la sua poetica. Vari generi sembrano intrecciarsi in questo caleidoscopio diegetico, in cui la sua mano di demiurgo "affabulante" rimescola le strategie di vari modelli: dal dramma, al film d'avventura, fino a lambire le strutture del poliziesco e del giallo. Quindi, ricollocando le sorgenti delle traiettorie emotive il neocineasta sembra quasi voler dosare anche l'interesse del pubblico e la quantità del suo coinvolgimento 3 , che non deve mai andare a scapito della comprensione, adattando al cinema la forma dello spettacolo-lezione, già inaugurato e sperimentato in tv (Pickwick, L'amore è un dardo e Totem). Questa strategia narrativa mostra una chiara attrazione per il metodo investigativo, al fine di rendere il discorso accattivante, pertanto la tensione diegetica conduce ad una raccolta di prove su ciò che effettivamente era successo quel 7 maggio 1824, data della prima esecuzione della nona sinfonia. Tuttavia i colpi di scena, le sfide per dirimere la realtà dalle false testimonianze non concedono l'abbandono alla palpitante "sospensione" 4 . La forma dell'indagine è soltanto un pretesto narrativo per la manipolazione dell'emozione che comunque resta per Baricco l'obiettivo indispensabile per ogni opera letteraria (e in generale per ogni opera d'arte), soprattutto all'atto della sua presentazione al lettore. Evitando quindi ogni vera aderenza ad un registro realistico egli costruisce la sua narrazione in modo da enfatizzare alcune parti e creare quegli sbalzi di interesse nello spettatore tipici di un'indagine soft, di una misteriosità priva di tensione, di un fascino privo di dramma. 5 1 Non si può che concordare con Scarsella in merito alla necessità di interpretare correttamente un profilo artistico di Baricco soltanto rammentando la sua dinamicità professionale, che spazia dalla stampa quotidiana alla televisione, dalla radio al teatro, dall'editoria al cinema. Cfr. ALESSANDRO SCARSELLA, Alessandro Baricco, Fiesole (FI), Cadmo, 2003, p. 9.

Research paper thumbnail of Lo zio Boonmee: tra permeabilità corporee e viscosità visive

Lo zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti (Loong Boonmee Raleuk Chaat, 2010) sembra nascer... more Lo zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti (Loong Boonmee Raleuk Chaat, 2010) sembra nascere da una costola di Tropical Malady (Sud Pralad, 2004), in cui il giovane Tong nominava esplicitamente suo zio che riesce a rammentare le proprie vite passate. È solo uno degli esempi di quel processo che il regista stesso definisce «reincarnazione cinematografica» 1 e che ammetteva il travaso di un frammento dei dialoghi di Tropical Malady in Syndromes and a Century (Sang Sattawat, 2006). Il tema della metempsicosi acquista allora una trasversalità semantica nelle opere di Apichatpong Weerasethakul, che sottolinea una necessità non solo di mettere in scena l'immaginario religioso della Thailandia buddista, ma che ha soprattutto esigenza di attivare un sistema di codificazione flessibile e intertestuale, fatta di contaminazioni di stili e generi 2 . Solo partendo da tale presupposto i film del regista asiatico possono dischiudere i propri segreti e solo ripercorrendo le commistioni di storia, politica 3 e antropologia, asserragliate nello stesso universo creativo così come nel medesimo recinto geografico 4 , si riesce a intravede quella complessità che valica le frontiere della pellicola, travasandosi (ancora) in una istallazione 5 .

Research paper thumbnail of Attrazioni geomagnetiche dello sguardo e sacrileghe spoglie. Il Generale dell’armata morta letto da Dhimiter Anagnosti.

in "Kadare europeo e la cultura albanese oggi", a cura di Giuseppina Turano (Contesti adriatici, 3), pp. 141-50.

Attrazioni geomagnetiche dello sguardo e sacrileghe spoglie.

Research paper thumbnail of Corpi elastici come il soffio. Kim Ki-duk e l’acuta intersezione tra Eros e Thanatos

