Enrico Schirò | Università di Bologna (original) (raw)

Papers by Enrico Schirò

Research paper thumbnail of Descartes et l’événement onirique

Mnemosyne, 2018

Dans la deuxième partie du Discours de la méthode, Descartes présente une narration autobiographi... more Dans la deuxième partie du Discours de la méthode, Descartes présente une narration autobiographique de l'origine de l’idée de méthode. Imitant un célèbre topos littéraire, cette scène méditative décrit le philosophe comme un esprit serein et équilibré, capable de produire librement ses propres pensées et réflexions. Même un rêve ne pourrait perturber une philosophie à l’œuvre. De quelle manière cette narration s’adapte-t-elle à l’ontologie cartésienne des idées ? Descartes définit en effet les idées, prises en tant que représentations mentales, en fonction de leur origine et en distingue trois typologies, innatæ, factæ, ou adventitiæ. En confrontant l’auto-narration cartésienne avec la biographie d’Adrien Baillet, l’objectif de ce travail est de mettre en discussion la narration autobiographique présentée dans le Discours et de porter à la lumière les conséquences ontologiques de ces deux différentes narrations de l’origine, définissant également les éléments d'une ontologi...

Research paper thumbnail of Resilienza, potenza e delirio. Il caso Nietszche, in Vulnerabilità/Resilienza, Elephant & Castle, 10/2014,

Nella letteratura scientifica sul tema della resilienza è molto comune il riferimento alla senten... more Nella letteratura scientifica sul tema della resilienza è molto comune il riferimento alla sentenza nietzschiana sulla scuola di guerra della vita – “Quel che non mi uccide, mi rende più forte”. Attraverso questa referenza nietzschiana le ricerche psicologiche contemporanee legittimano culturalmente le proprie scoperte, disinnescando il senso catastrofico dell’enunciato nietzschiano nel ricontestualizzarlo all’interno di una cornice teorica tutt’altro che omologa. L’interpretazione secondo la quale le scienze psicologiche avrebbero “dimostrato” l’enunciato nietzschiano, dando prova della rilevanza funzionale dei processi resilienti nella vita psichica del soggetto, tende ad occultare un’ipotesi ermeneutica alternativa. Il pensiero nietzschiano della potenza se letto nel contesto della teoria dell’eterno ritorno sembra implicare necessariamente la destituzione del soggetto psichico come transito oltre-umano nel divenire del mondo, escludendo così una concezione della crescita della potenza come risorsa psichica funzionale all’integrazione soggettiva. Lo scopo del presente contributo è quello di interrogare l’affinità non necessariamente elettiva venutasi a stabilire tra la filosofia nietzschiana e i risultati delle recenti ricerche psicologiche, cercando di delineare una visione nietzschiana della resilienza. In primo luogo si proporrà una lettura genealogica della categoria di “resilienza”, mettendo in evidenza le cornici metaforiche e valoriali all’interno delle quali è stata inscritta e definita nel corso della sua recente storia scientifica. In secondo luogo si fornirà un’interpretazione dell’enunciato nietzschiano sulla scuola di guerra della vita a partire dall’evento del delirio, esploso al termine dell’autunno del 1888 e registrato nei celebri “biglietti della follia” (Wahnbriefe). Interrogando il pensiero nietzschiano alla luce del dato biografico, si potranno fornire alcuni elementi per un’interpretazione nietzschiana della resilienza.

Research paper thumbnail of Descartes et l'événement onirique. L'idée de méthode entre autobiographie et ontologie, in Mnemosyne, o la costruzione del senso, 9/2016, pp. 63-76, Presses Universitaires de Louvain

In the Discours de la méthode's second part Descartes displays an autobiographical narration abou... more In the Discours de la méthode's second part Descartes displays an autobiographical narration about the origin of the idea of method. According to a renowed literary topos, this meditative scene describes the philosopher as a calm and untroubled mind which is able to freely produce its own thoughts and reflections. Not even a dream would disturb a philosophy in action. How does this narration of mind's ideal power fit with Descartes' ontology of ideas? Indeed he defines ideas as mental representations in relation to their origins, recognizing three different ideal kinds, namely those that are innatæ, factæ, or adventitiæ. The aim of this paper is to call into question the Discours' autobiographical narration. In order to achieve this, I will compare Descartes' auto-narration with the Cartesian biography written by Adrien Baillet, pointing out the ontological consequences of these two different stories and also remarking the elements of a Cartesian dreamlike ontology.

