A. Mengoni (ed.), “Anacronie. La temporalità plurale delle immagini”, Carte Semiotiche. Rivista internazionale di Semiotica e Teoria dell’immagine, Annali 1 (original) (raw)

Anacronismi. Tra semiotica e teoria delle immagini

Carte Semiotiche. Rivista internazionale di Semiotica e Teoria dell'immagine, 2013

The paper presents a brief introduction to the issue of anachronism and anachronic temporalities of the image. It sketches some of the main contributions in the fields of visual semiotics, semiotics of culture, image theory and art theory.

Immersi nell’irreale. Prospettive an-iconiche sull’arte contemporanea dall’ambiente alla realtà virtuale in “Carte semiotiche. Rivista internazionale di semiotica e teoria dell’immagine”, Annali 7. Figure dell’immersività a cura di L. Corrain e M. Vannoni, settembre 2021, pp. 71-78.

2021

Thanks to its ability to envelop the viewer in a 360° image, Virtual Reality (VR) has stimulated the debate on the topic of immersion, and it has favoured research in genealogical terms to trace possible paths in the history of media and art. However, part of this narrative still evaluates VR as an illusion medium useful to mimetically reproducing reality, rather than as a great tool for design space. Indeed, we can recognize the most stimulating characteristics of this technology in designing a space and in the relationship established with the user’s body. In doing so, it is possible to identify in the artistic installations dating from the first decades of the XX century, a significant stage in the history of immersive artworks. The history of such installations early shows that one can be immersed with her own body in an abstract and unreal space, which is not necessarily a duplicate of reality. The immersive strategies proposed by the environmental installations make use of a centrifugal force that pushes outwards from the canvas and the sculpture’s closed form. Still, at the same time, it provokes a centripetal movement of inclusion and absorption of the world within the image that thus becomes an environmental image. Precisely because of this attractive and inclusive force, and thanks to the gaze that we can cast towards the past from today, environmental installations can be read as images, or rather as an-icons ante-litteram.

C. Marino, In principio è il ritardo. Sulla temporalità della Nachträglichkeit, in V. Surace (a cura di), Anacronie. L’inattualità del contemporaneo, Mimesis, Milano-Udine 2022, pp. 71-87.

I saggi raccolti nel volume indagano il concetto di "contemporaneo", mettendone in questione il significato storiografico tradizionale. Investigando la temporalità della rammemorazione (Bloch e Benjamin), della comprensione e dell'arte (Gadamer), dell'inconscio (Freud e Lacan), della relazione etica (Levinas) e dell'interpretazione post-storica (Calasso), essi lasciano emergere come il contemporaneo non sia una nozione cronologica di tempo, corrispondente al presente o all'attuale, ma indichi una rottura del continuum temporale. Si tratta di un'intempestività, che diviene il luogo di un incontro evenemenziale tra una pluralità di tempi, tra un passato riattualizzato e l'avvenire. Il contemporaneo non nomina perciò una sincronia, bensì un'anacronia, che irrompe nella diacronia del tempo, impedendo al presente di coincidere con se stesso. Valentina Surace è Dottore di ricerca in Metodologie della filosofia presso l'Università degli Studi di Messina e assegnista di ricerca in Filosofia teoretica nel medesimo ateneo.

Temporalità plurali. Diacronia, sincronia e teleologia nel pensiero narrativo

Il racconto è «il custode del tempo» 1 : con questa affermazione si chiude idealmente Temp et récit, l'opera in cui Ricoeur ricostruisce le complesse dinamiche della temporalità narrativa. Il racconto -spiega Ricoeur -si costituisce a custode del tempo perché quando ci disponiamo a raccontare una storia, quando imbastiamo un intreccio di fatti ed eventi in una narrazione, in realtà stiamo "rifigurando" il tempo in cui questi eventi si svolgono come tempo di fini e di intenzioni, tempo di prassi e di progetti: insomma, stiamo raccontando il tempo come "tempo umano". Questo tempo -insiste Ricoeur -è espressione di una temporalità sui generis. È un tempo "terzo" rispetto al tempo cosmologico ed a quello fenomenologico, e proprio questa sua terzietà consente alle narrazioni di "dire" la temporalità dell'umano, con tutto il suo portato aporetico 2 . Ma in cosa consiste questa temporalità? Quali sono le sue caratteristiche? E in cosa si diversifica dal tempo dell'orologio, dal tempo della diacronicità causale in cui un "prima" è sempre seguito da un "dopo"? Rispondere a queste domande significa interrogarsi sulla forma del racconto, sulla sua ontologia: se infatti intendiamo la narrazione come un dispositivo creatore di senso 3 , allora i suoi caratteri ontologici si rendono manifesti proprio nella sua struttura temporale perché, sostiene Heidegger, è «nel fenomeno del tempo (…) [che] si radica la problematica centrale di ogni ontologia» 4 . Ogni regione dell'essere, ogni dominio del senso, ogni ontologia regionale, è anzitutto riflessione sulla natura temporale di quel genere d'essere. E questo vale anche per la produzione di 1 P. RICOEUR, Temps et récit. III Le temps raconté, trad. it a cura di G. Grampa, Tempo e racconto. III Il tempo raccontato, Jaca Book, Milano 1998, p. 369. 2 Cfr. ivi, pp. 369 ss. 3 Cfr. J. BRUNER, Acts of Meaning, trad. it a cura di E. Prodon, La ricerca del significato. Per una psicologia culturale, Bollati Boringhieri, Torino 2003 2 . 4 M. HEIDEGGER, Sein und Zeit, trad. it. a cura di P. Chiodi, Essere e tempo, Longanesi, Milano 1976, p. 36.

