Una nuova tendenza compositiva nel repertorio dei tropi dei responsori nel patriarcato di Aquileia (original) (raw)

Alcune prosule nel repertorio dei tropi padovani

Nel corso del lavoro di trascrizione, analisi e comparazione dei tropi della tradizione padovana con altri repertori, limitrofi e non, si e Á venuto a costituire un quadro complessivo di particolare interesse, dalle tinte variegate e suggestive. Nei manoscritti padovani, infatti, non si trovano solo brani noti, appartenenti a un fondo internazionale diffuso nelle fonti del Nord Italia, ma anche tropi meno conosciuti, di origine varia, poco o per nulla attestati nei repertori della penisola: dal tropo strettamente padano, alla prosula di provenienza tedesca, fino all'unicum di probabile derivazione normanna. Sorprende ad esempio di trovare fra le carte del codice 697 del Seminario padovano il Sanctus Rex eternus, testimoniato esclusivamente da due fonti di tradizione normanna e siculo-normanna, ma stupisce anche di leggere in B 16*, il manoscritto piu Á tardo conservato nella Biblioteca Capitolare, una preziosa redazione del Kyrie Rex pie rex regum che, a quanto pare, e Á assai poco diffuso in Europa. 1 1 Il Sanctus Rex eternus compare al f. 65v del manoscritto 697 (Padova, Biblioteca del Seminario, 697, membranaceo, 67 ff. -numerazione moderna a matita sul margine destro -215 x 140 mm. Il 697 e Á un graduale-tropario-sequenziario, talvolta poco leggibile e lacunoso, che appartenne ad una chiesa padovana non meglio identificabile. L'esame paleografico ne fa risalire l'origine agli inizi della seconda meta Á del XII secolo. La notazione, in punti quadrati, e Á riportata su tre righe tracciate a secco). Il Kyrie Rex pie rex regum si trova al f. 221v di B 16* (Padova, Biblioteca Capitolare, B 16*, membranaceo, 280 ff. -numerazione moderna sull'angolo inferiore destro del recto -421 x 300 mm. Si tratta di un graduale-tropario-sequenziario elegantemente miniato, che accoglie la tradizione complessiva di 697; la notazione quadrata e Á riportata su quattro linee, una rossa per il Fa -occasionalmente una gialla per il Do -e tre tracciate a secco. Di origine monastica, appartenne alla comunita Á benedettina padovana del monastero femminile di S. Pietro, dove tale «domna Agnes» ne ordino Á la stesura nell'anno 1290). Per maggiori dettagli circa i codici padovani rimando a GIULIO CATTIN, Kyriale, sequenze e tropi della tradizione padovana in codici benedettini, in San Benedetto e otto secoli (XII-XIX) di vita monastica nel padovano, Padova, Antenore, 1980 (Miscellanea erudita, 33), pp. 87-111, dove si trovano anche utili riferimenti bibliogra-Per quanto riguarda i tropi d'introito, in particolare, alcune osservazioni interessanti sono derivate dall'esame dei brani del ciclo di Pasqua e del Santorale: fra quei brani, che in parte sono di origine italica, e Á stato possibile individuarne cinque che suggeriscono evidenti concordanze con manoscritti provenienti dal Nord della Francia e dalla cosiddetta`zona di transizione'. 2 Alcuni di essi costituiscono degli unica in territorio italico, ma solo Hodie assumpta est e Á gia Á presente nel manoscritto 697; 3 gli altri sono attestati a Padova circa un secolo dopo, fra le carte di E 57, il Liber ordinarius che ne prescrive l'esecuzione, e sono poi confluiti nei noti manoscritti B 16* e A 20*. 4 E Á bene ricordare che a Padova anche i brani piu Á conosciuti e diffusi si presentano talvolta in forma originale: il solenne tropo per la festa dell'Epifania, ad esempio, prevede una triplice esecuzione dell'antifona e raduna in se Â, in modo del tutto singolare, cinque elementi di varia provenienza, dalla strofa ambrosiana di probabile origine tedesca fino all'esametro di derivazione francoaquitana. 5 Uguale solennita Á suggerisce il tropo natalizio per la missa maior, come e Á espressamente sottolineato nella rubrica del Liber ordinarius: «Et ita illo die ad missam maiorem tercio cantatur Officium». 6 28 ALCUNE PROSULE NEL REPERTORIO DEI TROPI PADOVANI fici sui manoscritti padovani. Mi permetto inoltre di rinviare a due miei contributi che riportano le trascrizioni del testo e della melodia dei brani piu Á importanti, nonche  l'esito del lavoro di comparazione con altri repertori: DIEGO TOIGO, I tropi all'introito nella tradizione padovana, «Rassegna veneta di studi musicali», XI-XII, 1995/96, pp. 91-175; ID., I tropi dell'Ordinario nella tradizione padovana, «Rassegna veneta di studi musicali», XV-XVI, 1999-2000 Per`zona di transizione' si intende quella regione che separa la tradizione liturgica franco-occidentale da quella franco-orientale. 3 Cfr. TOIGO, I tropi all'introito cit., pp. 156-162 e p. 169, tabb. 1-2. 4 Padova, Biblioteca Capitolare, A 20*, membranaceo, 189 ff. (numerazione moderna a matita al centro del margine destro del recto), 404 x 289 mm. E Á un tropariosequenziario appartenuto alla comunita Á benedettina di S. Pietro, che accoglie il repertorio di B 16*, pur distribuito in modo diverso. Le carte che contengono i tropi (1r-77r) risalgono alla seconda meta Á del secolo XIV, mentre il resto del codice ebbe origine in epoche successive. La notazione, lievemente piu Á matura di quella di B 16*, e Á riportata su tetragramma di due linee tracciate a secco piu Á due colorate. Quanto all'Ordinarius della Cattedrale padovana, cfr. Il «Liber ordinarius» della chiesa padovana, a cura di Giulio Cattin e Anna Vildera, con contributi di Antonio Lovato e Andrea Tilatti, Padova, Istituto per la Storia ecclesiastica padovana, 2002 (Fonti e ricerche di Storia ecclesiastica padovana, 27). 5 Cfr. TOIGO, I tropi all'introito cit., pp. 117-124. 6 Cfr. Il «Liber ordinarius» cit., p. 57.

