Domenico Guzzo | Università di Bologna (original) (raw)

Papers by Domenico Guzzo

Research paper thumbnail of La corruzione come caduta di sistema: sintomi e risposte

Bibliomanie, 2023

In una nazione come l'Italia che ha spesso teso ad auto-riconoscersi con connotati “gattopardesch... more In una nazione come l'Italia che ha spesso teso ad auto-riconoscersi con connotati “gattopardeschi” ed in termini di permanente emergenza disfunzionale, la corruzione – locale o sistemica, puntuale o endemica, esclusivamente finanziaria o di contaminazione plurale – si è dimostrata un agente storico spesso decisivo nella determinazione dei fattori di cambiamento e finanche delle cesure periodizzanti.
Va in effetti detto come, venute meno le pressioni e le gabbie ideologiche sostenute dalla temperie della guerra fredda, la comunità degli studiosi italiani abbia finalmente preso l’impegno d’iniziare a rischiarare – con rigore metodologico – tali processi e tali relazioni neglette.
Il percorso monografico che s’intende qui presentare tenta di fornire un piccolo contributo in questa direzione, focalizzandosi sugli ambienti, i brodi di coltura e le vasche di esercizio (le cosiddette “corruttele”), di alcune emblematiche espressioni della corruzione (concepita nella sua accezione più larga di “necrosi”) nella storia contemporanea d’Italia, senza lesinare alcuni “sguardi allo specchio”, mediati dal mondo transalpino, autentico confratello latino.

Research paper thumbnail of La corruzione come caduta di sistema: sintomi e risposte

Bibliomanie, 2023

In una nazione come l''Italia che ha spesso teso ad auto-riconoscersi con connotati “gattopardesc... more In una nazione come l''Italia che ha spesso teso ad auto-riconoscersi con connotati “gattopardeschi” ed in termini di permanente emergenza disfunzionale, la corruzione – locale o sistemica, puntuale o endemica, esclusivamente finanziaria o di contaminazione plurale – si è dimostrata un agente storico spesso decisivo nella determinazione dei fattori di cambiamento e finanche delle cesure periodizzanti.
Va in effetti detto come, venute meno le pressioni e le gabbie ideologiche sostenute dalla temperie della guerra fredda, la comunità degli studiosi italiani abbia finalmente preso l’impegno d’iniziare a rischiarare – con rigore metodologico – tali processi e tali relazioni neglette.
Il percorso monografico che s’intende qui presentare tenta di fornire un piccolo contributo in questa direzione, focalizzandosi sugli ambienti, i brodi di coltura e le vasche di esercizio (le cosiddette “corruttele”), di alcune emblematiche espressioni della corruzione (concepita nella sua accezione più larga di “necrosi”) nella storia contemporanea d’Italia, senza lesinare alcuni “sguardi allo specchio”, mediati dal mondo transalpino, autentico confratello latino.

Research paper thumbnail of Forlì e Cesena

Le origini del fascismo in Emilia-Romagna 1919-1922, 2022

La situazione del comprensorio Forlivese-Cesenate nel primissimo dopoguerra esprime tutte le pecu... more La situazione del comprensorio Forlivese-Cesenate nel
primissimo dopoguerra esprime tutte le peculiarità della
piazza romagnola rispetto all’emergere nazionale del fenomeno
fascista. Vi si nota, innanzitutto, la particolare capacità
di resilienza delle famiglie ideologico-partitiche prebelliche,
che si associa alla contestuale difficoltà di radicamento
dei fasci locali (fondati a Cesena e Forlì solo tra il febbraio
e il marzo 1921, ma rimasti poi a lungo ancillari alle
squadre ravennati e bolognesi). E questo a totale dispetto
dell’origine forlivese di Benito Mussolini. Un secondo punto
di distinzione è rappresentato dalla straordinaria tenuta
dell’egemonia repubblicana sui centri maggiori della provincia:
una supremazia che, pur tra mille contraddizioni,
continuerà addirittura sino alle elezioni politiche del 1924.
In siffatta situazione, il fascismo locale si ritroverà privo
– almeno fino a quando, nel 1926, un decreto prefettizio
scioglierà l’Associazione combattenti di Forlì e decreterà il
confino milanese del suo presidente, il repubblicano Aldo
Spallicci – di una effettiva legittimazione rispetto all’eredità
della “trincea” e della “Vittoria”. Va detto, infine, come,
nella vecchia provincia forlivese, l’innesco della violenza
politica insistette solo tangenzialmente sulla “questione
agraria” o sul mito della “ondata bolscevica”, concentrandosi
piuttosto su una competizione armata di idee esclusive
di Rivoluzione, volte a determinare istanze locali di un nuovo
“potere costituente”, da erigere sulle rovine di un marcescente
“ordine costituito” liberal-monarchico. In termini
essenziali, si trattò dunque di uno scontro dai connotati
fortemente figurativi, tra una Rivoluzione Rossa (nelle sue
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Le origini del fascismo in Emilia-Romagna 1919-1922
due accezioni, socialista e comunista) e una Rivoluzione
Repubblicana; mentre sullo sfondo lontano, iniziavano a
farsi sentire gli echi della sedicente Rivoluzione fascista.
Da qui anche il dato eccezionale di una violenza politica di
scarsa produttività materiale (il numero delle spedizioni armate,
delle devastazioni, dei feriti e dei morti, tra il 1919 e
il 1922, resta tra i più bassi del Paese, malgrado l’altissima
politicizzazione del territorio e la diffusa propensione popolare
alla rivolta e allo scontro fisico), che si caratterizza
invece per l’elevata carica simbolico-dimostrativa, nel quadro
della quale l’affermazione del principio ideologico prevalse
sulla rideterminazione degli assetti socioeconomici.

Research paper thumbnail of Italicus: una strage di confine. Ovvero la transizione del paradigma terroristico oltre la strategia della tensione

La strategia della tensione tra piazza Fontana e l'Italicus. Fenomenologia, rappresentazioni, memoria, 2022

Escludendo l’attacco all’aeroporto di Fiumicino del 17 dicembre 1973 – operazione di terrorismo i... more Escludendo l’attacco all’aeroporto di Fiumicino del 17 dicembre
1973 – operazione di terrorismo internazionale ascrivibile
al più generale scontro arabo-israeliano che, con i suoi 34
morti e 15 feriti, investe la penisola solo per ragioni di congiuntura
logistica –, l’attentato contro il treno Italicus resta la più grave strage “domestica” degli interi anni Settanta, ovvero del decennio più tormentato dalla violenza politica nella storia dell’Italia repubblicana.
Malgrado si tratti anche dell’ultimo clamoroso atto di quella
atroce dinamica anticostituzionale – apertasi con la bomba di
piazza Fontana e la seguente “intentona” di Junio Valerio Borghese
– che al massacro indiscriminato accompagnava la prefigurazione
putchista (pur fra mille rilievi, il cosiddetto Golpe
Bianco era stato predisposto per il 10 agosto 1974), la vicenda
di San Benedetto Val di Sambro ha scontato sin da subito un
grave deficit di attenzione pubblica, riverberatosi poi in inconcludenze
giudiziarie e marginalizzazioni storiografiche. E, al di
là di peculiari debolezze “endogene” nella promozione memoriale,
una delle ragioni fondamentali di tale derubricazione sta sicuramente nella «liminalità ontologica» – l’essere di confine in
termini temporali e fenomenologici – della strage dell’Italicus,
la cui orribile occorrenza si ritrova schiacciata nel passaggio
epocale tra fase eversiva (strategia della tensione) e sovversiva
(attacco al cuore dello Stato) della violenza terroristica collateralmente
iscritta nel lungo Sessantotto italiano.

Research paper thumbnail of I natali dimenticati di un successo nazionale: il rimosso popolare intorno agli esordi del  "Giro d’Italia"

Bibliomanie, 2021

Il “Giro d’Italia” è, per importanza e seguito, la seconda competizione ciclistica mondiale: eppu... more Il “Giro d’Italia” è, per importanza e seguito, la seconda competizione ciclistica mondiale: eppure le figure e le dinamiche storiche che hanno permesso l’elaborazione e la realizzazione di questa grande competizione a tappe, sono rimaste confinate in un cono d’ombra memoriale, ben paradossale rispetto al profluvio di analisi nozionistiche e rievocazioni romantiche che continuano ad accumularsi nella pubblicistica popolare. In questo saggio s’intende per l’appunto ricostruire il processo ideativo e la dialettica umana che tra l’agosto 1908 e il maggio 1909 portò alla nascita del “Giro” per antonomasia.

Research paper thumbnail of Swiss Purgatory during the Italian Social Republic (RSI): three different transitions to the post-fascist Italy of the blackshirt elite

The Alps and Resistance (1943-1945). Conflicts, Violence and Political Reflections, 2021

