Valentina Sirangelo | University of Calabria (original) (raw)
Newspaper Articles by Valentina Sirangelo
ne "Il Quotidiano del Sud", 20 luglio 2019 (cinquantenario dello sbarco sulla luna), Anno 19, n. 198, pp. 32-33.
"At vos, deductae quibus est fallacia lunae…" Sesto Properzio, Elegie, I, 1, 19 « Nel corso dei ... more "At vos, deductae quibus est fallacia lunae…"
Sesto Properzio, Elegie, I, 1, 19
« Nel corso dei secoli, la luna è stata osservata con strumenti complessi, mappata con precisione, esplorata con orgoglio. All'indagine prettamente astronomica si aggiunge, tuttavia, una storia parallela: quella della luna nell'immaginario e nella letteratura. Cinquant'anni dopo la sua conquista, resta suggestivo ricordare che la relazione tra l’umanità e l’unico satellite naturale della terra presenta anche una “faccia oscura”, un versante nascosto, di carattere onirico e immaginativo.
La luna ha polarizzato l’attenzione e la sensibilità dell’uomo arcaico ben prima del sole. Mentre l’astro diurno simboleggia quel che è incorruttibile e invincibile (il faraone, l’eroe, il regnante), il corpo celeste notturno, che cresce, decresce, scompare e ricresce – in altre parole, che attraversa un ciclo di perenni morti e rinascite – rispecchia maggiormente la caducità del destino umano. Molte delle contemplazioni lunari nella poesia occidentale sono pervase da questa malinconica consapevolezza. A Saffo, quando la luna “tramonta”, si stringe il cuore, la sua scomparsa dal cielo, infatti, rammenta l’inesorabile scorrere del tempo. In Leopardi, la vista della luna fa riaffiorare i ricordi legati alla fanciullezza ineluttabilmente trascorsa. Nerval, negli enigmatici versi di apertura di "Artemide" (“La Tredicesima ritorna…è ancora la prima”), ci mostra come la governatrice del divenire ciclico scandisce le ore. Baudelaire, in una delle sue più celebri poesie, si fa cantore delle “tristezze della luna”.
Poiché la luna è quintessenza della pluralità, le divinità lunari non sono mai univoche. Spesso, costituiscono delle triadi: nell'Antichità classica Selene, Artemide ed Ecate sono tutte e tre la luna, incarnando le diverse fasi del suo “dramma”. Sebbene la luna non sia sempre femmina – infatti il dio lunare sumerico, Nanna, era maschio – è la sua caratterizzazione femminile ad aver goduto di maggior fortuna nella letteratura: nelle "Laudes creaturarum" di San Francesco d’Assisi – e successivamente nel Purgatorio dantesco – è detta sorella; in un celebre passo shakespeariano è invidiosa della raggiante Giulietta; da Petrarca a Hölderlin e da Keats a Rilke echeggia il mito greco che la vuole innamorata di Endimione.
L’immagine primigenia della luna che comanda le acque si riflette, in modo cifrato, nei memorabili versi tassiani sul delirio amoroso di Erminia per Tancredi, nei quali la “sorgente luna” sparge i suoi raggi luminosi; nonché in quelli goethiani, in cui essa riversa la bruma nella valle, sciogliendo l’anima dell’io poetico. Un esito parossistico è racchiuso invece nei versi di García Lorca: “quando spunta la luna / il mare copre la terra / e il cuore diventa / isola nell’infinito”; il cataclisma è sia naturale che interiore.
Giacché mutevole, la luna è anche il disordine. Ne deriva quel proverbiale accostamento alla follia ben reso da Shakespeare nell'"Otello": “si avvicina alla terra più del solito, e fa impazzire gli uomini”. Meno di un secolo prima, la mitopoiesi ariostesca ci aveva regalato il resoconto di un singolare viaggio oltremondano: quello di Astolfo sulla luna per recuperare il senno di Orlando.
Nel suo elogio della luna quale imperatrice della metamorfosi, Apuleio ne presenta un lato funereo, descrivendola come una “dea che atterrisce con i suoi ululati notturni, che nel [s]uo triplice aspetto plac[a] le inquiete ombre dei morti e chiud[e] le porte dell’oltretomba”. In quanto dotata del potere di transitare dalla vita alla morte e dalla morte alla vita, la luna appartiene difatti e al Cielo e agli Inferi: ne deriva un’irriducibile ambiguità dei suoi tratti e di conseguenza il possesso di un lato nefasto, che in termini junghiani si traduce nell'attributo archetipico femminile “terribile” e mortifero. Non tutte le lune dei poeti sono, in effetti, soavi o propizie: il romantico Shelley la paragona a “una signora morente emaciata e pallida”; una luna baudelairiana è “intossicante madrina”; Borges turba il suo lettore quando – riesumando lo scenario dell’Apocalisse biblica – menziona una putrescente “luna di sangue”; Hughes ritrae una madre celeste che minaccia di liberare sulla terra “tempeste e terrori lunari”.
Se la luna-satellite si è lasciata sondare rivelando molti dei suoi misteri, la luna-mito – custodita nei sogni – non smetterà mai di sedurre la fantasia poetica e questa, sotto il suo influsso, continuerà a concepire mistiche visioni e immortali incanti ».
Drafts by Valentina Sirangelo
Aggiornate all'11/11/2024
Essays in Volumes with ISBN by Valentina Sirangelo
in P. Guarriello (a cura di), "Studi Lovecraftiani. Rivista di saggistica e cultura lovecraftiana", ISBN 978-10-75994-59-3, Anno XV, Pineto (TE), Dagon Press, pp. 21-45, 2019
Il presente saggio è apparso originariamente, con il titolo «Sulla natura lunare di Shub-Niggurat... more Il presente saggio è apparso originariamente, con il titolo «Sulla natura lunare di Shub-Niggurath: dalla mythopoeia di Howard Phillips Lovecraft a "The Moon-Lens" di Ramsey Campbell», sul numero monografico "Neo-Gothic. Hybridizations of the Imaginary" (vol. 35, 2018, pp. 48-68) – coordinato da Giovanni Magliocco – della rivista di letteratura universale e comparata "Caietele Echinox", diretta da Corin Braga ed edita a Cluj-Napoca (Romania) dal Centro di Ricerca sull’Immaginario "Phantasma" (ISSN 1582-960X). Viene riproposto in questa sede con alcuni tagli, con due doverosi approfondimenti alle note 28 e 102 (il primo storico-traduttivo, il secondo tematico-comparatistico) e con altre modifiche e integrazioni di lieve entità. Soprattutto, è qui ripubblicato in concomitanza con la prima traduzione italiana integrale - sempre a cura di Valentina Sirangelo - del racconto di Ramsey Campbell «The Moon-Lens» (1964), il quale viene trattato nella seconda parte dell'analisi.
in "Palinsesti", Vol. 5, Cosenza, Pellegrini Editore, pp. 327-345, 2019
The purpose of this essay is to investigate the re-elaboration of the Greek version of the “dying... more The purpose of this essay is to investigate the re-elaboration of the Greek version of the “dying and rising myth” in Yves Bonnefoy’s poem «Une voix» (which is part of his collection «Hier régnant désert», 1958) through the mythocritical method of inquiry. The first part of the essay traces a historical-religious profile of the myth of Kore – the Greek “dying and rising deity” – which is mainly preserved in the «Homeric Hymn to Demeter» (VII-VI c. B.C.). The second part of the essay identifies a sort of implicit Kore in the nameless “I” of Bonnefoy’s poem: she comes to life again in the forests and calls herself “green” – in French, "verte" (feminine). Moreover, she is black, since she reveals herself in the form of “race charbonneuse du jour” and of “sourire calciné d’anciennes plantes sur la terre”. In alchemy, the "calcinatio" is the process of burning through which the substance enters the phase of "nigredo": thus, Bonnefoy reproduces in “Une voix” the “affinity with Hell” which according to the Jungian scholar James Hillman is in fact concealed within Kore, “purely modest and yet subject to being covered by the copulatory passion of black Hades” («Alchemical Psychology», eng. vers. p. 134). Finally, this essay shows that the aquatic imagery of defloration – or insemination, according to another perspective – appears in the poem’s closing line, where a new “katabasis” threatens the protagonist (“la blessure de l’eau dans les pierres du jour”). Such a reading is supported by an archaic myth (reported by the geographer Pausanias in II c. A.D.) in which not Kore, but her mother Demeter – with whom she may be archetypically identified – is ravished by a phallic-chthonic god: Poseidon, Lord of the Waters of the Deep.
in G. Vanhese, A. Naccarato (eds.), "Immagine e interpretazione", ISBN 978-88-49854-28-2, Soveria Mannelli (Catanzaro), Rubbettino Editore, pp. 139-154, 2017
The present essay aims at analysing a work of fantastical prose fiction written by Ioan Petru Cul... more The present essay aims at analysing a work of fantastical prose fiction written by Ioan Petru Culianu in English (yet still unpublished in its original language) through the structures of the imaginary. The interpretation focuses on the Emerald Goddess, the most mysterious character in the short story, who abides within an emerald, and who is at the centre of a rich symbolic constellation. The first part identifies the labyrinth archetype in the intricate path to be traveled within the green stone and relates the sacred fauna inhabiting the emerald to the primordial goddess as "Potnia Therôn" or Lady of the Beasts. The second part investigates the meeting with the Emerald Goddess, which represents the final goal of the journey: in particular, it is recognised as a mystical participation, erasing the boundaries between subject and object, i.e. between the main character and the goddess.