anno 5, numero 11 - gennaio 2013

Il cinema di Kim Ki-duk è popolato da esseri inadeguati alla socializzazione, mossi dalla spasmod... more Il cinema di Kim Ki-duk è popolato da esseri inadeguati alla socializzazione, mossi dalla spasmodica ricerca di una comunicazione fatta di qualcosa che prescinda dalla parola. L'immagine, quella che estroflette il sé, può talvolta assolvere al compito, cercando rifrazione in foto, sculture e ritagli ma spesso produce meri simulacri di un'assenza (come quelle donate al condannato a morte in Soffio, o rubate nelle casa vuote di Ferro 3 o ancora quelle che riflettono frammenti di volti nello specchio infranto di Bad guy), col rischio di far collassare il riconoscimento, come dimostrano i naufragi soggettivi di Time. Il solo mezzo per esprimersi resta allora il corpo. L'unica via d'uscita per questi reietti, che non concepiscono l'abbandono a stati di normalità e di consuetudine, è affidarsi alle proprie membra e fecondare la propria esistenza di flussi emotivi apicali e incandescenti. Ma consumando le proprie passioni in zone di vertiginosa pienezza si incorre nel rischio di inquinare la (pro)pulsione affettiva di scorie funeree. La morte incombe, dunque, eppure questa è possibile solo quando la volontà cede, come afferma Yeon in Soffio, e la linea di demarcazione della vita è impostata su modalità incerte, imprevedibili e dischiude un terreno sterminato ove modulare azioni, che spesso sfuggono dalla morsa della (auto)distruzione solo per affrancarsi da insolite e angoscianti apatie inerziali.

Research paper thumbnail of Non è un paese per vecchi: la percezione pneumatica di un moderno Anticristo

in "Anticristo. Letteratura cinema storia teologia filosofia psicoanalisi", a cura di Alessandro Cinquegrani.

in "Anticristo. Letteratura cinema storia teologia filosofia psicoanalisi", a cura di Alessandro ... more in "Anticristo. Letteratura cinema storia teologia filosofia psicoanalisi", a cura di Alessandro Cinquegrani, Padova, Il Poligrafo, 2012.

Research paper thumbnail of Interferenze della memoria e l'abisso sottocutaneo. Spider tra romanzo e film

Research paper thumbnail of DEAD MAN: TRA SPAZI ETEROTOPICI E PERCEZIONI ELETTRICHE

«Carte di Cinema», n. 29, II quadrimestre 2010; «Rapporto Confidenziale», n. 31, marzo 2011 , Mar 31, 2011

pubblicato su «Carte di Cinema», n. 29, II quadrimestre 2010 e su «Rapporto Confidenziale», n. 31... more pubblicato su «Carte di Cinema», n. 29, II quadrimestre 2010 e su «Rapporto Confidenziale», n. 31, marzo 2011 (consultabile all'indirizzo web: http://www.rapportoconfidenziale.org/?p=12255)-Nella filmografia di Jim Jarmusch Dead man contribuisce di certo a verificare con particolare incisività la postmodernità di uno stile, radicato sulla frammentarietà della narrazione e sulla collocazione dei personaggi in posizioni di decentramento e dislocazione 1 . Onde attuare un'abbottonatura e un dispiegamento su luoghi estranei, accolti senza una particolare ragione, il film produce un andamento ellittico fatto di sospensioni, inabissamenti e riemersioni (i cui sipari netti sono iterate dissolvenze al nero), attestandosi su una traiettoria onirico-allucinatoria, che declina l'intera storia come i brandelli di una memoria o di un'esperienza onirica dispiegata in soggettiva 2 . La condizione necessaria affinché l'azione si compia transita per una singolare configurazione eterotopica 3 , che dispone trasversalmente alle traiettorie di viaggio del protagonista temi e sostanze che ne descrivono la deriva, mentre spingono lungo una scomposizione dei piani diegetici e calcano verso lo spalancarsi di zone lacunose che ne modulano la sparizione. È proprio in virtù di uno spazio configurazionale, organizzato culturalmente come luogo aperto su un altrove, connesso dunque a scenari spiazzanti, intrisi di grumi di un'umanità caricaturale (si pensi al crescente effetto straniante delle lande attraversate dallo sfortunato contabile: dal treno, alla città di Machine, dal bosco, al fiume), che può sviscerarsi e dipanarsi la traslucida impressione di un abisso semioccultato, operante sulla scorta di un movimento ondulatorio, più che sospeso collassato nelle sue dimensioni temporali. In tale caotico moto diegetico, indugiante su azioni inconcluse e in fase di stallo 4 e latore di un'incessante oscillazione, che fa esplodere folgoranti rivelazioni, la morte rimane l'attrazione principale, in quel suo (dis)apparire ostinatamente fantasmatico. Jarmusch pare lavorare per giustapposizioni di quadri, affidati ad una continuità sdilinquita del movimento, che genera la produzione di un potente differenziale fenomenico tra disposizione corporea e prospettiva ambientale. Il regista di Akron preferisce misurare e consumare la tensione ritmica del racconto sfruttando geometrie interne all'inquadratura, le quali mutando l'umano in energia cinetica inerziale evocano un senso di inutilità, di vuoto, che da un lato esaspera la carica tragicomica, mostrando un'ansiosa richiesta -con prospettiva aerea-di un incontro/scontro inceppato e inconcludente (si veda la scena, con un'oggettiva a piombo, in cui William tenta con difficoltà di uscire dalla fabbrica; tanto rassomigliante alle micro-azioni che si compiono sui tavoli/scacchiere di Coffee and cigarettes, 2003), dall'altro si affaccia su luoghi esotici, che possedendo in sé una propria percorribilità straniante, si offrono quali continui controcampi (da tradurre anche come campi-avversi) ai piani ravvicinati del protagonista (il culmine/frantumazione di tale contrapposizione è raggiunto con l'attraversamento del villaggio indiano, in cui le immagini di Blake cominciano a sfocarsi e a sdoppiarsi mentre i suoi sguardi assumono prospettive sbilenche).

