I prigionieri di guerra italiani negli Stati Uniti e il dilemma della cooperazione (1944-46) (original) (raw)

IMI. I prigionieri di guerra durante la Seconda Guerra Mondiale. La storia di mio padre come ufficiale di complemento.

The Italian prisoners of war in Germany during WWII, referred to as "military internees," faced a challenging period marked by forced labor and difficult conditions. After Italy's armistice with the Allies in September 1943, the Wehrmacht captured approximately 600,000 Italian soldiers. These soldiers were then deported to Germany and coerced into forced labor, a direct violation of international law. Tragically, about 50,000 of these internees died or were killed due to the harsh conditions they endured​​​​. Over the years, there has been a growing interest in the subject, accompanied by an increasingly comprehensive recognition of the traumatic experiences endured by Italian military internees. This mounting interest has played a crucial role in shaping a more nuanced and accurate narrative regarding Italy's involvement in the fight against Nazi-fascism. This process has helped highlight the courage and resilience of those who faced this tragic ordeal, adding a new layer of understanding to Italy's wartime history. This gradual awareness has acquired significant relevance within the fabric of Italian collective memory, attributing a heroic dimension to the Italian Military Internees (IMIs) in the resistance against Nazi-fascism. Before the 1980s, both in Italy and Germany, there was a limited understanding of the sufferings and events experienced by former IMIs, a gap that persisted until almost contemporary times. However, starting in the 1980s, historiography began to address this issue with greater rigor and attention, welcoming and valuing the testimonies and memories of survivors of Nazi Stalag camps. A significant turning point was reached in 2012 with the publication of the Report of the Italo-German Commission, established by the Foreign Ministries of Italy and Germany in 2009. This report finally shed light on the true extent of the conditions faced by IMIs during their internment in Germany, providing a solid foundation for a deeper understanding of their experiences. Before this publication, the issue of IMIs had been primarily addressed through individual testimonies and survivors' accounts. However, the issuance of this report has provided a fundamental contribution to our understanding of the experiences of Italian prisoners of war in Nazi Germany, adding a new level of detail and analysis to the history. This has helped bridge gaps in our historical knowledge and contributed to strengthening public awareness of the sufferings and struggles faced by IMIs during that dark period of European history. The essay includes the author’s personal memories of her father as an Italian officer prisoner of war in Nazi Germany. ----------------------- ITALIAN Oltre alle fasi cruciali della Seconda Guerra Mondiale dall'Armistizio fino alla Liberazione, questo saggio ripercorre le esperienze di mio padre Leopoldo Passannanti, Tenente di Fanteria, Ufficiale di Complemento dell’Esercito Italiano, Internato Militare Italiano (IMI) in un lager del Terzo Reich, in Germania. Attinge dalle sue dirette testimonianze, raccontate a noi figli durante la nostra infanzia. Mio padre narrava frequentemente della guerra, della deportazione e della successiva prigionia di due anni. Nel suo racconto emergevano le avversità affrontate dagli IMI, che subirono severe persecuzioni ma mantennero una salda resistenza. La determinazione della maggior parte degli IMI di rifiutare qualsiasi forma di collaborazione con il Terzo Reich, preferendo la dura prigionia, è ora riconosciuta come un atto deliberato di sfida contro l'infame patto nazifascista, ed è stata definita 'Resistenza senza armi' dall'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia (ANPI), inserendosi nel più ampio discorso storico della Resistenza. Pertanto, oggi sono giustamente onorati come eroi nazionali per il loro significativo contributo alla lotta italiana contro il regime nazista. ***** Il saggio include inoltre memorie personali del padre dell'autrice, ufficiale italiano prigioniero di guerra nella Germania nazista.