in G. Benelli, C. Saggiomo (eds.), "Un coup de dés", ISBN 978-88-49531-75-6, Dipartimento di Scienze Politiche "Jean Monnet", Seconda Università degli Studi di Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 4, pp. 229-241, 2016
Il presente saggio si propone di indagare due componimenti poetici di Yves Bonnefoy, «Veneranda» ... more Il presente saggio si propone di indagare due componimenti poetici di Yves Bonnefoy, «Veneranda» (1958) e «Beauté et vérité» («Bellezza e verità», 2001) attraverso l’approccio della mitocritica, già proposto dal comparatista Pierre Brunel nei suoi studi sul poeta francese. Entrambe le poesie rielaborano gli aspetti centrali della “quête” di Demetra rivolta alla figlia Kore rapita da Ade, presentata nel mito greco. L’oscuro verso di apertura di «Veneranda» - “quel feu dans le pain rompu” (“che fuoco nel pane spezzato”) – richiama alla memoria il trattamento miracoloso che la dea delle messi riserva al neonato principe Demofoonte nella sezione centrale dell’“Inno omerico a Demetra” (VII-VI sec. a. C.), ossia l’immersione nel fuoco. Secondo Károly Kerényi, Demetra tratta Demofoonte come se fosse il grano, il cui destino è la morte per fuoco affinché possa tramutarsi in pane (il “pain” di Bonnefoy). In «Beauté et vérité» – il cui ipotesto è invero un episodio narrato da Ovidio nei «Fasti» (I sec. d. C.) in cui un giovinetto ride di Demetra – un fanciullo viene sollevato nella “flamme des jeunes blés” (“fiamma delle prime spighe”). Tale scena suggestiva evoca nuovamente il processo iniziatico della cottura del neofita: ma mentre in «Veneranda» questo processo trasformativo ha avuto successo, qui, in «Beauté et vérité», esso fallisce angosciosamente.
in G. Benelli, C. Saggiomo (eds.), "Un coup de dés", ISBN 978-88-49529-26-5, Dipartimento di Scienze Politiche "Jean Monnet", Seconda Università degli Studi di Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2, pp. 257-273, 2014
L’obiettivo del presente studio è quello di illustrare i principali aspetti del mito di Core-Pers... more L’obiettivo del presente studio è quello di illustrare i principali aspetti del mito di Core-Persefone nella poesia di Yves Bonnefoy. Nella prima parte si individua il mitema della scomparsa della dea-fanciulla nel ciclo «Le dialogue d’Angoisse et de Désir» («Il dialogo di Angoscia e Desiderio», 1965). Qui la protagonista – la quale assume il nome francese di “Coré”, il che istituisce un legame esplicito con il mito molto caro a Bonnefoy – precipita nell’abisso infero dopo aver inghiottito un liquido floreale nero: attraverso la deglutizione, isomorfa alla discesa, il poeta francese riproduce il duplice simbolismo che sottende, nel mito ellenico, alla raccolta del fiore del narciso e all’ingerimento del seme di melagrana – ossia, agli atti simbolici fatali che rappresentano rispettivamente l’inizio e la fine del primo viaggio della dea-fanciulla nell’Ade. La bevanda floreale contiene, inoltre, una futura promessa di rinascita ignea, poiché risplende di un fuoco notturno e sotterraneo. Nella seconda parte si individua il mitema del ritorno di Core-Persefone tra i vivi nel ciclo «À une terre d’aube» («A una terra d’alba», 1958), la cui protagonista rinasce con delle sembianze annerite e riarse: il binomio simbolico costituito dal cromatismo nero e dal fuoco fecondativo-rigenerante fornisce così un nesso ermeneutico tra i due cicli poetici. Dalla prospettiva dell’archetipologia e della mitocritica «À une terre d’aube» costituisce pertanto il seguito di «Le dialogue d’Angoisse et de Désir», malgrado quest’ultimo gli sia posteriore nella cronologia compositiva bonnefoyana.
Translations in Journals or Volumes with ISBN by Valentina Sirangelo
in P. Guarriello (a cura di), "Studi Lovecraftiani. Rivista di saggistica e cultura lovecraftiana", ISBN 978-10-75994-59-3, Anno XV, Pineto (TE), Dagon Press, pp. 47-67, 2019
Fonte originale utilizzata: J. Ramsey Campbell, «The Moon-Lens», in Id., "The Inhabitant of the L... more Fonte originale utilizzata: J. Ramsey Campbell, «The Moon-Lens», in Id., "The Inhabitant of the Lake and Less Welcome Tenants", Sauk City (WI), Arkham House, 1964, pp. 191-207.
in P. Guarriello (a cura di), “Studi Lovecraftiani. Rivista di saggistica e cultura lovecraftiana”, ISBN 978-17-24185-23-5, Anno XIV, Pineto (TE), Dagon Press, pp. 24-34, 2019
Fonte originale utilizzata: Robert M. Price, «Lovecraft’s Concept of Blasphemy», in Id., "H. P. L... more Fonte originale utilizzata: Robert M. Price, «Lovecraft’s Concept of Blasphemy», in Id., "H. P. Lovecraft and the Cthulhu Mythos", Mercer Island (WA), Starmont House, 1990, p. 3-11 [prev. publ. in "Crypt of Cthulhu", n. 1, 1981, p. 3-15]
in "Dialogoi. Rivista di Studi Comparatistici", Monographic Volume "La dialettica degli spazi / Gli spazi della dialettica", ed. by G. Grilli, Rome, WriteUp Site, Vol. 5 (forthcoming), 2018
Come rileva Sunand Tryambak Joshi nella sua edizione dell’opera saggistica critico-letteraria di ... more Come rileva Sunand Tryambak Joshi nella sua edizione dell’opera saggistica critico-letteraria di Howard Phillips Lovecraft ("Collected Essays, Vol. 2: Literary Criticism", New York, Hippocampus Press, 2004), questo scritto – qui presentato in italiano per la seconda volta, dopo essere apparso quarant'anni fa nella traduzione di Giuseppe Lippi su un numero speciale dedicato a Lovecraft della rivista di letteratura fantastica "Il Re in Giallo" (n. 2, 1979, pp. 100-102) – è l’ultimo testo teorico dell’autore statunitense sulla poesia.
In questa importante riflessione, Lovecraft esorta coloro che desiderano cimentarsi nella scrittura metrica ad evitare ogni tematica meramente esplicativa, o moraleggiante (a suo dire, inadatte alla poesia [poetry]), e ad adoperare, piuttosto, l’immagine e il simbolo.
in "Poezia: revistă de cultură poetică", Tema numărului "Poezie şi sărăcie", ISSN 1582-0890, XXII, 2 (80), pp. 98-100, 2017
Anatol E. Baconsky (1925-1977) was poet, prose writer, essayist, translator and the director of s... more Anatol E. Baconsky (1925-1977) was poet, prose writer, essayist, translator and the director of some of the most prestigious Romanian literary journals such as “Almanahul literar” and “Steaua”. He conceived a severe critic against the Communist Regime in the form of parable, i.e. his only novel «Biserică neagră» («The Black Church») which appeared for the first time in 1976 in German translation. It was later published in Romanian – its original language – only in 1990, immediately after the fall of Ceauşescu and several years after Baconsky’s death in the terrifying Bucharest earthquake of 1977. After a period influenced by the precepts of socialist realism, Baconsky’s poetry takes on a very personal tone characterized by melancholic and elegiac shades and by a metaphysical span, denoting – above all during his last period of writing – a great crisis of the individual caused by contemporary world’s inhumanity.
The first two poems by Baconsky here given in Italian translation («Eternitate amară» and «Gând exilat») appeared in the collection “Cadavre în vid” (1969) – his last anthumous publication – whereas the third one («Simptom») was published posthumously. Romanian reference edition is: A. E. Baconsky, Opere, I. Poezii, ediție îngrijită de Pavel Țugui și Oana Safta, Introducere de Eugen Simion, București, Academia Română, Fundația Națională pentru Știință și Artă, 2009.
Articles in Journals Rated «Class A» by Valentina Sirangelo
"Analele Universităţii din București - Limba și Literatura Română", ISSN 1220-0271, Anul LXVIII, ... more "Analele Universităţii din București - Limba și Literatura Română", ISSN 1220-0271, Anul LXVIII, pp. 99-116, 2019.
The present article, which uses the hermeneutical strategies promoted by Pierre Brunel’s mythocritique, aims to investigate the Germanic eschatological myth of the “Fate of the Gods” in the poetry of Charles Leconte de Lisle and Lucian Blaga. After a historical-religious introduction on the “Fate of the Gods”, the article outlines its peculiar symbolic constellation. Subsequently, the article turns the archetypical approach into the mythocritical application to poetic texts. The poem "La Légende des Nornes" ("The Legend of Norns", 1862) by Leconte de Lisle is a case of flexibilité of the “Fate of the Gods” myth in a literary text: the French poet reproduces the mythologeme of great winter and combines the outcomes of the deluge and those of conflagration into the original image of a smoking ocean. The poems "Peisaj transcendent" ("Transcendental Landscape", 1929), "Satul minunilor" ("The Village of Miracles", 1938), and "Götterdämmerung" ("Twilight of the Gods", 1970) by Blaga are instead a case of irradiation of the “Fate of the Gods” myth in a literary text: although never mentioning the Germanic eschatological event, the Romanian poet depicts its dying god and the world renewal that follows it.
"Caietele Echinox", Monographic Volume "Neo-Gothic. Hybridizations of the Imaginary", ISSN 1582-960X, 35, pp. 48-68, 2018
The present essay proposes to trace a profile of Shub-Niggurath – one of the terrifying deities c... more The present essay proposes to trace a profile of Shub-Niggurath – one of the terrifying deities conceived by Howard Phillips Lovecraft – through the Moon Archetype. The first part illustrates that the double sexuality of Shub-Niggurath – who, though being a Mother Goddess of Fertility, has a more frequent masculine hypostasis, the Goat with a Thousand Young – is informed by the great myth structured upon the distinction between the whole and the part, that is to say between full moon and crescent moon, the latter isotopic with the goat horn. The second part analyses a Lovecraftian tale by the British writer Ramsey Campbell, «The Moon-Lens» (1964), which entirely concerns this deity. Beyond the double sexuality of Lovecraftian origin, the Shub-Niggurath of Campbell exhibits several repugnant and hybrid traits which are referable to the lunar law of becoming. The initiation to Shub-Niggurath experienced by the tale’s main character consists of an initiatory death in the form of a descent into the netherworld – analogous to that of the moon during the three nights of darkness – and an initiatory rebirth degraded to a blasphemous metamorphosis.