Pavimenti musivi da contesti inediti di Aquileia

Atti del XVII Colloquio dell’Associazione Italiana per lo Studio e la Conservazione del Mosaico (Teramo, 10-12 marzo 2011), Tivoli

ambito del progetto di studio dedicato ai rivestimenti pavimentali di Aquileia attualmente in corso da parte del Dipartimento di Archeologia dell'Università degli Studi di Padova 1 e sulla scia dell'attenzione dedicata alla colonia altoadriatica ormai da alcuni anni da parte del gruppo di ricerca coordinato dalla prof.ssa E. F. Ghedini, si coglie l'occasione per presentare in questa sede i pavimenti di tre contesti edilizi rimasti finora inediti 2 .

«In tono Salve Regina». Un caso di "messa-parafrasi" in canto neogregoriano

Spes contra spem. Studi in memoria di Domenico Amato, 2019

453 «In tono Salve Regina» Gaetano Magarelli «IN TONO SALVE REGINA» UN CASO DI "MESSA-PARAFRASI" IN CANTO NEOGREGORIANO I fondi musicali della Biblioteca del Seminario Vescovile e dell'Archivio Diocesano di Molfetta custodiscono alcuni codici liturgici in canto gregoriano (pergamenacei e cartacei, XV-XVIII sec.), nonché manoscritti di composizioni neogregoriane e di composizioni in canto fratto e figurato 1 . La quasi totalità della produzione neogregoriana e in canto fratto e figurato si deve all'opera compositiva di sacerdoti e musicisti molfettesi che hanno operato alle dipendenze e spesso anche su committenza del Capitolo Cattedrale tra il XVII e il XIX secolo. Il Libro corale n. 8 e il Directorium Chori 2 restituiscono alcuni nomi di quei compositori:

Per un repertorio dei copisti greci in Ambrosiana

2013

Chiunque si occupi di testi antichi sa bene che la ricostruzione della loro storia e la loro costituzione critica sono due operazioni distinte con caratteristiche e metodi che sono a ciascuna peculiari; sa, tuttavia, altrettanto bene che entrambe ottengono risultati migliori quando tengano conto ciascuna dei risultati dell'altra. Non è un caso che il capolavoro di Giorgio Pasquali 1 , il cui scopo ultimo era quello di rivedere in una prospettiva storica la critica del testo more geometrico demonstrata di Paul Maas 2 , riduca nel titolo a unità le due operazioni di cui stiamo parlando. Alla ricostruzione della storia di un testo, come pure ad alcuni aspetti che riguardano la valutazione critica del testo tràdito, contribuisce non poco la possibilità di dare un nome o più genericamente di individuare il copista di un manoscritto: un codice, che prima costituiva soltanto un'anonima tappa nella storia di un testo rappresentata alquanto astrattamente in un pur imprescindibile stemma codicum, acquista immediatamente uno spessore storico nell'istante in cui all'occhio del paleografo si svela l'identità del suo copista. Subito si affaccia al giudizio dello storico del testo una rete di relazioni con personaggi più o meno noti, con ambienti intellettuali dei quali conosciamo maestri e allievi, con biblioteche delle quali riusciamo almeno in parte a cogliere la consistenza, con singoli libri dei quali è talvolta possibile seguire nei dettagli le vicende. Tutto ciò consente anche al critico del testo di valutare con maggiore fondamento il contributo ecdotico di quel manoscritto: mi si consenta di richiamare un caso che mi è capitato di studiare qualche tempo fa e ritengo particolarmente significativo dal punto di vista del metodo. Sin dalle prime edizioni critiche moderne della Repubblica di Platone hanno attirato l'attenzione degli studiosi alcune lezioni particolarmente attraenti introdotte da una seconda mano nel codice Laur. Plut. 80.19 (b) 3 , un manoscritto che oggi, grazie agli studi di Daniele Bianconi, sappiamo Per un repertorio dei copisti greci in Ambrosiana 12 Contatti preliminari in tal senso sono stati presi con Christian Gastgeber e Jana Grusková, della Österreichische Akademie der Wissenschaften, e con Giuseppe De Gregorio, dell'Università degli Studi di Salerno. Un contributo potrà anche venire dalla collaborazione con Felipe Hernández Muñoz, direttore di un progetto di ricerca, finanziato dal Governo Spagnolo, su 'Manoscritti greci in Spagna e il loro contesto europeo'.