Research paper thumbnail of VENERE NERA E TOURNÉE: COMPRESSIONE ED ESPANSIONE DELL’INGAGGIO SOMATICO

marzo 2012.

Venere nera e Tournée: compressione ed espansione dell'ingaggio somatico TYSM LITERARY REVIEW -1 ... more Venere nera e Tournée: compressione ed espansione dell'ingaggio somatico TYSM LITERARY REVIEW -1 marzo 2012 Il confronto tra le due opere come Venere Nera (Venus noire, 2010) di Abdellatif Kechiche e Tournée (id., 2010) di Mathieu Amalric restituisce il valore di quell'escursione esperienziale che il cinema può dare del corpo e che rende attuabile attraverso il corpo (dello spettatore), formulando ipotesi sui margini di una fruizione o meglio designando i limiti sostenibili dell'atto scopico. Entrambe le messe in scena tracciano dunque due ritmi diegetici, due andamenti discorsivi che, sulla scia di una codifica somatica 1 , marcano opposte portate enunciative della mostrazione corporea, ne rilevano gli impatti responsivo-emotivi, onde verificare le tenute percettive all'interno delle rispettive dimensioni di consumo spettacolare. Un'accurata ispezione delle due pellicole conduce all'individuazione di una divergenza emblematica nel trattamento dello statuto corporeo che consente di esaminarne condizioni estreme dell'esplorazione filmica, verificando, su un versante, una prensione che per quanto abietta sostenga la fatica di un vincolo e sull'altro l'ebbrezza di una carezza che non allenti troppo il contatto. Scrutando e forzando le pareti dermiche di un'aberranza rappresentativa, la pellicola del regista tunisino assottiglia la distanza focale con un radicalismo tanto deprecabile quanto efficace, l'altra, all'opposto, sonda la viva persistenza di uno show protesizzato, le cui figure pur nella loro nitidezza appena abbozzata non eludono l'ingaggio estesico/estetico. Se Venus noire si aggrappa dunque allo sviluppo di una narrazione ben scandita e stringente è per sedimentare nell'esperienza filmica gli insidiosi carcami di un'ostinazione visuale smisurata quale testimonianza dell'apicale eccedenza di un evento, mentre Tournée sceglie consapevolmente la formula di un racconto più debole e frammentato, dall'andamento ondivago e svagato, come un viaggio che intenda recuperare il senso di un passaggio radente declinando i mood della fabula verso impressioni affettive sfuggenti. La focalizzazione sull'uso/abuso dell'istanza carnale denota, metavisivamente, come il grado del confronto prossemico con l'istanza attanziale costituisca la stima della sua duttilità espressiva. L'iper-permeabilità dello schermo/parete si fa pertanto strumento teso a calibrare gli orientamenti e le fluttuazioni fenomeniche del corpo sulla scena. Laddove la venere ottentotta è invischiata in un processo di accumulo e appesantimento di contiguità con il dispositivo, che proietta sul piano dell'immagine una gravità e una pregnanza accusatoria proprio in ragione di uno sfibramento della risposta senso-motoria, che ottunde e perturba la sensibilità dello spettatore/osservatore, diametralmente opposta e in qualche modo specularmente inverso si profila il margine di coinvolgimento alla performance delle ballerine di burlesque, sollecitate a proseguire le loro prove ben oltre i confini della messa in scena, ove la composizione si disperde in quadri sgangherati e semidecadenti che allentano la presa dell'occhio e ne disimpegnano la carica (in)tensiva così come l'adiacenza relazionale. Nel primo film la mdp è costretta a inquieti, continui movimenti (anche quando dovrebbe essere ferma sembra fibrillare) per approcciare la protagonista, alternando stacchi convulsi sugli spettatori a piani in cui questo fa da sfondo. L'instabilità dinamica che trasmette l'immagine della pellicola di Kechiche è pura tensione centripeta che soffoca il respiro della visione, in quanto è represso il gesto di estroflessione che il guardante espleta in risposta al guardato 2 . Nell'altro, si delinea invece quell'esitazione visiva che è pura forza centrifuga e di evasione, dispiegamento tonico di istintualità epurate di qualsivoglia risvolto offensivo, in cui il moto di emanazione scaturito dalla ricezione ottiene tutto lo spazio espressivo desiderabile, anzi acquista una notevole libertà di