"Italica. Journal of the American Association of Teachers of Italian", ISSN 0021-3020, 95, 1, pp. 18-30, 2018
Il sonetto di Arturo Onofri «Ogni notte, nel sonno, mi riporti» (1930) tematizza il ritorno all'U... more Il sonetto di Arturo Onofri «Ogni notte, nel sonno, mi riporti» (1930) tematizza il ritorno all'Umanita Cosmica Originaria che l'individuo esperisce durante lo stato di sonno. Il presente articolo si prefigge di illustrare, innanzitutto, come al reame della misteriosa "Anima originaria" dei sonetto - alla quale l'io poetico onofriano viene ricondotto - sottenda il simbolismo delle Tenebre primordiali, in cui tutte le modalità di esistenza si trovano "in potentia". In seguito, discute la dinamica ascensionale del "Regressus ad Originem" dell'io poetico, che lo libera dal modo gravitazionale di esistere e pertanto dalla terra come materia. Infine, tratta la rinascita dell'io poetico sotto forma di "fanciulletto umano", che lo proietta fuori dal tempo e lo ricongiunge alla vita eterna: tale rinascita di tipo mistico si traduce nel raggiungimento di un livello superiore di esistenza, ossia nella trasformazione da essere corporeo a essere spirituale.
"Philologica Jassyensia", ISSN 2247-8353 and ISSN-L 1841-5377, XIII, 2 (26), pp. 235-250, 2017
As poems like «Rune» and «Götterdämmerung» testify, Germanic myth always excited Lucian Blaga’s c... more As poems like «Rune» and «Götterdämmerung» testify, Germanic myth always excited Lucian Blaga’s creative imagination. However, it is possible to identify the implied presence of a Germanic – in particular, Norse – theme in «Peisaj transcendent» as well. This is a poem that depicts a decaying cosmos yet which fortells its forthcoming regeneration. The purpose of this essay – which proposes a comparison between Old Norse mythological literature and contemporary Romanian literature through a mythocritical approach – is to illustrate that many of the chaotic scenes which follow one another in «Peisaj transcendent» are very similar to those of the Ragnarök, the awe-inspiring eschatological chapter of Eddic mythology. After a historical-religious introduction on Ragnarök, the essay investigates two ornitomorphic creatures portrayed in «Peisaj transcendent»: the “apocalyptic roosters” and the “birds similar to water angels”. The former reminds one of the three roosters announcing the end of the world and the final struggle between the gods and their enemies in Old Norse myth. Nonetheless, since a cosmic renewal follows the Ragnarök, both the Norse roosters and Blaga’s roosters preserve – apart from an apocalyptic characterization – their main symbolic function of birds as foretellers of dawn. The latter – the water birds as messengers of the other world – are brought to the strand by the sea of death, i.e. the same archetypical sea that swallows the Earth during the Ragnarök. Subsequently, the essay analyses the signals of rebirth in «Peisaj transcendent», that is to say the Earth which “flares up as with fluctuating waves” and the coffins which “sing under the grass by the thousands”. In these scenes, it is possible to detect the double dynamics of world destruction typical of the Ragnarök – including a flood or Deluge and eventually a great fire or Conflagration –, as well as the aquatic and vegetal processes on which the regeneration of the cosmos structures itself in Old Norse myth.
"Analele Universităţii din București – Limba și Literatura Română", ISSN 1220-0271, LXVI, pp. 107-122, 2017
Although no personal or intellectual contact between Lucian Blaga and the Italian poet Arturo Ono... more Although no personal or intellectual contact between Lucian Blaga and the Italian poet Arturo Onofri is proved, they both create an ultimate poetry, which may look for the mystery dwelling in the utmost core of cosmic harmony. The present comparative essay aims to illustrate, through the tools of inquiry of archetypology, the ideal complementarity between an early poem by Blaga, «Linişte» (1919), and the the forty-sixth poem of Onofri’s collection «Zolla ritorna cosmo» (1930). The first part of the essay investigates the lunar and nocturnal symbolic constellation evoked in both poems: the former reveals the eternal return, while the latter is grounded in the maternal archetype. The second part of the essay focuses on how the perpetuation of the ancestors’ melancholic song portrayed in «Linişte» undergoes an inversion of perspective in Onofri's poem – whose main character is reborn after having experienced the Cosmic Night. Thus, «Linişte»'s central event proves to be a case of reincarnation, while in Onofri's poem a "renovatio" occurs.
"Philologica Jassyensia", ISSN 2247-8353 and ISSN-L 1841-5377, XII, 2 (24), pp. 271-284, 2016
With the aim to highlight the innovative perspectives traced by the "mythanalyse", Culianu believ... more With the aim to highlight the innovative perspectives traced by the "mythanalyse",
Culianu believed that the literary text – in particular, the fantastic one – included latent
myths, or, more precisely, that the text itself might be contemplated as a myth. The purpose of this article – which will follow the methodological approach established by the Romanian historian of religions himself – is to investigate one of his own short stories, «The Emerald Game», following a thorough mythoanalytical reading. After identifying myth as a “mind game” – a fortunate formula which Culianu frequently employs in his philosophical scientific writings – the article will illustrate how the emerald “game” consists of an initiatory itinerary which takes place in the imaginary world contained in a tiny green stone, with a meandric structure akin to a mandala. This itinerary, presenting a circular temporality, aims at reaching the sacred centre of the stone, which manifests itself in the form of a feminine divinity – the Emerald Goddess – which indeed represents the centre of one’s own being. Such an interpretation harmonizes with the mental nature of the otherworldly journey
as theorized by Culianian epistemology. Subsequently, the article will demonstrate that the initiatory journey in «Jocul the smarald» is a Journey to the Netherworld. The first justification of this classification is the presence of the “River of the Dead” cosmologem – which is omnipresent in funerary geographies – yet euphemized by Culianu in a calm water course that has to be waded. The second justification – which establishes a far more profound "niveau isotopique" – is the hypothesis that the initiatory itinerary of «Jocul de smarald» pursues the alchemical motto "Vitriol", substituting the Interior of Terra Mater with that of the gemstone, where the supreme Goddess dwells. This reading is grounded in the identification of alchemy with the "regressus ad uterum": the Emerald Goddess would thus coincide with the alchemical "vas" , that is to say the central life-giving vessel from which the miraculous stone – i.e. the regenerated neophyte – will be born.
"Analele Universităţii din București – Limba și Literatura Română", ISSN 1220-0271, LXV, pp. 73-93, 2016
The aim of the present comparative study is to focus on the parallelisms between George Sand’s no... more The aim of the present comparative study is to focus on the parallelisms between George Sand’s novel «Laura, Voyage dans le cristal» (1864) and Ioan Petru Culianu’s short story «Jocul de smarald» (1989) through a hermeneutical mythocritical approach. Both works are modelled upon a type of rêverie that Gaston Bachelard specifically defines an "amplifying play of minerals". Initially the article will investigate the geode and the emerald, lithic containers which emerge as two explorable and marvelous microcosms. Like the Earth which generates them, the two lithic-mineral examples
participate in the Central Symbolism of the Feminine: for this reason, both Laura and the Emerald Goddess, impetuses and supreme goals of the initiatory journeys the two main characters undertake, dwell at their center. Furthermore, the geodic stone and the green stone lead back to the "participation mystique" with the Feminine. The second part of this study will identify in both works the "anima-image", as guide and mediator of the initiation to the Feminine mysterium, and the "sparagmos", i.e. the gory dismemberment informing the perilous aspect of the Mother Archetype. As a result, the suave Laura and the omnipotent Emerald Goddess can be read as two reformulations – the former romantic, the latter mythopoeic – of the "Great Mother of Initiation".
"Philologica Jassyensia", ISSN 2247-8353 and ISSN-L 1841-5377, XI, 1 (21), pp. 111-123, 2015
The present work aims to illustrate, through a mythocritical approach, how the product of Lucian ... more The present work aims to illustrate, through a mythocritical approach, how the product of Lucian Blaga’s lyrical mythopoiesis, specifically the moon named “zeul” ("god") in «Cântecul spicelor» («The Song of the Wheat Ears», published posthumously in 1970), may be classified as the divinity-type known as the “Fecundator” in the history of religions. In the first part, after identifying the waxing crescent with the phallus – the symbol par excellence of the Masculine principle –, a “lunar” Fecundator is associated with Blaga’s astral god. From his place in the sky this god has a “spécialisation génésico-taurine”, and the power to inseminate the earth through his spermatic rain, since he is endowed with a “phallic” horn. Moreover, the ophidian hypostasis of the moon, which further justifies its virility, is presented: the serpent – in the same way as the taurine horn – is isotopic with the phallic waxing crescent. The second part of the article describes how the Blagian moon awakens, in the virginal ears – symbolizing the daughters and hypostases of the Goddess Earth –, a fervent “dor” ("desire") . However, at the same time the Blagian moon produces a tremor of death due to its “seceră” form, since the sickle is the tool that severs the plant’s life, while also promising its future rebirth. Finally, this work underlines the key-role played by the fire element as an instrument of Eros: it is evoked in “în arderea vântului”, a syntagm epitomizing the ears’ hope for a kind of death which would allow them to ascend to the sky and rejoin the moon-god. Thus, the transience that the vegetation drama imposes upon them would disappear, and the moon’s harvesting would fill the chasm separating the sub-lunar world, which is the realm of eternal becoming, from the sempiternal dominion of the lunar world, i.e. the celestial realm.
"Caietele Echinox", Monographic Volume "Media Mythologies. Revisiting Myths in Contemporary Media", ISSN 1582-960X (România) and ISBN 978-23-64242-34-0 (France), 28, pp. 111-127, 2015
The present study aims to investigate, through mythocriticism, the song «Revived» by the early Fi... more The present study aims to investigate, through mythocriticism, the song «Revived» by the early Finnish Death Metal band Adramelech. The article will focus on the symbolic constellation which lies beneath the lyrics of this song also in relation to the cover artwork of the EP from which it is drawn, «Spring of Recovery» (1992). The first part of the study will analyze Revived’s scenario of "initiatory death": the "Regressus ad Originem" – i.e. the return to the germinal stage –, grounded in an intense aquatic imaginary, eventually reveals itself to be a "Regressus ad Uterum", that is a regression into the watery abyss of gestation. Then, the symbolism of the immersion into the "spring of recovery" – a key-syntagm which again informs the whole EP’s title – will be explored. Through its matricial and primordial Water, the chthonic spring bestows onto the initiate a prodigious "renovatio", which starts his uterine ascent. This study will thus demonstrate how some representative artists of the Death Metal subgenre – authentic postmodern lyric poets – evoke and recombine the most fecund archetypes of the collective unconscious, substantiating Mircea Eliade’s assumption according to which "poetry renews and continues the myths" even within contemporary multimedial universe.
ne "Il Quotidiano del Sud", 20 luglio 2019 (cinquantenario dello sbarco sulla luna), Anno 19, n. 198, pp. 32-33.
