RIAPPROPRIARSI DEL TEMPO, RICONQUISTARE VENEZIA (original) (raw)
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Una lunga e ben consolidata tradizione considera questioni e problemi connessi al concetto di tempo come argomenti da trattare dal punto di vista specifico della "filosofia della natura". Perfino pensatori legati all'indirizzo pirroniano sembrano accettare un simile punto di partenza. Leggiamo, infatti, nella sentenza di apertura della sezione dedicata a questo tema nel secondo libro del Contro i fisici di Sesto Empirico (Adversus Mathematicos=M X 169):
2013
Venice as time goes on The book, which illustrates the evolution of architectural and urban shape of the city of Venice, from the legendary origins of the settlement in the lagoon until the end of the Venetian Republic, is designed as a historical atlas in which a history of Egle Renata Trincanato is accompanied by 38 color plates with plants of the Forma Urbis divided into thematic sections (religious buildings, public buildings and works of urbanization, “patrizi” and “cittadineschi” palaces, bourgeois and popular houses, collective buildings settle aroud yards and multiple and drawn up constructions) accompanied by 1780 cards for buildings identified topographically in the plants themselves.
PERLEPAROLE: UNO SGUARDO RETROSPETTIVO
Cavatorta G., 2013, "Perle Parole. Uno sguardo retrospettivo", in Bimbi F. e Basaglia A. (a cura di), Speak Out! Migranti e mentor di comunità contro la violenza di genere, Padova, Cleup, pp. 181-199.
Panorama Numismatico, luglio-agosto, pp. 27-32, 2019
I n occasione di una recente asta numismatica 1 è stato offerto in vendita un nucleo molto importante di denari Antiquiores; fra questi erano presenti anche diverse falsificazioni di Tardani facenti parte della collezione Martinori 2. Sulla base di annotazioni d'epoca presenti su una copia di tale catalogo in mio possesso, è stato possibile rilevare che queste monete furono ritirate dall'asta prima dell'incanto in quanto risultate non autentiche. Nei primi decenni del '900 le falsificazioni di Tardani, relative non solo agli Antiquiores ma anche alla monetazione classica e a quella carolingia 3 , ebbero una vasta diffusione a spese anche e soprattutto di illustri collezionisti e studiosi del calibro di Vittorio Emanuele III, Camillo Serafini, Edoardo Martinori, Nicolò Pa-padopoli, Carlo Ruchat e diversi altri. A quel tempo evidentemente le conoscenze sulla produzione monetaria di questo falsario erano molto limitate e la sua abilità nel ricreare il processo di coniazione utilizzando coni appositamente prodotti 4 e di indurre artificialmente corrosioni e incrostazioni in gran parte delle sue falsificazioni indusse molti a ritenere autentiche le monete da lui prodotte. Il suo capolavoro fu l'"invenzione" di un ritrovamento (nei pressi di Bolsena) di un numero molto rilevante di Antiquiores 5. Gran parte di queste monete fu acquistata dai Musei Vaticani nel 1909 mentre un'altra parte vi entrò nel 1921 con l'acquisto della collezione Celati. A proposito di quattro esemplari attribuiti a Leone IX 6 più un «Gruppetto aderente per ossido di tre varie monete, proveniente dal ripostiglio di Bolsena» 7 pubblicati nel IV volume di Serafini e provenienti da questo "ripostiglio", l'autore precisò in nota: «Tutti questi esemplari vengono dal ripostiglio di Bolsena; il gruppetto di tre monete aderenti per ossido sta a dimostrare l'autenticità delle monete trovate in quel ripostiglio, messa in dubbio da alcuni» 8 .