The events of the summer of 1943 – the fall of Fascism and its survival within a smaller pseudo-S... more The events of the summer of 1943 – the fall of Fascism and its survival
within a smaller pseudo-State named Repubblica Sociale Italiana (RSI)
subject to Nazi occupation in northern Italy – gave the “historical” antifascists the status of “founding fathers” of democratic Italy. A much more thorny and ambiguous situation, was faced by those who had decided, or had been forced, to break with Mussolini after the Ordine Grandi reversals (25 July 1943) and the Armistice (8 September 1943). This was especially complex for the “blackshirt” elite, composed by men who had pursued careers up to the top of the regime’s hierarchy at the totalitarian turning point of late 1930s (pro-Hitler, racist, anti-Semitic, imperialist, belligerent), contributing to legitimate those “irrevocable decisions” on authoritarian censorship, social eugenics, war and persecution. Having fallen in a matter of weeks, for various reasons, from top positions in the Axis system to the status of “traitorous enemies” of the RSI, these seriously compromised figures were turned into a composite diaspora of “humanitarian refugees” – as they had often been sentenced to death in absentia – who staged daring escapes from the only intact and neutral institutions at the country’s legal borders: the Vatican and, primarily, Switzerland.
A considerable amount of ink has been shed on the reasons that led
Switzerland (who run the perilous risk of barricaded neutrality in the midst of Stated controlled by Nazifascism) to act as a refuge for dissidents from the Axis, while maintaining close economic ties with the two dictatorships. Moreover, many studies have assessed the anthropological and political path of Italian fuoriuscitismo, grafted onto the “democratic laboratory” that liberal Swiss hospitality offered European post-war destinies. Nevertheless, the ambiguous and tormented relationship of this particular group of last minute “renegades” – moved by opportunism, necessity or voluntary rehabilitation – with the “Second Risorgimento” (as two prestigious anti-fascist refugees, Ettore Janni and Luigi Einaudi, defined the fight for the democratic rebirth of the Italian nation), has remained substantially overshadowed by the dazzling profiles of the more coherent and topical Resistance figures.
Yet, this may not only throw light on Bern’s actual stance about the
Axis’ southern front, namely the RSI (through the management of the
Alpine border), but also articulate and restore its problematic complexity
to the form taken by the Italian Republic’s new institutional and moral
course in the Cold War context, between authoritarian legacies and
pluralistic modernity. This exile and political reconfiguration process – from which some of the greatest figures of democratic Italy were to emerge – being intersected with the remnants of the small “Swiss Fascism” adventure , the reactionary demands of “Helvetian spiritualism” , the embryonic drives of the Western anti-communist, the revival of liberal and Christian democratic ideologies from the ashes of “black” corporatism, the “justificatory” minimizations and psychological rationalizations used to excuse a personal involvement within the Steel Pact , the desperate necessity to save a national spirit from the slaughterhouse of Mussolinian chauvinism.
Three of the many Swiss experiences can shed considerable light on
the fundamental attributes of the Italian elite’s belated and controversial
transition beyond Fascism: those of Amintore Fanfani, Giuseppe
Bastianini and Dino Alfieri.

Research paper thumbnail of L'opinione pubblica italiana di fronte agli ultimi omicidi brigatisti degli anni Ottanta

L'Italia del terrorismo: partiti, istituzioni e società, 2021

Nella sintesi dialettica tra la violenza politica e la sua percezione pubblica, il decennio ottan... more Nella sintesi dialettica tra la violenza politica e la sua percezione pubblica, il decennio ottantino rappresenta il termina ad quem che s'incarica di risolvere la tensione post-sessantottina. Il sintomo maggiore si ritrova nella debole reazione popolare di fronte ali "ultimi fuochi brigatisti": in questo senso, il degradarsi velocissimo della "notizia terroristica" - banalizzata a delitto comune di "nera" - rivela quanto la sparizione di un "teatro nazionale della paura" lungo gli anni Ottanta abbia pesato nella soluzione complessiva degli "anni di piombo" in Italia

Research paper thumbnail of "Il Boom": il film che fece il processo al miracolo economico

Clionet, 2020

Poche volte nella storia nazionale si è dato un allineamento così preciso tra significante e sign... more Poche volte nella storia nazionale si è dato un allineamento così preciso tra significante e significato – ovvero il simbolo e l’etimo di un
segno concettuale – come tra l’uscita del film Il Boom (regia di Vittorio De Sica su sceneggiatura di Cesare Zavattini) e il chiudersi del
“miracolo economico” italiano nel 1963, appena avanti che la prima congiuntura recessiva del dopoguerra (un balzo improvviso di
inflazione e disoccupazione, associato ad una cospicua perdita di redditività industriale) venisse a spezzare le magnifiche sorti e
progressive dettate dall’impressionante impennata di PIL e fattori produttivi registratesi dal 1957.
Difatti, se già La Dolce Vita di Federico Fellini (1960) e Il Sorpasso di Dino Risi (1962) avevano osato strumentalizzare tutta
l’abbacinante luce della nascente società dei consumi, per evidenziare i crescenti coni d’ombra di una folata modernizzatrice
largamente diseguale, troppo fideistica e al fondo incontrollata, tra le pellicole coeve al “miracolo” è solo Il Boom ad incaricarsi di un
processo ad alzo zero, privo di qualsiasi attenuante emozionale o di tragica fatalità: non c’è alcuna ottundente contorsione sentimentale
(interpretata dall’irrisolto paparazzo Marcello/ Mastroianni) o popolana euforia godereccia (trasfigurata dallo scomposto menefreghismo
edonista di Bruno Cortona/Vittorio Gassman) a giustificare in qualche modo il fascino discreto di un miracolo materialistico, che pareva
germinare proprio per redimere le miserie, i dolori, gli strascichi della guerra. Nel Giovanni Alberti di Alberto Sordi, invece, ogni
possibile “variabile” vitalistica ha ormai ceduto il passo alla mera “costante” della tigna, della feroce voluttà di uno status sociale che
non ha più legami organici con l’economia reale o la nobiltà d’animo, perché completamente sussunto dall’eterea consistenza
dell’apparenza oltremodo benestante, peraltro stereotipata dalle iconografie mass-mediali del self made man, arrivato e dunque
“giustamente” invidiato.
Terminato il processo, Il Boom emette la sua sentenza: il vero miracolo è stato affare elitario, non della massa che – parafrasando
quanto verseggerà un decennio più tardi Lucio Dalla – è stata solo «per un attimo innalzata ad un ruolo difficile da mantenere» per poi
essere «lasciata cadere, a piangere e a urlare», scoprendosi infine meno povera, ma sicuramente più superficiale e rancorosa.

Research paper thumbnail of Riformismo responsabile e cittadinanza attiva: un film documentario per Roberto Ruffilli

Clionet, 2020

L’idea di realizzare un lungometraggio a carattere documentario sull’interezza della figura di Ru... more L’idea di realizzare un lungometraggio a carattere documentario sull’interezza della figura di Ruffilli – le sue origini, il suo carattere, la sua formazione, le sue amicizie, il suo privato, la sua riflessione scientifica, il suo agire politico, il caso della sua uccisione e le gravi conseguenze connesse – rispondeva ad una duplice, non procrastinabile, esigenza: dare in qualche modo continuità alla breve ma intensa mobilitazione cultural-memoriale del Trentennale, per farne riverberare l’eco lungo i successivi “anniversari minori”; porre finalmente un elemento di profondo rigore storico, ma di grande accessibilità popolare, nel tentativo di colmare quel deficit di conoscenza approfondita e di comprensione complessiva che ancora – dopo decenni – depauperava l’eredità dell’uomo Roberto Ruffilli.

Research paper thumbnail of "Quando due elementi sono in lotta e sono irriducibili, la soluzione è la forza". L'assillo della Rivoluzione e il dilagare della violenza politica nella mancata normalizzazione del dopoguerra

Dalla fine della guerra alla nascita del fascismo. Un punto di vista regionale sulla crisi del primo dopoguerra (Emilia-Romagna, 1918-1920), 2019

Nella finalità prioritaria di questa riflessione storiografica, c’è la volontà di mettere in luce... more Nella finalità prioritaria di questa riflessione storiografica, c’è la volontà di mettere in luce come il dilagare, all’indomani di Vittorio Veneto, della violenza politica nel Paese non sia il frutto d’una improvvisa ed imprevista rottura della sostanzialmente consolidata (benché su basi censitarie e notabilari) dinamica nazionale; ma che al contrario, il rinfocolare in tempo di pace di assalti, scontri armati, rappresaglie sia piuttosto la risultante di un insieme di fattori, elementi e decisioni, in grossa parte ascrivibili a tendenze e processi di lungo e medio periodo. Più precisamente, si tenterà di mostrare come l’apertura di una finestra temporale di opportunità (ovvero la mancata normalizzazione dell’ordine pubblico e la profondissima delegittimazione delle istituzioni liberal-parlamentari, avveratesi nell’immediato dopoguerra), in un ambiente storico reso disponibile alle istanze di sovversione dell’ordine costituito, stiano a valle di una brutale accelerazione di processi epocali di trasformazione “sistemica” – attivi almeno dalla fine del secolo precedente – resi imperativi e virulenti dal terrificante trauma della più devastante guerra della modernità occidentale, e infine incancreniti da un insieme di scelte e di contingenze negative, occorse al cessare delle ostilità.

Research paper thumbnail of Dalla "vittoria mutilata" all'avvento del fascismo. Appelli e proclami nei manifesti forlivesi

Romagna in trasformazione. Forlì e il forlivese dal dopoguerra al regime (1919-1932), 2019

Nell’immenso fondo documentario, bibliografico e artistico assemblato nei primi decenni novecent... more Nell’immenso fondo documentario, bibliografico e artistico assemblato nei primi decenni novecenteschi dal collezionista Carlo Piancastelli – ed oggi conservato presso la Biblioteca Comunale Aurelio Saffi – vi sono anche ricchissime fonti iconografiche e propagandistiche (organizzate nelle “Carte Romagna”), capaci di offrire uno straordinario spaccato delle pluriformi tensioni che, lungo il primo dopoguerra, accompagnarono anche nel forlivese la travagliata transizione dal sistema liberal-parlamentare al regime dittatoriale.
La selezione antologica che qui si propone è sta- ta operata secondo un criterio filologico volto a restituire un affresco del clima di sfaccettata - e spesso controversa, se non contraddittoria - conflittualità avvolgente l’imposizione del fascismo nella città mercuriale, terra d’origine del futuro Duce. Si è inteso porre in evidenzia l’evolvere del pensiero e delle posizioni dei principali attori socio-politici attivi nell’arena cittadina, attraverso il concretarsi dei tornanti e delle cesure storiche che marcano l’autoritaria normalizzazione post- bellica.

