«Ma come d’animal divegna fante»: Dante tra Alberto Magno e Tommaso (original) (raw)

«Critica del testo», 13 (2010), 191-209

La dottrina della generazione dell’anima umana, che Dante espone nel XXV canto del Purgatorio, si fonda, come dimostrato da Bruno Nardi, sulle argomentazioni di Alberto Magno. Senza per questo rimettere in discussione la validità delle osservazioni di Nardi, è possibile riscontrare la presenza, fin qui trascurata, di alcuni significativi elementi di lessico verosimilmente riconducibili a testi di Tommaso proprio in corrispondenza del punto critico dell’intero ragionamento, al centro del canto, là dove si discute l’errore averroista sul «possibile intelletto». Su questa base è possibile ipotizzare che proprio le terzine costruite attorno a questo sintagma di forte allusività a Cavalcanti rappresentino il nucleo da cui genera l’intero canto.

“I' son quel da le frutta del mal orto", Dante e frate Alberigo dei Manfredi, tra verità e vulgata

In “Atti del LXVI convegno di Studi Romagnoli”, Stilgraf, Cesena, pp. 689 – 709., 2016

Viene qui studiata la figura di frate Alberigo dei Manfredi, eternato da Dante nella Commedia, e la fortuna che ebbero, nell'immaginario collettivo dell'epoca, il suo efferato crimine e il verso dell’Alighieri, diventato in seguito proverbiale. Vi è infatti, come si avrà modo di vedere in seguito, una discrepanza non trascurabile tra la narrazione dantesca e la ricostruzione storiografica della strage della Castellina che porta ad ovvi interrogativi. Una delle domande che sorge spontanea davanti all'evidente divergenza nella rappresentazione dei fatti tra la Commedia e le fonti cronachistiche è la ragione per cui si è generata questa diversità. Essa è frutto di precise scelte dell'autore o piuttosto dipende dal canale cumunicativo attraverso cui giunse a Dante? La rappresentazione infernale del Manfredi è insomma creata ad hoc dal fiorentino per precisi scopi o semplicemente nel momento dalla composizione della sua opera l'Alighieri era a conoscenza di una determinata versione degli eventi?

Dante e Agostino: cor ad cor loquitur

La tesi prende avvio dal rilievo che il panorama attuale degli studi danteschi presenta ancora numerosi interrogativi a riguardo del rapporto di Dante con Agostino. Nel primo capitolo si traccia una breve storia della critica moderna a riguardo del problema. È presente anche un piccolo tentativo di studiare come fosse composta la biblioteca di Dante. Il capitolo si chiude con le direttrici di ricerca ancora aperte che emergono dallo studio dei testi danteschi e dai problemi sollevati dalla critica. Si dichiara che la tesi si limiterà a studiare il testo della Commedia in rapporto ai testi agostiniani che Dante dimostra di aver conosciuto: Confessiones, De doctrina christiana, De civitate Dei, De quantitate animae¸ De Trinitate. Questa scelta è stata compiuta partendo dai testi danteschi in cui Agostino viene citato esplicitamente. Ciascuno dei tre capitoli successivi studia uno dei nuclei tematici direttamente legati ad Agostino. Nel secondo capito si studia il modo con cui ciascuno dei due autori si rapporta al poter politico imperiale. Vengono evidenziati i contrasti, ma viene anche identificata una profonda consonanza tra Dante e Agostino quando si tratta di affermare da dove si origini ogni società. La risposta comune ad entrambi dice che è ciò che il cuore dell’uomo sceglie come suo oggetto del desiderio a determinare il tipo di società che si sviluppa. Il terzo capitolo affronta la questione della rappresentabilità delle anime nell’aldilà, concentrandosi sul canto XXV del Purgatorio e sulla concezione unitaria della persona umana che ne emerge. Si nota come Dante si ancori ad una antropologia agostiniana. Nel quarto capitolo si studia la dinamica della conversione nella vita dei due autori fino a trarre la conclusione posta nel titolo della tesi: Dante è immedesimato con il cuore inquieto di Agostino perché entrambi hanno come oggetto di massimo interesse il cuore di Dio.