Drafts by Enrico Schirò

Research paper thumbnail of CALL FOR PAPERS (2019) Decentrare l'umano Perché la Object-Oriented Ontology

Verso la fine degli anni Novanta, Graham Harman inizia a parlare di Object-Oriented Philosophy pe... more Verso la fine degli anni Novanta, Graham Harman inizia a parlare di Object-Oriented Philosophy per indicare una proposta filosofica, interna a una revisione critica della tradizione fenomenologica classica, di matrice fortemente realista. Contro le derive anti-realiste della filosofia continentale, radicalizzatesi nel Novecento filosofico con la Fenomenologia e il Linguistic Turn, Harman individua nella categoria di "oggetto" il nocciolo di un rinnovato realismo, volto a mettere sotto scacco la tradizione onto-teo-logica, vale a dire gerarchica, della metafisica a favore di un'ontologia piatta (flat), la quale, decentrando il primato di uno sguardo umano, troppo umano, renderebbe finalmente giustizia agli oggetti, intesi nel senso più ampio del termine, al di là delle classiche distinzioni categoriali (oggetti naturali, ideali, sociali, fittizi, ecc.): dalle pietre alle stelle, dai delfini agli ircocervi, dagli esseri umani alla Compagnia delle Indie. Nel 2009 Levi Bryant conia l'etichetta Object-Oriented Ontology (OOO) per indicare prospettive ontologiche orientate agli oggetti emerse in relazione e in risposta alle tesi di Harman, e non riducibili ad esse, tra le quali, oltre a quella da lui stesso elaborata e sostenuta, quelle di Ian Bogost e di Timothy Morton. Ognuno di questi autori, provenendo da tradizioni filosofiche e teoriche diverse-filosofia, game studies, teoria della letteratura-, ha declinato con originalità e inventiva la propria visione di un'ontologia realista, piatta, orientata agli oggetti e sempre non-antropocentrica. Così, la Object-Oriented Ontology (OOO) non costituisce una posizione unica, né univoca, riguardo agli oggetti e si configura piuttosto, come Harman stesso ha recentemente sottolineato, come "programma di ricerca", definito da una comune cornice ontologica, ma sostanzialmente aperto a declinazioni ulteriori.

La Object-Oriented Ontology (OOO) ha finora ricevuto scarsa attenzione in Italia, soprattutto in ambito filosofico. Intenzione di questo volume è innanzitutto quella di colmare questo vuoto, presentando la OOO e mettendone in evidenza, con sguardo critico e non apologetico, limiti e punti di forza. In particolare, il volume si pone una duplice finalità: da una parte introdurre e discutere le principali tesi della OOO, nelle diverse versioni ad oggi in circolazione, dall’altra mostrare se e come la OOO ci consenta di comprendere il presente e rielaborare il passato, sia nei termini di una reinterpretazione critica dei concetti e dei problemi della filosofia, al di qua e al di là del blocco novecentesco, sia nei termini, più ampi e transdisciplinari dell’anticipazione dei problemi sociali, politici, tecnologici ed ecologici che attendono umani e non-umani in un futuro rivisto alla luce di un passato non solamente specie-specifico.
Autori e autrici interessati alla OOO sono invitati a partecipare inviando entro il 31 ottobre 2019 a rivistakaiak@libero.it un abstract di max. 500 parole.

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Mnemosyne, 2018

Dans la deuxième partie du Discours de la méthode, Descartes présente une narration autobiographi... more Dans la deuxième partie du Discours de la méthode, Descartes présente une narration autobiographique de l'origine de l’idée de méthode. Imitant un célèbre topos littéraire, cette scène méditative décrit le philosophe comme un esprit serein et équilibré, capable de produire librement ses propres pensées et réflexions. Même un rêve ne pourrait perturber une philosophie à l’œuvre. De quelle manière cette narration s’adapte-t-elle à l’ontologie cartésienne des idées ? Descartes définit en effet les idées, prises en tant que représentations mentales, en fonction de leur origine et en distingue trois typologies, innatæ, factæ, ou adventitiæ. En confrontant l’auto-narration cartésienne avec la biographie d’Adrien Baillet, l’objectif de ce travail est de mettre en discussion la narration autobiographique présentée dans le Discours et de porter à la lumière les conséquences ontologiques de ces deux différentes narrations de l’origine, définissant également les éléments d'une ontologi...

Research paper thumbnail of Resilienza, potenza e delirio. Il caso Nietszche, in Vulnerabilità/Resilienza, Elephant & Castle, 10/2014,

Nella letteratura scientifica sul tema della resilienza è molto comune il riferimento alla senten... more Nella letteratura scientifica sul tema della resilienza è molto comune il riferimento alla sentenza nietzschiana sulla scuola di guerra della vita – “Quel che non mi uccide, mi rende più forte”. Attraverso questa referenza nietzschiana le ricerche psicologiche contemporanee legittimano culturalmente le proprie scoperte, disinnescando il senso catastrofico dell’enunciato nietzschiano nel ricontestualizzarlo all’interno di una cornice teorica tutt’altro che omologa. L’interpretazione secondo la quale le scienze psicologiche avrebbero “dimostrato” l’enunciato nietzschiano, dando prova della rilevanza funzionale dei processi resilienti nella vita psichica del soggetto, tende ad occultare un’ipotesi ermeneutica alternativa. Il pensiero nietzschiano della potenza se letto nel contesto della teoria dell’eterno ritorno sembra implicare necessariamente la destituzione del soggetto psichico come transito oltre-umano nel divenire del mondo, escludendo così una concezione della crescita della potenza come risorsa psichica funzionale all’integrazione soggettiva. Lo scopo del presente contributo è quello di interrogare l’affinità non necessariamente elettiva venutasi a stabilire tra la filosofia nietzschiana e i risultati delle recenti ricerche psicologiche, cercando di delineare una visione nietzschiana della resilienza. In primo luogo si proporrà una lettura genealogica della categoria di “resilienza”, mettendo in evidenza le cornici metaforiche e valoriali all’interno delle quali è stata inscritta e definita nel corso della sua recente storia scientifica. In secondo luogo si fornirà un’interpretazione dell’enunciato nietzschiano sulla scuola di guerra della vita a partire dall’evento del delirio, esploso al termine dell’autunno del 1888 e registrato nei celebri “biglietti della follia” (Wahnbriefe). Interrogando il pensiero nietzschiano alla luce del dato biografico, si potranno fornire alcuni elementi per un’interpretazione nietzschiana della resilienza.

