Macrosessione 3. La città delle funzioni (original) (raw)
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Elisabetta Canepa (ed.), Ordinary Rooms. History of the Future - Volume Primo, SAGEP, Genova 2017, pp. 17-23.
Una volta dominio esclusivo di artisti, architetti e urbanisti, le immagini urbane sono oggi l’oggetto di un incessante processo collettivo di produzione, consumo, distruzione, appropriazione e trasformazione. Nello stesso modo in cui sono usate per veicolare gli interessi economici delle compagnie di real estate, esse sono anche lo strumento con cui le comunità locali possono rispondere alle tendenze globali di gentrificazione, alienazione e segregazione dello spazio urbano, il luogo in cui gli immaginari mercificati della metropoli neoliberale possono essere smontati e rimontati. Nello stesso periodo in cui la sfera urbana è soggetta a un crescente processo di privatizzazione, le immagini urbane si configurano dunque come un Bene Comune: una risorsa appartenente a tutti e a nessuno allo stesso tempo, capace di esercitare una influenza diretta sull’ambiente urbano, e dunque di garantire un diritto fondamentale – il diritto alla città.
3. Vt igitur periculosa religiosis evagandi materia subtrahatur, statuimus [...] quod nullus religiosus extra sui monasterium in nostra civitate vel dyocesi domicilium sibi querat, absque iusta et manifesta causa [...] In bove et asino non arabili, imo statuimus quod nullus clericus secularis aliquem religiosum in cappellanum, mansionarium, vel familiarem recipiat (Trexler 1971, p. 263). La nota metafora del bove e dell'asino è desunta da Deuteronomio, 22, 10. 4. Esemplate, per la parte contro gli eretici, anche nel corpus degli statuti comunali fiorentini (cfr. Salvestrini 1999, p. XVI-XVII). Forme della presenza benedettina nelle città comunali italiane Gli insediamenti vallombrosani a Firenze tra XI e XV secolo * Francesco SALVESTRINI Si cupis esse quod diceris monachus, id est solus, quid facis in urbibus, que utique non sunt solorum habitacula, sed multorum? 1
La third mission dell'università : lo spazio di soglia tra città e accademia
La third mission dell'università : lo spazio di soglia tra città e accademia, in Territorio n. 66, 2013
L’articolo indaga, principalmente attraverso una ricerca di natura bibliografica, le forme della third mission – terza missione – o third stream – terzo flusso – dell’università, individuando alcune articolazioni del tema e tre possibili modi di declinarlo. Il fuoco principale dello scritto è relativo alla ‘famiglia di terza missione’ che insiste sul portato sociale e culturale dello scambio tra università e città. Si fa riferimento al filone del public engagement dell’università e si riflette sulle condizioni per cui possa essere un importante fattore di utilità, sia sociale sia accademica.Sullo sfondo si ritrova una riflessione sulla relazione tra città e università e sulla possibilità di definire uno spazio di soglia tra questi due termini che sia fruttuoso per entrambi.
“Giocare alla città”. Discorsi e pedine nella «Republica»
Fra i giochi praticati dagli antichi Greci la pesseia, ossia gioco/giochi da tavolo con ciottoli-pedine (pessoi), presenta a mio avviso uno statuto del tutto particolare. Se le fonti erudite ne trattano insieme a una serie di altri giochi e quindi ne certificano la natura ludica, va però detto subito che in età classica autori del calibro di Gorgia, Platone e Alcidamante ne associano l’invenzione a quella di attività apparentemente molto più “serie” e prestigiose: il calcolo, la guerra, le leggi, le lettere dell’alfabeto, e così via. Su una linea un po’ diversa, che ne riconosce a un tempo stesso la serietà e il carattere giocoso, si pone un frammento di Sofocle: la pesseia vi compare come «piacevole cura dell’ozio», posta fra le «sapientissime attività» (διατριβὰς σοφωτάτας) che occupano i tempi morti della guerra. Queste parole rimandano immediatamente a un tema iconografico molto diffuso in età tardo-arcaica: due guerrieri, spesso alla presenza di Atena, sono raffigurati nell’atto di sfidarsi con le pedine e appaiono di solito completamente assorbiti dal gioco, come avviene nella celebre coppa di Exechias che rappresenta la sfida fra Achille e Aiace armati di tutto punto e concentratissimi. Le testimonianze iconografiche e letterarie concordano quindi nel rimandare a un “gioco serio”, degno della massima considerazione e patrocinato dalla stessa dea della sapienza. Negli studi, questo punto è rimasto sostanzialmente in ombra, almeno fino al volgere del millennio. A partire da un passo della "Repubblica" di Platone, cercherò qui di cogliere alcune caratteristiche importanti e inesplorate di questo “gioco serio”, che si rivela importante per la definizione stessa della dialettica platonica.
L’argomento della “funzione” nella Repubblica di Platone
Alla fine del libro I della Repubblica, al termine della discussione tra Trasimaco e Socrate, Platone formula per due volte un argomento che sarà importante nel prosieguo della questione nel corso dei libri successivi. Si tratta del ben conosciuto argomento della funzione. La sua prima formulazione si trova alle linee 352e3-4: "tu non attribuiresti come opera propria del cavallo e di qualunque altra cosa ciò che si fa unicamente con esso o che si fa con esso nel modo migliore?". Nelle linee successive, più precisamente a 353a9-11, Platone fornisce una seconda formulazione: "penso che tu intenderai meglio ora ciò su cui ti interrogavo precedentemente, volendo sapere se l'opera propria di ogni cosa è o ciò che essa sola può realizzare, oppure ciò che essa realizza nel modo migliore tra tutte le altre ".
L'innovazione di rottura nasce dalla visione: la capacità di guardare il mondo e vedere ciò che gli altri non sono in grado di vedere. La costruzione della visione è l'asset più importante e raro del nostro tempo. (…) Ma avere una visione non è ancora sufficiente. (…) L'innovazione richiede che le visioni siano realizzate… Le grandi innovazioni spesso devono affrontare grandi ostacoli (…) La nuova frontiera per comprendere le strade che portano all'innovazione è quindi studiare i meccanismi di costruzione della visione. A questo scopo abbiamo bisogno di nuovi schemi interpretativi, di nuove prospettive. Dobbiamo esplorare le dinamiche intangibili del pensiero, investigare quelle affascinanti capacità che rendono le persone in grado di riconoscere ciò che è nascosto nello specchio che riflette il nostro ruolo nella società. Abbiamo bisogno di comprendere i sogni delle persone, cambiare il mondo da quello ordinario a uno che non c'è ancora. Questo è essenziale se vogliamo vivere in un mondo sostenibile. Una società sostenibile può scaturire solo da visioni che sappiano guardare oltre l'oggi, oltre i problemi immediati." (Don Norman e Roberto Verganti, Per costruire una visione servono nuovi contesti, in Il Sole 24 ore, Nòva, n.430, 13 luglio 2014, p.7).
Strumenti per la didattica e la ricerca, 2004
The general hypothesis that guides the volume can be summarised in the clarification of the gradual reduction of some of the fundamental aspects of the project discipline: the notion of rooted living, the role of synthesis of dissimilar knowledge performed by architectural design, its taking charge of broad strategies of social and productive coordination. The aim of the work is not the one of showing an escape from this difficult condition. The work rather intends to trace an ethical horizon of the contemporary project.