47 «Dante» morto che parla. Le distorsioni comiche dell'universo dantesco in Totò

Fillide, 2021

On the threshold of the 700th anniversary of Dante's death, the fuel for this work was the curiosity to discover paths still less traveled of Dante's exploration. In retracing the history of the great poet's critical fortune, in fact, we can still see a flaw-partially healed-in the cinematic universe's reception of the myth of Dante. In the transition from parchment to celluloid, Dante's material showed, in fact, equal compositional elasticity: a flexible, plastic and highly flammable mixture, especially when in contact with the most subversive and heterodox artistic sources. Through the wide-angle lenses of the cinema, a special stop was dedicated-a sort of 'still image'-on the most unusual and caricatured metamorphoses that Dante encountered in the comic reworking of the Neapolitan popular comedy. In the saddle of Gerione we will follow his catabasis in the artistic bowels of the Neapolitan subsoil, between the 40s and 50s of the twentieth century, when Alighieri and his most famous creatures begin to be dragged into the tangled forest of the Neapolitan farce by an unusual guide of exception, admirable face of twentieth-century comedy: Totò, «mirabile volto» that with acuity and sumptuous «comic vis» will upset the moral and visual topography of Dante's universe. Remaining in the sphere of comic distortions, it was inevitable not to put the spotlight on Totò's cinema: offshoots of an art that drew continuity and inspiration from poetry and the long tradition of medieval comic-burlesque comedy.

Morlacchi e Dante: i due “canti” del conte Ugolino (1805/1832)

Morlacchiana II. Il Dante in musica di Francesco Morlacchi, a cura di Biancamaria Brumana, Perugia, Morlacchi University Press, (Quaderni di "Esercizi. Musica e Spettacolo", 25), 2021

Introduzione, edizione critica sugli autografi e fac-simili della Cantata "L'Ugolino di Dante" di Francesco Morlacchi sia nella versione del 1805 e del 1832.

«Dante, la via del cuore e il destino di Guido da Montefeltro»

Il mondo errante. Dante fra letteratura, eresia e storia. Spoleto, CISAM, 2013

Questo contributo si propone di (ri)aprire una porta — la nostra — su quella che di Dante certo fu la massima aspirazione: mostrare quanto urgente sia, per la salvezza del cosmo nella sua interezza, che l’umanità ritrovi e ripercorra la via esoterica per antonomasia, quella via dalla rettitudine della quale ci avvediamo ora di esserci, sempre e ancora e «senza saper come», smarriti: la “via del cuore”. Il percorso testuale dantesco attraverso il quale illustrerò quale sia tale “via del cuore” — sulla quale Dante intende riportare in primis, esperienzialmente, il suo alter ego poetico — trova il suo punto di partenza in Conv. 28, là dove Dante dichiara che «Dio non volse religioso di noi se non lo core»; prosegue con una rilettura di Inf. 27 come illustrazione ‘in negativo’ di quest’affermazione solo apparentemente scontata; e approda infine all’incontro-scontro fra Beatrice e Dante di Purg. 30-31, da leggersi come luogo del discrimine dantesco tra la salvifica “via del cuore” e la sua alternativa errante: il dis-orientamento nella selva oscura del non-significato. Verrà mostrato come i termini usati da Dante per formulare tali opposte alternative — la “via del cuore” e la “non-via” dell’erranza — riflettano e illustrino uno dei più scottanti dibattiti filosofico-teologici di quegli anni, cioè le implicazioni etiche e noetiche dei due diversi, se non opposti, versanti ermeneutici dell’aristotelismo che tradizionalmente vanno sotto i rispettivi nomi di averroismo e avicennismo. A ben guardare, proprio su questa vasta scacchiera del pensiero si giocava in quegli anni l’intricata partita dell’ortodossia e dell’eterodossia, quando non dell’eresia, così in Occidente, come nel mondo islamico. In quest’arduo contesto così dottrinale come esistenziale, l’esoterismo venne a rappresentare per Dante una consapevole scelta di campo.

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Daniele e Dante, Daniele in Dante

La Commedia Filologia e interpretazione Atti del Convegno Milano, 20-21 maggio 2019 - a cura di Maria Gabriella Riccobono, Milano, Led, 2020, pp. 105-116., 2020

Dante, l'italiano

Dante, l’italiano, a cura di Giovanna Frosini e Giuseppe Polimeni, Firenze, Accademia della Crusca-goWare edizioni, 2021, pp. 299 (Settimana della lingua italiana nel mondo), 2021

Dante, il medioevo e noi

Dante 700 anni dopo, a cura di M. De Martino, Formamentis Edizioni, Bolzano, ISBN 9788831325301, pp. 67-91, 2021