"At vos, deductae quibus est fallacia lunae…" Sesto Properzio, Elegie, I, 1, 19 « Nel corso dei ... more "At vos, deductae quibus est fallacia lunae…"
Sesto Properzio, Elegie, I, 1, 19
« Nel corso dei secoli, la luna è stata osservata con strumenti complessi, mappata con precisione, esplorata con orgoglio. All'indagine prettamente astronomica si aggiunge, tuttavia, una storia parallela: quella della luna nell'immaginario e nella letteratura. Cinquant'anni dopo la sua conquista, resta suggestivo ricordare che la relazione tra l’umanità e l’unico satellite naturale della terra presenta anche una “faccia oscura”, un versante nascosto, di carattere onirico e immaginativo.
La luna ha polarizzato l’attenzione e la sensibilità dell’uomo arcaico ben prima del sole. Mentre l’astro diurno simboleggia quel che è incorruttibile e invincibile (il faraone, l’eroe, il regnante), il corpo celeste notturno, che cresce, decresce, scompare e ricresce – in altre parole, che attraversa un ciclo di perenni morti e rinascite – rispecchia maggiormente la caducità del destino umano. Molte delle contemplazioni lunari nella poesia occidentale sono pervase da questa malinconica consapevolezza. A Saffo, quando la luna “tramonta”, si stringe il cuore, la sua scomparsa dal cielo, infatti, rammenta l’inesorabile scorrere del tempo. In Leopardi, la vista della luna fa riaffiorare i ricordi legati alla fanciullezza ineluttabilmente trascorsa. Nerval, negli enigmatici versi di apertura di "Artemide" (“La Tredicesima ritorna…è ancora la prima”), ci mostra come la governatrice del divenire ciclico scandisce le ore. Baudelaire, in una delle sue più celebri poesie, si fa cantore delle “tristezze della luna”.
Poiché la luna è quintessenza della pluralità, le divinità lunari non sono mai univoche. Spesso, costituiscono delle triadi: nell'Antichità classica Selene, Artemide ed Ecate sono tutte e tre la luna, incarnando le diverse fasi del suo “dramma”. Sebbene la luna non sia sempre femmina – infatti il dio lunare sumerico, Nanna, era maschio – è la sua caratterizzazione femminile ad aver goduto di maggior fortuna nella letteratura: nelle "Laudes creaturarum" di San Francesco d’Assisi – e successivamente nel Purgatorio dantesco – è detta sorella; in un celebre passo shakespeariano è invidiosa della raggiante Giulietta; da Petrarca a Hölderlin e da Keats a Rilke echeggia il mito greco che la vuole innamorata di Endimione.
L’immagine primigenia della luna che comanda le acque si riflette, in modo cifrato, nei memorabili versi tassiani sul delirio amoroso di Erminia per Tancredi, nei quali la “sorgente luna” sparge i suoi raggi luminosi; nonché in quelli goethiani, in cui essa riversa la bruma nella valle, sciogliendo l’anima dell’io poetico. Un esito parossistico è racchiuso invece nei versi di García Lorca: “quando spunta la luna / il mare copre la terra / e il cuore diventa / isola nell’infinito”; il cataclisma è sia naturale che interiore.
Giacché mutevole, la luna è anche il disordine. Ne deriva quel proverbiale accostamento alla follia ben reso da Shakespeare nell'"Otello": “si avvicina alla terra più del solito, e fa impazzire gli uomini”. Meno di un secolo prima, la mitopoiesi ariostesca ci aveva regalato il resoconto di un singolare viaggio oltremondano: quello di Astolfo sulla luna per recuperare il senno di Orlando.
Nel suo elogio della luna quale imperatrice della metamorfosi, Apuleio ne presenta un lato funereo, descrivendola come una “dea che atterrisce con i suoi ululati notturni, che nel [s]uo triplice aspetto plac[a] le inquiete ombre dei morti e chiud[e] le porte dell’oltretomba”. In quanto dotata del potere di transitare dalla vita alla morte e dalla morte alla vita, la luna appartiene difatti e al Cielo e agli Inferi: ne deriva un’irriducibile ambiguità dei suoi tratti e di conseguenza il possesso di un lato nefasto, che in termini junghiani si traduce nell'attributo archetipico femminile “terribile” e mortifero. Non tutte le lune dei poeti sono, in effetti, soavi o propizie: il romantico Shelley la paragona a “una signora morente emaciata e pallida”; una luna baudelairiana è “intossicante madrina”; Borges turba il suo lettore quando – riesumando lo scenario dell’Apocalisse biblica – menziona una putrescente “luna di sangue”; Hughes ritrae una madre celeste che minaccia di liberare sulla terra “tempeste e terrori lunari”.
Se la luna-satellite si è lasciata sondare rivelando molti dei suoi misteri, la luna-mito – custodita nei sogni – non smetterà mai di sedurre la fantasia poetica e questa, sotto il suo influsso, continuerà a concepire mistiche visioni e immortali incanti ».
Aggiornate all'11/11/2024
in P. Guarriello (a cura di), "Studi Lovecraftiani. Rivista di saggistica e cultura lovecraftiana", ISBN 978-10-75994-59-3, Anno XV, Pineto (TE), Dagon Press, pp. 21-45, 2019
Il presente saggio è apparso originariamente, con il titolo «Sulla natura lunare di Shub-Niggurat... more Il presente saggio è apparso originariamente, con il titolo «Sulla natura lunare di Shub-Niggurath: dalla mythopoeia di Howard Phillips Lovecraft a "The Moon-Lens" di Ramsey Campbell», sul numero monografico "Neo-Gothic. Hybridizations of the Imaginary" (vol. 35, 2018, pp. 48-68) – coordinato da Giovanni Magliocco – della rivista di letteratura universale e comparata "Caietele Echinox", diretta da Corin Braga ed edita a Cluj-Napoca (Romania) dal Centro di Ricerca sull’Immaginario "Phantasma" (ISSN 1582-960X). Viene riproposto in questa sede con alcuni tagli, con due doverosi approfondimenti alle note 28 e 102 (il primo storico-traduttivo, il secondo tematico-comparatistico) e con altre modifiche e integrazioni di lieve entità. Soprattutto, è qui ripubblicato in concomitanza con la prima traduzione italiana integrale - sempre a cura di Valentina Sirangelo - del racconto di Ramsey Campbell «The Moon-Lens» (1964), il quale viene trattato nella seconda parte dell'analisi.
in "Palinsesti", Vol. 5, Cosenza, Pellegrini Editore, pp. 327-345, 2019
The purpose of this essay is to investigate the re-elaboration of the Greek version of the “dying... more The purpose of this essay is to investigate the re-elaboration of the Greek version of the “dying and rising myth” in Yves Bonnefoy’s poem «Une voix» (which is part of his collection «Hier régnant désert», 1958) through the mythocritical method of inquiry. The first part of the essay traces a historical-religious profile of the myth of Kore – the Greek “dying and rising deity” – which is mainly preserved in the «Homeric Hymn to Demeter» (VII-VI c. B.C.). The second part of the essay identifies a sort of implicit Kore in the nameless “I” of Bonnefoy’s poem: she comes to life again in the forests and calls herself “green” – in French, "verte" (feminine). Moreover, she is black, since she reveals herself in the form of “race charbonneuse du jour” and of “sourire calciné d’anciennes plantes sur la terre”. In alchemy, the "calcinatio" is the process of burning through which the substance enters the phase of "nigredo": thus, Bonnefoy reproduces in “Une voix” the “affinity with Hell” which according to the Jungian scholar James Hillman is in fact concealed within Kore, “purely modest and yet subject to being covered by the copulatory passion of black Hades” («Alchemical Psychology», eng. vers. p. 134). Finally, this essay shows that the aquatic imagery of defloration – or insemination, according to another perspective – appears in the poem’s closing line, where a new “katabasis” threatens the protagonist (“la blessure de l’eau dans les pierres du jour”). Such a reading is supported by an archaic myth (reported by the geographer Pausanias in II c. A.D.) in which not Kore, but her mother Demeter – with whom she may be archetypically identified – is ravished by a phallic-chthonic god: Poseidon, Lord of the Waters of the Deep.
in G. Vanhese, A. Naccarato (eds.), "Immagine e interpretazione", ISBN 978-88-49854-28-2, Soveria Mannelli (Catanzaro), Rubbettino Editore, pp. 139-154, 2017
The present essay aims at analysing a work of fantastical prose fiction written by Ioan Petru Cul... more The present essay aims at analysing a work of fantastical prose fiction written by Ioan Petru Culianu in English (yet still unpublished in its original language) through the structures of the imaginary. The interpretation focuses on the Emerald Goddess, the most mysterious character in the short story, who abides within an emerald, and who is at the centre of a rich symbolic constellation. The first part identifies the labyrinth archetype in the intricate path to be traveled within the green stone and relates the sacred fauna inhabiting the emerald to the primordial goddess as "Potnia Therôn" or Lady of the Beasts. The second part investigates the meeting with the Emerald Goddess, which represents the final goal of the journey: in particular, it is recognised as a mystical participation, erasing the boundaries between subject and object, i.e. between the main character and the goddess.