Research paper thumbnail of La ricerca della modernità: Luigi Ridolfi, Tullo e Manlio Morgagni

Romagna in trasformazione. Forlì e il forlivese dal dopoguerra al regime (1919-1932), 2019

L'affannosa ricerca della modernità - quella fordista, delle macchine e della comunicazione di ma... more L'affannosa ricerca della modernità - quella fordista, delle macchine e della comunicazione di massa - tra confilitto e primo dopoguerra, di tre forlivesi: la medaglia d'argento al valor militare, il pilota Luigi Ridolfi, passato dai bombardieri alle sperimentazioni per l'aviazione civile; Tullo Morgagni, ex capo-redattore della Gazzetta, inventore del Giro d'Italia, della Milano-Sanremo e del Giro di Lombardia, nonchè principale giornalista aviatorio d'Italia; Manlio Morgagni, suo fratello maggiore, primo direttore amministrativo de "Il Popolo d'Italia", poi direttore della "Rivista Illustrata" e presidente dell'Agenzia Stefani.
I primi due periranno nel primo disastro aereo dell'aviazione civile italiana (Verona, 2 agosto 1919), in un volo a/r da Milano a Venezia, organizzato da Tullo e pilotato da Luigi; Manlio morirà suicida nella notte del 25 luglio 1943, sconvolto dalla notizia della deposizione di Benito Mussolini dal comando del Paese.

Research paper thumbnail of Liberazione del, o dal, lavoro. Il movimento '77 e le radici della crisi nell'Italia postfordista

Da "non garantiti" a precari Il movimento del '77 e la crisi del lavoro nell'Italia post-fordista, 2019

SAGGIO CONCLUSIVO del volume che ricostruisce la dialettica fra il rapido consumarsi del moviment... more SAGGIO CONCLUSIVO del volume che ricostruisce la dialettica fra il rapido consumarsi del movimento '77 e l'affermarsi della precarietà lavorativa nell'Italia del post-miracolo economico, secondo un inedito e fertile approccio interdisciplinare, che spazia dalla storia contemporanea alla sociologia, passando per la filosofia politica, la critica artistica, gli studi giuridici, l'analisi dei processi produttivi e finanziari. Incrociando diversi sguardi metodologici su fisionomia, finalità e saperi di questo fenomeno sociale unico al mondo - autorappresentazione della "generazione dei non garantiti", ovvero la prima leva di giovani che sentiva di non avere un futuro certo e degno perché, orfana del "boom", sarebbe vissuta in un mondo di recessione permanente-si è potuta con-centrare l'attenzione sul tornante della storia italiana che ha aperto la "crisi del Sistema-Paese". Muovendo lungo la problematica geografico-territoriale dell'asimmetrico sviluppo nazionale, con una particolare considerazione allo snaturarsi dei tradizionali modelli di eccellenza come il cosiddetto "modello emiliano-romagnolo", e senza tralasciare continuità e fratture con il retaggio sessantottino, si è così arrivati ad affrontare il conflittuale processo di decentralizzazione del lavoro in Italia, nel più ampio formarsi di una nuova dimensione post-fordista e post-salariale dell'organizzazione capitalista occidentale.

Research paper thumbnail of Lo strano movimento dei "non garantiti" e la morte del miracolo economico italiano

Da "non garantiti" a precari Il movimento del '77 e la crisi del lavoro nell'Italia post-fordista, 2019

SAGGIO INTRODUTTIVO al volume che ricostruisce la dialettica fra il rapido consumarsi del movimen... more SAGGIO INTRODUTTIVO al volume che ricostruisce la dialettica fra il rapido consumarsi del movimento '77 e l'affermarsi della precarietà lavorativa nell'Italia del post-miracolo economico, secondo un inedito e fertile approccio interdisciplinare, che spazia dalla storia contemporanea alla sociologia, passando per la filosofia politica, la critica artistica, gli studi giuridici, l'analisi dei processi produttivi e finanziari. Incrociando diversi sguardi metodologici su fisionomia, finalità e saperi di questo fenomeno sociale unico al mondo - autorappresentazione della "generazione dei non garantiti", ovvero la prima leva di giovani che sentiva di non avere un futuro certo e degno perché, orfana del "boom", sarebbe vissuta in un mondo di recessione permanente-si è potuta con-centrare l'attenzione sul tornante della storia italiana che ha aperto la "crisi del Sistema-Paese". Muovendo lungo la problematica geografico-territoriale dell'asimmetrico sviluppo nazionale, con una particolare considerazione allo snaturarsi dei tradizionali modelli di eccellenza come il cosiddetto "modello emiliano-romagnolo", e senza tralasciare continuità e fratture con il retaggio sessantottino, si è così arrivati ad affrontare il conflittuale processo di decentralizzazione del lavoro in Italia, nel più ampio formarsi di una nuova dimensione post-fordista e post-salariale dell'organizzazione capitalista occidentale.

Research paper thumbnail of La distopia del tempo presente in "Signore e signori, buonanotte". Una satira populista ma antidemagogica alla corruzione della Prima Repubblica

Cinema e Storia, 2019

L'articolo decostruisce la greve e grottesca parodia del film collettivo "Signore e signori, buon... more L'articolo decostruisce la greve e grottesca parodia del film collettivo "Signore e signori, buonanotte" (1976) al fine di evidenziare una peculiare componente dell'immaginario e del discorso populista, maturati nella crisi sistemica dell'Italia anni '70. L'analisi restituisce una satira che si rivolge direttamente alla pancia del cittadino medio, senza tuttavia cedere a circonvenzioni demagogiche, per trascinare alla gogna una democrazia repubblicana divorata dalla corruzione economica e morale.

Research paper thumbnail of L'approdo antifascista della meglio gioventù del regime: l'esperienza di "Pattuglia"

Cinema e Resistenza Immagini della società italiana, autori e percorsi biografici dal fascismo alla Repubblica , 2019

Il 1° marzo 1953 esce il n. 4 della rivista di settore “Cinema Nuovo”: al suo interno, un articol... more Il 1° marzo 1953 esce il n. 4 della rivista di settore “Cinema Nuovo”: al suo interno, un articolo intitolato Proposte per un film contiene un soggetto firmato dal critico cinematografico Renzo Renzi. Ispirato ai racconti di Renzo Biason, que- sto plot denominato L’Armata s’Agapò si ripromette di narrare il disonorevole comportamento delle truppe italiane in Grecia, gravato da barbare ingiustizie (come la fucilazione di ostaggi), atroci incompetenze (quali le ripetute decisioni di mandare la cavalleria al massacro) e meschine vessazioni (dal colossale giro di prostituzione alla requisizione coatta di beni alimentari).
In base alla legislazione vigente, risalente al “Codice Rocco” di epoca mussoliniana, sia il redattore Renzi che il direttore responsabile della testata, Guido Aristarco, si ritrovano accusati di «vilipendio delle forze armate» e finiscono in carcere, attendendo di venir processati da un tribunale militare. La loro pesante condanna – 8 mesi a Renzi e 4 ad Aristarco – fa però scoppiare una vasta mobilitazione d’opinione che spinge infine le autorità giudiziarie ad annullare, dopo quaranta giorni nel penitenziario di Peschiera del Garda, la pena; preparando altresì il terreno per una modifica in chiave de-fascistizzante del codice penale: nel 1957, infatti, verrà revocata la giurisdizione della magistratura militare sui reati di vilipendio.
Per curiosa concomitanza storica, Renzo Renzi e – con ben più alta esposizione mediatica – Guido Aristarco si ritrovano così a chiudere simbolicamente i postumi di quello stesso processo di demistificazione comunicazionale che li aveva visti sottoscrittori esattamente un decennio addietro e che aveva contribuito, fra le molteplici istanze di fronda e di critica eretica germinate sotto l’eccentrico cappello del dicastero Bottai all’Educazione Nazionale, a far cortocircuitare la pretesa monistica, esteriorizzante ed eugenetica della cultura fascista, proprio nella fase in cui il regime tentava lo scatto decisivo verso l’impianto totalitario.
In effetti Aristarco – che sin dai primissimi anni Cinquanta si era avvicinato a posizioni d’estetica “lukácsiana” e che aveva fondato “Cinema Nuovo” nel dicembre 1952 dopo esser stato “dimissionato” da caporedattore di “Cinema” per aver difeso la pellicola (tardo)neorealista Umberto D. dagli obliqui strali del già potentissimo Giulio Andreotti, in quel frangente sottosegretario della Presidenza del Consiglio con delega allo Spettacolo – era stato nel gennaio 1943 curatore con Fernaldo Di Giammatteo di un numero monografico speciale che aveva clamorosamente abiurato, dall’interno della koiné littoria, la mitopoiesi integralista di un «cinema in camicia nera».
In questo senso, il caso de L’Armata s’Agapò si pone come il completamento morale di una decennale campagna d’emancipazione della “settima arte” italiana – ben inteso, solo una delle molteplici, e spesso concorrenti, che ne hanno innervato la strutturazione teorica e compositiva lungo la prima metà del Novecento – volta a liberare l’autorialità registica ed attoriale dai catafalchi dell’e- pica e dell’escapismo (propri della produzione del Ventennio), mantenendola comunque capace di elaborare “politicamente” – senza riduzionismi veristi e cronache documentarie – la carne viva della coesistenza umana.
Il fascicolo d’inizio 1943 s’intitolava evocativamente Invito alle immagini ed apparteneva alla rivista “Pattuglia”, «mensile di politica arti lettere del Guf di Forlì», che in virtù di tale peculiare radicamento editoriale poteva godere di una straordinaria risonanza su scala nazionale. Non determinata solo dal muovere dalla “città del duce” – peraltro priva di sede universitaria – ma anche e soprattutto dalla capacità unica di agglutinare sinergicamente il forgiarsi intellettuale della “migliore gioventù” della nazione fascista selezionata dai Littoriali della Cultura e dell’Arte (istituiti nell’aprile 1934).

Research paper thumbnail of Roma. La chimera insurrezionale e la fine dell'illegalità di massa

Il movimento del '77. Radici, snodi, luoghi, 2018

Fenomenologia e parabola esistenziale del Movimento '77 a Roma: i suoi attributi ideologici ed op... more Fenomenologia e parabola esistenziale del Movimento '77 a Roma: i suoi attributi ideologici ed operativi; il suo ruolo di confine storico tra l'esercizio dell'illegalità di massa e la diffusione delle pratiche armate clandestine.