Conferences by Gianpiero Ariola

Research paper thumbnail of Viraggi grotteschi e trasfigurazioni visive nel cinema d’ispirazione manga di Takashi Miike

Takashi Miike è uno dei cineasti giapponesi più poliedrici, particolarmente attivo sul fronte del... more Takashi Miike è uno dei cineasti giapponesi più poliedrici, particolarmente attivo sul fronte delle trasposizioni cinematografiche dei manga. La scelta di occuparsi di Miike nasce dalla volontà di interessarsi a un autore che in più occasioni ha omaggiato, anche in film non esplicitamente tratti da fumetti, il mondo delle nuvole parlanti. Pur mostrando un profondo rispetto per le dinamiche espressive dell’arte delle vignette, in particolare quelle di produzione giapponese (i manga), ha saputo reinventarne le peculiarità, inscrivendoli nel suo personale profilo stilistico. Nel presente lavoro si intende far emergere gli assi di traduzione e di rimediazione tracciati dal regista di Osaka nel passare dal fumetto al cinema, applicando alle opere una lettura semiotica di natura esperienziale. Si ricorrerà, in altri termini, a un approccio interpretativo, applicabile tanto alle tavole dei manga quanto alle immagini dei film, che prenda in esame, oltre alle risorse culturali e memoriali, i materiali percettivi degli oggetti mediali indagati (dinamiche corporee, dati sensoriali e variazioni della tensione). In maniera specifica, le opere di cui qui si vuole discutere sono Ichi the Killer [Koroshiya Ichi, 1998-2001] di Hiheo Yamamoto e l’omonima trasposizione cinematografica uscita nel 2001, e As the Gods Will [Kami-sama no iu tōri, 2011-12] di Muneyuki Kaneshiro e Akeji Fujimura e il relativo adattamento filmico, anch’esso omonimo, uscito nel 2014. Come la maggior parte delle opere del regista giapponese, anche queste poggiano su un terreno intriso di violenze e perversioni, che spesso si tinge di assurdo. Indagando l’organizzazione dei materiali sensoriali, che intersecano le produzioni discorsive, si mostrerà quanto Miike tenda a forzare il piano espressivo verso la trasfigurazione e a declinare l’impianto diegetico in chiave grottesca. In particolare, con l’innesto di elementi di disturbo spiazzanti e bizzarri in scene gore e splatter e con una modulazione del ritmo della rappresentazione, che disinnesca parzialmente le reazione consuete di disgusto e riprovazione, si assiste, nei due film, a una trasformazione del registro tragico-paradossale, riscontrato nei manga, in uno smaccatamente tragicomico.

Research paper thumbnail of Attrazioni geomagnetiche dello sguardo e sacrileghe spoglie Il Generale dell'armata morta letto da Dhimitër Anagnosti

"Attrazioni geomagnetiche dello sguardo e sacrileghe spoglie. Il Generale dell’a... more "Attrazioni geomagnetiche dello sguardo e sacrileghe spoglie. Il Generale dell’armata morta letto da Dhimiter Anagnosti" in "Kadare europeo e la cultura albanese oggi", a cura di Giuseppina Turano, Roma, Bulzoni, 2011 (Contesti adriatici, 3), pp. 141-50. [ISBN 978-88-7870-572-2]

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Attrazioni geomagnetiche dello sguardo e sacrileghe spoglie Il Generale dell'armata morta letto da Dhimitër Anagnosti, 2011

"Attrazioni geomagnetiche dello sguardo e sacrileghe spoglie. Il Generale dell’a... more "Attrazioni geomagnetiche dello sguardo e sacrileghe spoglie. Il Generale dell’armata morta letto da Dhimiter Anagnosti" in "Kadare europeo e la cultura albanese oggi", a cura di Giuseppina Turano, Roma, Bulzoni, 2011 (Contesti adriatici, 3), pp. 141-50. [ISBN 978-88-7870-572-2]

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Research paper thumbnail of Spider tra romanzo e film: Interferenze della memoria e l'abisso sottocutaneo

Research paper thumbnail of J. Edgar – il corpo quale impotenza nell’affetto e nell’immagine

anno 5, numero 12 - maggio 2013

J. Edgar -il corpo quale impotenza nell'affetto e nell'immagine L'operazione estetica è tanto mis... more J. Edgar -il corpo quale impotenza nell'affetto e nell'immagine L'operazione estetica è tanto misteriosa quanto l'Eucarestia: la transustanziazione di una materia in spirito. Régis Debray

Research paper thumbnail of Godfrey Reggio e le alterazioni cronotopiche della metropoli: quando il corpo perde interferenza col quadro.

anno 4, numero 9 - maggio 2012

Godfrey Reggio e le alterazioni cronotopiche della metropoli: quando il corpo perde interferenza ... more Godfrey Reggio e le alterazioni cronotopiche della metropoli: quando il corpo perde interferenza col quadro.