in G. Benelli, C. Saggiomo (eds.), "Un coup de dés", ISBN 978-88-49531-75-6, Dipartimento di Scienze Politiche "Jean Monnet", Seconda Università degli Studi di Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 4, pp. 229-241, 2016
Il presente saggio si propone di indagare due componimenti poetici di Yves Bonnefoy, «Veneranda» ... more Il presente saggio si propone di indagare due componimenti poetici di Yves Bonnefoy, «Veneranda» (1958) e «Beauté et vérité» («Bellezza e verità», 2001) attraverso l’approccio della mitocritica, già proposto dal comparatista Pierre Brunel nei suoi studi sul poeta francese. Entrambe le poesie rielaborano gli aspetti centrali della “quête” di Demetra rivolta alla figlia Kore rapita da Ade, presentata nel mito greco. L’oscuro verso di apertura di «Veneranda» - “quel feu dans le pain rompu” (“che fuoco nel pane spezzato”) – richiama alla memoria il trattamento miracoloso che la dea delle messi riserva al neonato principe Demofoonte nella sezione centrale dell’“Inno omerico a Demetra” (VII-VI sec. a. C.), ossia l’immersione nel fuoco. Secondo Károly Kerényi, Demetra tratta Demofoonte come se fosse il grano, il cui destino è la morte per fuoco affinché possa tramutarsi in pane (il “pain” di Bonnefoy). In «Beauté et vérité» – il cui ipotesto è invero un episodio narrato da Ovidio nei «Fasti» (I sec. d. C.) in cui un giovinetto ride di Demetra – un fanciullo viene sollevato nella “flamme des jeunes blés” (“fiamma delle prime spighe”). Tale scena suggestiva evoca nuovamente il processo iniziatico della cottura del neofita: ma mentre in «Veneranda» questo processo trasformativo ha avuto successo, qui, in «Beauté et vérité», esso fallisce angosciosamente.
in G. Benelli, C. Saggiomo (eds.), "Un coup de dés", ISBN 978-88-49529-26-5, Dipartimento di Scienze Politiche "Jean Monnet", Seconda Università degli Studi di Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2, pp. 257-273, 2014
L’obiettivo del presente studio è quello di illustrare i principali aspetti del mito di Core-Pers... more L’obiettivo del presente studio è quello di illustrare i principali aspetti del mito di Core-Persefone nella poesia di Yves Bonnefoy. Nella prima parte si individua il mitema della scomparsa della dea-fanciulla nel ciclo «Le dialogue d’Angoisse et de Désir» («Il dialogo di Angoscia e Desiderio», 1965). Qui la protagonista – la quale assume il nome francese di “Coré”, il che istituisce un legame esplicito con il mito molto caro a Bonnefoy – precipita nell’abisso infero dopo aver inghiottito un liquido floreale nero: attraverso la deglutizione, isomorfa alla discesa, il poeta francese riproduce il duplice simbolismo che sottende, nel mito ellenico, alla raccolta del fiore del narciso e all’ingerimento del seme di melagrana – ossia, agli atti simbolici fatali che rappresentano rispettivamente l’inizio e la fine del primo viaggio della dea-fanciulla nell’Ade. La bevanda floreale contiene, inoltre, una futura promessa di rinascita ignea, poiché risplende di un fuoco notturno e sotterraneo. Nella seconda parte si individua il mitema del ritorno di Core-Persefone tra i vivi nel ciclo «À une terre d’aube» («A una terra d’alba», 1958), la cui protagonista rinasce con delle sembianze annerite e riarse: il binomio simbolico costituito dal cromatismo nero e dal fuoco fecondativo-rigenerante fornisce così un nesso ermeneutico tra i due cicli poetici. Dalla prospettiva dell’archetipologia e della mitocritica «À une terre d’aube» costituisce pertanto il seguito di «Le dialogue d’Angoisse et de Désir», malgrado quest’ultimo gli sia posteriore nella cronologia compositiva bonnefoyana.
in P. Guarriello (a cura di), "Studi Lovecraftiani. Rivista di saggistica e cultura lovecraftiana", ISBN 978-10-75994-59-3, Anno XV, Pineto (TE), Dagon Press, pp. 47-67, 2019
Fonte originale utilizzata: J. Ramsey Campbell, «The Moon-Lens», in Id., "The Inhabitant of the L... more Fonte originale utilizzata: J. Ramsey Campbell, «The Moon-Lens», in Id., "The Inhabitant of the Lake and Less Welcome Tenants", Sauk City (WI), Arkham House, 1964, pp. 191-207.
in P. Guarriello (a cura di), “Studi Lovecraftiani. Rivista di saggistica e cultura lovecraftiana”, ISBN 978-17-24185-23-5, Anno XIV, Pineto (TE), Dagon Press, pp. 24-34, 2019
Fonte originale utilizzata: Robert M. Price, «Lovecraft’s Concept of Blasphemy», in Id., "H. P. L... more Fonte originale utilizzata: Robert M. Price, «Lovecraft’s Concept of Blasphemy», in Id., "H. P. Lovecraft and the Cthulhu Mythos", Mercer Island (WA), Starmont House, 1990, p. 3-11 [prev. publ. in "Crypt of Cthulhu", n. 1, 1981, p. 3-15]
in "Dialogoi. Rivista di Studi Comparatistici", Monographic Volume "La dialettica degli spazi / Gli spazi della dialettica", ed. by G. Grilli, Rome, WriteUp Site, Vol. 5 (forthcoming), 2018
Come rileva Sunand Tryambak Joshi nella sua edizione dell’opera saggistica critico-letteraria di ... more Come rileva Sunand Tryambak Joshi nella sua edizione dell’opera saggistica critico-letteraria di Howard Phillips Lovecraft ("Collected Essays, Vol. 2: Literary Criticism", New York, Hippocampus Press, 2004), questo scritto – qui presentato in italiano per la seconda volta, dopo essere apparso quarant'anni fa nella traduzione di Giuseppe Lippi su un numero speciale dedicato a Lovecraft della rivista di letteratura fantastica "Il Re in Giallo" (n. 2, 1979, pp. 100-102) – è l’ultimo testo teorico dell’autore statunitense sulla poesia.
In questa importante riflessione, Lovecraft esorta coloro che desiderano cimentarsi nella scrittura metrica ad evitare ogni tematica meramente esplicativa, o moraleggiante (a suo dire, inadatte alla poesia [poetry]), e ad adoperare, piuttosto, l’immagine e il simbolo.
in "Poezia: revistă de cultură poetică", Tema numărului "Poezie şi sărăcie", ISSN 1582-0890, XXII, 2 (80), pp. 98-100, 2017
Anatol E. Baconsky (1925-1977) was poet, prose writer, essayist, translator and the director of s... more Anatol E. Baconsky (1925-1977) was poet, prose writer, essayist, translator and the director of some of the most prestigious Romanian literary journals such as “Almanahul literar” and “Steaua”. He conceived a severe critic against the Communist Regime in the form of parable, i.e. his only novel «Biserică neagră» («The Black Church») which appeared for the first time in 1976 in German translation. It was later published in Romanian – its original language – only in 1990, immediately after the fall of Ceauşescu and several years after Baconsky’s death in the terrifying Bucharest earthquake of 1977. After a period influenced by the precepts of socialist realism, Baconsky’s poetry takes on a very personal tone characterized by melancholic and elegiac shades and by a metaphysical span, denoting – above all during his last period of writing – a great crisis of the individual caused by contemporary world’s inhumanity.
The first two poems by Baconsky here given in Italian translation («Eternitate amară» and «Gând exilat») appeared in the collection “Cadavre în vid” (1969) – his last anthumous publication – whereas the third one («Simptom») was published posthumously. Romanian reference edition is: A. E. Baconsky, Opere, I. Poezii, ediție îngrijită de Pavel Țugui și Oana Safta, Introducere de Eugen Simion, București, Academia Română, Fundația Națională pentru Știință și Artă, 2009.
"Analele Universităţii din București - Limba și Literatura Română", ISSN 1220-0271, Anul LXVIII, ... more "Analele Universităţii din București - Limba și Literatura Română", ISSN 1220-0271, Anul LXVIII, pp. 99-116, 2019.
The present article, which uses the hermeneutical strategies promoted by Pierre Brunel’s mythocritique, aims to investigate the Germanic eschatological myth of the “Fate of the Gods” in the poetry of Charles Leconte de Lisle and Lucian Blaga. After a historical-religious introduction on the “Fate of the Gods”, the article outlines its peculiar symbolic constellation. Subsequently, the article turns the archetypical approach into the mythocritical application to poetic texts. The poem "La Légende des Nornes" ("The Legend of Norns", 1862) by Leconte de Lisle is a case of flexibilité of the “Fate of the Gods” myth in a literary text: the French poet reproduces the mythologeme of great winter and combines the outcomes of the deluge and those of conflagration into the original image of a smoking ocean. The poems "Peisaj transcendent" ("Transcendental Landscape", 1929), "Satul minunilor" ("The Village of Miracles", 1938), and "Götterdämmerung" ("Twilight of the Gods", 1970) by Blaga are instead a case of irradiation of the “Fate of the Gods” myth in a literary text: although never mentioning the Germanic eschatological event, the Romanian poet depicts its dying god and the world renewal that follows it.
"Caietele Echinox", Monographic Volume "Neo-Gothic. Hybridizations of the Imaginary", ISSN 1582-960X, 35, pp. 48-68, 2018
The present essay proposes to trace a profile of Shub-Niggurath – one of the terrifying deities c... more The present essay proposes to trace a profile of Shub-Niggurath – one of the terrifying deities conceived by Howard Phillips Lovecraft – through the Moon Archetype. The first part illustrates that the double sexuality of Shub-Niggurath – who, though being a Mother Goddess of Fertility, has a more frequent masculine hypostasis, the Goat with a Thousand Young – is informed by the great myth structured upon the distinction between the whole and the part, that is to say between full moon and crescent moon, the latter isotopic with the goat horn. The second part analyses a Lovecraftian tale by the British writer Ramsey Campbell, «The Moon-Lens» (1964), which entirely concerns this deity. Beyond the double sexuality of Lovecraftian origin, the Shub-Niggurath of Campbell exhibits several repugnant and hybrid traits which are referable to the lunar law of becoming. The initiation to Shub-Niggurath experienced by the tale’s main character consists of an initiatory death in the form of a descent into the netherworld – analogous to that of the moon during the three nights of darkness – and an initiatory rebirth degraded to a blasphemous metamorphosis.
