Con Vico ne 'L'Orologio' (original) (raw)

Vico e il Sant'Uffizio

In: Información Filosófica, vol. VIII (2011), nr. 17, pp.7-25., 2012

Nel presente contributo, l'Autore, dando un resoconto critico dei giudizi circa la progettata edizione patavina della Scienza nuova vichiana, formulati da parte di alcuni rappresentanti del Sant'Uffizio e analizzati ultimamente da Girolamo De Miranda e da Gustavo Costa, rileva l'importanza delle tesi linguistico-filosofiche di Vico che (a causa del loro carattere "eterodosso" e -dal suo punto di vistapostmoderno) hanno attirato l'attenzione dei censori ecclesiastici del suo tempo.

Vico e l’Oriente

Bollettino del Centro di Studi Vichiani, Year XLIII, 1-2, 2013, p. 178-190 (ISBN 978-88-6372-533-9).

Studiosi di diversa formazione e nazionalità concordano sul fatto che le riflessioni di Vico sull'umano, in particolare sul nesso tra linguaggio, pensiero, immaginazione e scrittura, e la sua ricostruzione storico-critica della genesi dei popoli offrono spunti, strumenti e categorie per approfondire temi di grande attualità, come l'individuazione dei contorni e dei limiti del pensiero occidentale, la possibilità di cogliere elementi universali o universalizzabili nell'umanità e nella sua storia, la questione della comunicazione tra culture diverse e delle vie per entrare in orizzonti culturali differenti dal proprio. In quest'ottica resta fondamentale la convinzione vichiana secondo cui ciò che esseri umani hanno realizzato, altri uomini possono comprenderlo, ma tale comprensione è possibile nella misura in cui si valutano le opere di una cultura e di un'epoca senza applicare ad essa parametri di giudizio atemporali (si consideri, tra gli altri, questo ben noto passo della sezione terza della Scienza nuova del 1744: «[…] questo mondo civile egli certamente è stato fatto dagli uomini, onde se ne possono, perché se ne debbono, ritruovare i princìpi dentro le modificazioni della nostra medesima mente umana»: G. Vico, Scienza nuova del 1744, § 460, in Id., Opere, a cura di A. Battistini, Milano, 2007 4 , pp. 541-542). Tra gli studi dedicati a tali aspetti del pensiero vichiano apparsi negli ultimi anni è degno di grande considerazione il volume Vico e l'Oriente: Cina, Giappone, Corea, a cura di David Armando, Federico Masini e Manuela Sanna, Roma, 2008, che raccoglie gli atti del convegno tenutosi a Napoli dal 10 al 12 Novembre 2005. La rilevanza di questo libro sta non soltanto nell'aver tematizzato in modo sistematico l'interesse di Vico per la storia, le lingue, le religioni dell'Estremo Oriente, che non è affatto marginale nell'edificazione di una scienza relativa alla comune natura delle nazioni messa in opera dal napoletano (cfr. la Premessa di D. Armando che apre il volume: Vico e l'Oriente, cit., pp. 15-22, in particolare p. 16), ma anche nell'aver interpellato, in una prospettiva transculturale e interdisciplinare, le posizioni e le esperienze di ricercatori di Cina, Giappone, Corea che studiano l'Opera vichiana. Ma questo volume, indagando l'interesse suscitato da Vico in Asia Orientale, offre anche l'occasione di interrogarsi su quanto della nostra storia e della nostra cultura si conosce in questi paesi e su come gli studiosi orientali dei tre paesi considerati si avvicinano a, leggono e inquadrano gli autori occidentali. Legittimamente, nella Premessa, David Armando spiega che la scelta di queste tre aree geo-politico-culturali non intende occultare tutti gli altri possibili contesti storici, culturali e linguistici evocati dal termine

Prefetti de Vico

Prefetti de Vico, in La signoria rurale nell'Italia del tardo medioevo, 5. censimento e quadri regionali, 2021

Premessa I Prefetti de Vico sono un lignaggio signorile, le cui origini non sono del tutto certe; ciò nonostante è possibile che discendano dai Corsi, un raggruppamento nobiliare romano, che appare pienamente protagonista dell'agone capitolino tra la fine dell'XI e la prima metà del secolo seguente 1. Prefetti de Vico-il nome con cui sono comunemente conosciuti-è una costruzione onomastica che appare ormai pienamente realizzata soltanto a partire dalla seconda metà del Duecento. E trae origine