Italia e Stati Uniti. L'alleato ingombrante (1943 - 1949)

Introduzione Pag. 3 1 Capitolo Gli Alleati e l'Italia Pag. 7 1.1 The God war: la Sicilia come laboratorio Pag. 7 1.2 OSS chiama mafia Pag. 11 1.3 Italia fascista e liberali americani Pag. 15 1.4 La pianificazione, alla ricerca di una politica alleata Pag. 25 2 Capitolo La politica della resa in attesa della liberazione Pag. 32 2.1 Il problema della stabilizzazione Pag. 32 2.2 La rete USA, l'OSS Pag. 36 2.3 La caduta di Mussolini Pag. 37 2.4 Dai quaranta giorni di Badoglio all'armistizio Pag. 39 2.5 La posizione del Dipartimento di Stato nei confronti degli sviluppi della situazione italiana dopo l'8 settembre Pag. 53 3 Capitolo Un nuovo corso per l'Italia Pag. 58 3.1 Fischia il vento: notizie dal nord in lotta Pag. 58 3.2 Bonomi è subito in crisi Pag. 61 3.3 La politica statunitense nei confronti dell'Italia durante l'inverno '44 – '45 Pag. 64 3.4 Il 25 aprile Pag. 70 3.5 Il passaggio di presidenza: il cambiamento della politica estera USA in Italia Pag. 74 3.6 Verso le elezioni e il referendum del 2 giugno: l'Italia come fulcro strategico per il mantenimento degli equilibri dell'Europa Occidentale Pag. 82 3.7 Le prospettive della guerra fredda: la rete neofascista italiana e la strategia anticomunista Pag. 91 4 Capitolo La stabilizzazione: il trionfo dei conservatori Pag. 100 4.1 La situazione italiana nell'immediato dopoguerra: gli americani contro le sinistre Pag. 100 4.2 Alle origini del piano Marshall e dell'anticomunismo Pag. 107 4.3 Le grandi elezioni: 18 aprile 1948 Pag. 114 4.4 L'Italia nella comunità atlantica Pag. 120 Bibliografia Pag. 124

Voci e scritture di prigionieri italiani della Prima guerra mondiale

RID - Rivista di Dialettologia Italiana, 2018

Il presente contributo vuole offrire una presentazione dei materiali scritti e sonori della sezione italiana del Lautarchiv della Humboldt Universität di Berlino, formata da registrazioni fonografiche e testi dialettali di prigionieri italiani prodotti in diversi Lager tedeschi della Grande Guerra e accompagnati dalle rispettive trascrizioni fonetiche dei linguisti coinvolti nelle inchieste della Königlich-Preußische Phonographische Kommission. In particolare, si concentra sui sistemi di elicitazione linguistica impiegati sul campo e sulle risposte date dagli intervistati a tali stimoli. The present contribution means to show a presentation of the written materials and the sound recordings of the Italian section of the Lautarchiv of Humboldt University in Berlin, made up of sound recordings and dialectal texts of Italian prisoners produced in several German POW camps during the Great War and accompanied by the respective phonetic translations written by the linguists involve in the surveys of the Königlich-Preußische Phonographische Kommission. In particular, it focuses on the linguistic elicitation systems employed in fieldwork and on the responses given by the interviewees to such stimuli.

Il premio del soldato povero. Note sul trattamento dei prigionieri durante le guerre d'Italia