"Italica. Journal of the American Association of Teachers of Italian", ISSN 0021-3020, 95, 1, pp. 18-30, 2018
Il sonetto di Arturo Onofri «Ogni notte, nel sonno, mi riporti» (1930) tematizza il ritorno all'U... more Il sonetto di Arturo Onofri «Ogni notte, nel sonno, mi riporti» (1930) tematizza il ritorno all'Umanita Cosmica Originaria che l'individuo esperisce durante lo stato di sonno. Il presente articolo si prefigge di illustrare, innanzitutto, come al reame della misteriosa "Anima originaria" dei sonetto - alla quale l'io poetico onofriano viene ricondotto - sottenda il simbolismo delle Tenebre primordiali, in cui tutte le modalità di esistenza si trovano "in potentia". In seguito, discute la dinamica ascensionale del "Regressus ad Originem" dell'io poetico, che lo libera dal modo gravitazionale di esistere e pertanto dalla terra come materia. Infine, tratta la rinascita dell'io poetico sotto forma di "fanciulletto umano", che lo proietta fuori dal tempo e lo ricongiunge alla vita eterna: tale rinascita di tipo mistico si traduce nel raggiungimento di un livello superiore di esistenza, ossia nella trasformazione da essere corporeo a essere spirituale.
"Philologica Jassyensia", ISSN 2247-8353 and ISSN-L 1841-5377, XIII, 2 (26), pp. 235-250, 2017
As poems like «Rune» and «Götterdämmerung» testify, Germanic myth always excited Lucian Blaga’s c... more As poems like «Rune» and «Götterdämmerung» testify, Germanic myth always excited Lucian Blaga’s creative imagination. However, it is possible to identify the implied presence of a Germanic – in particular, Norse – theme in «Peisaj transcendent» as well. This is a poem that depicts a decaying cosmos yet which fortells its forthcoming regeneration. The purpose of this essay – which proposes a comparison between Old Norse mythological literature and contemporary Romanian literature through a mythocritical approach – is to illustrate that many of the chaotic scenes which follow one another in «Peisaj transcendent» are very similar to those of the Ragnarök, the awe-inspiring eschatological chapter of Eddic mythology. After a historical-religious introduction on Ragnarök, the essay investigates two ornitomorphic creatures portrayed in «Peisaj transcendent»: the “apocalyptic roosters” and the “birds similar to water angels”. The former reminds one of the three roosters announcing the end of the world and the final struggle between the gods and their enemies in Old Norse myth. Nonetheless, since a cosmic renewal follows the Ragnarök, both the Norse roosters and Blaga’s roosters preserve – apart from an apocalyptic characterization – their main symbolic function of birds as foretellers of dawn. The latter – the water birds as messengers of the other world – are brought to the strand by the sea of death, i.e. the same archetypical sea that swallows the Earth during the Ragnarök. Subsequently, the essay analyses the signals of rebirth in «Peisaj transcendent», that is to say the Earth which “flares up as with fluctuating waves” and the coffins which “sing under the grass by the thousands”. In these scenes, it is possible to detect the double dynamics of world destruction typical of the Ragnarök – including a flood or Deluge and eventually a great fire or Conflagration –, as well as the aquatic and vegetal processes on which the regeneration of the cosmos structures itself in Old Norse myth.
"Analele Universităţii din București – Limba și Literatura Română", ISSN 1220-0271, LXVI, pp. 107-122, 2017
Although no personal or intellectual contact between Lucian Blaga and the Italian poet Arturo Ono... more Although no personal or intellectual contact between Lucian Blaga and the Italian poet Arturo Onofri is proved, they both create an ultimate poetry, which may look for the mystery dwelling in the utmost core of cosmic harmony. The present comparative essay aims to illustrate, through the tools of inquiry of archetypology, the ideal complementarity between an early poem by Blaga, «Linişte» (1919), and the the forty-sixth poem of Onofri’s collection «Zolla ritorna cosmo» (1930). The first part of the essay investigates the lunar and nocturnal symbolic constellation evoked in both poems: the former reveals the eternal return, while the latter is grounded in the maternal archetype. The second part of the essay focuses on how the perpetuation of the ancestors’ melancholic song portrayed in «Linişte» undergoes an inversion of perspective in Onofri's poem – whose main character is reborn after having experienced the Cosmic Night. Thus, «Linişte»'s central event proves to be a case of reincarnation, while in Onofri's poem a "renovatio" occurs.
"Philologica Jassyensia", ISSN 2247-8353 and ISSN-L 1841-5377, XII, 2 (24), pp. 271-284, 2016
With the aim to highlight the innovative perspectives traced by the "mythanalyse", Culianu believ... more With the aim to highlight the innovative perspectives traced by the "mythanalyse",
Culianu believed that the literary text – in particular, the fantastic one – included latent
myths, or, more precisely, that the text itself might be contemplated as a myth. The purpose of this article – which will follow the methodological approach established by the Romanian historian of religions himself – is to investigate one of his own short stories, «The Emerald Game», following a thorough mythoanalytical reading. After identifying myth as a “mind game” – a fortunate formula which Culianu frequently employs in his philosophical scientific writings – the article will illustrate how the emerald “game” consists of an initiatory itinerary which takes place in the imaginary world contained in a tiny green stone, with a meandric structure akin to a mandala. This itinerary, presenting a circular temporality, aims at reaching the sacred centre of the stone, which manifests itself in the form of a feminine divinity – the Emerald Goddess – which indeed represents the centre of one’s own being. Such an interpretation harmonizes with the mental nature of the otherworldly journey
as theorized by Culianian epistemology. Subsequently, the article will demonstrate that the initiatory journey in «Jocul the smarald» is a Journey to the Netherworld. The first justification of this classification is the presence of the “River of the Dead” cosmologem – which is omnipresent in funerary geographies – yet euphemized by Culianu in a calm water course that has to be waded. The second justification – which establishes a far more profound "niveau isotopique" – is the hypothesis that the initiatory itinerary of «Jocul de smarald» pursues the alchemical motto "Vitriol", substituting the Interior of Terra Mater with that of the gemstone, where the supreme Goddess dwells. This reading is grounded in the identification of alchemy with the "regressus ad uterum": the Emerald Goddess would thus coincide with the alchemical "vas" , that is to say the central life-giving vessel from which the miraculous stone – i.e. the regenerated neophyte – will be born.
"Analele Universităţii din București – Limba și Literatura Română", ISSN 1220-0271, LXV, pp. 73-93, 2016
The aim of the present comparative study is to focus on the parallelisms between George Sand’s no... more The aim of the present comparative study is to focus on the parallelisms between George Sand’s novel «Laura, Voyage dans le cristal» (1864) and Ioan Petru Culianu’s short story «Jocul de smarald» (1989) through a hermeneutical mythocritical approach. Both works are modelled upon a type of rêverie that Gaston Bachelard specifically defines an "amplifying play of minerals". Initially the article will investigate the geode and the emerald, lithic containers which emerge as two explorable and marvelous microcosms. Like the Earth which generates them, the two lithic-mineral examples
participate in the Central Symbolism of the Feminine: for this reason, both Laura and the Emerald Goddess, impetuses and supreme goals of the initiatory journeys the two main characters undertake, dwell at their center. Furthermore, the geodic stone and the green stone lead back to the "participation mystique" with the Feminine. The second part of this study will identify in both works the "anima-image", as guide and mediator of the initiation to the Feminine mysterium, and the "sparagmos", i.e. the gory dismemberment informing the perilous aspect of the Mother Archetype. As a result, the suave Laura and the omnipotent Emerald Goddess can be read as two reformulations – the former romantic, the latter mythopoeic – of the "Great Mother of Initiation".
"Philologica Jassyensia", ISSN 2247-8353 and ISSN-L 1841-5377, XI, 1 (21), pp. 111-123, 2015
The present work aims to illustrate, through a mythocritical approach, how the product of Lucian ... more The present work aims to illustrate, through a mythocritical approach, how the product of Lucian Blaga’s lyrical mythopoiesis, specifically the moon named “zeul” ("god") in «Cântecul spicelor» («The Song of the Wheat Ears», published posthumously in 1970), may be classified as the divinity-type known as the “Fecundator” in the history of religions. In the first part, after identifying the waxing crescent with the phallus – the symbol par excellence of the Masculine principle –, a “lunar” Fecundator is associated with Blaga’s astral god. From his place in the sky this god has a “spécialisation génésico-taurine”, and the power to inseminate the earth through his spermatic rain, since he is endowed with a “phallic” horn. Moreover, the ophidian hypostasis of the moon, which further justifies its virility, is presented: the serpent – in the same way as the taurine horn – is isotopic with the phallic waxing crescent. The second part of the article describes how the Blagian moon awakens, in the virginal ears – symbolizing the daughters and hypostases of the Goddess Earth –, a fervent “dor” ("desire") . However, at the same time the Blagian moon produces a tremor of death due to its “seceră” form, since the sickle is the tool that severs the plant’s life, while also promising its future rebirth. Finally, this work underlines the key-role played by the fire element as an instrument of Eros: it is evoked in “în arderea vântului”, a syntagm epitomizing the ears’ hope for a kind of death which would allow them to ascend to the sky and rejoin the moon-god. Thus, the transience that the vegetation drama imposes upon them would disappear, and the moon’s harvesting would fill the chasm separating the sub-lunar world, which is the realm of eternal becoming, from the sempiternal dominion of the lunar world, i.e. the celestial realm.
"Caietele Echinox", Monographic Volume "Media Mythologies. Revisiting Myths in Contemporary Media", ISSN 1582-960X (România) and ISBN 978-23-64242-34-0 (France), 28, pp. 111-127, 2015
The present study aims to investigate, through mythocriticism, the song «Revived» by the early Fi... more The present study aims to investigate, through mythocriticism, the song «Revived» by the early Finnish Death Metal band Adramelech. The article will focus on the symbolic constellation which lies beneath the lyrics of this song also in relation to the cover artwork of the EP from which it is drawn, «Spring of Recovery» (1992). The first part of the study will analyze Revived’s scenario of "initiatory death": the "Regressus ad Originem" – i.e. the return to the germinal stage –, grounded in an intense aquatic imaginary, eventually reveals itself to be a "Regressus ad Uterum", that is a regression into the watery abyss of gestation. Then, the symbolism of the immersion into the "spring of recovery" – a key-syntagm which again informs the whole EP’s title – will be explored. Through its matricial and primordial Water, the chthonic spring bestows onto the initiate a prodigious "renovatio", which starts his uterine ascent. This study will thus demonstrate how some representative artists of the Death Metal subgenre – authentic postmodern lyric poets – evoke and recombine the most fecund archetypes of the collective unconscious, substantiating Mircea Eliade’s assumption according to which "poetry renews and continues the myths" even within contemporary multimedial universe.