Il gufo Graziadio e Uccelli di Saba: la temporalità ne L'orologio di Carlo Levi

Il presente contributo approfondisce la singolare e polisemica figura del gufo nella sua evoluzione a cavallo tra gli anni ’40 e ’50 all’interno della prosa, della poesia e della pittura di Carlo Levi (1902-1975). Rappresentato spesso insieme a un orologio, il gufo è collegato – come specifica lo stesso autore – alla questione del tempo, cruciale per la costruzione del romanzo L’orologio (1950). È infatti all’interno del romanzo, oggetto privilegiato della ricerca , che la visione di una temporalità arcaica, incarnata dal gufo, si fonde con l’orologio, simbolo del tempo che fugge. Sebbene la particolare simpatia verso gli uccelli e in particolar modo verso i gufi scaturisca nell’opera e nella vita di Levi prima dell’incontro con Umberto Saba, l’autore dimostra come in realtà le ultime raccolte poetiche del triestino (soprattutto Uccelli) esercitino una specifica influenza sulla definizione della valenza simbolica del gufo e della doppia temporalità interna al romanzo. Si evince infine dall’intreccio di alcune poesie, di alcuni dipinti e di alcuni brani tratti dal romanzo quanto l’apparente superficialità del tema del gufo sia in realtà radicata nella profondità dei lavori di Levi.

Il tragico e Vico (Historia Philosophica)

"Ma la libertà stessa finisce per ammaliare l’uomo che ne abusa, il quale si illude di sostituirsi a Dio facendosi «regola dell’universo», fino al paradosso in cui libertà e arbitrio si identificano. Di qui il crinale è ripidissimo: il mondo delle nazioni si sfalda sotto il peso di una libertà che, liberamente, si dà la morte e, tragicamente, trapassa nelle «necessità e utilità della vita». Questa morte è propriamente il tragico nell’etico e nel politico. Infatti, nell’estetico si può morire mille e più volte; nel religioso non si muore mai; nell’etico si muore una e una sola volta".

Vico tra due stagioni " costituzionali

2015

The aim of this paper is to outline the cultural movements and the normative politics in the Neapolitan kingdom during the life of Giambattista Vico (1668-1744). It was a period marked by the development of a new jurisprudence, not limited to the opposition between a conservative juridical class and the enlightenments. However cultural confrontations and important reforms, such as the conflict between tax administration and feudal society, show the ability of that leadership to find original solution to the knot of social, economic, juridical, political problems that looms in the history of Southern Italy a relevant constitutional switch.

L. Lombardo e I. Di Marco, L’Orologio civico di Palazzolo

Studi Acrensi, 1996

Le due invenzioni che segnarono maggiormente il medioevo europeo, contribuendo a trasformare la natura e con essa «il carattere dell'atteggiamento medievale nei confronti dell'artigianato» furono la stampa a caratteri mobili e l'invenzione dell'orologio meccanico.

Nastri d'eloquenza. Sulla retorica di Vico

Nastri d'eloquenza -Libera Pisano 2 Nastri d'eloquenza. Sulla retorica in Vico di Libera Pisano 1. Nella riflessione vichiana il nesso tra retorica e filosofia è inscindibile. Non c'è un passaggio dall'ultimo retore al primo scienziato, ma è sulla base degli studi retorici che Vico elabora la propria riflessione filosofica 1 . L'interesse per il linguaggio e le lingue, la topica che fonda la critica, la teoria dei tropi, l'ingenium sono nodi teorici decisivi. Questo saggio intende ricostruire il nesso tra retorica e filosofica dalle Institutiones oratoriae agli altri scritti, lasciando sullo sfondo la Scienza nuova. Le Institutiones oratoriae sono le lezioni di retorica dettate da Vico ai suoi alunni 2 . La prima compilazione risalirebbe al 1699 -anno in cui ottiene la cattedra di retorica -mentre le aggiunte successive al 1711 e al 1737. Sono state a lungo considerate «un prodotto puramente compilatorio e scolastico» lontano dallo spessore filosofico delle altre opere 3 . La condanna crociana della retorica -definita una «pseudoscienza empirico normativa» -ha condizionato gran parte della recezione del pensiero vichiano 4 . Le Institutiones oratoriae hanno come oggetto la formazione del perfetto oratore. In una sintesi sorprendente Vico coniuga la tradizione aristotelica e latina ai 1 L'ipotesi di un passaggio di Vico «dall'ultimo retore al primo scienziato» è stata avanzata da Sorrentino. Cfr. A. Sorrentino, La retorica e la poetica di G.B. Vico, F.lli Bocca editori, Torino 1927, p. 138. 2 G. Vico, Institutiones oratoriae; testo critico, versione e commento di Giuliano Crifò, Istituto Suor Orsola Benincasa, Napoli 1989. 3 Ivi, Introduzione di Crifò, p. XVII. 4 Croce ha proposto un ritratto schizofrenico di un uomo diviso tra la speculazione e l'avvilente carriera accademica. Cfr. A. Battistini, La sapienza retorica di Giambattista Vico, Guerini e Associati, Milano 1995, p.63. Il giudizio parziale, che mette in diretto contrasto il Vico retore con il Vico filosofo, non tiene conto neanche della contemporaneità tra lezioni vichiane e la Scienza nuova.