Il disarmato ricco è premio del soldato povero»: così scrisse Niccolò Machiavelli, tra gli aforismi contenuti nel settimo e ultimo libro dell'Arte della guerra. Al di là dell'evidente significato metaforico (l'incapacità di difendersi di quegli stati che non dispongono di un esercito proprio), si tratta di uno dei pochi riferimenti alla cattura di prigionieri di guerra presenti nell'opera machiavelliana, scritta nel 1520. Solo in altri due passaggi il Segretario fiorentino, interessato più a descrivere tecniche guerresche che non a occuparsi di problemi legati al diritto delle armi, affrontò indirettamente il tema dei prigionieri, deplorando che nei conflitti moderni -contrariamente a quanto avveniva al tempo dei Romani -«de' vinti, pochi se ne ammazza; niuno se ne tiene lungamente prigione, perché con facilità si liberano», mentre le prede di guerra venivano lasciate «tutte alla discrezione dei soldati». Abitudini che, secondo il Machiavelli, da un lato impedivano di combattere con convinzione, perché la diminuzione dei rischi aveva rammollito gli animi; e dall'altro fiaccavano anche la disciplina degli eserciti, perché invitavano ad abbandonare lo scontro per dedicarsi al saccheggio e alle ruberie 1 . La critica machiavelliana non era priva di fondamento. Al termine di uno scontro col nemico, di una scorreria, o di un assalto alle mura coronato dal successo, per la truppa dell'esercito vittorioso arrivava infatti il momento, a lungo sospirato, di monetizzare l'azione militare; era quello il momento in cui si faceva bottino, si catturavano prigionieri, o tutt'e due le cose insieme. I beni saccheggiati venivano usati o rivenduti; sui prigionieri veniva imposta una taglia che doveva essere pagata per la loro liberazione. Cosa doveva aspettarsi chi cadeva in mano al nemico? Con quali modalità poteva riottenere la libertà, e quanto costava? Sul trattamento dei prigionieri di guerra durante i conflitti della prima età moderna sappiamo ancora ben poco, anche perché -in linea generale -la storiografia esistente si è concentrata maggiormente su temi di ius ad bellum che non su quelli di ius in bello 2 . IL PREMIO DEL SOLDATO POVERO. NOTE SUL TRATTAMENTO DEI PRIGIONIERI DURANTE LE GUERRE D'ITALIA di Alessandro Monti Società e storia n. 143, 2014 1. Machiavelli (2007), p. 90 e 159-160. 2. Su questa distinzione e sulla sua evoluzione storica e giurisprudenziale si veda il contributo di Pietropaoli (2009). Copyright © FrancoAngeli N.B: Copia ad uso personale. È vietata la riproduzione (totale o parziale) dell'opera con qualsiasi mezzo effettuata e la sua messa a disposizione di terzi, sia in forma gratuita sia a pagamento. 2 A. Monti 3. Per quanto riguarda la prima età moderna solo Wilson (2010). Per il Medioevo, e in particolare l'età comunale si veda Maire Viguer (2004) e Bertoni (2006): quest'ultimastudiando una serie di documenti pavesi della metà del duecento -lamentò a sua volta la carenza di fonti e di studi significativi. 4. La necessità di risalire alle fonti del pensiero giuridico-politico moderno è stata recentemente sottolineata da Quaglioni (2010). 5. Morisi (1963); Vanderpol (1919); Soldi Rondinini (1964). 6. Su questo argomento cfr. Contamine (1986); Keen (1965); Keen (1976), p. 40-44; Draper (1965); Quaglioni (2007a).

“The mission”: Quintieri e Mattioli negli Stati Uniti per l’Italia (1944-1945)

2015

The day after his election as head of government, in June 1944, Ivanoe Bonomi tried to raise awareness the Americans about the economic and financial problems of his country. He did because he was convinced that Italy could receive a vital aid from United States. Getting around to this need the support of President Roosevelt, Bonomi asked permission to send a technical commission that could expose to US authorities the serious problems that strangled the Italian population. Secretary of State, Cordell Hull, with which Bonomi had a dense correspondence, from June to August 1944, shared the project, so the mission left Rome at beginning of November 1944. It was headed by bankers Quinto Quintieri and Raffaele Mattioli who arrived to Washington full of hopes, in particular that to resolve, actually, the question of the issue of am-lire and with the hope to gain from the US administration the promise of a lavish loan. The mission remained in Washington until March 1945, and widely discus...

Prigionieri di guerra

I prigionieri di guerra di Codogno, durante la Prima Guerra Mondiale, furono rinchiusi nei campi dell'Austria- Ungheria e della Germania sparsi in regioni e città lontane. Le famiglie a casa ebbero notizie frammentarie, non sempre corrette: è ancora oggi difficile, se non impossibile, identificare i luoghi della loro prigionia, che in cento anni, hanno cambiato nome e si trovano in confini disegnati da conflitti ed eventi successivi. Codogno's World War I prisoners of war were imprisoned in camps that were scattered through remote provinces and towns of Austria-Hungary and Germany. Their families at home received only fragmentary, often inaccurate, news. Today it is diffìcult, if not impossible, to identify the places where they were held captive, because in one hundred years they have changed names, and the boundaries of the regions that hosted them have been redrawn as a result of subsequent conflicts and events.