Research paper thumbnail of Descartes et l'événement onirique. L'idée de méthode entre autobiographie et ontologie, in Mnemosyne, o la costruzione del senso, 9/2016, pp. 63-76, Presses Universitaires de Louvain

In the Discours de la méthode's second part Descartes displays an autobiographical narration abou... more In the Discours de la méthode's second part Descartes displays an autobiographical narration about the origin of the idea of method. According to a renowed literary topos, this meditative scene describes the philosopher as a calm and untroubled mind which is able to freely produce its own thoughts and reflections. Not even a dream would disturb a philosophy in action. How does this narration of mind's ideal power fit with Descartes' ontology of ideas? Indeed he defines ideas as mental representations in relation to their origins, recognizing three different ideal kinds, namely those that are innatæ, factæ, or adventitiæ. The aim of this paper is to call into question the Discours' autobiographical narration. In order to achieve this, I will compare Descartes' auto-narration with the Cartesian biography written by Adrien Baillet, pointing out the ontological consequences of these two different stories and also remarking the elements of a Cartesian dreamlike ontology.

Research paper thumbnail of CALL FOR PAPERS (2019) Decentrare l'umano Perché la Object-Oriented Ontology

Verso la fine degli anni Novanta, Graham Harman inizia a parlare di Object-Oriented Philosophy pe... more Verso la fine degli anni Novanta, Graham Harman inizia a parlare di Object-Oriented Philosophy per indicare una proposta filosofica, interna a una revisione critica della tradizione fenomenologica classica, di matrice fortemente realista. Contro le derive anti-realiste della filosofia continentale, radicalizzatesi nel Novecento filosofico con la Fenomenologia e il Linguistic Turn, Harman individua nella categoria di "oggetto" il nocciolo di un rinnovato realismo, volto a mettere sotto scacco la tradizione onto-teo-logica, vale a dire gerarchica, della metafisica a favore di un'ontologia piatta (flat), la quale, decentrando il primato di uno sguardo umano, troppo umano, renderebbe finalmente giustizia agli oggetti, intesi nel senso più ampio del termine, al di là delle classiche distinzioni categoriali (oggetti naturali, ideali, sociali, fittizi, ecc.): dalle pietre alle stelle, dai delfini agli ircocervi, dagli esseri umani alla Compagnia delle Indie. Nel 2009 Levi Bryant conia l'etichetta Object-Oriented Ontology (OOO) per indicare prospettive ontologiche orientate agli oggetti emerse in relazione e in risposta alle tesi di Harman, e non riducibili ad esse, tra le quali, oltre a quella da lui stesso elaborata e sostenuta, quelle di Ian Bogost e di Timothy Morton. Ognuno di questi autori, provenendo da tradizioni filosofiche e teoriche diverse-filosofia, game studies, teoria della letteratura-, ha declinato con originalità e inventiva la propria visione di un'ontologia realista, piatta, orientata agli oggetti e sempre non-antropocentrica. Così, la Object-Oriented Ontology (OOO) non costituisce una posizione unica, né univoca, riguardo agli oggetti e si configura piuttosto, come Harman stesso ha recentemente sottolineato, come "programma di ricerca", definito da una comune cornice ontologica, ma sostanzialmente aperto a declinazioni ulteriori.

La Object-Oriented Ontology (OOO) ha finora ricevuto scarsa attenzione in Italia, soprattutto in ambito filosofico. Intenzione di questo volume è innanzitutto quella di colmare questo vuoto, presentando la OOO e mettendone in evidenza, con sguardo critico e non apologetico, limiti e punti di forza. In particolare, il volume si pone una duplice finalità: da una parte introdurre e discutere le principali tesi della OOO, nelle diverse versioni ad oggi in circolazione, dall’altra mostrare se e come la OOO ci consenta di comprendere il presente e rielaborare il passato, sia nei termini di una reinterpretazione critica dei concetti e dei problemi della filosofia, al di qua e al di là del blocco novecentesco, sia nei termini, più ampi e transdisciplinari dell’anticipazione dei problemi sociali, politici, tecnologici ed ecologici che attendono umani e non-umani in un futuro rivisto alla luce di un passato non solamente specie-specifico.
Autori e autrici interessati alla OOO sono invitati a partecipare inviando entro il 31 ottobre 2019 a rivistakaiak@libero.it un abstract di max. 500 parole.