"Analele Universităţii din București – Limba și Literatura Română", ISSN 1220-0271, LXIII, pp. 61-74 , 2014
The present study proposes an analysis of the poem «Dealuri» (1977) by Ana Blandiana, carried out... more The present study proposes an analysis of the poem «Dealuri» (1977) by Ana Blandiana, carried out under the comparatistics perspective. A complete and coherent interpretation of «Dealuri» ‒ and, in particular, of the "dead" character ‒ can be realized through the mythocritical methodology, by employing the "Vegetation God" archetype. The first part reflects on the poem’s landscape: two specular dimensions ‒ air and earth ‒ are crossed by "spherical" hills, which benefically bestow prosperity on them and which are thus classifiable as a hypostasis of the Earth Mother Goddess. The second part, after having ascribed «Dealuri» to Lucian Blaga’s "mioritic space", proposes a comparatistic study of the Romanian Folk Ballad «Mioriţa» («Dealuri»’s hypotext): in particular, the passive-feminine traits of the shepherd ‒ its main character ‒, the lamentation which his demise causes, but above all his fictitious marriage with an arcane female figure permit to identify him with the "Vegetation God" archetype. The last part illustrates how this self-same archetype can be recognized in the "dead" character of «Dealuri», lying underground but mindful of his past "lives" while listening "eternities" flowing. The "Vegetation God" Myth, preserved intact in an archaic text such as «Mioriţa», is thus projected in a Twentieth-Century poem through a creative act of Ana Blandiana.
"Caietele Echinox", Monographic Volume "Fantasy and Science Fiction", ISSN 1582-960X (Romania) and ISBN 978-23-64242-36-4 (France), 26, pp. 201-218, 2014
In the present article, we propose an analysis of mythocriticism about Arkay, a divine figure cre... more In the present article, we propose an analysis of mythocriticism about Arkay, a divine figure created for the religious-historical domain of «The Elder Scrolls», a series of fantasy Computer Role-Playing Games. In particular, we aim to illustrate that it is possible to recognize, in this deity, the powerful action of the "Child God" archetype. In the first part we trace a brief profile of the "Child God", concentrating on its main mythemes: the agro-cyclic destiny, the centrality of death and the fatal relation with the Mother Goddess. In the second part we track these mythemes in Arkay, who holds the title of "God of the Cycle of Birth and Death", oversees burials and funeral rites and has a maternal-mortuary connection with two goddesses, Mara and Namira. Through the fil rouge of the "Child God" archetype, our research proves the extraordinary coherence characterizing a portion of «The Elder Scrolls» Lore, whose creators, not differently from every artist of any age, always draw on the same archetypal material stored in the collective unconscious.
"Bulletin de Liaison des Centres de Recherches sur l᾽Imaginaire", ISSN 1770-9385, 12, pp. 33-34, 2013
"Symbolon", Monographic Volume "Mythologies de la violence", ISSN 1843-4843 and ISBN 978-23-64420-51-9, Éditions Universitaires de Lyon III, 10, pp. 120-136, 2015
The present article analyzes a product of creative imagination in the mythology of «The Elder Scr... more The present article analyzes a product of creative imagination in the mythology of «The Elder Scrolls» – a world-renowned Computer Role-Playing Games series – by the theoretical tools of archetypology and the practical methods of mythocriticism. It focuses on the "Night Mother", who presides on the side of the horrific god Sithis over violent death, to which the "Dark Brotherhood" sectarian guild’s cult is devoted. The Elder Scrolls creators conceived this Non-Player Character following the archetypal model of the "Terrible Mother". The first part of the article interprets, in support of the present hermeneutical proposal, the pseudo-goddess’ double name, made up of two archetypes – the Mother and the Night –, which are isotopic with each other since they are both capable to make the living regress to the prenatal darkness. The second part of the article shows how the Mother archetype’s other aspect – the benevolent and protective one –, which emerges in the "Dark Brotherhood" doctrinal rhetoric, is inseparable from the "terrible" and death-bringing one. This is further confirmed by The «Death Incarnate» quest’s exegesis: here, the corpse-like Night Mother receives the Player Character into her "vessel of death" – i.e. her sarcophagus –, implicitly offering him the highest bliss of rebirth by virtue of the "tomb-cradle" isotopism.
"Lingua, Traduzione, Letteratura", ISSN 2532-229X, 2, pp. 393-410, 2018
L’obiettivo del presente studio è quello di riconoscere la struttura mitologemica della "katábasi... more L’obiettivo del presente studio è quello di riconoscere la struttura mitologemica della "katábasis" o Discesa agli Inferi – immancabile nelle topografie oltretombali – nella prosa narrativa fantastica di Ioan Petru Culianu. Nella prima parte si identifica il corso d’acqua presente nel suo racconto «Il gioco dello smeraldo» (1989) con il mitologema del fiume dell’aldilà, più che mai frequente al limitare degli Inferi in svariati miti del mondo antico: nel racconto di Culianu, è una soglia di passaggio fondamentale che separa, all'interno dello smeraldo, un “Antinferno” dai contorni essenziali da un “Inferno” paesaggisticamente e simbolicamente ricco. Nella seconda parte si illustra come il meticoloso scavo visivo ed onirico intrapreso dalla protagonista dello stesso racconto – che si traduce in un vero e proprio viaggio “dell’anima” all'interno della pietra verde – risponde all'impulso portante della Grande Opera alchemica, che consiste anche essa in una "katábasis" ("Visita le profondità della terra e attraverso la purificazione troverai la pietra segreta”). Secondo la prospettiva della mitanalisi qui adottata, la Discesa agli Inferi si rivela pertanto il “mito latente” di fondo del testo letterario culianiano. L’uso di tale impalcatura mitologemica si radica nell’isomorfismo viscerale che sussiste tra il mondo infero e l’inconscio, che – asserisce la studiosa di formazione junghiana Mary Esther Harding – gli antichi proiettavano fuori di sé e consideravano un luogo geografico sconosciuto verso il quale era possibile intraprendere un viaggio.
"L’inconscio. Rivista Italiana di Filosofia e Psicoanalisi", Monographic Volume "L'inconscio estetico", ISSN 2499-8729, 3, pp. 106-119, 2017
The present mythanalytical study investigates how the archetypic schemes of the "opus alchemicum"... more The present mythanalytical study investigates how the archetypic schemes of the "opus
alchemicum" emerge in Ioan Petru Culianu’s «Il gioco dello smeraldo» (1989). The first
part of the study classifies the emerald visitress’ body mutilation as a process of
"separatio". The second part of the study establishes a comparison between Culianu’s
fantastic short story and a vision of the alchemist Zosimos – a well-known text due to
a commentary by Carl Gustav Jung – which is grounded in the mythologeme of
dismemberment and in the symbolism of roundness.
Roma, Aracne Editrice, ISBN 978-88-54872-81-3, 532 p., 2014
Tre componimenti poetici – di Ana Blandiana, Lucian Blaga e Yves Bonnefoy – vengono interpretati ... more Tre componimenti poetici – di Ana Blandiana, Lucian Blaga e Yves Bonnefoy – vengono interpretati secondo la metodologia della mitocritica: in essi si può riconoscere il Dio della vegetazione, categoria archetipale che da sempre risiede nell’immaginario dell’umanità, e della quale si è a lungo occupata e si occupa la mitologia comparata.
Il capitolo I («La Rivoluzione neolitica e la nascita dell’immaginario agrario») indaga l’immaginario religioso del Neolitico, età preistorica durante la quale l’uomo inizia a contemplare assiduamente il ciclo di morte e rinascita della vegetazione. Durante il Neolitico l’Unità primordiale costituita dalla Terra e dalla Vegetazione – sua manifestazione o ipostasi – viene obliata. La Terra è assimilata a una Dea Madre, e la Vegetazione, di contro, è assimilata a un Dio protagonista di un “dramma”: egli si distacca dal grembo tellurico vivendo, ritorna al grembo tellurico morendo, e si distacca nuovamente dal grembo tellurico rinascendo, secondo uno schema triadico-ciclico (vita, morte e rinascita). Il Dio della Vegetazione, frutto del processo di “alienazione” della Terra da se stessa, è un “Dio Figlio” in quanto non è autonomo
dalla Dea Terra; ma è, simultaneamente, un “Dio Sposo”, poiché il ritorno del seme all’utero tellurico della Dea può essere inteso come una “penetrazione” della sua stessa Madre, sicché esso possa autoprocrearsi e rinascere uguale a se stesso.