Research paper thumbnail of "Signore e Signori, buonanotte". L'infinita crisi della Repubblica italiana fra demagogia e corruzione

Clionet, 2018

Quando nel 1976 il collettivo di affermati registi (Age, Benvenuti, Comencini, De Bernardi, Loy, ... more Quando nel 1976 il collettivo di affermati registi (Age, Benvenuti, Comencini, De Bernardi, Loy, Maccari, Magni, Monicelli, Pirro, Scarpelli, Scola), riuniti appositamente nell’etichetta produttiva “Cooperativa 15 maggio”, decide di rappresentare satiricamente il grave grado di corruzione raggiunto dal sistema Italia, è la maschera di Giovanni Leone che viene individuata quale sineddoche perfetta della necrosi di sistema. L’atto conclusivo del loro film a episodi – Signore e Signori, buonanotte – lo pone difatti al centro del “Salone delle cariatidi” (si veda l’immagine di apertura dell’articolo), circondato dalle massime cariche dello Stato, dell’esercito, della Chiesa – tutti uomini anzianissimi e derelitti, ma sempre abbarbicati al potere –, intento ad inaugurare un grottesco anno pregiudiziale, che rapidamente si trasforma in una tarantella napoletana al ritmo di Funiculì Funiculà.
Il dileggio fisico, lessicale e comportamentale – tirato fino al limite del demenziale – è in effetti la cifra distintiva di questa pellicola, che risponde in qualche modo al frustrato afflato progressista degli autori, ed al loro correlato bisogno di restituire alle élites dirigenti almeno una quota simbolica del fango in cui esse suppostamente hanno impaludato il Paese.

Research paper thumbnail of Gli anni '60 e '70 in nero: Simone Sarasso

Research paper thumbnail of Responsabilità e storia: I Paulucci di Calboli sulla scena del Novecento. La riscoperta di una memoria

Research paper thumbnail of La corruzione come caduta di sistema: sintomi e risposte

Bibliomanie, 2023

In una nazione come l'Italia che ha spesso teso ad auto-riconoscersi con connotati “gattopardesch... more In una nazione come l'Italia che ha spesso teso ad auto-riconoscersi con connotati “gattopardeschi” ed in termini di permanente emergenza disfunzionale, la corruzione – locale o sistemica, puntuale o endemica, esclusivamente finanziaria o di contaminazione plurale – si è dimostrata un agente storico spesso decisivo nella determinazione dei fattori di cambiamento e finanche delle cesure periodizzanti.
Va in effetti detto come, venute meno le pressioni e le gabbie ideologiche sostenute dalla temperie della guerra fredda, la comunità degli studiosi italiani abbia finalmente preso l’impegno d’iniziare a rischiarare – con rigore metodologico – tali processi e tali relazioni neglette.
Il percorso monografico che s’intende qui presentare tenta di fornire un piccolo contributo in questa direzione, focalizzandosi sugli ambienti, i brodi di coltura e le vasche di esercizio (le cosiddette “corruttele”), di alcune emblematiche espressioni della corruzione (concepita nella sua accezione più larga di “necrosi”) nella storia contemporanea d’Italia, senza lesinare alcuni “sguardi allo specchio”, mediati dal mondo transalpino, autentico confratello latino.

Research paper thumbnail of La corruzione come caduta di sistema: sintomi e risposte

Bibliomanie, 2023

In una nazione come l''Italia che ha spesso teso ad auto-riconoscersi con connotati “gattopardesc... more In una nazione come l''Italia che ha spesso teso ad auto-riconoscersi con connotati “gattopardeschi” ed in termini di permanente emergenza disfunzionale, la corruzione – locale o sistemica, puntuale o endemica, esclusivamente finanziaria o di contaminazione plurale – si è dimostrata un agente storico spesso decisivo nella determinazione dei fattori di cambiamento e finanche delle cesure periodizzanti.
Va in effetti detto come, venute meno le pressioni e le gabbie ideologiche sostenute dalla temperie della guerra fredda, la comunità degli studiosi italiani abbia finalmente preso l’impegno d’iniziare a rischiarare – con rigore metodologico – tali processi e tali relazioni neglette.
Il percorso monografico che s’intende qui presentare tenta di fornire un piccolo contributo in questa direzione, focalizzandosi sugli ambienti, i brodi di coltura e le vasche di esercizio (le cosiddette “corruttele”), di alcune emblematiche espressioni della corruzione (concepita nella sua accezione più larga di “necrosi”) nella storia contemporanea d’Italia, senza lesinare alcuni “sguardi allo specchio”, mediati dal mondo transalpino, autentico confratello latino.

Research paper thumbnail of Forlì e Cesena

Le origini del fascismo in Emilia-Romagna 1919-1922, 2022

La situazione del comprensorio Forlivese-Cesenate nel primissimo dopoguerra esprime tutte le pecu... more La situazione del comprensorio Forlivese-Cesenate nel
primissimo dopoguerra esprime tutte le peculiarità della
piazza romagnola rispetto all’emergere nazionale del fenomeno
fascista. Vi si nota, innanzitutto, la particolare capacità
di resilienza delle famiglie ideologico-partitiche prebelliche,
che si associa alla contestuale difficoltà di radicamento
dei fasci locali (fondati a Cesena e Forlì solo tra il febbraio
e il marzo 1921, ma rimasti poi a lungo ancillari alle
squadre ravennati e bolognesi). E questo a totale dispetto
dell’origine forlivese di Benito Mussolini. Un secondo punto
di distinzione è rappresentato dalla straordinaria tenuta
dell’egemonia repubblicana sui centri maggiori della provincia:
una supremazia che, pur tra mille contraddizioni,
continuerà addirittura sino alle elezioni politiche del 1924.
In siffatta situazione, il fascismo locale si ritroverà privo
– almeno fino a quando, nel 1926, un decreto prefettizio
scioglierà l’Associazione combattenti di Forlì e decreterà il
confino milanese del suo presidente, il repubblicano Aldo
Spallicci – di una effettiva legittimazione rispetto all’eredità
della “trincea” e della “Vittoria”. Va detto, infine, come,
nella vecchia provincia forlivese, l’innesco della violenza
politica insistette solo tangenzialmente sulla “questione
agraria” o sul mito della “ondata bolscevica”, concentrandosi
piuttosto su una competizione armata di idee esclusive
di Rivoluzione, volte a determinare istanze locali di un nuovo
“potere costituente”, da erigere sulle rovine di un marcescente
“ordine costituito” liberal-monarchico. In termini
essenziali, si trattò dunque di uno scontro dai connotati
fortemente figurativi, tra una Rivoluzione Rossa (nelle sue
258
Le origini del fascismo in Emilia-Romagna 1919-1922
due accezioni, socialista e comunista) e una Rivoluzione
Repubblicana; mentre sullo sfondo lontano, iniziavano a
farsi sentire gli echi della sedicente Rivoluzione fascista.
Da qui anche il dato eccezionale di una violenza politica di
scarsa produttività materiale (il numero delle spedizioni armate,
delle devastazioni, dei feriti e dei morti, tra il 1919 e
il 1922, resta tra i più bassi del Paese, malgrado l’altissima
politicizzazione del territorio e la diffusa propensione popolare
alla rivolta e allo scontro fisico), che si caratterizza
invece per l’elevata carica simbolico-dimostrativa, nel quadro
della quale l’affermazione del principio ideologico prevalse
sulla rideterminazione degli assetti socioeconomici.

Research paper thumbnail of Italicus: una strage di confine. Ovvero la transizione del paradigma terroristico oltre la strategia della tensione

La strategia della tensione tra piazza Fontana e l'Italicus. Fenomenologia, rappresentazioni, memoria, 2022

Escludendo l’attacco all’aeroporto di Fiumicino del 17 dicembre 1973 – operazione di terrorismo i... more Escludendo l’attacco all’aeroporto di Fiumicino del 17 dicembre
1973 – operazione di terrorismo internazionale ascrivibile
al più generale scontro arabo-israeliano che, con i suoi 34
morti e 15 feriti, investe la penisola solo per ragioni di congiuntura
logistica –, l’attentato contro il treno Italicus resta la più grave strage “domestica” degli interi anni Settanta, ovvero del decennio più tormentato dalla violenza politica nella storia dell’Italia repubblicana.
Malgrado si tratti anche dell’ultimo clamoroso atto di quella
atroce dinamica anticostituzionale – apertasi con la bomba di
piazza Fontana e la seguente “intentona” di Junio Valerio Borghese
– che al massacro indiscriminato accompagnava la prefigurazione
putchista (pur fra mille rilievi, il cosiddetto Golpe
Bianco era stato predisposto per il 10 agosto 1974), la vicenda
di San Benedetto Val di Sambro ha scontato sin da subito un
grave deficit di attenzione pubblica, riverberatosi poi in inconcludenze
giudiziarie e marginalizzazioni storiografiche. E, al di
là di peculiari debolezze “endogene” nella promozione memoriale,
una delle ragioni fondamentali di tale derubricazione sta sicuramente nella «liminalità ontologica» – l’essere di confine in
termini temporali e fenomenologici – della strage dell’Italicus,
la cui orribile occorrenza si ritrova schiacciata nel passaggio
epocale tra fase eversiva (strategia della tensione) e sovversiva
(attacco al cuore dello Stato) della violenza terroristica collateralmente
iscritta nel lungo Sessantotto italiano.

Research paper thumbnail of I natali dimenticati di un successo nazionale: il rimosso popolare intorno agli esordi del  "Giro d’Italia"

Bibliomanie, 2021

Il “Giro d’Italia” è, per importanza e seguito, la seconda competizione ciclistica mondiale: eppu... more Il “Giro d’Italia” è, per importanza e seguito, la seconda competizione ciclistica mondiale: eppure le figure e le dinamiche storiche che hanno permesso l’elaborazione e la realizzazione di questa grande competizione a tappe, sono rimaste confinate in un cono d’ombra memoriale, ben paradossale rispetto al profluvio di analisi nozionistiche e rievocazioni romantiche che continuano ad accumularsi nella pubblicistica popolare. In questo saggio s’intende per l’appunto ricostruire il processo ideativo e la dialettica umana che tra l’agosto 1908 e il maggio 1909 portò alla nascita del “Giro” per antonomasia.

