Della croyance al cinema. A partire da Gilles Deleuze (original) (raw)

Cinema, soggetto, cervello: Deleuze e l'estetica della sensazione

in Paolo Bertetto (a cura di), Cinema e sensazione [proof], 2015

Nella prospettiva di Deleuze il cinema non si limita a esibire comportamenti; il cinema restituisce la ricchezza della vita mentale e conÞ gura possibili relazioni tra soggetto e mondo. Questo contributo si focalizza sulla parabola della soggettività delineata nei due volumi sul cinema; la posta in gioco è l'estetica della sensazione che, formulata nel libro su Bacon e ripresa in Che cos'è la Þ losoÞ a?, nelle riß essioni sul cinema non è direttamente evocata.

La filosofia legge il cinema: realismo e neorealismo interpretati da Gilles Deleuze

Una riflessione filosofica, un primo commento su ciò che Deleuze ha definito sinteticamente "immagine-tempo". Il cinema italiano ha offerto al filosofo francese la possibilità di ripensare le teorie sullo spazio-tempo, argomento arduo e sempre contemporaneo. Deleuze, riprendendo le teorie bergsoniane riflette sull'opera nova che il cinema italiano ha offerto al mondo.

Bucare il cliché. Immagine-tempo, “fede”, immanenza nell’analitica dell’immagine di Gilles Deleuze

2013

Bucare il cliché. Immagine-tempo, "fede", immanenza nell'analitica dell'immagine di Gilles deleuze "Da una parte l'immagine ricade continuamente allo stato di cliché: perchè si inserisce in concatenazioni senso-motorie [...] Dall'altra, contemporaneamente, l' immagine tenta continuamente di bucare il cliché, di uscirne" "Il fatto moderno è che noi non crediamo più in questo mondo [...] E' il legame fra uomo e mondo a essersi rotto; è questo legame quindi a dover diventare oggetto di credenza: l'impossibile che può essere restituito soltanto in una fede [...] La credenza […] è sempre pronta a passare dalla parte dell'ateo". Gilles Deleuze, Cinema 2. L'image-temps, 1985 Questo breve testo, che si articola in due movimenti parzialmente-e volutamenteripetitivi, si prefigge lo scopo di indagare alcuni aspetti dell'incontro della filosofia politica di Gilles Deleuze con il cinema. Più specificatamente quelli che hanno permesso al grande filosofo francese di articolare un' "ontologia dell'attualità" capace di gettare uno sguardo critico sulle potenti nervature mediatiche delle contemporanee società di controllo. Il testo muove dai risultati rinvenuti in Que parler de l'image audiovisuelle: un essai autour de Cinéma de Gilles Deleuze, il bell'articolo dell'antropologo Tadashi Yanai dedicato ai due grandi libri sul cinema di Deleuze: Cinéma 1: L'imagemouvement e Cinéma 2: L'image-temps. Yanai non affronta Deleuze come un autore da commentare. Lo utilizza, piuttosto, come intercessore. Lo legge, cioè, allo stesso modo in cui Deleuze stesso leggeva Hume, Spinoza, Leibniz, Bergson, Nietzsche, Foucault. L'obiettivo del saggio di Yanai-lo stesso che poi si prefigge il presente lavoro-non è quello di aggiungere l'ennesimo commento ai tantissimi che già hanno chiosato la filosofia-cinema di Deleuze. Si tratta invece di evidenziare i tratti attualissimi ed autonomi con cui, evocando una diversa nozione di "mondo", quella stessa filosofia può ancora aiutarci tanto a indagare la potenza di cattura dell'immagine-cliché quanto, forse, ad alludere a un diverso regime di visibilità, a nuove forme di vita possibili. CORE Metadata, citation and similar papers at core.ac.uk

Il cinema attraverso Gilles Deleuze. La Furia Umana n.10, autumn 2011 ISSN: 2037-0431