Research paper thumbnail of L'eccedenza farsesca della morte nella vita. Kadare nella visione grottesca di Luciano Tovoli.

"L'eccedenza farsesca della morte nella vita. Kadare nella visione grottesca di Luciano Tovoli" i... more "L'eccedenza farsesca della morte nella vita. Kadare nella visione grottesca di Luciano Tovoli" in "Leggere Kadare. Critica – Ricezione – Bibliografia", a cura di Alessandro Scarsella, Milano, Biblion edizioni, 2008, pp. 130-7.

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n. 53/4 - 2010

Il debutto alla regia cinematografica di Alessandro Baricco è la diretta filiazione della sua ecl... more Il debutto alla regia cinematografica di Alessandro Baricco è la diretta filiazione della sua ecletticità professionale. E non sorprende affatto riscontrare in Lezione Ventuno una freneticità intertestuale e ipermediale che ne fanno un hub di collegamento, in pieno rispetto della sua poetica e del suo stile. Nel dispiegarsi, infatti, la pellicola non fa che annidare spunti e rimandi a temi già affrontati, concetti già sviscerati e atteggiamenti più volte dimostrati nella sua vasta produzione letteraria, giornalistica, musicologica, di divulgazione televisiva. 1 Baricco pare inoculare nell'istanza diegetica tutti i dettami dell'autoriflessione che, se vorrebbe agire con funzione apotropaica riguardo al giudizio critico, 2 rischiando di inciampare nell'autocompiacimento, risulta il contributo più genuino per traghettare definitivamente la sua poetica post-moderna nel cantiere cinematografico (cominciata con la trasposizione di due suoi testi: La leggenda del pianista sull'oceano di Giuseppe Tornatore, tratto da Novecento e Seta di François Girard, a cui partecipa anche firmando la sceneggiatura). Con Lezione Ventuno lo scrittore torinese approda alla regia, potendo finalmente esercitare quell'assoluto controllo della narrazione, indispensabile per la sua poetica. Vari generi sembrano intrecciarsi in questo caleidoscopio diegetico, in cui la sua mano di demiurgo "affabulante" rimescola le strategie di vari modelli: dal dramma, al film d'avventura, fino a lambire le strutture del poliziesco e del giallo. Quindi, ricollocando le sorgenti delle traiettorie emotive il neocineasta sembra quasi voler dosare anche l'interesse del pubblico e la quantità del suo coinvolgimento 3 , che non deve mai andare a scapito della comprensione, adattando al cinema la forma dello spettacolo-lezione, già inaugurato e sperimentato in tv (Pickwick, L'amore è un dardo e Totem). Questa strategia narrativa mostra una chiara attrazione per il metodo investigativo, al fine di rendere il discorso accattivante, pertanto la tensione diegetica conduce ad una raccolta di prove su ciò che effettivamente era successo quel 7 maggio 1824, data della prima esecuzione della nona sinfonia. Tuttavia i colpi di scena, le sfide per dirimere la realtà dalle false testimonianze non concedono l'abbandono alla palpitante "sospensione" 4 . La forma dell'indagine è soltanto un pretesto narrativo per la manipolazione dell'emozione che comunque resta per Baricco l'obiettivo indispensabile per ogni opera letteraria (e in generale per ogni opera d'arte), soprattutto all'atto della sua presentazione al lettore. Evitando quindi ogni vera aderenza ad un registro realistico egli costruisce la sua narrazione in modo da enfatizzare alcune parti e creare quegli sbalzi di interesse nello spettatore tipici di un'indagine soft, di una misteriosità priva di tensione, di un fascino privo di dramma. 5 1 Non si può che concordare con Scarsella in merito alla necessità di interpretare correttamente un profilo artistico di Baricco soltanto rammentando la sua dinamicità professionale, che spazia dalla stampa quotidiana alla televisione, dalla radio al teatro, dall'editoria al cinema. Cfr. ALESSANDRO SCARSELLA, Alessandro Baricco, Fiesole (FI), Cadmo, 2003, p. 9.