2019
5 1.1 -La biografia di Vegezio 5 1.2 -Il contenuto dell'opera 6 1.3 -La tradizione letteraria "De re militari" precedente 9 1.4 -Fortuna e ricezione dell'"Epitoma" tra Medioevo ed epoca moderna 14 Capitolo 2 -Gli Studi moderni 18 2.1 -Dal tardo Ottocento alla prima metà del Novecento: da Seeck a Mazzarino 18 2.2 -Gli anni '70: Gordon, Goffart e Barnes 20 2.3 -L'ultimo ventennio del Novecento: Da Sabbah a Richardot 29 2.4 -Il XXI secolo: da Paniagua a Colombo 42 Conclusioni 61 Bibliografia 62 INTRODUZIONE Sia sulla persona di Vegezio che sulla sua opera più importante, l'Epitoma rei militaris, nel corso degli ultimi due secoli sono state scritte molte parole. L'obiettivo di questa tesi è di presentare lo status quaestionis attuale sulla datazione e sull'imperatore dedicatario del De re militari. Il testo vegeziano è estremamente interessante perché è il punto di arrivo di una tradizione di letteratura militare estremamente fiorente come quella greco-latina e, allo stesso tempo, svolge il ruolo di auctoritas assoluta in campo militare nel Medioevo occidentale, venendo considerato come la summa del sapere degli antichi nell'arte della guerra. L'intenzione di questa tesi di laurea triennale è quella di ripercorrere le principali tesi dei vari studiosi, dai lavori di Otto Seeck, Carl Lang e Christoph Schöner, passando per i contributi di C. D. Gordon, Eric Birley, Walter Goffart, Guy Sabbah per arrivare ai più recenti di Michael Charles e Maurizio Colombo, offrendo una panoramica di come, lungo XIX, XX e XXI secolo ci si sia interrogati in profondità sul mistero che circonda l'opera ed il suo autore. Le ipotesi più polarizzanti vedono in Teodosio I e Valentiniano III i candidati principali che hanno messo d'accordo la maggior parte degli studiosi, mentre Onorio e Teodosio II hanno raccolto una parte minoritaria del consenso generale. Tuttavia la mancanza di dati certi ha contribuito a mantenere in una grande incertezza l'identità dell'imperatore a cui si è rivolto Vegezio. I pochi indizi a disposizione, sia interni che esterni al testo, hanno creato non pochi problemi nel trovare una posizione che potesse essere unificante. Gli unici due punti fermi su cui si è riusciti a giungere un accordo sono l'anno 383, visto come terminus post quem poiché l'imperatore Graziano, deceduto da poco, è chiamato col titolo di divus ed il terminus ante quem, stabilito nel 450, quando un certo Flavio Eutropio ha emendato, sine exemplario, una copia del testo di Vegezio a Costantinopoli. Il primo capitolo della tesi si propone di presentare la figura di Vegezio, contestualizzandola all'interno di quel periodo turbolento che l'impero romano stava vivendo; di analizzare la struttura ed il contenuto della sua opera per concludere spiegando le fonti della trattatistica militare precedente usate e l'importanza dell'Epitoma per il Medioevo e l'età moderna. Il secondo capitolo, seguendo un ordine cronologico, intende presentare i lavori dei diversi studiosi che hanno cercato di datare l'opera vegeziana e, di conseguenza, scoprire chi fosse l'imperatore dedicatario dell'opera partendo dalle prime ipotesi, del tardo Ottocento, di Carl Lang, Christoph Schöner e Otto Seeck. Le due sezioni successive riassumono le tesi della 4 seconda metà del Novecento, dove le opinioni di Gordon, Goffart e Birley puntano verso una datazione tarda, in epoca valentinianea, mentre Barnes, Sabbah e Marcone propendono verso una collocazione sotto Teodosio I. Posizioni di minoranza appartengono invece a Claudia Giuffrida, che vede in Onorio la soluzione ottimale. L'ultima parte invece intende presentare i lavori successivi agli anni 2000, dove sicuramente il più importante di questi è la monografia di Michael Charles che propende per Valentiniano III, mentre invece Maurizio Colombo, al contrario di tutti gli studi precedenti che vedono, per l'Epitoma, una collocazione occidentale, non solo ritiene che l'opera sia stata composta nella pars Orientis dell'Impero, ma che il misterioso imperatore sia Teodosio II. 5 CAPITOLO 1 AUTORE & OPERA 1.1 -La biografia di Vegezio Sulla persona di Publio Flavio Vegezio Renato si conosce molto poco, tanto che nemmeno il suo nome è del tutto confermato. I primi testimoni dell'Epitoma, una serie di estratti databili al VII secolo, lo indicano usando il genitivo 'P. Vegati Renati' mentre tutte le fonti della tradizione medievale utilizzano alternativamente il genitivo 'Fl. Vegeti Renati' oppure 'Fl. Vegati Renati'. 