Costruire nuove immagini come nuove armi. Per questo basterà fondere come in un"unica sostanza percetti, affetti e concetti. Non troverete infatti una sola immagine nei due testi in cui il pensiero di Gilles Deleuze sposa il cinema. E quelle che verranno, di immagini, giungeranno direttamente dai vostri ricordi, dalle vostre emozioni e dalle vostre percezioni. L"arte conserva . E ciò che conserva è appunto un blocco di sensazioni, composto di percetti e affetti. Tali sono allora i percetti, insiemi di percezioni o sensazioni in grado di sopravvivere a chi li prova. Così come gli affetti, che non sono sentimenti, ma dei «divenire che travalicano colui che passa attraverso loro[2]» tanto da riuscire a farlo divenire altro. È così che l"arte può rivelarsi intrinsecamente monumentale. Proprio come un monumento, infatti, essa sottrae delle percezioni e delle affezioni al tempo presente per consegnarle al futuro, e nel conservarle, «le rende indipendenti da chi le ha provate trasformandole così in percetti e in affetti[3]».

Pensare Nietzsche grazie a Deleuze

Texte rédigé en italien. Il thématise la lecture deleuzienne de la généalogie de la morale nietzschéenne. Son intérêt se tient, ainsi que le texte de Nietzsche, entre l'interprétation de l'origine du ressentiment et celle de la mauvaise conscience. Une brève incursion dans la troisième partie de la dissertation nietzschéenne comme critique de l'ascétisme y figure aussi. Il s'agit donc d'une étude du nihilisme occidental ponctuée de l'élaboration d'une possible échappatoire.

Gilles Deleuze, un’estetica dell’immanenza. Intervista a Daniela Angelucci, a cura di Stefano Oliva e Enrico Schirò

Talking about Deleuzian philosophy from an aesthetical point of view, in this interview Daniela Angelucci explains the reasons of her interest and commitment to Deleuze's thought. The French thinker shows why we should think to philosophy as a creative practice, in analogy to arts. In this perspective, it looks like philosophy has got a special relationship with cinema, which gives us a concrete example of duration and represents/repeats the 'plan of immanence', one of the Deleuze's key concepts. According to Angelucci, the experience of immanence finds its place not only in aesthetics and in the experience of arts, but in the ordinary life too. Underlining the connection between cinema, walking, and aesthetical experience of space, she shows how the philosophy of Deleuze could be thought as an aesthetics of immanence.

Immaginazione, sublime e apertura del tempo. Deleuze lettore dell'estetica kantiana

Itinera, 2022

The aim of this essay is to outline the genesis of a plural conception of temporality within Gilles Deleuze's thought, using as a starting point his reflection on the Kantian sublime and showing how this reflection has significant repercussions in place of the pages that Deleuze dedicates to painting. To show the implications of the overcoming that Deleuzian conception tries to make on the ordinal character of Kantian temporality, we will first focus on the role played by imagination within the doctrine of faculties; then, we will focus on the passage from the ordinal temporality disclosed by Kant to the plural one conceived by Deleuze. Finally, we will show how this new temporality manifests itself through Deleuzian aesthetic conceptions in the field of painting, with reference to the notions of "actual" and "virtual" and to the role that the Kantian sublime continues to play in this phase of Deleuzian thought.

Dalpozzo, C. Inked cinema. Tra teoria filmica e tattoo

Imago. Studi di cinema e media, 2019

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Il cinema, la fede e il visibile

Quando si parla delle potenzialità religiose del cinema, dei modi in cui il mezzo cinematografico riesce a onorare la dimensione spirituale offrendone una rappresentazione, una delle formule più ricorrenti è quella del "vedere" o "filmare l'invisibile". L'espressione, che risuona spesso in occasione dei convegni e si ritrova in varie pubblicazioni sul tema, sottolinea la capacità di rivelare che il cinema possiede, dando visibilità a qualcosa che in condizioni normali si sottrae alla nostra vista. È interessante notare che questo potere di rivelazione del cinema fu notato e celebrato fin dagli esordi della settima arte, ma non tanto in relazione al dato religioso. Molto semplicemente si notava come il cinema permettesse di "vedere l'invisibile" in maniera analoga ad altri dispositivi ottici capaci di estendere le capacità dell'occhio umano, come il cannocchiale o il microscopio. È chiaro che se l'invisibile si fa visibile, in questo contesto, non è per una accresciuta capacità di indagare le zone più misteriose e profonde dell'esperienza, ad esempio la dimensione spirituale, ma per un mero fatto tecnicoanche se questo poté apparire come un prodigio agli spettatori dei primi film proiettati.