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Lo zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti (Loong Boonmee Raleuk Chaat, 2010) sembra nascer... more Lo zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti (Loong Boonmee Raleuk Chaat, 2010) sembra nascere da una costola di Tropical Malady (Sud Pralad, 2004), in cui il giovane Tong nominava esplicitamente suo zio che riesce a rammentare le proprie vite passate. È solo uno degli esempi di quel processo che il regista stesso definisce «reincarnazione cinematografica» 1 e che ammetteva il travaso di un frammento dei dialoghi di Tropical Malady in Syndromes and a Century (Sang Sattawat, 2006). Il tema della metempsicosi acquista allora una trasversalità semantica nelle opere di Apichatpong Weerasethakul, che sottolinea una necessità non solo di mettere in scena l'immaginario religioso della Thailandia buddista, ma che ha soprattutto esigenza di attivare un sistema di codificazione flessibile e intertestuale, fatta di contaminazioni di stili e generi 2 . Solo partendo da tale presupposto i film del regista asiatico possono dischiudere i propri segreti e solo ripercorrendo le commistioni di storia, politica 3 e antropologia, asserragliate nello stesso universo creativo così come nel medesimo recinto geografico 4 , si riesce a intravede quella complessità che valica le frontiere della pellicola, travasandosi (ancora) in una istallazione 5 .

Research paper thumbnail of Attrazioni geomagnetiche dello sguardo e sacrileghe spoglie. Il Generale dell’armata morta letto da Dhimiter Anagnosti.

in "Kadare europeo e la cultura albanese oggi", a cura di Giuseppina Turano (Contesti adriatici, 3), pp. 141-50.

Attrazioni geomagnetiche dello sguardo e sacrileghe spoglie.

Research paper thumbnail of Corpi elastici come il soffio. Kim Ki-duk e l’acuta intersezione tra Eros e Thanatos

anno 5, numero 11 - gennaio 2013

Il cinema di Kim Ki-duk è popolato da esseri inadeguati alla socializzazione, mossi dalla spasmod... more Il cinema di Kim Ki-duk è popolato da esseri inadeguati alla socializzazione, mossi dalla spasmodica ricerca di una comunicazione fatta di qualcosa che prescinda dalla parola. L'immagine, quella che estroflette il sé, può talvolta assolvere al compito, cercando rifrazione in foto, sculture e ritagli ma spesso produce meri simulacri di un'assenza (come quelle donate al condannato a morte in Soffio, o rubate nelle casa vuote di Ferro 3 o ancora quelle che riflettono frammenti di volti nello specchio infranto di Bad guy), col rischio di far collassare il riconoscimento, come dimostrano i naufragi soggettivi di Time. Il solo mezzo per esprimersi resta allora il corpo. L'unica via d'uscita per questi reietti, che non concepiscono l'abbandono a stati di normalità e di consuetudine, è affidarsi alle proprie membra e fecondare la propria esistenza di flussi emotivi apicali e incandescenti. Ma consumando le proprie passioni in zone di vertiginosa pienezza si incorre nel rischio di inquinare la (pro)pulsione affettiva di scorie funeree. La morte incombe, dunque, eppure questa è possibile solo quando la volontà cede, come afferma Yeon in Soffio, e la linea di demarcazione della vita è impostata su modalità incerte, imprevedibili e dischiude un terreno sterminato ove modulare azioni, che spesso sfuggono dalla morsa della (auto)distruzione solo per affrancarsi da insolite e angoscianti apatie inerziali.

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in "Anticristo. Letteratura cinema storia teologia filosofia psicoanalisi", a cura di Alessandro Cinquegrani.

in "Anticristo. Letteratura cinema storia teologia filosofia psicoanalisi", a cura di Alessandro ... more in "Anticristo. Letteratura cinema storia teologia filosofia psicoanalisi", a cura di Alessandro Cinquegrani, Padova, Il Poligrafo, 2012.

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Research paper thumbnail of DEAD MAN: TRA SPAZI ETEROTOPICI E PERCEZIONI ELETTRICHE

«Carte di Cinema», n. 29, II quadrimestre 2010; «Rapporto Confidenziale», n. 31, marzo 2011 , Mar 31, 2011