Due versioni melodiche del Pater noster a Bressanone/Brixen e una rara soluzione editoriale nel contesto dei messali a stampa all’inizio del Cinquecento

Ars sacra 2013. Musica sacra e liturgia nelle cappelle musicali: testimonianze e testimoni. Giornate di studi musicologici, etnomusicologici e storici. Anagni, 21-24 marzo 2013, ed. by Luciano Rossi, 2 voll., Roma 2017 (Ars Sacra Amor Populi, Musica e Liturgia 2), 327-349

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Cronaca di due codici 'gemelli': il Graduale-Tropario-Sequenziario-Kyriale (Acqui, Biblioteca del Seminario Vescovile, ms 1) e l’Antifonario Vaticano (Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat lat. 14676)

Iter 4, 2005

Nel 2000, durante una campagna di ricerca di frammenti ebraici in archivi e biblioteche piemontesi, nell'ambito di un progetto ministeriale, Frammenti ebraici in Italia diretto dal prof. Mauro Perani dell'Università di Bologna, e al quale partecipava anche l'Università di Gerusalemme, visitai l'Archivio Vescovile e la Biblioteca del Seminario di Acqui. In questa seconda sede, grazie anche alla disponibilità di don Giacomo Rovera e del bibliotecario Walter Baglietto, trovai non solo quello che cercavo, un foglio frammentario di pergamena attinto da un codice ebraico e successivamente impiegato nella legatura di un libro a stampa, ma anche uno splendido manoscritto latino, un Graduale-Tropario-Sequenziario-Kyriale totalmente sconosciuto e inesplorato, al quale fu assegnata, da quel giorno, la segnatura 'ms. 1'. Si trattava di un codice integro, prodotto tra la seconda metà del XII e l'inizio del XIII secolo, pregevole per molti aspetti, innanzitutto per la legatura originale, in pelle su assi di legno di pioppo, 1 e per la presenza di splendide lettere iniziali decorate: una serie di iniziali fitomorfe inquadrate su sfondi tripartiti e quadripartiti, tra le quali si distingue senza dubbio, per dimensioni e per importanza, la lettera Ad nella prima carta del codice; e due iniziali fitozoomorfe che si collocano all'inizio di due formulari importanti dell'anno liturgico, Natale e Pentecoste, e che incorporano, oltre ad alcuni motivi vegetali, le figure di due animali: un drago alato di colore verde che si contorce all'interno dell'occhiello di Puer (c. 11 r ); ed un animale sempre alato che, con il suo corpo delinea le due anse di Spiritus (c. 110 v ).

Il patriarcato di Aquileia: una formazione politica originale

Quando -ormai alcuni mesi fa -fui contattata per partecipare a questa giornata di studi, manifestai perplessità sul tema che mi era stato assegnato: 'Istituzioni patriarcali'. Cosa significava? In che modo avrei potuto declinare l'argomento? Dentro di me pensai che tutto sommato non doveva essere così difficile, in fondo avevo davanti un 'istituto' sul quale sono stati versati fiumi di inchiostro. Tralasciando la sua funzione principale, quella ecclesiastica (il primo a portare il titolo di patriarca di Aquileia fu Paolino, dal 568 d.C.), il potere temporale fu posto nelle mani dei presuli aquileiesi quasi mille anni fa: l'attribuzione della contea del Friuli al patriarca Sicardo da parte dell'imperatore Enrico IV risale infatti al 1077. Uno pensa che in 936 anni (tanti sono quelli che oggi ci separano da quella data) l'argomento sia stato sviscerato e non ci sia più molto da dire. In realtà non è affatto così. Innanzitutto perché la storia, come ebbe a osservare Marc Bloch, esamina il passato in funzione del presente e il presente in funzione del passato, quindi è normale che un argomento non venga mai esaurito. A seconda delle epoche, dei processi storici in atto, ma anche del progredire delle ricerche, gli studiosi vi si accostano con spirito sempre diverso; del resto, a volte basta cambiare di poco l'angolazione e l'immagine appare distorta, oppure più nitida.

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