Research paper thumbnail of Swiss Purgatory during the Italian Social Republic (RSI): three different transitions to the post-fascist Italy of the blackshirt elite

The Alps and Resistance (1943-1945). Conflicts, Violence and Political Reflections, 2021

The events of the summer of 1943 – the fall of Fascism and its survival within a smaller pseudo-S... more The events of the summer of 1943 – the fall of Fascism and its survival
within a smaller pseudo-State named Repubblica Sociale Italiana (RSI)
subject to Nazi occupation in northern Italy – gave the “historical” antifascists the status of “founding fathers” of democratic Italy. A much more thorny and ambiguous situation, was faced by those who had decided, or had been forced, to break with Mussolini after the Ordine Grandi reversals (25 July 1943) and the Armistice (8 September 1943). This was especially complex for the “blackshirt” elite, composed by men who had pursued careers up to the top of the regime’s hierarchy at the totalitarian turning point of late 1930s (pro-Hitler, racist, anti-Semitic, imperialist, belligerent), contributing to legitimate those “irrevocable decisions” on authoritarian censorship, social eugenics, war and persecution. Having fallen in a matter of weeks, for various reasons, from top positions in the Axis system to the status of “traitorous enemies” of the RSI, these seriously compromised figures were turned into a composite diaspora of “humanitarian refugees” – as they had often been sentenced to death in absentia – who staged daring escapes from the only intact and neutral institutions at the country’s legal borders: the Vatican and, primarily, Switzerland.
A considerable amount of ink has been shed on the reasons that led
Switzerland (who run the perilous risk of barricaded neutrality in the midst of Stated controlled by Nazifascism) to act as a refuge for dissidents from the Axis, while maintaining close economic ties with the two dictatorships. Moreover, many studies have assessed the anthropological and political path of Italian fuoriuscitismo, grafted onto the “democratic laboratory” that liberal Swiss hospitality offered European post-war destinies. Nevertheless, the ambiguous and tormented relationship of this particular group of last minute “renegades” – moved by opportunism, necessity or voluntary rehabilitation – with the “Second Risorgimento” (as two prestigious anti-fascist refugees, Ettore Janni and Luigi Einaudi, defined the fight for the democratic rebirth of the Italian nation), has remained substantially overshadowed by the dazzling profiles of the more coherent and topical Resistance figures.
Yet, this may not only throw light on Bern’s actual stance about the
Axis’ southern front, namely the RSI (through the management of the
Alpine border), but also articulate and restore its problematic complexity
to the form taken by the Italian Republic’s new institutional and moral
course in the Cold War context, between authoritarian legacies and
pluralistic modernity. This exile and political reconfiguration process – from which some of the greatest figures of democratic Italy were to emerge – being intersected with the remnants of the small “Swiss Fascism” adventure , the reactionary demands of “Helvetian spiritualism” , the embryonic drives of the Western anti-communist, the revival of liberal and Christian democratic ideologies from the ashes of “black” corporatism, the “justificatory” minimizations and psychological rationalizations used to excuse a personal involvement within the Steel Pact , the desperate necessity to save a national spirit from the slaughterhouse of Mussolinian chauvinism.
Three of the many Swiss experiences can shed considerable light on
the fundamental attributes of the Italian elite’s belated and controversial
transition beyond Fascism: those of Amintore Fanfani, Giuseppe
Bastianini and Dino Alfieri.

Research paper thumbnail of L'opinione pubblica italiana di fronte agli ultimi omicidi brigatisti degli anni Ottanta

L'Italia del terrorismo: partiti, istituzioni e società, 2021

Nella sintesi dialettica tra la violenza politica e la sua percezione pubblica, il decennio ottan... more Nella sintesi dialettica tra la violenza politica e la sua percezione pubblica, il decennio ottantino rappresenta il termina ad quem che s'incarica di risolvere la tensione post-sessantottina. Il sintomo maggiore si ritrova nella debole reazione popolare di fronte ali "ultimi fuochi brigatisti": in questo senso, il degradarsi velocissimo della "notizia terroristica" - banalizzata a delitto comune di "nera" - rivela quanto la sparizione di un "teatro nazionale della paura" lungo gli anni Ottanta abbia pesato nella soluzione complessiva degli "anni di piombo" in Italia

Research paper thumbnail of "Il Boom": il film che fece il processo al miracolo economico

Clionet, 2020

Poche volte nella storia nazionale si è dato un allineamento così preciso tra significante e sign... more Poche volte nella storia nazionale si è dato un allineamento così preciso tra significante e significato – ovvero il simbolo e l’etimo di un
segno concettuale – come tra l’uscita del film Il Boom (regia di Vittorio De Sica su sceneggiatura di Cesare Zavattini) e il chiudersi del
“miracolo economico” italiano nel 1963, appena avanti che la prima congiuntura recessiva del dopoguerra (un balzo improvviso di
inflazione e disoccupazione, associato ad una cospicua perdita di redditività industriale) venisse a spezzare le magnifiche sorti e
progressive dettate dall’impressionante impennata di PIL e fattori produttivi registratesi dal 1957.
Difatti, se già La Dolce Vita di Federico Fellini (1960) e Il Sorpasso di Dino Risi (1962) avevano osato strumentalizzare tutta
l’abbacinante luce della nascente società dei consumi, per evidenziare i crescenti coni d’ombra di una folata modernizzatrice
largamente diseguale, troppo fideistica e al fondo incontrollata, tra le pellicole coeve al “miracolo” è solo Il Boom ad incaricarsi di un
processo ad alzo zero, privo di qualsiasi attenuante emozionale o di tragica fatalità: non c’è alcuna ottundente contorsione sentimentale
(interpretata dall’irrisolto paparazzo Marcello/ Mastroianni) o popolana euforia godereccia (trasfigurata dallo scomposto menefreghismo
edonista di Bruno Cortona/Vittorio Gassman) a giustificare in qualche modo il fascino discreto di un miracolo materialistico, che pareva
germinare proprio per redimere le miserie, i dolori, gli strascichi della guerra. Nel Giovanni Alberti di Alberto Sordi, invece, ogni
possibile “variabile” vitalistica ha ormai ceduto il passo alla mera “costante” della tigna, della feroce voluttà di uno status sociale che
non ha più legami organici con l’economia reale o la nobiltà d’animo, perché completamente sussunto dall’eterea consistenza
dell’apparenza oltremodo benestante, peraltro stereotipata dalle iconografie mass-mediali del self made man, arrivato e dunque
“giustamente” invidiato.
Terminato il processo, Il Boom emette la sua sentenza: il vero miracolo è stato affare elitario, non della massa che – parafrasando
quanto verseggerà un decennio più tardi Lucio Dalla – è stata solo «per un attimo innalzata ad un ruolo difficile da mantenere» per poi
essere «lasciata cadere, a piangere e a urlare», scoprendosi infine meno povera, ma sicuramente più superficiale e rancorosa.

Research paper thumbnail of Riformismo responsabile e cittadinanza attiva: un film documentario per Roberto Ruffilli

Clionet, 2020

L’idea di realizzare un lungometraggio a carattere documentario sull’interezza della figura di Ru... more L’idea di realizzare un lungometraggio a carattere documentario sull’interezza della figura di Ruffilli – le sue origini, il suo carattere, la sua formazione, le sue amicizie, il suo privato, la sua riflessione scientifica, il suo agire politico, il caso della sua uccisione e le gravi conseguenze connesse – rispondeva ad una duplice, non procrastinabile, esigenza: dare in qualche modo continuità alla breve ma intensa mobilitazione cultural-memoriale del Trentennale, per farne riverberare l’eco lungo i successivi “anniversari minori”; porre finalmente un elemento di profondo rigore storico, ma di grande accessibilità popolare, nel tentativo di colmare quel deficit di conoscenza approfondita e di comprensione complessiva che ancora – dopo decenni – depauperava l’eredità dell’uomo Roberto Ruffilli.

Research paper thumbnail of "Quando due elementi sono in lotta e sono irriducibili, la soluzione è la forza". L'assillo della Rivoluzione e il dilagare della violenza politica nella mancata normalizzazione del dopoguerra

Dalla fine della guerra alla nascita del fascismo. Un punto di vista regionale sulla crisi del primo dopoguerra (Emilia-Romagna, 1918-1920), 2019

Nella finalità prioritaria di questa riflessione storiografica, c’è la volontà di mettere in luce... more Nella finalità prioritaria di questa riflessione storiografica, c’è la volontà di mettere in luce come il dilagare, all’indomani di Vittorio Veneto, della violenza politica nel Paese non sia il frutto d’una improvvisa ed imprevista rottura della sostanzialmente consolidata (benché su basi censitarie e notabilari) dinamica nazionale; ma che al contrario, il rinfocolare in tempo di pace di assalti, scontri armati, rappresaglie sia piuttosto la risultante di un insieme di fattori, elementi e decisioni, in grossa parte ascrivibili a tendenze e processi di lungo e medio periodo. Più precisamente, si tenterà di mostrare come l’apertura di una finestra temporale di opportunità (ovvero la mancata normalizzazione dell’ordine pubblico e la profondissima delegittimazione delle istituzioni liberal-parlamentari, avveratesi nell’immediato dopoguerra), in un ambiente storico reso disponibile alle istanze di sovversione dell’ordine costituito, stiano a valle di una brutale accelerazione di processi epocali di trasformazione “sistemica” – attivi almeno dalla fine del secolo precedente – resi imperativi e virulenti dal terrificante trauma della più devastante guerra della modernità occidentale, e infine incancreniti da un insieme di scelte e di contingenze negative, occorse al cessare delle ostilità.