pubblicato su «Carte di Cinema», n. 29, II quadrimestre 2010 e su «Rapporto Confidenziale», n. 31... more pubblicato su «Carte di Cinema», n. 29, II quadrimestre 2010 e su «Rapporto Confidenziale», n. 31, marzo 2011 (consultabile all'indirizzo web: http://www.rapportoconfidenziale.org/?p=12255)-Nella filmografia di Jim Jarmusch Dead man contribuisce di certo a verificare con particolare incisività la postmodernità di uno stile, radicato sulla frammentarietà della narrazione e sulla collocazione dei personaggi in posizioni di decentramento e dislocazione 1 . Onde attuare un'abbottonatura e un dispiegamento su luoghi estranei, accolti senza una particolare ragione, il film produce un andamento ellittico fatto di sospensioni, inabissamenti e riemersioni (i cui sipari netti sono iterate dissolvenze al nero), attestandosi su una traiettoria onirico-allucinatoria, che declina l'intera storia come i brandelli di una memoria o di un'esperienza onirica dispiegata in soggettiva 2 . La condizione necessaria affinché l'azione si compia transita per una singolare configurazione eterotopica 3 , che dispone trasversalmente alle traiettorie di viaggio del protagonista temi e sostanze che ne descrivono la deriva, mentre spingono lungo una scomposizione dei piani diegetici e calcano verso lo spalancarsi di zone lacunose che ne modulano la sparizione. È proprio in virtù di uno spazio configurazionale, organizzato culturalmente come luogo aperto su un altrove, connesso dunque a scenari spiazzanti, intrisi di grumi di un'umanità caricaturale (si pensi al crescente effetto straniante delle lande attraversate dallo sfortunato contabile: dal treno, alla città di Machine, dal bosco, al fiume), che può sviscerarsi e dipanarsi la traslucida impressione di un abisso semioccultato, operante sulla scorta di un movimento ondulatorio, più che sospeso collassato nelle sue dimensioni temporali. In tale caotico moto diegetico, indugiante su azioni inconcluse e in fase di stallo 4 e latore di un'incessante oscillazione, che fa esplodere folgoranti rivelazioni, la morte rimane l'attrazione principale, in quel suo (dis)apparire ostinatamente fantasmatico. Jarmusch pare lavorare per giustapposizioni di quadri, affidati ad una continuità sdilinquita del movimento, che genera la produzione di un potente differenziale fenomenico tra disposizione corporea e prospettiva ambientale. Il regista di Akron preferisce misurare e consumare la tensione ritmica del racconto sfruttando geometrie interne all'inquadratura, le quali mutando l'umano in energia cinetica inerziale evocano un senso di inutilità, di vuoto, che da un lato esaspera la carica tragicomica, mostrando un'ansiosa richiesta -con prospettiva aerea-di un incontro/scontro inceppato e inconcludente (si veda la scena, con un'oggettiva a piombo, in cui William tenta con difficoltà di uscire dalla fabbrica; tanto rassomigliante alle micro-azioni che si compiono sui tavoli/scacchiere di Coffee and cigarettes, 2003), dall'altro si affaccia su luoghi esotici, che possedendo in sé una propria percorribilità straniante, si offrono quali continui controcampi (da tradurre anche come campi-avversi) ai piani ravvicinati del protagonista (il culmine/frantumazione di tale contrapposizione è raggiunto con l'attraversamento del villaggio indiano, in cui le immagini di Blake cominciano a sfocarsi e a sdoppiarsi mentre i suoi sguardi assumono prospettive sbilenche).

Research paper thumbnail of VENERE NERA E TOURNÉE: COMPRESSIONE ED ESPANSIONE DELL’INGAGGIO SOMATICO

marzo 2012.