I capitoli II, III e IV («Il Dio della Vegetazione nella mitologia mesopotamica: Dumuzi/Tammuz»; «Il Dio della Vegetazione nella mitologia greca: Demetra e Persefone»; «Il Dio della Vegetazione nella mitologia norrena: Baldr») concernono i miti riguardanti alcuni degli “dèi della Vegetazione”, o “dèi che muoiono e risorgono”, classificabili come “eredi” del Dio della Vegetazione neolitico. Di ogni mito viene esposta la sinossi – sovente ricostruita attraverso la comparazione di più fonti – e vengono illustrati i temi e i mitemi principali. Il sostrato agrario è ancora riconoscibile in tali miti, sebbene esso non sia più puro, in quanto adombrato da sedimentazioni simboliche posteriori. Il capitolo V («Costellazione simbolica del Dio della Vegetazione») espone i cinque principali archetipi inerenti al “Mito della Vegetazione”. I primi due archetipi, il “Descensus ad Inferos” e lo “Hieros Gamos”, incarnano il duplice rapporto – erotico e mortuario – del Dio della Vegetazione con la Dea Terra, al tempo stesso sua Madre e Sposa: nel momento in cui la Vegetazione ritorna al grembo della Terra, essa muore nel ciclo corrente (“Descensus ad Inferos”) e, contemporaneamente, la feconda per il prossimo ciclo (“Hieros Gamos”). Il terzo archetipo, la Luna, regola il rapporto ciclico tra la Vegetazione (Dio) e la Terra (Dea): essa, nel corso del suo ciclo crescente-decrescente, si presta a simboleggiare, a turno, il Dio della Vegetazione (quando è “parziale”, in forma di quarto, corno, fallo) e l’Unità ancestrale Vegetazione-Terra (quando è “totale”, nelle fasi di luna piena e di luna nera). Il quarto archetipo, il Tempo ciclico, costituisce l’impalcatura ontologica essenziale del rapporto Vegetazione-Terra: questo, infatti, si sviluppa nel ciclo stagionale, che eternamente si ripete. Il quinto archetipo, l’Acqua, figura sottoforma di Lacrime o di Sangue: le Lacrime non sono altro che un’eufemizzazione delle Piogge, essenziali affinché la Vegetazione, sepolta nel ventre della Terra, possa ricrescere; il Sangue è l’emblema della morte violenta del Dio: quest’ultimo viene “sacrificato” (in senso eliadiano) alla Terra, onde permettere una nuova Creazione, ossia la sua rinascita.
I capitoli VI («Ana Blandiana, "Dealuri": echi del Mito della Vegetazione nello “spazio mioritico”»), VII («Lucian Blaga, “Cîntecul spicelor”: i misteri di una luna al maschile») e VIII («Yves Bonnefoy, “Et je pense à Coré l’absente” : Angoscia del movimento e Desiderio d’immobilità») propongono l’analisi di testi poetici del XX secolo. Essi vengono interpretati mediante il riconoscimento, nel corpo degli stessi, dell’archetipo del Dio della Vegetazione (o di uno o più dei suoi mitemi).
I componimenti ivi proposti costituiscono alcuni esempi esplicativi di come l’obliato “Mito del Dio della Vegetazione”, perfino nella prosaica età contemporanea, continui a dar voce all’inconscio, custode dei sogni e delle speranze dell’uomo, da sempre alienato dalla Natura, dall’Eterno e dall’Uno.
in L. Botoşineanu, O. Ichim, F.-T. Olariu (eds.), "Linguistic and Cultural Contacts in the Romanian Space – Romanian Linguistic and Cultural Contacts in the European Space", Proceedings, Iaşi, 16-18 September 2015, ISBN 978-88-54898-01-1, Roma, Aracne Editrice, pp. 419-439, 2016
The present study aims to illustrate the circuit of symbolic correspondences between the early po... more The present study aims to illustrate the circuit of symbolic correspondences between the early poetry of the Romanian Lucian Blaga (in particular «Linişte», «Biografie», and «Somn») and the late poetry of the Italian Arturo Onofri (in particular «Qualcuno stanotte m’ha scosso», «Ogni notte, nel sonno, mi riporti», and «Nel più profondo sonno, ove ogni notte»). In young Blaga’s poetry the forefathers’ songs often echo through the hearts of their descendants during evening or night hours; in Onofri’s late poetry, instead, one finds a more explicit symbolism of the “reintegration in the primordial Unity” experienced by each sleeping individual in the middle of the night. Onofri often portrays the realm of the uranic Mother to which the individual soul ascends; his Spiritual Mother may be compared with Blaga’s mystic Moon by virtue of archetypal Feminine symbolism. Through such a comparison, one recognizes that, as Jung asserted, only by living with a myth – i.e. rediscovering the archetypical images through symbolic experience –, can man gain access to the mysterious Unity of which individual existence is nothing but a transient emanation.
in L. Botoşineanu, O. Ichim (eds.), "The Romanian Language and Culture: Internal Approaches and External Perspectives", Proceedings, Iaşi, 17-19 September 2014, ISBN 978-88-54888-89-0, Roma, Aracne Editrice, pp. 365-378, 2015
Starting from the perspective offered by mythocriticism – which puts archetypological materials i... more Starting from the perspective offered by mythocriticism – which puts archetypological materials in support of literary hermeneutics – the present article offers a reading of «Jocul de smarald» by Ioan Petru Culianu. Originally written in English during the author’s stay in the United States, this short story partially inserts itself in the reference framework of “Romanian Migrant Literature”. The interpretation here proposed is based on an archetype well known to the historian of religions Culianu: the Great Goddess, recognizable in the mysterious character of the “Emerald Goddess”, whom the nameless female main character meets at the end of an initiatic journey inside an emerald stone. In the first part of the article, we analyze the basic coherence of some of the setting traits of «Jocul de smarald», appealing to the complex symbolism surrounding the Great Goddess during her prehistoric “Golden Age”. In the second part of the article, in order to develop a reflection upon the diegesis of the short story, we add the Vegetation Myth ‒ in particular, the "Sparagmos" and "Hieros Gamos" mythemes ‒ and the symbolic imagery of the Anima to our theoretical sources. The gradual loss of body parts and the erotic traits of the final encounter with the Emerald Goddess allow us to define «Jocul de smarald» as an authentic “parable” of the return to the Uroboros ‒ the original unconscious stage. Thus, as an “initiation to the dark earth of human psyche”, «Jocul de smarald»’s “otherworldly” journey proves to be indeed an inner one.
2nd-4th May 2018, Venezia (IT): Convegno Internazionale "Mediterraneità. Una trama liquida tra continenti, letterature, culture", Dipartimento di Studi Linguistici e Culturali Comparati, Università Ca’ Foscari di Venezia.
16th-18th September 2015, Iaşi (RO): International Conference "Linguistic and Cultural Contacts in the Romanian Space – Romanian Linguistic and Cultural Contacts in the European Space", Institut de Philologie Roumaine “A. Philippide” (section de Iaşi de l’Académie de Roumanie).
17th-19th September 2014, Iaşi (RO): International Conference "The Romanian Language and Culture: Internal Approaches and External Perspectives", Institut de Philologie Roumaine “A. Philippide” (section de Iaşi de l’Académie de Roumanie).
"Philologica Jassyensia", ISSN 2247-8353 and ISSN-L 1841-5377, XIV, 2 (28), pp. 340-342, 2018
by Giovanni Magliocco, Max Duperray, Florence Casulli, Valentina Sirangelo, Barbara Miceli, Laura Pavel, Lucian-Vasile Szabo, Marius-Mircea Crișan, Mihaela Ursa, Ana Maria Parasca, Fabio Camilletti, and Corin Braga
Content: Giovanni Magliocco, Foreword Neo-Gothic between Theory and Imaginary Max Duperray, « N... more Content:
Giovanni Magliocco, Foreword
Neo-Gothic between Theory and Imaginary
Max Duperray, « NEO-GOTHIC » : frontières incertaines d’un concept littéraire [13-24]
Florence Casulli, Macabre Short-Stories by Edgar Allan Poe and Roald Dahl [25-47]
Valentina Sirangelo, Sulla natura lunare di Shub-Niggurath: dalla mythopoeia di Howard Phillips Lovecraft a The Moon-Lens di Ramsey Campbell [48-68]
Patrycja Antoszek, Shirley Jackson’s Affective Gothicism: The Discourse of Melancholia in The Bird’s Nest [69-86]
Barbara Miceli, Pathological Narcissism in a (Neo)Gothic Setting: Joyce Carol Oates’s “Evil Eye” [87-100]
Dana Percec, Gothic Revisitations of Hamlet: Ian McEwan’s Nutshell [101-114]
Rose-Anaïs Weeber, Crimson Peak: Guillermo del Toro’s Visual Tribute to Gothic Literature [115-126]
Hybridizations & Mutations
Laura Pavel, The Gothic-Absurd Hybrid and the Limits of Representation [129-146]
Lucian-Vasile Szabo & Marius-Mircea Crișan, Technological Modifications of the Human Body in Neo-Gothic Literature: Prostheses, Hybridization and Cyborgization in Posthumanism [147-158]
Alessandra Squeo, Hybridizing Textual Bodies and Neo-Gothic Identities: Frankenstein’s Afterlife in Shelley Jackson’s Fiction [159-174]
Mihaela Ursa, Media Pride and Prejudices of Transmedial Traffic: Enacting Jane Austen with Zombies [175-189]
Doru Pop, A Replicant Walks into the Desert of the Real and Tells Unfunny Jokes in the Flickering Lights of Neon-Gothic Fantasy [190-211]
Richard Kidder, Some Examples of the Ecogothic in Contemporary English Language Fiction [212-222]
Carmen Borbély, Post-Gothic Traces in Ian McEwan’s Solar [223-233]
Peripheral Configurations of the Neo-Gothic
Gerry Turcotte, The Caribbean Gothic Down Under: Caribbean Influences in Marianne de Pierres’ Parrish Plessis Novels [237-243]
Ana-Maria Parasca, The Sense of Otherness in Kate’s Morton Novels [244-256]
Gisèle Vanhese, Néo-gothique et imaginaire amérindien dans Le Mutilateur de Julian Mahikan [257-268]
Katarzyna Ancuta, Patterns of Shadows: Japanese Crime Gothic as Neo-Gothic [269-287]
Luisa Valmarin, La poesia di Arturo Graf tra tentazioni gotiche e reminiscenze emineschiane [288-304]
Catherine de Wrangel, Racconto d’autunno de Tommaso Landolfi : du récit gothique à la réflexion philosophico-politique [305-322]
Fabio Camilletti, Melissa, o la realtà dei fantasmi [323-333]
Ruxandra Cesereanu, Leonid Dimov: Spectrality and the Neo-Gothic Atmosphere [334-346]
Corin Braga, Vintilă Ivănceanu: From Oneirism to the Neo-Gothic [347-356]
Marius Popa, Les retours du néo-gothique dans la littérature de Mircea Cărtărescu. Les artifices de l’imaginaire dans Solenoid [357-365]
Giovanni Magliocco, L’errance post-mortem d’une identité fragmentée. Pudră de Dora Pavel entre Néo-Gothique et Postmoderne [366-398]
Book Reviews [399-443]