La retorica ‘geminativa’ delle «Sette giornate», specchio delle «multiformi catene» del creato, in Le forme del comico, Atti del XXII Congresso ADI, Firenze, 6-9 settembre 2017, Roma, ADI editore, 2019.

La retorica ‘geminativa’ delle «Sette giornate», specchio delle «multiformi catene» del creato, 2018

Il Mondo creato si fonda su un sistema espressivo profondamente mutato rispetto a quello delle precedenti opere tassiane, ovvero su una retorica «geminativa» che mira a traslare l’uniformità e la dinamicità irradiante e omogenea da cui tutto ha avuto ed ha origine: l’endecasillabo sciolto si fa, quindi, imago dell’Idea creatrice e insieme eco del linguaggio biblico, riflettendo l’immutabilità e l’unità del progetto della mente divina, che sussume in sé la varietà e contemporaneamente ne è corrispondenza, come il frattale maggiore rispetto al suo più piccolo componente. Tale principio, fondante l’intero impianto filosofico del poema sacro, ha il suo referente più prossimo in Pico della Mirandola, nella sua visio di una perfetta corrispondenza tra microcosmo e macrocosmo, e di un principio unificatore i vari sistemi filosofico-teologici: prova ne sia che la postilla palatina in margine alla cardinale immagine del «triplicato sole», nell’invocazione alla Trinitas creatrix, rechi: «Pico nel Eptaplo». D’altronde, l’approfondita meditazione tassiana sulla filosofia del mirandolano — lungi dall’estinguersi nei pochi luoghi segnati in margine al Palatino — è testimoniata anche dal postillato barberiniano 23, nuovamente consultabile presso la Biblioteca Vaticana dopo essere risultato irreperibile dal 1982. L’intervento mirerà quindi ad approfondire i punti di tangenza tra Pico e Tasso, anche alla luce dei postillati Palatino e Barberiniano, mostrando come la retorica geminativa che informa il Mondo creato sia il significante di un progetto filosofico, sapienziale e sincretico che da quello pichiano (e ficiniano) prende le mosse.

GIOVANNI SCARAFILE TENSEGRITÀ, MULTIVOCITÀ ED ETICA DELLE IMMAGINI

When transposed to the field of philosophy, the notion of tensegrity can become the matrix to justify an approach to reality, based on the contextual action of several factors. This specificity is shown with reference to the photographs of patients allegedly hysterical, photographed at the end of the nineteenth century in the Hospital Salpêtrière in Paris. The ethics of images is anchored in this possibility. In fact, it is not indifferent with respect to both the modalities in which a knowledge can be correctly configured, and with respect to the role of the subject-spectator in such an operation.

Maria Giovanna Mancini, Tra storia dell’arte e antropologia delle immagini. Hans Belting, interprete della Global Art History, in «ANNALI DI CRITICA D'ARTE», 2017, abstract

2017

From the end of the 1980s the innovations of Cultural Studies and the more recent positions of Visual Studies have been the object of a broad international debate. Having to deal with the postcolonial question in a renewed global dimension, art history has been affected by the methodological crisis which had already involved other historical disciplines. It therefore turned to several disciplines, among which anthropology, in order to update its own methods. Hans Belting took effective part in this debate without ever abandoning his studies in the field of medieval art, but moving closer to different histories and cultural areas. In this way he developed his Global Art History, research which extended from the study of art to that of its audience. Thematizing the historicity of the concept of art and the universalizing demand for a historicist approach, he consciously opened the geographical and cultural confines of his investigation. In the study of the image, Belting identified one of the cornerstones of his proposal and formulated the hypothesis of new narratives, free from the colonial gaze, necessary for the constitution of a Global Art History.