1 Iohannes Lydus, funzionario bizantino di epoca giustinianea, nel suo De Magistratibus lo nomina solamente Renatus. Nessuno studioso ha poi accettato la forma 'Vega-' per due ragioni: non vi sono attestazioni altrove riguardo questa forma e nessun nome latino può esservi prontamente connesso. Un altro dubbio è dato dall'ambiguità del genitivo 'Vegeti': il nominativo corrispondente è 'Vegetus' o 'Vegetius'? È opinione comune che la seconda opzione sia quella corretta e vari studiosi di onomastica sostengono che si chiamasse P. Vegetius Renatus e che adottò, o ricevette, il nome onorario di Flavius, un nome che poteva essere concesso, all'epoca, a persone che avessero scalato abbastanza in alto nella gerarchia del servizio imperiale. 2 Infatti la tradizione medievale tramanda il fatto che fosse non solo un vir illustris, ma anche un comes, titolo a cui una famiglia di manoscritti aggiunge sacrum, che può difficilmente essere altro che una corruzione di sacri stabuli o sacrarum largitionum. 3 Ciò che ci porta a credere che non sia mai stato attivo nell'esercito è la mancanza, nel suo trattato militare, di espliciti riferimenti agli aspetti pratici della vita militare a lui contemporanea; inoltre la classe sociale a cui apparteneva l'autore era esentata dal servizio militare: infatti il titolo di comes era riservato a membri di grado elevato sia della burocrazia sia dell'esercito. 4 Con le informazioni prodotte dall'Epitoma, quindi, è possibile concludere che fosse un funzionario abbastanza importante. 5 Secondo un'altra ipotesi l'autore dell'Epitoma era stato, prima di diventare 1 M. D. REEVE, Vegetius: Epitoma . Nello specifico si veda pag. 88. 6 burocrate, un «agens in rebus», ruolo che all'epoca era considerato come una «militia» vera e propria. 6 Questa linea di pensiero parte da un'analisi approfondita della Mulomedicina vegeziana. 7 Si crede inoltre che Vegezio fosse cristiano, visto che riporta la formula del sacramentum militare, cioè del giuramento su Dio, Gesù e sullo Spirito Santo, oltre che sull'imperatore (II, 5, 3); 8 inoltre il nome Renatus sarebbe un'ulteriore conferma in questo senso. Già nel prologo del libro I infatti viene nominato Dio, primo indizio, ben connesso alla struttura dell'argomentazione tipica del genere encomiastico, della cristianità dell'autore. 9 Vegezio fu autore di un trattato di veterinaria, tramandatoci col titolo accorciato di Mulomedicina, in quattro libri che presenta diverse affinità stilistiche, soprattutto nelle parti prefatorie, con l'Epitoma. 10 Anche se si potrebbe supporre che le due opere, Epitoma e Mulomedicina, siano state scritte da due autori diversi, poiché per la prima viene indicato come autore Flavius Vegetius Renatus mentre per la seconda Publius Vegetius Renatus, ciò ci porta ad ipotizzare che il trattato di veterinaria sia stato scritto quando ancora l'autore era soltanto un comes e non aveva ottenuto ancora il titolo onorifico di Flavius. A livello temporale possiamo quindi dire che probabilmente visse tra la fine del IV secolo e i primi decenni del V secolo e questi riferimenti cronologici sono conosciuti tramite lo stesso De Re Militari poiché in esso l'autore associa alla figura dell'imperatore Graziano l'appellativo divus, che era concesso agli imperatori soltanto dopo la loro morte, in questo caso avvenuta nel tardo 383. Invece il terminus ante quem è il 450, cioè quando l'editore di una copia dell'Epitoma, un certo Flavius Eutropius, firmò una subscriptio con i dettagli della data consolare: «Fl. Eutropius emendavi sine exemplario Constantinopolim consul. Valentiniano Augusto VII. et Avieni [sic] (i.e. 450)». Fortunatamente questa subscriptio è stata conservata in diversi dei manoscritti successivi. 11