Research paper thumbnail of Dalla "vittoria mutilata" all'avvento del fascismo. Appelli e proclami nei manifesti forlivesi

Romagna in trasformazione. Forlì e il forlivese dal dopoguerra al regime (1919-1932), 2019

Nell’immenso fondo documentario, bibliografico e artistico assemblato nei primi decenni novecent... more Nell’immenso fondo documentario, bibliografico e artistico assemblato nei primi decenni novecenteschi dal collezionista Carlo Piancastelli – ed oggi conservato presso la Biblioteca Comunale Aurelio Saffi – vi sono anche ricchissime fonti iconografiche e propagandistiche (organizzate nelle “Carte Romagna”), capaci di offrire uno straordinario spaccato delle pluriformi tensioni che, lungo il primo dopoguerra, accompagnarono anche nel forlivese la travagliata transizione dal sistema liberal-parlamentare al regime dittatoriale.
La selezione antologica che qui si propone è sta- ta operata secondo un criterio filologico volto a restituire un affresco del clima di sfaccettata - e spesso controversa, se non contraddittoria - conflittualità avvolgente l’imposizione del fascismo nella città mercuriale, terra d’origine del futuro Duce. Si è inteso porre in evidenzia l’evolvere del pensiero e delle posizioni dei principali attori socio-politici attivi nell’arena cittadina, attraverso il concretarsi dei tornanti e delle cesure storiche che marcano l’autoritaria normalizzazione post- bellica.

Research paper thumbnail of La ricerca della modernità: Luigi Ridolfi, Tullo e Manlio Morgagni

Romagna in trasformazione. Forlì e il forlivese dal dopoguerra al regime (1919-1932), 2019

L'affannosa ricerca della modernità - quella fordista, delle macchine e della comunicazione di ma... more L'affannosa ricerca della modernità - quella fordista, delle macchine e della comunicazione di massa - tra confilitto e primo dopoguerra, di tre forlivesi: la medaglia d'argento al valor militare, il pilota Luigi Ridolfi, passato dai bombardieri alle sperimentazioni per l'aviazione civile; Tullo Morgagni, ex capo-redattore della Gazzetta, inventore del Giro d'Italia, della Milano-Sanremo e del Giro di Lombardia, nonchè principale giornalista aviatorio d'Italia; Manlio Morgagni, suo fratello maggiore, primo direttore amministrativo de "Il Popolo d'Italia", poi direttore della "Rivista Illustrata" e presidente dell'Agenzia Stefani.
I primi due periranno nel primo disastro aereo dell'aviazione civile italiana (Verona, 2 agosto 1919), in un volo a/r da Milano a Venezia, organizzato da Tullo e pilotato da Luigi; Manlio morirà suicida nella notte del 25 luglio 1943, sconvolto dalla notizia della deposizione di Benito Mussolini dal comando del Paese.

Research paper thumbnail of Liberazione del, o dal, lavoro. Il movimento '77 e le radici della crisi nell'Italia postfordista

Da "non garantiti" a precari Il movimento del '77 e la crisi del lavoro nell'Italia post-fordista, 2019

SAGGIO CONCLUSIVO del volume che ricostruisce la dialettica fra il rapido consumarsi del moviment... more SAGGIO CONCLUSIVO del volume che ricostruisce la dialettica fra il rapido consumarsi del movimento '77 e l'affermarsi della precarietà lavorativa nell'Italia del post-miracolo economico, secondo un inedito e fertile approccio interdisciplinare, che spazia dalla storia contemporanea alla sociologia, passando per la filosofia politica, la critica artistica, gli studi giuridici, l'analisi dei processi produttivi e finanziari. Incrociando diversi sguardi metodologici su fisionomia, finalità e saperi di questo fenomeno sociale unico al mondo - autorappresentazione della "generazione dei non garantiti", ovvero la prima leva di giovani che sentiva di non avere un futuro certo e degno perché, orfana del "boom", sarebbe vissuta in un mondo di recessione permanente-si è potuta con-centrare l'attenzione sul tornante della storia italiana che ha aperto la "crisi del Sistema-Paese". Muovendo lungo la problematica geografico-territoriale dell'asimmetrico sviluppo nazionale, con una particolare considerazione allo snaturarsi dei tradizionali modelli di eccellenza come il cosiddetto "modello emiliano-romagnolo", e senza tralasciare continuità e fratture con il retaggio sessantottino, si è così arrivati ad affrontare il conflittuale processo di decentralizzazione del lavoro in Italia, nel più ampio formarsi di una nuova dimensione post-fordista e post-salariale dell'organizzazione capitalista occidentale.

Research paper thumbnail of Lo strano movimento dei "non garantiti" e la morte del miracolo economico italiano

Da "non garantiti" a precari Il movimento del '77 e la crisi del lavoro nell'Italia post-fordista, 2019

SAGGIO INTRODUTTIVO al volume che ricostruisce la dialettica fra il rapido consumarsi del movimen... more SAGGIO INTRODUTTIVO al volume che ricostruisce la dialettica fra il rapido consumarsi del movimento '77 e l'affermarsi della precarietà lavorativa nell'Italia del post-miracolo economico, secondo un inedito e fertile approccio interdisciplinare, che spazia dalla storia contemporanea alla sociologia, passando per la filosofia politica, la critica artistica, gli studi giuridici, l'analisi dei processi produttivi e finanziari. Incrociando diversi sguardi metodologici su fisionomia, finalità e saperi di questo fenomeno sociale unico al mondo - autorappresentazione della "generazione dei non garantiti", ovvero la prima leva di giovani che sentiva di non avere un futuro certo e degno perché, orfana del "boom", sarebbe vissuta in un mondo di recessione permanente-si è potuta con-centrare l'attenzione sul tornante della storia italiana che ha aperto la "crisi del Sistema-Paese". Muovendo lungo la problematica geografico-territoriale dell'asimmetrico sviluppo nazionale, con una particolare considerazione allo snaturarsi dei tradizionali modelli di eccellenza come il cosiddetto "modello emiliano-romagnolo", e senza tralasciare continuità e fratture con il retaggio sessantottino, si è così arrivati ad affrontare il conflittuale processo di decentralizzazione del lavoro in Italia, nel più ampio formarsi di una nuova dimensione post-fordista e post-salariale dell'organizzazione capitalista occidentale.

Research paper thumbnail of La distopia del tempo presente in "Signore e signori, buonanotte". Una satira populista ma antidemagogica alla corruzione della Prima Repubblica

Cinema e Storia, 2019

L'articolo decostruisce la greve e grottesca parodia del film collettivo "Signore e signori, buon... more L'articolo decostruisce la greve e grottesca parodia del film collettivo "Signore e signori, buonanotte" (1976) al fine di evidenziare una peculiare componente dell'immaginario e del discorso populista, maturati nella crisi sistemica dell'Italia anni '70. L'analisi restituisce una satira che si rivolge direttamente alla pancia del cittadino medio, senza tuttavia cedere a circonvenzioni demagogiche, per trascinare alla gogna una democrazia repubblicana divorata dalla corruzione economica e morale.

Research paper thumbnail of L'approdo antifascista della meglio gioventù del regime: l'esperienza di "Pattuglia"

Cinema e Resistenza Immagini della società italiana, autori e percorsi biografici dal fascismo alla Repubblica , 2019

Il 1° marzo 1953 esce il n. 4 della rivista di settore “Cinema Nuovo”: al suo interno, un articol... more Il 1° marzo 1953 esce il n. 4 della rivista di settore “Cinema Nuovo”: al suo interno, un articolo intitolato Proposte per un film contiene un soggetto firmato dal critico cinematografico Renzo Renzi. Ispirato ai racconti di Renzo Biason, que- sto plot denominato L’Armata s’Agapò si ripromette di narrare il disonorevole comportamento delle truppe italiane in Grecia, gravato da barbare ingiustizie (come la fucilazione di ostaggi), atroci incompetenze (quali le ripetute decisioni di mandare la cavalleria al massacro) e meschine vessazioni (dal colossale giro di prostituzione alla requisizione coatta di beni alimentari).
In base alla legislazione vigente, risalente al “Codice Rocco” di epoca mussoliniana, sia il redattore Renzi che il direttore responsabile della testata, Guido Aristarco, si ritrovano accusati di «vilipendio delle forze armate» e finiscono in carcere, attendendo di venir processati da un tribunale militare. La loro pesante condanna – 8 mesi a Renzi e 4 ad Aristarco – fa però scoppiare una vasta mobilitazione d’opinione che spinge infine le autorità giudiziarie ad annullare, dopo quaranta giorni nel penitenziario di Peschiera del Garda, la pena; preparando altresì il terreno per una modifica in chiave de-fascistizzante del codice penale: nel 1957, infatti, verrà revocata la giurisdizione della magistratura militare sui reati di vilipendio.
Per curiosa concomitanza storica, Renzo Renzi e – con ben più alta esposizione mediatica – Guido Aristarco si ritrovano così a chiudere simbolicamente i postumi di quello stesso processo di demistificazione comunicazionale che li aveva visti sottoscrittori esattamente un decennio addietro e che aveva contribuito, fra le molteplici istanze di fronda e di critica eretica germinate sotto l’eccentrico cappello del dicastero Bottai all’Educazione Nazionale, a far cortocircuitare la pretesa monistica, esteriorizzante ed eugenetica della cultura fascista, proprio nella fase in cui il regime tentava lo scatto decisivo verso l’impianto totalitario.
In effetti Aristarco – che sin dai primissimi anni Cinquanta si era avvicinato a posizioni d’estetica “lukácsiana” e che aveva fondato “Cinema Nuovo” nel dicembre 1952 dopo esser stato “dimissionato” da caporedattore di “Cinema” per aver difeso la pellicola (tardo)neorealista Umberto D. dagli obliqui strali del già potentissimo Giulio Andreotti, in quel frangente sottosegretario della Presidenza del Consiglio con delega allo Spettacolo – era stato nel gennaio 1943 curatore con Fernaldo Di Giammatteo di un numero monografico speciale che aveva clamorosamente abiurato, dall’interno della koiné littoria, la mitopoiesi integralista di un «cinema in camicia nera».
In questo senso, il caso de L’Armata s’Agapò si pone come il completamento morale di una decennale campagna d’emancipazione della “settima arte” italiana – ben inteso, solo una delle molteplici, e spesso concorrenti, che ne hanno innervato la strutturazione teorica e compositiva lungo la prima metà del Novecento – volta a liberare l’autorialità registica ed attoriale dai catafalchi dell’e- pica e dell’escapismo (propri della produzione del Ventennio), mantenendola comunque capace di elaborare “politicamente” – senza riduzionismi veristi e cronache documentarie – la carne viva della coesistenza umana.
Il fascicolo d’inizio 1943 s’intitolava evocativamente Invito alle immagini ed apparteneva alla rivista “Pattuglia”, «mensile di politica arti lettere del Guf di Forlì», che in virtù di tale peculiare radicamento editoriale poteva godere di una straordinaria risonanza su scala nazionale. Non determinata solo dal muovere dalla “città del duce” – peraltro priva di sede universitaria – ma anche e soprattutto dalla capacità unica di agglutinare sinergicamente il forgiarsi intellettuale della “migliore gioventù” della nazione fascista selezionata dai Littoriali della Cultura e dell’Arte (istituiti nell’aprile 1934).