Venere nera e Tournée: compressione ed espansione dell'ingaggio somatico TYSM LITERARY REVIEW -1 ... more Venere nera e Tournée: compressione ed espansione dell'ingaggio somatico TYSM LITERARY REVIEW -1 marzo 2012 Il confronto tra le due opere come Venere Nera (Venus noire, 2010) di Abdellatif Kechiche e Tournée (id., 2010) di Mathieu Amalric restituisce il valore di quell'escursione esperienziale che il cinema può dare del corpo e che rende attuabile attraverso il corpo (dello spettatore), formulando ipotesi sui margini di una fruizione o meglio designando i limiti sostenibili dell'atto scopico. Entrambe le messe in scena tracciano dunque due ritmi diegetici, due andamenti discorsivi che, sulla scia di una codifica somatica 1 , marcano opposte portate enunciative della mostrazione corporea, ne rilevano gli impatti responsivo-emotivi, onde verificare le tenute percettive all'interno delle rispettive dimensioni di consumo spettacolare. Un'accurata ispezione delle due pellicole conduce all'individuazione di una divergenza emblematica nel trattamento dello statuto corporeo che consente di esaminarne condizioni estreme dell'esplorazione filmica, verificando, su un versante, una prensione che per quanto abietta sostenga la fatica di un vincolo e sull'altro l'ebbrezza di una carezza che non allenti troppo il contatto. Scrutando e forzando le pareti dermiche di un'aberranza rappresentativa, la pellicola del regista tunisino assottiglia la distanza focale con un radicalismo tanto deprecabile quanto efficace, l'altra, all'opposto, sonda la viva persistenza di uno show protesizzato, le cui figure pur nella loro nitidezza appena abbozzata non eludono l'ingaggio estesico/estetico. Se Venus noire si aggrappa dunque allo sviluppo di una narrazione ben scandita e stringente è per sedimentare nell'esperienza filmica gli insidiosi carcami di un'ostinazione visuale smisurata quale testimonianza dell'apicale eccedenza di un evento, mentre Tournée sceglie consapevolmente la formula di un racconto più debole e frammentato, dall'andamento ondivago e svagato, come un viaggio che intenda recuperare il senso di un passaggio radente declinando i mood della fabula verso impressioni affettive sfuggenti. La focalizzazione sull'uso/abuso dell'istanza carnale denota, metavisivamente, come il grado del confronto prossemico con l'istanza attanziale costituisca la stima della sua duttilità espressiva. L'iper-permeabilità dello schermo/parete si fa pertanto strumento teso a calibrare gli orientamenti e le fluttuazioni fenomeniche del corpo sulla scena. Laddove la venere ottentotta è invischiata in un processo di accumulo e appesantimento di contiguità con il dispositivo, che proietta sul piano dell'immagine una gravità e una pregnanza accusatoria proprio in ragione di uno sfibramento della risposta senso-motoria, che ottunde e perturba la sensibilità dello spettatore/osservatore, diametralmente opposta e in qualche modo specularmente inverso si profila il margine di coinvolgimento alla performance delle ballerine di burlesque, sollecitate a proseguire le loro prove ben oltre i confini della messa in scena, ove la composizione si disperde in quadri sgangherati e semidecadenti che allentano la presa dell'occhio e ne disimpegnano la carica (in)tensiva così come l'adiacenza relazionale. Nel primo film la mdp è costretta a inquieti, continui movimenti (anche quando dovrebbe essere ferma sembra fibrillare) per approcciare la protagonista, alternando stacchi convulsi sugli spettatori a piani in cui questo fa da sfondo. L'instabilità dinamica che trasmette l'immagine della pellicola di Kechiche è pura tensione centripeta che soffoca il respiro della visione, in quanto è represso il gesto di estroflessione che il guardante espleta in risposta al guardato 2 . Nell'altro, si delinea invece quell'esitazione visiva che è pura forza centrifuga e di evasione, dispiegamento tonico di istintualità epurate di qualsivoglia risvolto offensivo, in cui il moto di emanazione scaturito dalla ricezione ottiene tutto lo spazio espressivo desiderabile, anzi acquista una notevole libertà di

Research paper thumbnail of Viraggi grotteschi e trasfigurazioni visive nel cinema d’ispirazione manga di Takashi Miike

Takashi Miike è uno dei cineasti giapponesi più poliedrici, particolarmente attivo sul fronte del... more Takashi Miike è uno dei cineasti giapponesi più poliedrici, particolarmente attivo sul fronte delle trasposizioni cinematografiche dei manga. La scelta di occuparsi di Miike nasce dalla volontà di interessarsi a un autore che in più occasioni ha omaggiato, anche in film non esplicitamente tratti da fumetti, il mondo delle nuvole parlanti. Pur mostrando un profondo rispetto per le dinamiche espressive dell’arte delle vignette, in particolare quelle di produzione giapponese (i manga), ha saputo reinventarne le peculiarità, inscrivendoli nel suo personale profilo stilistico. Nel presente lavoro si intende far emergere gli assi di traduzione e di rimediazione tracciati dal regista di Osaka nel passare dal fumetto al cinema, applicando alle opere una lettura semiotica di natura esperienziale. Si ricorrerà, in altri termini, a un approccio interpretativo, applicabile tanto alle tavole dei manga quanto alle immagini dei film, che prenda in esame, oltre alle risorse culturali e memoriali, i materiali percettivi degli oggetti mediali indagati (dinamiche corporee, dati sensoriali e variazioni della tensione). In maniera specifica, le opere di cui qui si vuole discutere sono Ichi the Killer [Koroshiya Ichi, 1998-2001] di Hiheo Yamamoto e l’omonima trasposizione cinematografica uscita nel 2001, e As the Gods Will [Kami-sama no iu tōri, 2011-12] di Muneyuki Kaneshiro e Akeji Fujimura e il relativo adattamento filmico, anch’esso omonimo, uscito nel 2014. Come la maggior parte delle opere del regista giapponese, anche queste poggiano su un terreno intriso di violenze e perversioni, che spesso si tinge di assurdo. Indagando l’organizzazione dei materiali sensoriali, che intersecano le produzioni discorsive, si mostrerà quanto Miike tenda a forzare il piano espressivo verso la trasfigurazione e a declinare l’impianto diegetico in chiave grottesca. In particolare, con l’innesto di elementi di disturbo spiazzanti e bizzarri in scene gore e splatter e con una modulazione del ritmo della rappresentazione, che disinnesca parzialmente le reazione consuete di disgusto e riprovazione, si assiste, nei due film, a una trasformazione del registro tragico-paradossale, riscontrato nei manga, in uno smaccatamente tragicomico.