Research paper thumbnail of Roma. La chimera insurrezionale e la fine dell'illegalità di massa

Il movimento del '77. Radici, snodi, luoghi, 2018

Fenomenologia e parabola esistenziale del Movimento '77 a Roma: i suoi attributi ideologici ed op... more Fenomenologia e parabola esistenziale del Movimento '77 a Roma: i suoi attributi ideologici ed operativi; il suo ruolo di confine storico tra l'esercizio dell'illegalità di massa e la diffusione delle pratiche armate clandestine.

Research paper thumbnail of "Signore e Signori, buonanotte". L'infinita crisi della Repubblica italiana fra demagogia e corruzione

Clionet, 2018

Quando nel 1976 il collettivo di affermati registi (Age, Benvenuti, Comencini, De Bernardi, Loy, ... more Quando nel 1976 il collettivo di affermati registi (Age, Benvenuti, Comencini, De Bernardi, Loy, Maccari, Magni, Monicelli, Pirro, Scarpelli, Scola), riuniti appositamente nell’etichetta produttiva “Cooperativa 15 maggio”, decide di rappresentare satiricamente il grave grado di corruzione raggiunto dal sistema Italia, è la maschera di Giovanni Leone che viene individuata quale sineddoche perfetta della necrosi di sistema. L’atto conclusivo del loro film a episodi – Signore e Signori, buonanotte – lo pone difatti al centro del “Salone delle cariatidi” (si veda l’immagine di apertura dell’articolo), circondato dalle massime cariche dello Stato, dell’esercito, della Chiesa – tutti uomini anzianissimi e derelitti, ma sempre abbarbicati al potere –, intento ad inaugurare un grottesco anno pregiudiziale, che rapidamente si trasforma in una tarantella napoletana al ritmo di Funiculì Funiculà.
Il dileggio fisico, lessicale e comportamentale – tirato fino al limite del demenziale – è in effetti la cifra distintiva di questa pellicola, che risponde in qualche modo al frustrato afflato progressista degli autori, ed al loro correlato bisogno di restituire alle élites dirigenti almeno una quota simbolica del fango in cui esse suppostamente hanno impaludato il Paese.

Research paper thumbnail of Gli anni '60 e '70 in nero: Simone Sarasso

Research paper thumbnail of Responsabilità e storia: I Paulucci di Calboli sulla scena del Novecento. La riscoperta di una memoria

Research paper thumbnail of Il coraggio delle parole sulla Linea Gotica. I volantini clandestini della Resistenza in Romagna (1943-1944)

Il volume raccoglie l'integralità dei volantini diffusi clandestinamente fra l'8 settembre 1943 e... more Il volume raccoglie l'integralità dei volantini diffusi clandestinamente fra l'8 settembre 1943 e il 9 novembre 1944 in provincia di Forlì (all'epoca comprendente anche Rimini) e nelle fasce contigue della provincia di Ravenna. L'importanza della loro pubblicazione non risiede soltanto nella proposta, in un corpus integrale, di una fonte primaria che illustra il pensiero delle "avanguardie resistenti" e le dinamiche materiali delle agitazioni e delle lotte da loro promosse, ma si intreccia anche e soprattutto con il drammatico evolvere della guerra civile, dopo l'armistizio, nella cosiddetta "Terra del duce", la provincia natale di Mussolini, trasfigurata nella trincea più avanzata della Linea Gotica. Pubblicati a colori e in alta definizione, ricollocati nella loro progressione temporale e criticamente annotati per gruppi tematici, i volantini clandestini permettono di ricostruire l'intero percorso del "messaggio resistente" dentro alle atrocità dell'occupazione militare: dai contesti e dalle ragioni dell'elaborazione, fino alla stampa e alla diffusione, passando per le riflessioni sulla redazione e le finalità delle proposte.

Research paper thumbnail of Next Generation Union: la realtà di Forlì-Cesena. Una ricerca tra dinamiche locali e tendenze nazionali

Socialmente, 2022

Questo volume presenta, e contestualizza nel quadro nazionale, i risultati della seconda edizione... more Questo volume presenta, e contestualizza nel quadro nazionale, i risultati della seconda edizione di una vasta indagine socio-statistica svolta, a cavallo dell'esplodere della pandemia da Covid, nel comprensorio forlivese-cesenate ed incentrata sul complicato rapporto tra gioventù, lavoro e rappresentanza sindacale. Soppesando alla luce del Sistema-Paese, le risposte, le osservazioni e gli atteggiamenti di 958 giovani che - dentro ad un territorio di punta della cosiddetta "Terza Italia"- studiano, lavorano, o affrontano coraggiosamente simultaneamente entrambe le esperienze, il presente volume collettaneo apporta un piccolo ma significativo contributo alla riflessione pubblica sul crescente precariato occupazionale e sulle inedite sfide alla tutela (universale) dei diritti sociali, imposte anche dalle delocalizzazioni produttive, dalla globalizzazione post-fordista e dalla finanziarizzazione speculativa dell'economia, proprie al Terzo Millennio.

Research paper thumbnail of TULLO MORGAGNI. Il giornalista "volante" che inventò il Giro d'Italia

LEG, 2021

Questo volume ripercorre, per la prima volta in maniera sistematica ed approfondita, l'eccezional... more Questo volume ripercorre, per la prima volta in maniera sistematica ed approfondita, l'eccezionale parabola esistenziale di Tullo Morgagni (Forlì, 1881 - Verona, 1919). All'alba del Novecento, appena diciottenne, giunge a Milano, dove si costruirà rapidamente una fulgida carriera giornalistica, dapprima nel quotidiano politico "L'Italia del Popolo", poi nel mondo dell'emergente stampa sportiva. Diventa redattore-capo de "La Gazzetta dello Sport" (1905-1912), poi dal 1913 fondatore e direttore de "Lo Sport Illustrato", infine guida illuminata della prima rivista nazionale integralmente dedicata all'industria del volo umano, "Nel Cielo" (1917). Frutto di un lungo scavo archivistico (in particolare nel Fondo Tullo Morgagni, conservato presso la Biblioteca comunale di Forlì), la ricostruzione realizzata dallo storico Domenico Guzzo recupera immagini inedite e documenti dimenticati per raccontare l'epica avventura di Tullo Morgagni, che a soli ventotto anni portava già i galloni di "padre" della stagione ciclistica italiana - avendone ideato l'evento di chiusura, il Giro di Lombardia (1905), quello di apertura, la Milano - Sanremo (1907), e la sua manifestazione centrale, il Giro d'Italia (1909). Un percorso oltremodo brillante che s'interromperà tragicamente e prematuramente a soli 37 anni, nella prima grande catastrofe aviatoria della storia italiana (il cosiddetto "disastro di Verona" del 2 agosto 1919, nel quale perirono 17 viaggiatori), ma che ci viene adesso restituito in tutta la sua valenza globale. I frutti dell'inesauribile inventiva e dell'ossessiva ricerca del limite umano espressi da Tullo Morgagni, rappresentano ancora oggi un misconosciuto pilastro dell'informazione giornalistica, della pratica sportiva, della mobilità collettiva in Italia e in Europa.

Research paper thumbnail of Rome dans les années de plomb. L'inscription urbaine des violences politiques dans la ville (1966-1982)

Institut Francophone pour la Justice et la Démocratie, 2019

Des milliers d'attentats armés, mélange dramatique d'assauts sur les institutions étatiques et de... more Des milliers d'attentats armés, mélange dramatique d'assauts sur les institutions étatiques et de règlements de comptes dans le rue ; des dizaines de personnes assassinées, souvent des militants très jeunes, mais aussi de gens au hasard, se trouvant malheureusement au mauvais endroit au mauvais moment ; le massacre de son escorte et le kidnapping en plein jour de l'homme politique le plus important du pays, Aldo Moro, finalement exécuté par ses geôliers « brigadistes » après 55 jours de captivité. La superposition de cette offensive subversive avec des épisodes de terrorisme international, de gangstérisme, d'abus des forces de l'ordre, de scandales de corruption, dans une énorme période de crise de la vie démocratique italienne. Dans l'après-68, Rome a été l'incubateur et l'épicentre d'une expérience de violence politique parmi les plus longues et atroces de l'Europe occidentale. Par une approche interdisciplinaire, cette étude reconstruit la relation entre le territoire urbain et la mise en oeuvre d'une contestation armée, à caractère meurtrier, dans le cadre de la « guerre froide » et de la modernisation nationale, brutale et déséquilibrée, activée par le boom économique (1958-1963). Un travail très vaste et articulé - sans précédent dans la littérature historiographique, grâce notamment à des documents inédits et à l'élaboration d'infographies urbaines - qui a fait ressortir les particularités de la violence politique pratiquée à Rome, tout en attribuant la juste proportion au « poids » de la Capitale d'Italie dans le déploiement à l'échelle nationale de la « stratégie de la tension » (1969-1974) et des « années de plomb » (1975-1982).

Research paper thumbnail of Da "non garantiti" a precari. Il movimento del '77 e la crisi del lavoro nell'Italia post-fordista

Il volume ricostruisce la dialettica fra il rapido consumarsi del movimento '77 e l'affermarsi de... more Il volume ricostruisce la dialettica fra il rapido consumarsi del movimento '77 e l'affermarsi della precarietà lavorativa nell'Italia del post-miracolo economico, secondo un inedito e fertile approccio interdisciplinare, che spazia dalla storia contemporanea alla sociologia, passando per la filosofia politica, la critica artistica, gli studi giuridici, l'analisi dei processi produttivi e finanziari. Incrociando diversi sguardi metodologici su fisionomia, finalità e saperi di questo fenomeno sociale unico al mondo - autorappresentazione della "generazione dei non garantiti", ovvero la prima leva di giovani che sentiva di non avere un futuro certo e degno perché, orfana del "boom", sarebbe vissuta in un mondo di recessione permanente - si è potuta concentrare l'attenzione sul tornante della storia italiana che ha aperto la "crisi del Sistema-Paese". Muovendo lungo la problematica geografico-territoriale dell'asimmetrico sviluppo nazionale, con una particolare considerazione allo snaturarsi dei tradizionali modelli di eccellenza come il cosiddetto "modello emiliano-romagnolo", e senza tralasciare continuità e fratture con il retaggio sessantottino, si è così arrivati ad affrontare il conflittuale processo di decentralizzazione del lavoro in Italia, nel più ampio formarsi di una nuova dimensione post-fordista e post-salariale dell'organizzazione capitalista occidentale.

Research paper thumbnail of La morte fra la piazza e la stazione. Storia e cultura politica del terrorismo in Italia negli anni '70

Fra il 12 Dicembre 1969 e il 2 Agosto 1980, vale a dire fra la strage di Piazza Fontana e la stra... more Fra il 12 Dicembre 1969 e il 2 Agosto 1980, vale a dire fra la strage di Piazza Fontana e la strage di Bologna, l’Italia ha visto srotolarsi tutti gli anni Settanta attraverso una macabra sequela di fatti di sangue, violenze gratuite, oscure repressioni e tacite alleanze. “La Notte della Repubblica”, come Zavoli ebbe a definire tale periodo, continua ad avvolgere la nostra capacità di fare luce, e quindi di comprendere. Ad ogni modo, innumerevoli sono le tracce ed i riflessi, che le nere e crudeli storie che qui si vengono a raccontare, ancora emanano; ed è lavorando su queste - e su un clinico scavo delle fonti storiche, archivistiche, giudiziarie e giornalistiche - che “La morte fra la Piazza e la Stazione - storia e cultura politica del terrorismo in Italia negli anni ‘70” giunge a proporci una visione coerente e stimolante del dipanarsi di estremismi, falliti golpe ed azioni armate. Si tratta non solo di storiografia del terrorismo, ma di analisi delle culture politiche sottostanti gli opposti terrorismi, di monitoraggio della stampa dell’epoca, di interviste a coloro che più di altri hanno potuto valutare il fenomeno, il tutto senza tralasciare il quadro internazionale, all’interno del quale l’Italia si trovava ad operare. “... In ultima istanza, la considerazione di fondo, che pare emergere dallo studio effettuato, è l’atroce fungibilità politica delle morti violente. Laddove i bisogni di un mondo bipolare, esigevano determinati esiti delle dinamiche interne italiane, l’emergere di sacche radicali di proteste, è divenuto l’agone per configgenti centri di potere, che hanno giocato una partita di Risiko senza alcuna umana ortodossia...”

Research paper thumbnail of 12 Dicembre 1969 - Libro sulla strage di Piazza Fontana a Milano

Storia e Futuro, 2019

Recensione a 12 dicembre 1969, di Mirco Dondi (Roma-Bari, Laterza, 2018, pp. 252) di Domenico Guz... more Recensione a 12 dicembre 1969, di Mirco Dondi (Roma-Bari, Laterza, 2018, pp. 252) di Domenico Guzzo L'editore Laterza ha lanciato nel 2018 una nuova serie-10 giorni che hanno fatto l'Italia-che presenta una più che interessante peculiarità, relativa alla costruzione di un sano discorso pubblico attorno all'identità e all'immagine della nazione. Si tratta di agili volumi, composti in brevissimi capitoli tematici con apparati essenziali di note a chiusura, indici dei nomi e corredati spesso da glossari in appendice, che tentano una valida sintesi tra la divulgazione popolare e l'affidabilità delle scienze storiche. Un esercizio di delimitazione epistemologica e di chiarificazione concettuale rispetto alla ricostruzione dei tornanti fondamentali delle vicende italiane, di per sé oltremodo necessario in un Paese che continua ad alimentare abusi pubblici del passato, memorie antagoniste ed istanze di delegittimazione in nemico interno dell'avversario politico, risalenti finanche alle fondamenta risorgimentali. Fra le prime uscite della serie c'è - e non poteva non esserci, dato il contemporaneo scoccare del cinquantesimo anniversario dal prodursi di un evento così traumatico e decisivo - il libro sul 12 dicembre 1969, giorno della strage di Piazza Fontana a Milano, affidato allo storico, e fresco romanziere, Mirco Dondi (Università di Bologna).

Research paper thumbnail of Rohingya - Gli Asini (Ottobre 2019)

Gli Asini, 2019

Rohingya: l'inferno dimenticato dei bambini. A cura di Domenico Guzzo, Forlì 4 giugno 2019

Research paper thumbnail of A Bologne, les victimes des années de plomb rompent le silence de l'école

I Giorni, 2019

Période trouble et meurtrière de l’histoire italienne, les années de plomb (1970–1980) sont censé... more Période trouble et meurtrière de l’histoire italienne, les années de plomb (1970–1980) sont censées être enseignées à tous les lycéens du pays. Mais par manque de temps ou à cause du malaise sur le sujet, le terrorisme de ces années n’est généralement pas abordé. Pour pallier ce manque, les associations de victimes témoignent contre l’oubli. Celle de Bologne fait figure de modèle.

Research paper thumbnail of L'ultima spiaggia. Pola fra la strage di Vergarolla e l'esodo (https://vimeo.com/147837688)

Il primo Film documentario sulla strage di Vergarolla (Pola) del 18 agosto 1946, che provocò oltr... more Il primo Film documentario sulla strage di Vergarolla (Pola) del 18 agosto 1946, che provocò oltre 100 vittime e determinò definitivamente la scelta dell'esodo della comunità italiana. Una atroce vicenda dimenticata e rimasta sempre senza colpevoli e senza giustizia

Research paper thumbnail of 4 AGOSTO '74. Italicus, la strage dimenticata (https://vimeo.com/30183317)

Film documentario sull'attentato al treno Italicus del 4 agosto 1974, che provocò 12 vittime. Doc... more Film documentario sull'attentato al treno Italicus del 4 agosto 1974, che provocò 12 vittime. Documenti inediti e oltre 20 interviste - a protagonisti e studiosi - che indagano e ricostruiscono la più grave strage ed oscura strage degli anni '70.

Research paper thumbnail of Cittadino Ruffilli  (https://youtu.be/1U7LSgn1-x0)

Film documentario sulla vita, il pensiero, l'attività scientifica e politica del Sen. Prof. Rober... more Film documentario sulla vita, il pensiero, l'attività scientifica e politica del Sen. Prof. Roberto Ruffilli, ordinario all'Università di Bologna e Capogruppo DC in Commissione Bozzi, ucciso a Forlì dalla Brigate Rosse-PCC il 16 aprile 1988

Research paper thumbnail of "Reconquérir Rome!", disents-ils

"Contre-Terrorisme", 2018

Un'analisi storico-sociale e geopolitica sulla particolarità del caso italiano nel quadro dell'of... more Un'analisi storico-sociale e geopolitica sulla particolarità del caso italiano nel quadro dell'offensiva terroristica jihadista in Europa.
Une analyse historique, sociologique et géopolitique au sujet de la "singularité italienne" dans le cadre de la campagne terroriste jihadiste en Europe.

Research paper thumbnail of C'ERA UNA VOLTA IL '68

La Parola, 2018

Una riflessione di fondo sul '68 come agente storico della transizione italiana dal produttivismo... more Una riflessione di fondo sul '68 come agente storico della transizione italiana dal produttivismo fordista al consumismo del terziario avanzato.

Research paper thumbnail of I giovani, il lavoro e il rapporto con il sindacato. Analisi sul territorio di Forlì-Cesena

Il rapporto tra giovani e sindacato, ma anche tra giovani e lavoro, sempre più spesso sembra sfug... more Il rapporto tra giovani e sindacato, ma anche tra giovani e lavoro, sempre più spesso sembra sfuggire alle categorie interpretative degli adulti, di chi è già inserito nel mercato del lavoro da tempo e di chi ha sempre visto nel sindacato un soggetto in grado di sostenere, difendere e promuovere i diritti dei lavoratori. È soprattutto a partire dall’ultimo decennio del ventesimo secolo, che immagini, ruoli e funzioni del lavoro, del mercato del lavoro e dei soggetti che vi interagiscono si sono trasformati assumendo contorni fluidi e perdendo in alcuni casi la riconoscibilità che fino a quel momento li aveva caratterizzati. Diventa dunque sempre più urgente e necessario, per un sindacato che voglia essere rappresentativo delle istanze dei lavoratori del e nel mondo contemporaneo, trovare una chiave di lettura che consenta da un lato di comprendere relazioni e rappresentazioni che caratterizzano il lavoro e i lavoratori di oggi e dall’altro di costruire un’immagine e un ruolo per sé adeguati alle nuove dinamiche del mercato del lavoro.
A partire da questa esigenza conoscitiva, nell’autunno del 2013 le Camere del Lavoro Territoriali di Forlì e Cesena hanno deciso di approfondire il tema del rapporto dei giovani con il lavoro e il sindacato e l’Associazione Luciano Lama ha promosso la presente ricerca. L’obiettivo è quello di esplorare i comportamenti, le opinioni e gli atteggiamenti di una popolazione target di giovani tra i 18 e i 34 anni che vivono, lavorano e/o studiano nel territorio della provincia di Forlì-Cesena per cercare di decifrare come lavoro e sindacato vengono percepiti e rappresentati da chi è nato nell’ultimo scorcio del ventesimo secolo.